TERZO DAL SOLE – SOGNI E SPERANZE DELL’ANIMALE UOMO ALLA RICERCA DELLA VITA 04

CAPITOLO IV: GRAFFITI, LINGUAGGIO PARLATO E SCRITTURA

L’uomo ha sempre racchiuso in se il desiderio e poi la capacità di comunicare con i suoi simili. Il suo aggregarsi in gruppi o tribù non era dimensionato solo per la difesa o per la caccia, ma anche dal suo desiderio di comunicare le proprie esperienze e poter ascoltare quelle altrui. Gli uomini primitivi erano indubbiamente incisori e pittori di talento. Usavano quattro colori fondamentali: nero, rosso, giallo, bianco (ottenuti sbriciolando “terre” naturali e mescolandole con acqua o urina) e li spandevano sul disegno con pennelli di pelo naturale, con le mani o con delle cannucce vegetali. In altri casi si limitavano a disegnare graffiti con una pietra sottile e appuntita chiamata selce. Per arrivare a riempire le parti più alte delle pareti lavoravano su impalcature di legno. Giorno e notte erano costretti a usare lucerne, ricavate da una pietra concava riempita di grasso animale e di ramoscelli di ginepro, che danno una luce simile a quella delle nostre candele. Non consideriamoli dei semplici decoratori in quanto svolgevano un lavoro della massima utilità: la loro pittura, infatti, era intrisa di magia. Inizialmente, infatti, graffiti e pitture rupestri rappresentavano animali e scene di caccia. Il pittore era considerato una specie di stregone che aveva il compito di disegnare gli animali viventi nella zona interessata allo scopo di ergersi ad auspice per far avere ai suoi compagni una buona caccia. Gli uomini primitivi erano convinti che gli elementi naturali avessero una forza, un potere invisibile superiore alla loro e così pensavano che riproducendo gli oggetti delle loro paure, essenzialmente gli animali,  la forza di questi oggetti potesse trasmettersi a loro, donando il potere di controllare tutto il mondo circostante. La prova che la pittura era magia sta anche nel fatto che le pareti affrescate sono collocate nelle parti più profonde delle caverne, dove vi si poteva giungere dopo un lungo cammino e solo per compiere cerimonie solenni.

La pittura conservò per molto tempo la sua funzione magica, ma a poco a poco acquisì anche altro valore perché, disegnando, gli uomini erano in grado di raccontare qualcosa della propria vita, in questo modo comunicavano pensieri e sentimenti come, per esempio, disegnare un viaggio, per ricordarlo e poterlo mostrare, oppure ritrarre il proprio gruppo familiare riunito e questo per esprimere il senso di appartenenza a esso, ma non solo, anche il legame affettivo e generazionale in esso esistente.

Nel disegnare un animale, cercavano di farlo non sempre somigliante alla realtà, ma anche esteticamente bello ed è quindi importante rilevare che questi nuovi aspetti non rispondevano a un bisogno pratico, come procurarsi il cibo, ma a bisogni che potremmo definire, spirituali, estetici. La necessità, il bisogno, il desiderio di poter in questo modo esprimere emozioni e sentimenti creando e mostrando qualcosa di bello. E questo fu l’inizio delle prime forme d’arte.

Incisioni rupestri sono state e vengono tuttora scoperte negli ambienti più vari (foreste, deserti, vallate, ecc.) di tutti i continenti. Si può normalmente constatare la costante esistenza del trinomio composto da: pietra-incisioni-uomo, nel senso che nei luoghi montagnosi frequentati dall’uomo sono state sempre prodotte incisioni rupestri. Se ne deduce che esse non sono espressioni di gruppi isolati, sono state desiderio e necessità di tutti i gruppi umani e questo a prescindere dal tempo e dallo spazio in cui sono collocate.

La lingua, l’uso delle parole per comunicare idee, sentimenti, stati d’animo, istruzioni o quant’altro è, nella sua complessità, una prerogativa del genere umano, non unica però, anche se non negli stessi, complessi livelli. I delfini, le balene, parecchi animali e insetti hanno un modo primitivo ma basilare di comunicare, però è indubbio che resta uno dei tratti più cospicui che distingue l’essere umano da altre specie. A differenza della scrittura, la lingua parlata non ha lasciato tracce evidenti della sua natura o della sua stessa esistenza, ragione per cui i linguisti devono ricorrere a metodi indiretti per decifrare le sue origini trovandosi comunque d’accordo che non ci sono lingue primitive ancora esistenti, e che tutte le popolazioni umane moderne usano lingue di simile complessità. Infatti, mentre le lingue esistenti si differenziano nei termini della grandezza e della varietà e dei temi usati del proprio lessico, tutte possiedono la grammatica e la sintassi necessarie, e possono inventare, tradurre e prendere in prestito il vocabolario necessario per esprimere l’intera gamma dei concetti che si vogliono esprimere. Tutti gli esseri umani possiedono abilità linguistiche simili, e nessun bambino nasce con una predisposizione biologica a imparare una data lingua invece di un’altra. Le lingue umane potrebbero essere emerse circa 164.000 anni fa in quello che viene definito come Paleolitico superiore. Un’ ipotesi, ormai patrimonio di moltissimi studiosi, ci dice che il comportamento umano moderno e l’emergere della lingua non solo si svolsero nello stesso arco di tempo ma fossero altresì dipendenti l’uno dall’altro, ma non possiamo ignorare che altri spostano indietro nel tempo lo sviluppo della lingua a circa 200.000 anni fa, al momento in cui apparvero le prime forme di Homo sapiens arcaico  in quello che viene definito Paleolitico medio, se non  addirittura nel Paleolitico inferiore, non meno quindi di 500.000 anni fa. Questa questione dipende dal punto di vista sulle abilità e sulle capacità dell’uomo di Neanderthal, di essere in grado di poter comunicare ma, comunque sia, è più che logico presumere un lungo stadio di pre-lingua, tra le forme di comunicazione dei primati superiori e la lingua umana completamente sviluppata.

Una delle conquiste più importanti dell’umanità è stata senza dubbio quella della scrittura, ma ben pochi sanno quanto sia stato lungo e complesso questo percorso. Nei tempi antichi l’invenzione della scrittura è il risultato di un progredire continuo, un processo che è durato migliaia di anni, arricchendosi progressivamente di conquiste e di perfezionamenti. Non c’è alcun dubbio che l’invenzione della scrittura sia avvenuta in modo indipendente e in diverse parti del mondo ma ha seguito le stesse tappe fondamentali. All’inizio, per indicare qualcosa è stata usata la sua figura o un segno convenzionale. Poi si è passati a una scrittura fonetica basata sul meccanismo dei rebus, quindi a una scrittura sillabica e solo alla fine si è arrivati alla scrittura alfabetica. Quando, fin dal paleolitico superiore, l’uomo ha cominciato a tracciare graffiti e pitture su rocce e pareti di caverne, non bisogna dimenticare che, allo stesso periodo risalgono i più antichi frammenti di ossa e di ciottoli con tacche che sono stati rinvenuti e, anche se non conosciamo con sicurezza a cosa servissero i segni ripetuti, sembra però che le tacche incise avessero lo scopo di contare qualcosa, come per esempio i giorni che passano, i mesi lunari o più semplicemente gli animali catturati. Come abbiamo già rilevato non c’è un’origine unica della scrittura, ma è nata indipendentemente in diverse parti del mondo. In Siria, più o meno 10.000 anni fa, venivano usati dei gettoni d’argilla di forma diversa per indicare dei prodotti agricoli. Per esempio, un gettone con la forma di una grossa moneta e con incisa una croce indicava una pecora, uno di forma conica indicava una misura di grano, uno ovoidale indicava un’anfora d’olio, eccetera per cui, per esempio, per distinguere fra pecore, montoni ed agnelli, si incidevano sul gettone dei segni diversi. Per indicare venti pecore erano necessari  ovviamente venti gettoni. Questo sistema continuò a essere usato per diversi millenni. Nel 3500 avanti Cristo, gli amministratori dei magazzini del palazzo del sovrano per non disperdere i gettoni cominciarono a inserirli in una palla cava di argilla chiamata bulla sulla quale in seguito si cominciò a disegnare i gettoni che conteneva. Dopo circa 300 anni, i gettoni vennero soppressi e le palle cave vennero sostituite da una tavoletta piana d’argilla sulla quale venivano incise le forme dei gettoni. Le tavolette erano più piccole e comode da usare delle pesanti palle di creta. Quindi, tutti i precedenti oggetti tridimensionali vennero sostituiti da tavolette bidimensionali, molto più pratiche da maneggiare e da archiviare. Facciamo un altro esempio: se si dovevano indicare 43 anfore, bisognava incidere 43 disegni di anfora fu quindi automatico che qualcuno pensasse di semplificare le cose indicando prima il numero e poi l’oggetto contato. In pratica, si cominciò a indicare le unità con tratti verticali tracciati con la punta di uno stilo e le decine con impronte circolari ottenute premendo il fondo dello stilo sulla tavoletta. Dopo questi numeri seguiva la figura di ciò che era stato contato. In questo modo, per indicare 43 anfore non c’era più bisogno di disegnare altrettante anfore, ma si indicava: OOOOIII e la figura di un’anfora. Questo sistema era molto più semplice da usare di quello precedente. Inoltre, i segni che indicavano i numeri e quelli che indicavano i beni si separarono in due differenti sistemi di segni: il sistema contabile e la scrittura vera e propria. Dovettero però passare diversi secoli prima che a qualcuno venisse in mente di usare la scrittura per scopi diversi da quelli contabili. Una delle più antiche scritte funerarie sumere risale al 2700/2600 avanti Cristo e indica il nome e il titolo del defunto. Nel 2400, un sovrano sumero descrisse le proprie gesta in un testo abbastanza lungo. Nel 2.000, la scrittura era usata per testi legali, di letteratura, scolastici, etc. La scrittura sumera era dunque un sistema misto che usava simboli convenzionali alcuni dei quali rappresentavano oggetti e altri rappresentavano suoni. Comunque, fino ad ora, non possiamo ancora parlare di una vera e propria scrittura bensì di una forma di catalogazione e quindi si può dire quasi certamente che furono i sumeri e gli egizi i primi popoli in grado di scrivere e questo avvenne, da quanto ci risulta, tra il 3500 e il 3300 Avanti Cristo. Però non si conosce con sicurezza quale di questi due popoli l’abbia inventata per primo, anche se pare che la scrittura egiziana abbia subito influenze sumere e non viceversa. Si trattava di popolazioni che avevano acquisito l’agricoltura già da qualche millennio e che sentivano la necessità di un sistema di notazione dei prodotti agricoli. A quell’epoca, ma non solo in quella, i sovrani imponevano ai sudditi delle tasse sotto forma di prodotti agricoli. Essi usavano queste risorse per pagare la costruzione dei palazzi e templi, per mantenere l’esercito, i funzionari e la corte, in altre parole quello che fanno i nostri politici in maniera non sempre corretta ed evidente. Però anche negli scambi commerciali si sentiva la necessità di poter annotare le merci. La stessa cosa valeva per le offerte che venivano portate ai templi, ma l’invenzione della scrittura ha seguito da vicino molte altre innovazioni tipiche del neolitico, quali la costruzione di città, l’uso del bronzo, l’invenzione della ruota, del tornio del vasaio e del telaio per tessere. Questo era un periodo in cui l’agricoltura e l’allevamento si erano già affermate e diventava sempre più necessario poter indicare prodotti e persone in documenti contabili e in transazioni commerciali. Nacquero quindi diversi tipi di scrittura: da quella cuneiforme, così chiamata perché composta da segni che hanno l’aspetto di piccoli cunei. Essa si diffuse in buona parte del Medio Oriente antico e venne usata da molti popoli diversi quali i sumeri, gli accadi, i babilonesi e gli assiri. La maggior parte di questi popoli parlava lingue semitiche, ma il sistema cuneiforme venne usato anche da popoli che parlavano lingue indoeuropee, come gli ittiti e venne usata anche dagli egizi per comunicare con i principi delle coste orientali del Mediterraneo. La scrittura cuneiforme durò millenni e venne soppiantata dalla scrittura alfabetica, molto più facile da imparare e da usare. Tuttavia, la scrittura cuneiforme non scomparve appena la scrittura alfabetica divenne disponibile, ma resistette molti secoli perché gli scribi la consideravano superiore nell’esprimere le sfumature del pensiero e della lingua. L’origine della scrittura geroglifica fu pressoché contemporanea a quella cuneiforme. Non si sviluppò nella struttura cuneiforme, ma mantenne una rappresentazione pittorica dei simboli. Questo fu probabilmente dovuto al fatto che gli egizi non usavano l’argilla come supporto per scrivere, ma papiro, legno e pareti di roccia levigata come quelle dei templi. Durante la sua evoluzione, la scrittura geroglifica subì qualche influenza da parte sumerica, ma si sviluppò in un modo del tutto originale. I suoi simboli erano tratti da oggetti dell’universo egizio. A differenza della scrittura sumerica che per lungo tempo venne impiegata soltanto in documenti contabili, quella egizia venne usata molto presto per scrivere, quindi gli egizi cominciarono a usare la scrittura vera e propria molto prima dei sumeri. Questo fu quindi l’inizio del linguaggio scritto che secolo dopo secolo arrivò fino a noi attraverso molteplici cambiamenti ma senza ottenere ancora, se mai sarà possibile, un linguaggio unico per tutto il pianeta. L’unica cosa che possiamo affermare con certezza è che il linguaggio convenzionale più usato per interagire tra popoli e popoli è attualmente l’inglese.

(4 – continua)

Giovanni Mongini