SCAMBIO DI TESTE 22

22.

Barbara lo pregò così tanto che padre Antonio dovette accettare. E poi non gli dispiaceva andare a cena da Barbara, la considerava quasi una figlia e stava bene con lei. L’aveva vista crescere con le idee comuniste del padre. Quell’uomo, che padre Antonio ricordava bene, non era cattivo. Però era un mangiapreti convinto e le vietava di frequentare la parrocchia, diceva che non era posto per rivoluzionari; lo Stato pensava a tutto e non c’era bisogno di un Dio. Barbara aveva perduto la madre da piccola era stata educata da un uomo che come unica fede riconosceva i discorsi di Fidel. Pure lei si era convinta, aveva fatto tutta la trafila dei giovani comunisti, era stata guardia pioneril, aveva partecipato alle adunate domenicali in Piazza della Rivoluzione, aveva marciato a lungo con il fazzoletto rosso al collo e preso il carnet del partito. Barbara si ricordava giovane sposa, dopo la morte del padre, poi la fuga del marito e gli anni della solitudine. Tante idee cadevano sotto i colpi della disillusione e lei si ritrovava con  un figlio da crescere.

Era stato in quel periodo buio che Barbara era diventata cattolica.

Dio non ti abbandonerà mai, le aveva detto padre Antonio. Perché Dio non è un marito vigliacco che ha paura di lottare. Perché Dio non sogna Miami come un paradiso. Il suo Paradiso viene dopo la vita ed è per pochi, non è un ideale che vacilla e si frantuma in polvere di ricordi. Barbara aveva cominciato a  rifugiarsi tra le parole di padre Antonio e quando si confessava credeva di avere accanto un padre affettuoso che sapeva indicare sempre la strada giusta. Se non ci fosse stato lui non avrebbe mai superato quei giorni duri dopo la fuga di Enrique. Non ce l’avrebbe mai fatta da sola.

“Se non ci fosse stato Dio” la correggeva il prete “ma Dio c’è. Lui non ti abbandonerà mai”.

Barbara ormai sapeva che era così. Non c’era bisogno che nessuno glielo ripetesse. Nei momenti difficili, quando qualcosa la tormentava, sapeva sempre dove andare. Per questo aveva voluto Padre Antonio a cena, quella sera. Barbara aveva cucinato i piatti che al prete piacevano di più, le pietanze che gli ricordavano Porto Rico e  la sua giovinezza. Un posto dove lui non sarebbe più tornato. E poi non era difficile, la cucina era simile, le usanze pure. Lei aveva sempre sentito dire che Porto Rico era una Cuba capitalista e in passato molti cubani erano scappati proprio là.

Per antipasto servì un cocktail di frutta con sangria, poi crema de queso (una minestra di patate con molto formaggio), maiale arrostito accompagnato da arroz congris, il tradizionale miscuglio di riso e fagioli neri, patatine e banane fritte. Per finire un dolce di guayaba con queso e caffè. Il tutto annaffiato da birra chiara in bottiglia, quella da pochi pesos, di contrabbando. Padre Antonio era un buon bevitore di birra. Di ogni tipo. Non faceva caso a marche e provenienza. Se poteva permettersi Cristal o Bucanero le preferiva, ma non disprezzava neppure il tipo economico senza schiuma che pareva annacquata. Ne beveva un po’ di più e risolveva il problema. La birra era il suo unico vizio, diceva. E il Signore avrebbe capito.

La cena procedette in silenzio. Roberto pareva ancora di cattivo umore e sembrava in collera con la madre per i fatti dell’altra sera. Le aveva frugato nel portafoglio e lui quella cosa proprio non la sopportava. Barbara scambiò poche parole di circostanza con padre Antonio, ma il ragazzo non accennava a voler partecipare alla conversazione. Pensava agli affari suoi e non gli interessava ciò che stavano dicendo.

Fu padre Antonio a parlare con lui, davanti a un buon bicchiere di Matusalem, invecchiato sette anni, rimediato chissà dove.

“C’è qualcosa che ti preoccupa, Roberto? È tutta la sera che sei immerso nei tuoi pensieri. Pare che tu non sia qui con noi”.

Il ragazzo si versò mezzo bicchiere di rum dalla bottiglia e lo tracannò in un solo sorso. Poi rispose senza alzare gli occhi.

“Non c’è niente che possa interessarvi. Proprio niente”.

“Tua madre sta in pena per te”.

“Mia madre farebbe bene a farsi gli affari suoi”.

“Sono affari suoi, Roberto. Sei suo figlio e ti vuole bene. Tu la stai facendo soffrire”.

Barbara assisteva in silenzio alla conversazione. Fingeva di rassettare la cucina e di sistemare piatti e posate nella pila dell’acquaio. Avrebbe lavato tutto il giorno dopo, con calma.

Adesso le interessava soltanto suo figlio. Voleva sapere. Voleva capire in quale situazione si era andato a cacciare. Quei mille dollari erano un atto d’accusa troppo grande, non si potevano ottenere se non si accettavano lavori molto sporchi.

Roberto si mise le mani alla testa premendosi le tempie.

Un afflusso di sangue giunse violento a percuotergli il cranio e per un momento fu in grado di stordirlo. Una rabbia improvvisa gli esplose dentro. Gridò, articolando a fatica le parole.

“La mia vita riguarda soltanto me. Non voglio preti intorno e non voglio più sentire i piagnistei di mia madre!”

Padre Antonio cercò di calmarlo.

“Roberto, stiamo solo cercando di aiutarti”.

“Non ho mai chiesto l’aiuto di nessuno. Voglio essere soltanto lasciato in pace”.

Barbara cercava di non parlare. Teneva la testa china sulla pila di piatti da lavare e faceva fatica a imporsi il silenzio. Sapeva che era meglio così. Solo padre Antonio poteva fare qualcosa per il suo ragazzo. Lei aveva una fiducia totale in quell’uomo.

“Hai bisogno di continuare a  curarti…” provò a dire il prete.

Roberto lo interruppe.

“Ora basta! Non ho tempo da perdere con un prete” disse.

Si alzò dal divano e fece per uscire di casa.

“Dove vai, adesso?” domandò Barbara dalla cucina con la voce rotta dai singhiozzi.

“Dove mi pare. E non devo rendere conto a te”.

Barbara si avvicinò al figlio, frapponendosi tra lui e la porta.

“Padre Antonio stava cercando di farti ragionare. Hai bisogno di cure, Roberto. Non devi trascurarti. E soprattutto devi stare attento a quello che fai”.

Roberto, accecato dall’ira, colpì sua madre con una violenta spinta al petto che la scaraventò a terra. Lei non fece neppure in tempo ad accorgersi di cosa fosse accaduto. Padre Antonio si alzò di scatto e si gettò sul ragazzo. Roberto lo sentì arrivare alle spalle e non appena il prete provò a trattenerlo, lui lo allontanò assestandogli un pugno al basso ventre. Il prete cadde a terra dolorante e senza fiato. Barbara si alzò e provò di nuovo a fermare il ragazzo, ma lui sembrava preso da una furia incontenibile.

“Levati di mezzo!” intimò a sua madre e la mise da parte con un brusco spintone che le fece perdere l’equilibrio fino a farla cadere per terra.

“Lasciatemi in pace, tu e quel prete, se non volete che accada di peggio” disse minaccioso. Poi uscì sbattendo la porta.

La notte di Alamar lo avvolse come una terribile protezione, le tenebre lo portarono lungo il mare e lui sparì come un soffio di vento, mentre Barbara piangeva e aiutava padre Antonio a riprendersi dal dolore. Il suo dolore però era ancora più forte. Era quello di una madre che stava perdendo un figlio.

Padre Antonio era stato colpito duro. Aveva fatto a pugni soltanto una volta in vita sua ed era accaduto alla scuola infantile. Era tornato a casa con un occhio nero che sua madre aveva curato con amore per un paio di giorni sino a farlo guarire. Lo ricordava ancora, a colpirlo era stato un prepotente, il bambino più rissoso della scuola. Però allora aveva tentato di reagire, non rammentava bene come, ma una reazione l’aveva accennata. Questa volta no. Non si aspettava che Roberto lo colpisse con un pugno. Nessuno lo aveva mai fatto da quando vestiva l’abito talare. E adesso il basso ventre gli faceva male, faticava persino a respirare. Barbara lo aveva fatto stendere sul divano e cercava di consolarlo.

“È tutta colpa mia” disse.

“Non dire così. Tu che c’entri?”

“Una volta mio figlio non si sarebbe comportato così. Diceva che ero l’unica donna importante della sua vita…”

“È sempre stato un ragazzo in gamba e si vedeva che ti voleva un gran bene”.

“Da un po’ di tempo è violento con tutti. Anche con me”.

Padre Antonio chiese un bicchiere d’acqua. Riprendeva a respirare senza affanno e il dolore al basso ventre stava scomparendo. Non era più un ragazzino e alla sua età un pugno come quello che aveva incassato lasciava il segno. Barbara tornò con l’acqua e gliela porse. Padre Antonio bevve a piccoli sorsi e respirò profondamente.

“Adesso va meglio” disse.

Barbara provò a sorridere. Aveva invitato a cena padre Antonio. Lo aveva fatto per il bene di suo figlio, non poteva sospettare cosa sarebbe accaduto. Era assurdo sentirsi in colpa.

I ricordi si affacciarono come sempre alla memoria.

Lo aveva fatto diventare grande quel figlio, grazie a lei era diventato un uomo. Le era stata d’aiuto soltanto la fede in Dio e il ragazzo era cresciuto in quella parrocchia sotto la guida morale di padre Antonio. Là aveva giocato a baseball con gli amici su campetti improvvisati. Là aveva conosciuto le prime ragazzine e si era innamorato.

“Ricorda il giorno della prima comunione?” chiese d’un tratto a padre Antonio.

Lui sorrise, tenendo la mano sul basso ventre e massaggiandolo con movimento circolare. Ne aveva viste tante di prime comunioni, più o meno erano tutte uguali. Bambini vestiti di bianco e genitori sorridenti in attesa di fare un po’ di festa, magari ballando e bevendo rum. Barbara non attese la risposta del prete e andò verso l’armadio di camera a rovistare in un cassetto dove teneva ricordi e foto. Le immagini della prima comunione dovevano essere proprio là. A lei era venuto un desiderio improvviso di rivederle per ricordare suo figlio quando era soltanto un bambino.

Cominciò a frugare. Era tanto tempo che non metteva mano alle cose riposte in quel cassetto. Vide da una parte la vecchia pipa di radica del marito, conservata chissà per quale motivo a ricordo d’un amore finito. Accanto c’era l’anello di fidanzamento che le aveva regalato tanti anni fa. Non lo portava più, come non portava la fede nuziale, ma non avrebbe avuto il coraggio di buttarlo. Poi le cose di suo padre, la tessera del partito, un librettino logoro e consumato intitolato “La historia me absolverá” scritto da un giovane Fidel Castro. Nella confusione, qualche collana di bigiotteria della mamma e un paio di orecchini d’argento anneriti dal tempo. Dei genitori le restavano pochi oggetti, a parte i ricordi. Però le foto della comunione del figlio non riusciva a trovarle. Vide il fazzoletto rosso che Roberto indossava per andare a scuola, un orsacchiotto di stoffa che gli teneva compagnia la notte e i volumetti ingialliti de La edad de oro e Habia una vez che gli leggeva da bambino prima che si addormentasse. A un certo punto, proprio in fondo al cassetto, sentì della stoffa leggera. Pensò che potessero essere altri fazzoletti, forse quello blu delle prime classi scolastiche, o quelli indossato nella guardia pioneril.

Restò sorpresa quando tirò fuori dal cassetto, una dopo l’altra, cinque paia di mutandine di stoffa colorata. Erano slip da donna, senza dubbio. Non fazzoletti per la divisa scolastica.

Barbara fu presa da un improvviso sgomento.

Una terribile verità si apriva davanti ai suoi occhi.

“E queste?” chiese a padre Antonio, mostrando le mutandine.

Purtroppo conosceva la risposta. Forse avrebbe voluto non credere a quello che pensava e avrebbe voluto essere convinta del contrario. Padre Antonio rimase allibito, lui non era stato dall’ispettore Abril con Barbara e Fernando. Non sapeva che dire.

Toccò le mutandine. Erano sporche di sabbia e terra.

“Sono slip da donna. Roberto si porta a casa dei trofei, a quanto pare” disse.

Barbara non disse altro. Sedette sconfortata sul divano, divorata dai dubbi. Terrorizzata. In preda a un’angoscia che non accennava a placarsi. Lei sapeva. Le tornavano a mente le parole dell’ispettore e pesavano come macigni sul suo cuore distrutto dal dolore. Era troppo per quella notte. Davvero troppo.

Barbara restò immersa nei suoi pensieri fino a quando padre Antonio non decise di salutarla per fare ritorno a casa.

“Non ti scoraggiare” le disse “passerà anche questa. Tuo figlio tornerà quello d’un tempo. Devi crederci”.

Ma Barbara non ascoltava neppure.

Temeva che fosse proprio impossibile, a quel punto.

Adesso suo figlio le faceva soltanto paura.

(22 – continua)

Gordiano Lupi