CAPITOLO VIII: L’AVVENTO DEL TELESCOPIO
La nascita del telescopio rifrattore si può far risalire a Galileo il quale ne mostrò la prima applicazione a Venezia nel 1609. In realtà, le prime lenti furono costruite nel 1607 da ottici olandesi che le applicarono a strumenti rudimentali di pessimo potere risolutivo. Le proprietà delle lenti, nondimeno, erano note da tempo e a Galileo deve farsi risalire il merito del perfezionamento e del primo uso astronomico.
I telescopi ottici si dividono principalmente in due classi in base al tipo di elementi ottici utilizzati: per cui Il telescopio rifrattore, funziona grazie ad un insieme di lenti e sfrutta il fenomeno della rifrazione per focalizzare l’immagine che risulta però rovesciata, mentre Il telescopio riflettore, grazie ad un insieme di specchi, sfrutta il fenomeno della riflessione per focalizzare l’immagine. Esistono però molti schemi ottici misti che, pur utilizzando come elemento principale uno specchio (specchio primario) e per questo rientrano nei telescopi riflettori, sono dotati di elementi correttivi a lenti.
Torniamo a Galileo che sta insegnando geometria e astronomia all’università di Padova. Siamo nel 1605 e lo studioso possiede un proprio laboratorio dove compie osservazioni ed esperimenti. Nel 1609 egli mette insieme due lenti: una convergente e una divergente di diversa lunghezza focale e le usa per poter vedere più da vicino oggetti lontani.
Continuando le sue prove e i suoi esperimenti egli accumula scoperte straordinarie in pochi mesi che trascrive sul suo libretto che egli intitola “Sidereus Nuncius” e che egli scrive in latino.
Per primo egli scopre che la Luna possiede montagne e pianure. Per quanto riguarda le prime, grazie al calcolo della loro ombra sul suolo lunare, egli ne calcola l’altezza e scopre che possono raggiungere anche i settemila metri, mentre il cielo ha numero ben più alto di stelle altrimenti invisibili ad occhio nudo, Poi, esattamente il 7 Gennaio del 1610, Galileo scopre quattro piccoli corpi celesti che orbitano attorno al pianeta Giove, i quali formano un sistema planetario in miniatura dando così ragione “all’eretico” Giordano Bruno, condannato al rogo per aver osato affermare la sua Pluralità dei mondi abitati.
Quando, nel 1609, Galileo presenta la sua invenzione alle più alte autorità della Repubblica veneziana ne specifica anche le eventuali applicazioni civili e militari per cui non ne viene vietata la diffusione.
Quindi Galileo prosegue nelle sue osservazioni e puntò il suo telescopio su Saturno e così scrisse: “Saturno non è un astro singolo, ma è composto di tre corpi, che quasi si toccano, e non cambiano ne’ si muovono l’uno rispetto all’altro, e sono disposti in fila lungo lo zodiaco, e quello centrale è tre volte più grande degli altri due...”
Con il suo rudimentale strumento Galileo non riuscì ad osservare con chiarezza gli anelli e pensò si trattasse di un “pianeta tricorporeo“, formato cioè da tre oggetti distinti. Altri osservatori confermarono le sue osservazioni, solo nel 1659 Christiaan Huygens ipotizzò la presenza di anelli intorno a Saturno, poi osservò le fasi di Venere e da questo dedusse che il pianeta ruotava intorno al Sole. Vide anche delle macchie scure sulla superficie del Sole che andavano restringendosi mano a mano che si avvicinavano al suo bordo per cui non poteva trattarsi di difetti del suo strumento e in più dimostravano che pure il Sole ruotava su se stesso e che questo periodo di rotazione era misurabile.
Ovviamente nacquero delle polemiche su queste osservazioni. La priorità della scoperta delle macchie solari fu contestata dal gesuita Cristopher Scheiner, anch’egli in possesso di un cannocchiale, anzi come veniva chiamato in Olanda, di un “Batavicum Dioprtum”. Il frate era docente a Ingolstadt e reclamò la scoperta effettuata il Maggio del 1611. Su questo argomento Galileo aveva scritto: “Historia e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti” e in essa si era dichiarato convinto sostenitore della teoria copernicana e questo non piacque alla autorità ecclesiastica che era tollerante fino ad un certo punto, ma non di fronte ad un’aspra contesa. I paraocchi con i quali la Chiesa vedeva il mondo non poteva durare per molte generazioni e, in effetti, così fu, ma poteva prendersela tranquillamente con un semplice professore universitario. In seguito quindi fu convocato dall’Inquisizione a Roma e non fu condannato solo perché fece atto di obbedienza.
E’ interessante notare che la teoria copernicana, per un lungo periodo, non fu assolutamente condannata: solo quando Galileo dimostrò di sostenerla apertamente la Chiesa passò all’azione. Il motivo di questa pacifica convivenza tra Chiesa e dottrina copernicana, che comunque minacciava le Scritture sostenendo un Sole immobile, mentre invece nella Bibbia vi si trovava chiaramente scritto che fu ordinato al Sole di fermarsi, è essenzialmente questo: la teoria copernicana si presentava come un modello essenzialmente ” geometrico ” e “matematico”. Un’ipotesi e nulla più, una rappresentazione astratta. Galilei invece, proprio attraverso le osservazioni compiute con il suo cannocchiale, dimostrò che la teoria copernicana era una realtà fisica : la Terra girava effettivamente intorno al Sole e non stava ferma, “eppur si muove”!
Va tenuto presente che l’atteggiamento e il processo a cui venne sottoposto Galileo fu molto diverso da quello subito da Giordano Bruno, non solo nelle sue conclusioni: Bruno fu condannato al rogo , Galileo abiurò, ossia firmò un documento dove c’era scritto che le sue teorie erano false e per questo poté salvarsi E’ stato anche spesso criticato per aver ritratto, rinunciando alle sue teorie, pur di scampare al rogo. In realtà c’è una questione di fondo più profonda: la diversità degli atteggiamenti di questi due intellettuali, dai loro interessi. Infatti Galilei fu uno scienziato più che un filosofo e di Galileo ci ricorderemo comunque malgrado la sua figura, perché i risultati sarebbero e sono comunque tangibili. Però se Giordano Bruno avesse abiurato, sarebbe rimasto un personaggio anonimo e pressoché sconosciuto. Le idee filosofiche non valgono come le dimostrazioni pratiche. Galilei può permettersi di pensare: “Io ho firmato il documento, sono salvo e posso proseguire i miei studi, però la verità da me sostenuta continua ad essere vera : la Terra continua a muoversi con o senza di me!”
La sentenza della Chiesa fu dura ed impose l’abiura dello scienziato se voleva avere salva la vita.
Fatto questo egli potrà finalmente trascorrere il resto della sua vita nella sua casa di Arcetri, nei pressi di Firenze, assistito dalla figlia, aiutato nelle ricerche dagli allievi e venerato da coloro che venivano a incontrarlo anche da molto lontano. Muore nel 1642. La “riabilitazione” dello scienziato da parte della Chiesa Cattolica arriva solo nel 1822, cioè 180 anni dopo la sua morte, con la concessione dell’imprimatur all’opera “Elementi di ottica e astronomia” del canonico Settele, che dava come teoria consolidata e del tutto compatibile con la fede cristiana il sistema copernicano. A riprova di tale accettazione, nell’edizione aggiornata del 1846, tutte le opere sul sistema copernicano vengono tolte dall’Indice. Tuttavia, papa Giovanni Paolo II nel 1979 auspicò ancora che l’esame del caso Galilei sia ulteriormente approfondito. Egli disse testualmente:
“… io auspico che teologi, scienziati e storici, animati da uno spirito di sincera collaborazione, approfondiscano l’esame del caso Galileo e, nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque parte provengano, rimuovano le diffidenze che quel caso tuttora frappone, nella mente di molti, alla fruttuosa concordia tra scienza e fede, tra Chiesa e mondo. A questo compito che potrà onorare la verità della fede e della scienza, e di schiudere la porta a future collaborazioni, io assicuro tutto il mio appoggio.” Lasciando ancora aperti dubbi non del tutto risolti: “… Le varie concordanze che ho rammentato non risolvono da sole tutti i problemi del caso Galileo, ma cooperano a creare una premessa favorevole per una loro onorevole soluzione, uno stato d’animo propizio alla composizione onesta e leale dei vecchi contrasti.”
Il 3 luglio 1981 viene istituita un’apposita “commissione di studio” che concluderà i lavori solo 11 anni dopo. Nella relazione finale, datata 31 ottobre 1992, il cardinale Poupard ammette che la condanna del 1633 fu ingiusta, per un’indebita commistione di teologia e cosmologia pseudo-scientifica ed arretrata, ma afferma anche che essa poteva essere giustificata dal fatto che Galileo sosteneva una teoria radicalmente rivoluzionaria senza fornire prove scientifiche sufficienti a permettere l’approvazione delle sue tesi da parte della Chiesa.
Assolto sì, ma non senza colpe … Tipico esempio di ottusità e prepotenze ecclesiastiche.
(8 – continua)