Gli amici di Nick Hezard (1976)
La trilogia brillante si conclude con Gli amici di Nick Hezard, un film fatto con pochi soldi, scritto da Alberto Silvestri e sceneggiato da di Leo che è costretto a economizzare. La fotografia è di Roberto Gerardi, mentre il montaggio viene curato dal solito Amedeo Giomini. Le scenografie sono di Francesco Cuppini e le musiche del fido Luis Enriquez Bacalov. Producono Ermanno Curti e Rodolfo Putignani per Centro Produzioni Cinematografiche Città di Milano. Interpreti principali: Luc Merenda, Lee J. Cobb, Luciana Paluzzi, Gabriele Ferzetti, Dagmar Lassander, Isabella Biagini, William Berger, Valentina Cortese, Fred Williams, Mario Pisu, Riccardo Salvino, Sergio Ammirata ed Enzo Pulcrano.
Nick Hezard (Merenda) è un piccolo imbroglione, figlio di un famoso truffatore, che viene incastrato dal boss Robert Clark (Cobb) come autore di un furto simulato di gioielli per truffare l’assicurazione. Il boss riscuote la cifra pattuita per l’indennizzo e subito dopo cerca di eliminare Hezard per non avere testimoni, ma uccide soltanto il suo miglior amico. Nick organizza una squadra di piccoli truffatori per vendicare il torto subito, realizzando un orologio (sinonimo di truffa perfetta) ai danni di Robert Clark. La messa in scena è grandiosa. Clark viene accusato di un omicidio che non si è mai verificato ed è condotto in un falso commissariato dove gli amici di Nick Hezard recitano da perfetti attori. Alla fine Nick fa scappare il boss in Venezuela ma si fa pagare con l’intera somma riscossa dall’assicurazione per il furto simulato. Non solo, con una truffa finale riesce persino a derubare Clark dei suoi gioielli.
Raccontare per filo e per segno la trama de Gli amici di Nick Hezard è quasi impossibile e persino inutile, perché il film si basa su una serie di truffe ben congegnate (orologi) e su una quantità indescrivibile di colpi di scena che conducono lo spettatore verso la sorpresa finale. La pellicola doveva intitolarsi L’orologio e si ispira a La stangata di George Roy Hill (1973), dove vediamo due imbroglioni come Robert Redford e Paul Newman organizzare una truffa ai danni di un gangster impersonato da Robert Shaw. Nel film del regista pugliese tutto è in tono minore e girato in grande economia, ma i colpi di scena e gli inganni si susseguono a ripetizione come nell’originale statunitense. La stangata prende sette oscar ed è un film sopravvalutato, perché si tratta di un buon lavoro di intrattenimento, ma non certo di un capolavoro. In Italia dà il via a una serie di imitazioni e a un buon numero di pellicole gangsteristiche ambientate negli anni Trenta. Gli amici di Nick Hezard è di sicuro la migliore risposta italiana a La stangata ed è un film che non può dirsi un plagio, ma conserva una sua precisa originalità. La pellicola si pone a metà strada tra la commedia gangsteristica e il poliziesco, ma presenta i momenti migliori proprio nella parte brillante che di Leo gestisce con bravura. Sono interessanti anche le sequenze di azione e le parti ad alta tensione, ma in questo film il regista pugliese ottiene risultati di comicità decisamente superiori rispetto a Colpo in canna. I tempi comici sono perfetti e Luc Merenda si cala a dovere nella parte di Nick Hezard, ruolo inconsueto per un attore abituato a impersonare commissari e poliziotti violenti. Lee J. Cobb è uno stralunato e credibile boss della malavita, anche se non raggiunge gli eccellenti risultati interpretativi de Il giorno della civetta (1968), ma il paragone non regge perché questo film è di ben altro genere. Tra l’altro Lee J. Cobb muore poco dopo aver completato le riprese e il suo volto sembra indicare soltanto sofferenza e dolore. Dagmar Lassander è una sensuale Chantal, bella e credibile come ballerina di night che fa innamorare i clienti. Isabella Biagini è brava come serva tuttofare e donna che non esita a tradire, così come Mario Pisu è un impeccabile finto magistrato. Valentina Cortese e Gabriele Ferzetti portano nella pellicola la grande esperienza di attori abituati a calcare palcoscenici teatrali. William Berger è un comico poliziotto che completa la burla finale e Luciana Paluzzi una bella borseggiatrice molto espressiva. Un buon cast di attori esperti e ben diretti contribuisce alla buona riuscita di un film dove, purtroppo, bisogna economizzare su tutto e ridurre il lato spettacolare. In ogni caso il progetto originale è un bel soggetto di Alberto Silvestri, consapevolmente peggiorato da di Leo per esigenze di budget, ma il film non è male e si guarda ancora con piacere. Il ritmo è serrato, le trovate sono geniali, la scenografia è perfetta, la storia tiene, sorprende e diverte, anche se il plot ricorda molto La stangata. L’ambientazione svizzera è un po’ anonima ma alcuni paesaggi del Ticino sono ben fotografati e restano impresse diverse scene girate sul lago di Lugano.
Davide Pulici su Nocturno Cinema sostiene che Luc Merenda si trova in difficoltà nella pellicola, ma è ben sorretto dai comprimari. A mio parere, invece, l’attore francese se la cava molto bene e dà prova di versatilità in un ruolo per lui inconsueto. Il film ha anche il pregio di essere molto sperimentale da un punto di vista tecnico. Di Leo delizia lo spettatore con ripetuti split screen – novità assoluta per una sua pellicola – che utilizza per raccontare diverse espressioni dei personaggi e più azioni contemporaneamente. Inserisce alcune tendine di chiusura, maschere per isolare particolari, stop frames, colorazioni diverse per indicare un flashback e un’azione passata. Sono interessanti alcuni esperimenti di metacinema con finte troupe all’opera ed è gradevole una breve citazione del regista che recita un rapido cammeo. Il film presta grande attenzione agli accorgimenti tecnici che vanno per la maggiore ed è girato all’americana per invogliare all’acquisto il mercato USA. Abbondano i cliché del filone gangsteristico e noir, come mitragliatrici, scazzottate e uccisioni cruente, ma è un poliziottesco brillante, condito di particolari violenti alla di Leo.
Luc Merenda parla del suo rapporto con di Leo e di questo film: “Non ricordo il mio primo incontro con di Leo, ma Fernando mi è piaciuto subito. Sono andato nel suo ufficio, in via Del Corso e lì ho visto quella faccia, questo signore, e mi sono detto: questo è uno giusto. Fernando avrebbe potuto fare di più ma non ne aveva bisogno. Era una persona molto intelligente, sempre con la mente nei suoi libri. Abbiamo tentato di fare un film molto bello insieme, Gli amici di Nick Hezard, scritto da Alberto Silvestri, un film di qualità superiore. Mi ero messo anche in partecipazione, presi due lire e avrei preso il resto dopo. Però, dal momento che ho visto quello che succedeva e che quando c’era una sequenza troppo costosa tagliavano tutto, ho detto: attenzione ragazzi, non ci sto più. Ma non è servito a niente, ho visto questo copione rovinarsi giorno dopo giorno e sono rimasto un po’ male nel constatare che Fernando accettava, per signorilità, questo trattamento… (da Nocturno – Dossier di Leo).
Marco Giusti su Stracult afferma che di Leo torna alla mala con una storia che risente un poco dei successi contemporanei del cinema americano. Il riferimento a La stangata è palese e il critico romano non ha tutti i torti. Pino Farinotti assegna due stelle alla pellicola, ma lo bolla anche lui come imitazione de La stangata. Impossibile non notarlo. Paolo Mereghetti nel suo Dizionario si ferma a una stella e mezzo con questa motivazione: Sulla scia de La stangata, una commedia noir congegnata con mestiere, ma appesantita dal gigionismo degli attori e resa datata dal ricorso (tutt’altro che indispensabile) dello split screen. Mereghetti cita come elementi negativi cose che a mio parere sono pregi della pellicola, perché la recitazione degli attori è impeccabile, così come sono godibili le sperimentazioni tecniche. Tra l’altro in tempi moderni Ang Lee ha riportato in auge lo split screen con il suo poco memorabile Hulk (2003).
Fernando di Leo confessa a Nocturno Cinema: “La sceneggiatura la scrissi insieme a Silvestri, quello che fa l’alter ego a Costanzo… anzi, a dire la verità fu quasi tutto opera sua. Un soggetto bellissimo, il cui titolo originario era L’orologio – un modo per denominare un certo tipo di truffa – e con un solo difetto: era mutuato su La stangata, ma non solo come intenti… Il protagonista doveva essere un grande attore, uno che avesse grande carisma. Io avevo solo Luc Merenda che era pure bravo e prestante… ma non era grande e non aveva carisma… Io ho fatto un’azionaccia che fu quella di realizzare comunque il film, perché la sceneggiatura era splendida, costosissima, assurda. Però vedevo i giornalieri e capivo che non avrei fatto un bel film… la faccenda mi addolorava, ma non potevo porre alcun rimedio. Oltretutto i produttori, altri due morti di sonno, si comprarono da Carlo Ponti la sua casa di distribuzione,la Interfilm, che era un gigante coi piedi d’argilla e contavano su questo film come capolista. Naturalmente facendo quello che fanno i tagliatori di teste, mi sono dovuto mettere a tavolino, per la prima volta in vita mia, e rovinare la sceneggiatura, cioè salvare il salvabile. Consegnai un rimaneggiamento, alleggerendo il ruolo di Luc, in modo d’averlo nelle dimensioni in cui lui si muoveva meglio, ridimensionando il carico recitativo che aveva sulle spalle per dargliene un altro che potesse portare… Venne appena decente, i tagli non lo migliorarono… La continuità del film era tutta riposta nell’azione interiore di Nick Hezard nel concepire e portare a termine la truffa e non avendola l’attore non la ebbe neppure il film…”. Rispetto l’opinione del regista, ma ritengo che la sua disamina sia troppo dura, perché sia il ruolo dell’attore principale che l’intera pellicola non sono certo da disprezzare.
(16 – continua)