Il comandante Cliff McLane si alzò a fatica in mezzo ai rottami. Fumo e scintille lo circondavano. Si guardò intorno: la plancia era in pezzi.
«State tutti bene?» chiese agli altri, che risposero con un cenno. Alcuni erano sdraiati, altri in ginocchio; si aggrapparono a qualcosa per tirarsi su. Avevano ferite lievi, graffi, ma per fortuna niente di grave.
«Stiamo bene, comandante. Quella che non sta bene è la nave» disse Shubashi.
Aveva ragione e McLane lo sapeva. La battaglia contro i Frog era stata devastante e i terrestri l’avevano persa. Di tutte le astronavi della Terra, due sole erano sopravvissute: l’Orion e l’Hydra. Entrambe erano pesantemente danneggiate.
Mentre i suoi uomini spegnevano gli ultimi focolai d’incendio, McLane esaminò la strumentazione di bordo. A occhio e croce il funzionamento era garantito al quaranta per cento. Poteva bastare per manovrare, ma non per ingaggiare un altro scontro, che sarebbe stato sicuramente fatale.
Accanto a lui c’erano Tamara Yagellovsk e Hasso Sigbiornson. Proprio a quest’ultimo in quel momento affidava le sue speranze.
«Puoi fare qualcosa, Hasso?»
Il tenente scosse la testa.
«Posso fare ben poco. Troppe parti sono compromesse; credo di riuscire a muoverla, ma sarà una tartaruga».
Ma come diavolo avevano fatto quei maledetti Frog a vincere? Come avevano fatto a neutralizzare l’Overkill, l’arma più potente della Terra? Non lo sapeva, ma in qualche modo l’avevano fatto. Subito dopo avevano annientato tutte le difese esterne e ora stavano dilagando nel Sistema Solare.
Allontanò quei pensieri.
«Farò il possibile» disse Hasso. «Proverò a muoverla».
«Bene! Helga, mettimi in contatto con l’Hydra o con la Terra» ordinò il comandante all’operatrice radio.
Helga Legrelle si diede da fare.
«Hydra da Orion, rispondete… Hydra da Orion…»
Non ci fu nessuna risposta; provò ancora diverse volte. Poi passò alla Terra.
«Terra da Orion, riuscite a sentirmi?»
Niente. Erano isolati.
Hasso regolò la potenza residua, tolse tutta l’energia agli scudi e la convogliò ai motori. Escluse i circuiti danneggiati.
L’astronave Orion, ferma nello spazio, riattivò le luci. Iniziò lentamente a ruotare, poi si mosse in avanti.
«Funziona, anche se ci spostiamo solo a bassa velocità!» gridò soddisfatto.
McLane gli dette una pacca sulla spalla.
«Ottimo lavoro».
L’entusiasmo gli si spense subito in gola, ripensando a tutti gli amici che aveva perso quel giorno sulle navi distrutte e al suo mondo che si sgretolava sotto il peso dell’invasione.
Il generale Wamsler, sulla Terra, osservava inorridito la comunicazione registrata da Marte. Si vedevano sullo sfondo uomini che combattevano e, ancora più lontani, le figure evanescenti dei Frog che si avvicinavano. L’uomo in primo piano che parlava verso la telecamera era un suo amico, comandante della colonia.
«Generale, sono dappertutto. Dov’è la pattuglia spaziale? Non potremo resistere ancora per molto, abbiamo bisogno di aiuto…»
Un lampo apparve sullo schermo: il messaggio finiva lì.
Wamsler si volse verso gli altri ufficiali del TRAV, che avevano assistito in silenzio. Le loro facce erano funeree.
«Siamo impotenti» ringhiò «cosa darei per avere ancora una sola astronave, la guiderei io contro quei maledetti!»
«Una l’abbiamo» disse qualcuno.
«Cosa?»
La faccia del generale s’illuminò.
«Abbiamo ricevuto proprio ora una comunicazione dall’Hydra: il generale van Dyke ha ripristinato in modo parziale la nave. Necessita di molte riparazioni ma è ancora funzionante. Ha detto di aver parlato con McLane dopo lo scontro e di aver perso il contatto subito dopo. Forse anche l’Orion ce l’ha fatta».
«McLane!» esclamò Wamsler. «Il più indisciplinato dei miei comandanti e l’unico che riesce sempre a sorprendermi con qualche trovata geniale. Abbiamo bisogno di lui, deve avercela fatta! Non può permettersi di essere morto».
«I Frog hanno distrutto gran parte dei nostri ripetitori, generale. Per questo ci sono settori di spazio dove le comunicazioni sono impossibili, a parte quelle dirette, s’intende. Se l’astronave Orion esiste ancora, dobbiamo aspettare che esca da una di quelle zone d’ombra».
Un suono acuto scosse i presenti. Sullo schermo di controllo si vedevano le astronavi Frog in avvicinamento. Erano numerose e puntavano sulla Terra.
«Allora sarà bene che si sbrighi» disse a denti stretti Wamsler «oppure presto qui saremo tutti morti».
Erano passate alcune ore e il comandante dell’astronave Orion aveva preso la decisione di ridurre al minimo il consumo di energia per evitare di essere intercettati dai Frog. Anche le luci erano state abbassate. La scia energetica lasciata dalla nave, in questo modo, era quasi nulla.
Hasso, in sala macchine, aveva appena finito di aggiustare al meglio il sistema di propulsione. Non rimaneva che aspettare la ricarica degli accumulatori. Serviva tempo e forse era proprio quello a scarseggiare.
Decise di passare alla sezione armi, per vedere quali danni potevano essere riparati. Insieme a de Monti smontò il pannello di controllo dell’Overkill ed esaminò i diagrammi di flusso, le statistiche delle ultime ore di attività e il momento del combattimento.
Rimase sconvolto.
La principale arma della Terra non era stata neutralizzata dai Frog, come si pensava. L’Overkill si era semplicemente spento, per un ordine arrivato direttamente dal calcolatore centrale terrestre.
Resettò e riavviò.
De Monti controllò gli indicatori: tutto era andato a posto. L’arma era perfettamente funzionante.
Quando, più tardi, si riunirono, ne parlarono e McLane tuonò sbattendo il pugno sul tavolo.
«Qualcuno sulla Terra ha lavorato per i Frog!»
«È già successo in passato» disse Hasso. «Ricordiamo quanti ottimi soldati hanno subito il lavaggio del cervello e si sono rivoltati contro la Terra. È probabile che abbiano piegato la volontà di qualcun altro. Poi l’hanno messo nel posto giusto e l’hanno attivato al momento opportuno».
«Non ci credo» obiettò Tamara. «Possibile che al TRAV nessuno si sia accorto di nulla?»
«È possibile, invece. Magari la spia ha usato un “magnete”, uno di quei gingilli che si attaccano come un parassita sul computer, modificando la programmazione interna senza alterare le informazioni ai monitor esterni. È un vecchio apparecchio militare, ma se si conoscono i codici giusti, s’infila dappertutto».
McLane tagliò corto: «Ed è uno dei nostri “gingilli”! Siamo stati sconfitti con la nostra stessa tecnologia. Ma ormai tutto questo non è importante, dobbiamo trovare il modo di rimediare».
Tamara lo guardò incredula: «Credevo fosse chiaro che non si potesse rimediare».
«Finché siamo vivi, abbiamo la possibilità di farlo. E ho intenzione di non perdere altro tempo. Ho in mente qualcosa, ma bisogna trovare il modo di comunicare con Wamsler senza essere intercettati dai Frog».
«E l’uomo sotto il loro controllo? Potrebbe essere ancora attivo» replicò lei. «Non credi che verrà a conoscenza delle tue mosse? Avvertirà i Frog. Anche usando un messaggio in codice, quando arriverà sulla Terra e sarà decrittato, cadrà subito nelle sue mani».
«È vero, ma non succederà se sarà Wamsler l’unico in grado di decrittarlo».
«Non ti seguo».
«Io so una cosa che tu non sai. Nell’ufficio del generale c’è una macchina. È un reperto storico di cui solo in pochi ricordano la funzione. Naturalmente è una riproduzione. L’originale risale alla seconda guerra mondiale e si chiama Enigma. Wamsler si è divertito a impararne il funzionamento. Il computer dell’Orion ha in memoria il suo codice cifrato, sono stato io a volerlo, in previsione di tempi difficili. Quindi noi possiamo scrivere il messaggio ma sulla Terra non hanno il codice e non riusciranno a decifrarlo».
«Se Wamsler è abbastanza sveglio» ridacchiò Hasso «capirà che deve tradurselo da solo e userà la macchina tagliando fuori la spia. Sì, può funzionare».
Poco dopo apparve l’Hydra, proprio davanti all’Orion. Le due astronavi a forma di disco, circondate dal cosmo nero e profondo, si fronteggiarono per qualche minuto. Poi dall’Orion si staccò una navicella. Il comandante non voleva rischiare di essere individuato e preferì evitare anche le comunicazioni dirette.
Lydia van Dyke lo aspettava in plancia. Fu felice di vederlo e di apprendere che i membri del suo equipaggio stavano tutti bene. McLane le spiegò quello che aveva intenzione di fare.
Il piano prevedeva di uscire dalla zona d’ombra e di proseguire in direzione del Sole. La loro meta era la stazione solare Elios. O meglio, dovevano avvicinarsi a quella zona. Al resto avrebbe dovuto pensare il generale Wamsler, dopo aver letto il messaggio cifrato.
Le probabilità che tutto andasse liscio non erano molte, ma nella situazione in cui si trovava la forza di difesa terrestre, diventavano un’importante speranza.
L’uomo che due ore dopo entrò nell’ufficio del generale, portava un messaggio stampato su carta.
«L’astronave Orion è uscita dalla zona non comunicativa e questo è ciò che ci ha inviato, signore».
Wamsler guardò il foglio.
«McLane è impazzito? Che ci faccio io con questo?» borbottò.
«È incomprensibile!»
Poi, osservando meglio la pagina scritta, cambiò espressione e il suo volto s’illuminò. Alzò gli occhi verso l’uomo che gli aveva consegnato il messaggio.
«Se ne vada» urlò. «Devo pensare. Da solo!»
Aveva capito subito che c’era qualcosa che non andava nell’Intelligence terrestre. Altrimenti perché McLane gli avrebbe inviato un cifrato? Di sicuro cercava di tenere alla larga gli occhi curiosi di qualche spione. Come diavolo aveva fatto McLane a capire che le linee di comunicazione non erano sicure? Quell’uomo è un drago, si disse. Ma non aveva certo intenzione di dirglielo, era bene tenerli sempre in tiro, i suoi ufficiali. Anche ora che ne erano rimasti pochi.
Una cosa era certa: nessun altro oltre a lui doveva leggere quel messaggio. Chiuse tutte le porte e non aprì a nessuno per le successive due ore. Si mise al lavoro con la macchina e da quel foglio ebbe rivelazioni clamorose. C’era anche un piano. Sorrise mentre lo leggeva. Era il piano più pazzo che avesse mai esaminato, ma forse proprio per questo poteva funzionare. E poi (il suo volto si velò di tristezza) non avevano niente da perdere. Quindi, perché non tentare?
L’astronave Hydra si era fermata nei pressi di Mercurio, mentre l’Orion rimaneva presso Venere. I Frog erano a metà strada tra Marte e la Terra; il tempo stava per scadere.
Sul grande radar orizzontale e rotondo McLane vide comparire una moltitudine di segnali: astronavi, migliaia di astronavi che arrivavano dal Sole. Una nuova invasione, numericamente superiore alla flotta Frog. E di origine sconosciuta.
Per nulla sorpreso, si rivolse a de Monti che dietro a lui preparava l’Overkill.
«Il generale ha eseguito i miei ordini alla lettera, da bravo soldatino!»
«L’hai convinto» gli rispose il cannoniere. «Speriamo di convincere anche i Frog».
Quasi subito arrivarono strane comunicazioni in una lingua stramba, aliena ma anche assurda. Riempiva tutte le frequenze e risultava assordante.
Non era linguaggio Frog, questo era certo. Somigliava più a un’accozzaglia di parole che stessero insieme senza una logica. Chissà, forse un non-umano ci poteva anche cascare.
«Helga, apri un canale riservato con la Terra, per aggirare l’ostruzione radio».
Appena fu sicuro di poter comunicare, McLane continuò.
«Terra, qui è l’incrociatore veloce Orion VIII: siamo attaccati da forze superiori, non sono i Frog! Ripeto, non sono i Frog».
Subito dopo con un cenno intimò ad Helga di chiudere.
«Overkill!» ordinò infine a de Monti.
L’Overkill dell’Orion colpì in pieno Venere. Il pianeta si sfarinò in una valanga di detriti che partivano dalla zona centrata per poi disperdersi nello spazio in tutte le direzioni. In poco tempo il bellissimo pianeta azzurro che aveva ispirato tanti miti in passato fu spazzato via. Cancellato dal cosmo.
«Disattivare tutti gli strumenti e spegnere i motori» disse infine Mclane. «Speriamo che abbocchino alla balla che siamo stati distrutti».
L’astronave Hydra, invece, si era avvicinata a Mercurio. Come l’Orion, aveva chiamato la Terra comunicando di essere attaccata da forze sconosciute e, subito dopo, con l’Overkill aveva distrutto il pianeta. Poi si era spenta. Era come se la nave non esistesse più, come se fosse stata distrutta.
I messaggi dalla Terra non tardarono ad arrivare.
«Terra chiama astronave Orion! Rispondete… Terra chiama astronave Hydra! Qualcuno è in grado di rispondere? Qualcuno è sopravvissuto?»
Nessuna risposta.
Gli equipaggi erano in ascolto. I detriti dei due mondi distrutti schizzavano da tutte le parti. Alcuni colpirono lo scafo. Sull’Orion sentirono le lamiere che si piegavano, ma sperarono che i danni non fossero gravi. Sull’Hydra ci fu uno scossone e un forte boato. Ebbero fortuna, un pezzo di Mercurio li aveva sfiorati staccando una parte della nave. Nonostante questo la struttura resistette e non esplosero.
Sulla Terra tutti osservavano il grosso schermo rotondo sul quale si vedevano muovere, provenienti dal Sole, i segnali dei misteriosi nuovi invasori.
Era un’orda enorme in avvicinamento che aveva già distrutto due mondi e le ultime due astronavi della pattuglia spaziale. Era la fine. L’unico che sogghignava era il generale Wamsler, ma non se ne fece accorgere.
C’erano anche altri che ascoltavano le ultime, drammatiche, comunicazioni terrestri: i Frog. Sulle loro navi avevano tracciato i nuovi invasori, avevano assistito alla distruzione dei due mondi e avevano visto scomparire le navi terrestri. Videro anche che gli sconosciuti alieni puntavano sulla Terra. Proprio dove stavano andando anche loro.
Il comandante dei Frog cercò di evitare la disfatta e ordinò di ritirarsi.
Sulla Terra videro i segnali luminosi delle astronavi Frog che invertivano la rotta; alla massima velocità si spostarono verso Giove e poi proseguirono. Superarono l’orbita di Saturno, poi di Nettuno e Urano. Ben presto uscirono dal radar: il pericolo era scampato… per ora.
Nell’enorme sala del calcolatore centrale uno dei tecnici urlò di dolore, si accasciò a terra e morì. Accorsero in molti per soccorrerlo ma ormai non c’era più niente da fare. i Frog in ritirata, non potendolo tenere ancora sotto controllo, l’avevano ucciso.
Sull’astronave Orion le luci furono riaccese, l’energia ripristinata e i motori riattivati.
«Torniamo sulla Terra per le riparazioni» disse McLane. «Helga, sull’Hydra hanno potuto fare lo stesso?»
«Si stanno muovendo ora, sembra che siano molto danneggiati ma possono farcela».
Tutti i segnali luminosi dei nuovi invasori raggiunsero la Terra, ma si rivelarono essere tutt’altra cosa che astronavi. I rimorchiatori in orbita inviarono le prime immagini. Erano le sonde solari per la raccolta dell’energia inviate dalla stazione Elios.
«Generale Wamsler» disse poco dopo uno dei componenti del TRAV «vuole spiegarci, una buona volta, quello che è successo? Perché noi non sapevamo nulla di quest’operazione? Quelle sonde hanno svolto un compito che non era il loro. Arrivando fin qui si saranno sicuramente danneggiate. Ma sono servite a scacciare i Frog e perciò è stata una bella mossa. Avremmo solo voluto essere informati, ecco tutto».
«Capisco» rispose solenne Wamsler «ma non avevo scelta. C’era una spia, qui sulla Terra. Ho dovuto restringere la cerchia dei partecipanti all’operazione. In pratica oltre a me e al comandante McLane, ho informato solo gli operai della stazione Elios. Hanno impostato loro la rotta delle sonde, dopo averle caricate al massimo di energia. I sensori le hanno scambiate per astronavi proprio perché erano ipercariche».
«E quei messaggi che sembravano un collage di tutte le lingue terrestri messe insieme?» disse ancora l’altro.
«Quella è stata la parte più debole. Ho dovuto inventare un linguaggio cifrato alla svelta e da solo. Il mio computer ha mischiato più idiomi insieme e ne è venuto fuori un pasticcio. Per fortuna i Frog ci sono cascati. Ho anche distorto il segnale per non far capire che lo inviavo dal mio ufficio».
«Torneranno, appena avranno capito l’inganno».
«No. Sanno che l’Overkill non è stato annientato, ma solo spento. Basta ripristinarlo e le difese della Terra saranno di nuovo attive. Questo ci darà il tempo di ricostruire le astronavi».
L’astronave Orion giunse sulla Terra, malconcia ma tutta intera. L’Hydra, invece, aveva esaurito l’energia nei pressi della Luna e i rimorchiatori la stavano ancora trainando.
«Abbiamo dovuto sacrificare due pianeti, ma era necessario, per spaventarli. Altrimenti l’attacco non sarebbe stato credibile» dichiarò McLane.
«Siamo responsabili di una catastrofe» replicò de Monti, mentre ricalibrava l’Overkill. Sullo schermo rotondo si vedeva la nuova fascia di asteroidi che si era creata al posto di Venere e Mercurio. McLane annuì.
«Abbiamo salvato la Terra» sorrise «consoliamoci con questo».
L’Orion entrò nell’atmosfera.
Marco Alfaroli
Phantastischen Abenteuer
des Raumschiffes Orion
Serie TV – Germania. 1965-1966
ideata da: Rolf Honold
prodotta da: Hans Gottschalk, Helmut Krapp