CAPITOLO XI – PARTE 01
GRAZIE, LUNA
In principio, cosa c’era? Come si è formato il Sole? Come sono nati i pianeti e tutto quanto, oggi, forma il sistema solare? Sono le domande che ancora oggi si pongono gli scienziati che studiano il cielo e i suoi fenomeni.
Da quello che sappiamo oggi il Sole e il Sistema solare sono nati dalla condensazione di una nube di gas primordiale di gas e polveri. Nubi del genere sono state viste e fotografate non solo nella nostra galassia ma anche in giro per l’universo stesso. Sono “la culla delle comete” e un evento esterno è alla base della teoria della nascita del nostro angolo di galassia per cui è possibile probabile che l’evento che innescò il collasso sia stato generato all’esterno di questa nube che, in condizioni normali, giace in perfetto equilibrio. Questa causa, per esempio, potrebbe essere stata l’esplosione di una supernova che si trovava, fortunatamente per noi, nelle vicinanze: noi sappiamo oggi che una supernova è una stella di grande massa che arrivata alla fine del suo ciclo vitale e, a quel punto esplode, scaraventando tutta la sua atmosfera nello spazio. L’onda d’urto generata da questo spettacolare fenomeno sarebbe stato l’innesco per la nascita del nostro sistema solare. “Mors tua, vita mea” si soleva dire e, in questo caso, mai detto fu più giusto perché una volta dato il primo innesco questo prosegue da solo autoalimentandosi. In questo modo la distanza tra la materia e la nube diminuisce progressivamente e questo causa un aumento dell’attrazione gravitazionale e tutto ciò genera a sua volta un raggruppamento della massa e poiché la materia non cade mai in linea retta verso il centro, ma è costretto a girarvi attorno compiendo delle spirali sempre più strette, ora, quello che resta di questa serie di mulinelli cosmici sono, nel nostro caso, il Sole e i suoi pianeti. Infatti, mano a mano che questo fenomeno che abbiamo descritto, procedeva nel tempo la maggior parte del materiale della nube si concentrò quindi nelle regioni centrali raggiungendo livelli di densità e temperatura tali da permettere la formazione di una stella, un oggetto in grado da solo di produrre ed emettere energia. Alla periferia della nube, invece, il materiale restante continuò a ruotare intorno al centro assottigliandosi in un disco e formò per urti e successive aggregazioni i pianeti a partire dai granelli di polvere presenti. Ancora oggi i corpi maggiori del Sistema Solare ruotano intorno alla nostra stella su uno stesso piano, chiamato eclittica. Gli scienziati sostengono che gli asteroidi, i corpi ghiacciati e le polveri che popolano il nostro sistema planetario costituiscano i residui più antichi della sua formazione, cioè il frutto di aggregazioni primordiali che non sono riuscite a evolvere in pianeti. Oggi il Sole brucia da 5 miliardi di anni e continuerà a farlo per altrettanto tempo. Una volta esaurito l’idrogeno, suo carburante principale, si gonfierà diventando una gigante rossa, inglobando tutto il Sistema Solare forse fino all’orbita di Marte poi, una volta. che avrà espulso i suoi strati superficiali il Sole entrerà nella fase finale del suo ciclo vitale trasformandosi in una nana bianca, una piccola stella poco luminosa destinata a raffreddarsi e spegnersi lentamente.
Infatti, all’inizio, il nostro Sistema Solare, quel tranquillo, pacifico posto nel quale abitiamo, era come una gigantesca piazza del mercato dei nostri tempi, sotto una pioggia battente e gremita di persone che affannano avanti e indietro senza sosta urtando le bancarelle (i pianeti), danneggiandole e distruggendole.
A favore di questa teoria, perché di una teoria si tratta e lo specificheremo tra poco, ci sono alcuni dati: per esempio la datazione di alcuni meteoriti, di rocce lunari e terrestri, le quali confermerebbero l’età del Sistema Solare secondo le stime che ne sono state fatte. Ma anche la composizione dei pianeti, di quelli rimasti, intendiamo, è interessante: i pianeti interni, o rocciosi o terrestri (Mercurio, Venere, Terra e Marte) contengono elementi pesanti che li rendono per la maggior parte solidi, mente i pianeti esterni, o gassosi o gioviani (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) sono ricchi di elementi leggeri, simili al Sole e così si può ipotizzare che il nostro futuro Sole, nella fase che veniva definita protosole, era già in grado, a causa della sua grande energia, di emanare nello spazio un flusso di particelle cariche, chiamato vento solare, il quale ha allontanato gli elementi leggeri spingendoli verso l’esterno. Anche la temperatura ha avuto un ruolo importante in questo processo: nelle zone vicine al Sole infatti, dove la temperatura è ovviamente più alta, solo gli elementi con un punto di fusione abbastanza alto, come ferro, magnesio, silicio e ossigeno, hanno resistito all’evaporazione, mentre in zone più lontane, e quindi più fredde, i pianeti esterni hanno potuto incorporare molecole leggere come metano e l’ammoniaca.
Naturalmente nel corso dei secoli molti scienziati, studiosi e filosofi hanno proposto la loro soluzione: il filosofo e matematico francese René Descartes, conosciuto meglio come Cartesio formulò l’ipotesi che, originariamente, fosse una nube di materiale cosmico, roteante come un mulinello, dal quale si formarono il Sole e i pianeti. Il filosofo tedesco Immanuel Kant propose invece un modello secondo cui parte di una nuvola di gas si sarebbe contratta verso il proprio centro a causa della forza gravitazionale, mentre il resto del materiale avrebbe orbitato intorno ad esso, addensandosi fino a formare i pianeti e poiché anche il matematico francese Pier Simon de Laplace propose in modo indipendente un’analoga teoria, questa ipotesi venne chiamata modello di Kant-Laplace: proprio su questa base si sono sviluppate le successive teorie, con molte modifiche legate ai nuovi dati ottenuti dagli astronomi, e con strumentazioni sempre più sofisticate e, in pratica, è proprio quella di cui abbiamo parlato fino ad ora. Nessuna teoria tuttavia fornisce risposte complete: calcolate che si tratta di un evento che risale a circa 5 – 4,6 miliardi di anni fa, non possiamo esserne assolutamente certi, non c’eravamo…
Diciamoci la verità: attualmente questa teoria non spiegherebbe, almeno apparentemente alcune “anomalie” che non dovrebbero essere accadute, e invece lo sono: per esempio Mercurio ha un’orbita molto ellittica, Venere ha un moto di rotazione retrogrado rispetto a tutti gli altri pianeti, mentre Urano ha un asse di rotazione inclinato di 90° rispetto al piano dell’eclittica. Però, facendo un ragionamento alla Sherlock Holmes, il primo fenomeno può essere attribuito alla grande forza di gravità esercita dal Sole su Mercurio, che tende a modificarne l’orbita, mentre gli altri due fenomeni potrebbero essere dovuti a collisioni antiche con grandi corpi celesti, che ne hanno profondamente modificato le caratteristiche.
In tempi recenti gli astronomi stanno osservando la formazione di altri sistemi solari al di fuori del nostro, alcuni dei quali a oggi ancora in formazione, per raccogliere dati utili a ricostruirne l’origine, nonostante l’evidente difficoltà dovuta all’estrema complessità di queste indagini.
C’è voluto molto, molto tempo prima che il nostro sistema solare raggiungesse l’equilibrio attuale e molte sono le ipotesi di com’era prima e, fra queste, prendiamo atto di uno studio condotto da ricercatori del Caltech e dell’Università della California a Santa Cruz i quali sostengono che la Terra appartenga ad una seconda generazione di pianeti. Secondo la loro ipotesi molto prima che si siano formati Mercurio, Venere, Terra e Marte, sembra che il sistema solare interno possa aver ospitato un certo numero di Super Terre, pianeti più grandi della Terra ma più piccoli di Nettuno. Se così fosse, questi pianeti sarebbero scomparsi molto tempo fa, distrutti e caduti verso il Sole miliardi di anni fa a causa dello spostamento di Giove, prima verso l’interno e poi verso l’esterno, avvenuto nei primi stadi di vita del sistema solare. Questo scenario è stato suggerito da Konstantin Batygin, un ricercatore del Caltech che si occupa di scienze planetarie, e Gregory Laughli dell’Università della California in un articolo che appare nell’edizione dei Proceedings of National Academy of Sciences (PNAS). I risultati delle loro simulazioni suggeriscono la possibilità di un nuovo scenario, che potrebbe rispondere a una serie di questioni in sospeso circa l’attuale composizione del sistema solare e della Terra stessa. Ad esempio, questo lavoro spiega perché i pianeti terrestri del nostro sistema solare hanno masse relativamente basse, se confrontate con i pianeti in orbita attorno ad altre stelle simili al Sole.
Altre ipotesi sottoposte alla simulazione del computer avrebbero svelato che 4,5 miliardi di anni fa, nel sistema solare primordiale, c’era un grande caos. I pianeti si erano da poco formati, ed erano sottoposti a un bombardamento continuo da parte della materia residua della nebulosa solare da cui si erano formati. Poi, uno dei pianeti sarebbe stato “espulso” dalla propria orbita a causa delle perturbazioni gravitazionali prodotte da Giove, il pianeta più massiccio del sistema solare. Questa “carambola” cosmica, avrebbe generato anche un’altra conseguenza: un avvicinamento al Sole da parte di Giove e un allontanamento di Urano e Nettuno.
La nostra Terra, nel bene e nel male, ha seguito lo stesso processo di nascita degli altri pianeti: dopo la formazione del Sole il materiale in eccedenza cominciò ad aggregarsi in diverse zone, formando i pianeti oggi conosciuti. Da prima il materiale si unì in corpi di qualche chilometro, che cominciarono ad urtarsi, come palle da biliardo, a collidere, ad unirsi e a fondersi in altri corpi sempre più massicci e a formare i protopianeti. Inizialmente la massa della neo Terra era un agglomerato di roccia, metalli, gas ed elementi radioattivi in uno stato di fusione. Cominciarono a separarsi i materiali più pesanti che migrarono verso il centro, e quando l’acqua si accumulò raffreddò la parte esterna del futuro pianeta formando così una crosta. Non è dato sapere se l’acqua si sia formata per reazione tra idrogeno e ossigeno o sia giunta dallo spazio come tale, o, magari, entrambe le cose..
Tra i tanti misteri che riguardano il nostro pianeta uno di questi riguarda il nostro satellite naturale: la Luna, un corpo enorme per la massa del nostro pianeta, tanto è vero che, astronomicamente parlando, si parla del Sistema-Terra-Luna, non del satellite della Terra. Principalmente ci sono cinque ipotesi sull’origine del nostro butterato satellite. La prima è quella detta dell’Attrazione che ci dice che, secondo alcuni scienziati, la Luna potrebbe aver gravitato attorno ad un altro pianeta anziché il nostro. E, solo in un secondo momento, la Terra potrebbe averla attratta a sé. Una sorte simile hanno avuto Phobos e Deimos, i due piccoli satelliti di Marte i quali, secondo gli astrofisici, hanno un passato da asteroidi successivamente catturati dal pianeta rosso. Ad ogni modo, l’ipotesi dell’attrazione da parte della Terra deriva da una composizione geochimica analoga con la Luna. Ed è proprio questo che suggerisce che entrambe abbiano determinate materie prime in comune. Poi abbiamo quella classica detta della Scissione che fu ideata da George Darwin, figlio di Charles. A quanto pare, infatti, del materiale fuso abbia dato origine alla Luna che, ai primordi del Sistema Solare, fu poi attratta dalla Terra. La teoria è stata approfondita nel 2010 quando si suggerì che grosse quantità di materiale, dopo un’esplosione nucleare, possano aver generato il nostro satellite. Passiamo alla Co-formazione che ci rivela come, probabilmente, la Terra e il suo satellite abbiano la stessa età, ovvero 4,5 miliardi di anni. Insomma, sembra si siano formate grazie alla stessa nube di gas e polveri presenti nella stessa area protoplanetaria del sistema solare. Tuttavia, questa ipotesi non spiegherebbe perché il nucleo terrestre e quello lunare siano così diversi, rendendo quest’ultimo più piccolo. Passiamo all’ipotesi detta della Collisione: per alcuni scienziati, la Luna potrebbe essere il risultato della condensazioni di diversi detriti provenienti non solo dalla Terra, ma anche da altri pianeti, come Marte ad esempio. Ma anche questa teoria non spiegherebbe le somiglianze geochimiche tra il nostro pianeta e il suo satellite naturale. Quindi in ultimo, passiamo all’ipotesi del Gigantesco impatto: La teoria principale sulla formazione della Luna postula che questa si sia formata a seguito di una forte collisione tra la Terra e un altro corpo, chiamato Theia, (in questo modo è stato denominato il gigantesco corpo in questione), il quale potrebbe aver avuto le stesse dimensioni di Marte. Questa però non è l’unica versione dei fatti. L’ipotesi, risalente al 2012 infatti, suggerisce che sia l’oggetto entrato in collisione che la Terra possano aver avuto la stessa dimensione. Nonostante alcune imprecisioni riguardo tali versioni, questa sarebbe anche l’unica a spiegarci le somiglianze circa la composizione e l’orbita della Luna. Per esempio, questa ipotesi spiegherebbe il perché del nucleo così piccolo della Luna, probabilmente formatosi da materiali superficiali terrestri e del corpo colliso con il pianeta.
Se però volessimo andare avanti con la misteriosa questione della nascita della Luna non la finiremmo più, tante sono le ipotesi avanzate come, per esempio che la Luna era prima in orbita attorno a Venere. Secondo uno studio di Dave Stevenson, professore di scienze planetarie della già citata Caltech University, la nostra luna potrebbe essere un regalo di Venere. Sarebbe stata la gravità terrestre a catturare quello che in passato era il vecchio satellite del pianeta. Un furto da parte della Terra, dunque. Secondo lo scienziato, il nostro pianeta avrebbe usato la sua attrazione gravitazionale per attrarre il corpo spaziale preformato nella sua orbita.
Dall’altra parte, la composizione geochimica della Luna e della Terra non sembrano supportare questa idea. Le analisi delle rocce lunari riportate dalle missioni Apollo hanno dimostrato che il satellite ha una composizione isotopica molto simile a quella della Terra. Tuttavia, vi sono alcuni aspetti interessanti della teoria secondo cui la Luna possa venire da Venere: La ragione per cui è interessante è che la Terra e Venere sono vicine tra loro. Hanno massa simile e si pensa che si siano probabilmente formate in modo simile. Quindi la domanda è: se la Terra e Venere si sono formate in modo simile, come mai la Terra ha una Luna e Venere no?”.
Ma non finisce qui: La Terra, in origine, avrebbe avuto due lune. L’incredibile teoria nasce nelle università di Berna e Santa Cruz, dove due ricercatori avrebbero ipotizzato che 4,5 miliardi di anni fa, quando la Terra si formò vi fu un grosso impatto tra il nostro pianeta e un altro corpo celeste grande all’incirca quanto Marte, dal cui scontro sarebbero nati due satelliti, uno dei quali oggi scomparso.
Interrogandosi sul perché la superficie della Luna fosse asimmetrica, Martin Jutzi, lo studioso di Berna, notò che essa era decisamente asimmetrica. La parte rivolta alla Terra infatti sarebbe più piatta rispetto a quella retrostante, che è più montagnosa e frastagliata. Basandosi su questa differenza, Jutzi e il collega californiano Erik Asphaug hanno avanzato l’ipotesi che tali differenze siano legate all’impatto cosmico tra la Terra e un altro corpo celeste.
Secondo i due esperti, 4,5 miliardi di anni fa una grande quantità di roccia avrebbe cominciato a ruotare attorno alla Terra, addensandosi fino a dare vita non ad uno ma a due satelliti diversi, e il secondo avrebbe avuto una massa di circa un terzo rispetto al primo.
Ma che fine avrebbe fatto la seconda luna? In un primo momento, i due satelliti avrebbero iniziato a ruotare sulla stessa orbita che, tuttavia, si spostava lentamente verso l’esterno, allontanandosi dalla Terra.
Francis Nimmo, collega di Asphaug all’University of California di Santa Cruz ha spiegato: “Quando i due corpi arrivarono a una distanza di circa un terzo di quella che oggi possiede la Luna, cioè circa 10 milioni di anni dopo la loro formazione, iniziò a farsi sentire su di loro la gravità del Sole che agì su i due oggetti in modo diverso, in quanto differenti erano le loro masse. Questo ebbe come risultato lo scontro tra i due oggetti. L’impatto però avvenne molto dolcemente perché in due corpi si trovavano sulla medesima orbita”.
Oppure, dopo svariati milioni di anni in cui le due lune ruotavano attorno alla Terra, tale situazione sarebbe diventata instabile e i due corpi sarebbero caduti l’uno sull’altro, anche se a una velocità non troppo elevata. Tale impatto, non essendo stato forte, non avrebbe portato alla formazione di un cratere ma ciò che restava della seconda luna si incollò alla Luna che oggi conosciamo, come una seconda pelle. E ciò darebbe alla Luna la conformazione attuale.
La ricerca è stata pubblicata su Nature.
Comunque sia, abbiamo un satellite, teniamo a mente questo perché la sua presenza è stata per noi di enorme utilità e, come vedremo, Marte non ha avuto la stessa fortuna.
In un ipotetico e forse imminente film di fantascienza potremmo assistere ad un evento di apocalittiche dimensioni al cui confronto le situazioni narrate in Armageddon o Deep Impact, sembrerebbero soltanto fiabe fantastiche.
Immaginiamo che per una serie di circostanze, quali potrebbero essere folli esperimenti di terrestri messi in atto sul Pianeta Marte, o una bomba a tempo di origine marziana oppure, molto più semplicemente, il suicidio di un’entità senziente, cioè lo stesso pianeta Marte, questi potrebbe uscire dalla propria orbita per precipitare sul Sole e durante il suo tragitto, con marziana carognaggine, dovesse per di più incrociare la Terra! Forse, all’alba dei tempi, un simile avvenimento potrebbe anche essere accaduto, per nostra fortuna…
Dalle teorie fino ad ora esaminate sembra, in effetti, che la Terra sia stata colpita da un bolide delle dimensioni approssimativamente di Marte o anche di più e il risultato di questo scontro possa essere stata la nascita della Luna: questo risultò un fatto assolutamente positivo perché, ci crediate o no, la vita sul nostro pianeta sarebbe completamente diversa se non ci fosse la Luna.
Terra 1, quella senza Luna fu completamente distrutta nell’impatto e noi ora viviamo su Terra 2, con un satellite ben visibile nel cielo stellato.
All’alba della creazione del sistema solare, ed anche per parecchie centinaia di migliaia di anni, gli scontri, le collisioni con i corpi celesti non erano certamente un fatto anomalo poiché il suddetto sistema solare era in quel momento enormemente più affollato e caotico di adesso e l’intersecarsi delle orbite poteva portare a eventi di cui, ancora oggi restano, se non le tracce, quantomeno delle sospettose anomalie.
Durante l’era di Terra 1 non esistevano e non potevano esistere esseri umani e dato che noi esistiamo, come dimostreremo, solo grazie al fattore Luna, da dove è saltato fuori questo nostro gigantesco satellite?
Noi impariamo già dalle scuole elementari (magari anche da prima) che se il Sole non esistesse, se non fosse alla distanza giusta, se non avesse le dimensioni e l’irraggiamento di calore che possiede, in aggiunta a ulteriori importanti specifiche, non esisterebbe vita sulla Terra, anzi non esisterebbe nemmeno la Terra; ciò che invece sappiamo, solo da poco, è che la vita sul nostro pianeta dipende anche ed essenzialmente dalla Luna, perlomeno la vita così come noi oggi la intendiamo
L’ipotesi dell’impatto planetario risale agli anni ’60, grazie al planetologo William K. Hartman, il quale si rese ben presto conto dell’importanza di questo satellite tanto da arrivare a definire il nostro pianeta, come abbiamo detto, non solo con il semplice nome di Terra ma come “Sistema Terra-Luna”, in quanto i due corpi erano e sono indissolubilmente legati. La dimensione della Luna è un quarto della Terra per cui ci troviamo di fronte ad un satellite estremamente grande per il pianeta attorno al quale gira e non esiste un esempio simile in tutto il Sistema Solare, ad eccezione di Plutone e Caronte, ma si tratta in questo caso più di planetoidi ghiacciati che di veri corpi celesti.
Pensiamo ora a Giove, il pianeta più grande del Sistema Solare. Esso, a sua volta, sembra un Sistema Solare in miniatura poiché attorno a questo gigante gassoso ruotano 67 (almeno per ora identificati ma potrebbero essercene di più) satelliti ed alcuni di essi sono di dimensioni ragguardevoli, ma infinitamente piccoli rispetto alla mole del pianeta. La stessa cosa possiamo dire degli altri corpi gassosi, Saturno, Urano e Nettuno: ricchi possessori di lune piccolissime rispetto alla loro massa. Marte possiede due satelliti di forma irregolare, con ogni probabilità due asteroidi catturati dall’attrazione gravitazionale del pianeta, mentre Venere, la cui massa è molto simile a quella della Terra, non possiede nessun satellite ed il pianeta più vicino al Sole, Mercurio, poco più grande della Luna, è anch’esso privo di satelliti. Quindi nel Sistema Solare solo la nostra Terra possiede questo gigantesco satellite. Come è finito proprio lì?
Se fosse una regola, invece che un’anomalia, anche Mercurio, Venere e Marte avrebbero diritto al loro mega-satellite. Se la Luna e la Terra si fossero formate assieme durante la nascita del Sistema Solare avrebbero entrambe un esteso nucleo di ferro, ma se è così per la Terra non lo è per la Luna, al che potremmo pensare che la Terra abbia “catturato” la Luna in tempi successivi mentre passeggiava tranquillamente dalle nostre parti.
Purtroppo neppure questo è credibile, non solo per ragioni fisiche, ma perché sarebbe molto più facile credere all’abbassamento delle tasse nel nostro paese che pensare al preciso evento di un asteroide che passi esattamente da queste parti con esattamente quella massa opportuna, quella traiettoria precisa, quella velocità perfetta, etc… giusto giusto per essere preso al laccio…
Comunque abbiamo potuto constatare come le teorie non si esauriscano qui: immaginiamo ora una Terra appena formata ed ancora allo stato fuso, la cui rotazione turbinosa è tanto rapida da scaraventare in orbita una massa staccatasi dal rigonfiamento equatoriale in una sorta di parto planetario…; i fisici dicono che non è possibile ed hanno trovato in ognuna di queste teorie parecchi difetti e molte di queste perplessità furono confermate dal 1969 in poi quando dodici uomini, durante le varie Missioni Apollo, sbarcarono sulla Luna. All’inizio non era molto importante cosa si potesse portare via dalla Luna, essenziale era il primato storico e politico, ma fortunatamente, nelle missioni successive, scienziati e geologi ebbero la preparazione necessaria per cercare quelle che vennero definite Le Rocce della Genesi, cioè materiale primordiale che poteva risalire al momento della formazione lunare. Sono stati portati sulla Terra circa quattrocento chilogrammi fra sassi e polvere che furono studiati e sottoposti ad ogni possibile controllo o analisi con risultato zero. Le rocce erano maledettamente simili, anzi erano identiche a quelle terrestri: con poco ferro e assoluta mancanza d’acqua. In effetti non è poi tanto strano non essere riusciti a trovare quelle rocce su un corpo sottoposto a continui bombardamenti cosmici da miliardi di anni che devono aver distrutto le pietre più antiche sparse probabilmente sulla superficie, per cui sembra che questa ricerca debba essere considerata, se non un impresa folle, almeno legata ad un colpo… di Luna.
Dieci anni di studi, di ricerche, di ipotesi, non fecero arrivare a conclusione la ricerca delle Rocce della Genesi; forse questo è dovuto al fatto che gli studiosi si sono fermati al puro e semplice esame chimico di ciò che gli astronauti hanno riportato, mentre gli indizi da seguire potrebbero essere ben diversi; potrebbero riguardare direttamente gli impatti che hanno bersagliato la Luna durante i suoi quattro miliardi e mezzo di anni di vita, lasciandole sì dei grandi, immensi crateri, cerchi concentrici del diametro di mille chilometri, ma chiaramente visibili solo ai bordi della faccia rivolta verso la Terra ed in quella nascosta, come le sonde hanno potuto rivelare chiaramente, confermando un bombardamento meteorico che ha martoriato la parte rivolta verso la Terra, in parte quella nascosta e molto meno i bordi ed i poli del nostro satellite.
Ora, facendo una media, possiamo dire che per ogni corpo celeste che si abbatteva sulla Luna ben venticinque andavano a finire sulla Terra, però ci sarebbe voluto un urto gigantesco, immane, perché potesse essere proiettata nello spazio materia sufficiente per creare la Luna e, d’altra parte, sembra ormai non vi siano dubbi: dato il piccolo nucleo ferroso e la composizione dei minerali, la Luna deve essere figlia della Terra, deve essersi formata a seguito di un colossale impatto e il corpo che potrebbe averla creata doveva avere le dimensioni di un pianeta. Questa teoria delle collisioni, relativamente nuova, è stata messa a punto dagli scienziati sovietici e fa parte della spiegazione sulla creazione del Sistema Solare. Il punto di partenza è la già citata grossa nube primordiale dove le piccole particelle di materia cominciano ad aggregarsi in modo di poter raggiungere le dimensioni di un pallone da football, poi questo processo di “Carambola Spaziale” continua fino a che, a forza di urti e di unioni, i frammenti diventano grandi come montagne in continuo aumento. I “Fuochi artificiali planetari” continuarono almeno per cento milioni di anni portando i pianeti all’ultimo stadio del processo di formazione ed ora ecco la tragedia finale: un gigantesco asteroide si scontra violentemente con Mercurio e ne distrugge il mantello, i detriti cadono su Venere e poi tocca alla Terra. Probabilmente doveva esserci un altro corpo celeste tra la Terra e Marte, un pianeta che, per omaggio al film Meteor potremo chiamare Orfeo, ma era troppo vicino alla Terra e avvenne la catastrofe.
Questa teoria ha in sé la possibilità di spiegare le molte differenze che si possono trovare tra i sistemi dei satelliti e alcuni misteriosi eventi rimasti ancora ad oggi a testimoniare un passato quanto mai turbolento: Venere ruota molto lentamente, in senso retrogrado probabilmente proprio a causa di un devastante impatto che, assieme ad altre cause, ha contribuito a togliere a questo mondo, per molti aspetti gemello della Terra, la possibilità di ospitare la vita.
L’asse di Marte è inclinato, quasi come quello della Terra, e ciò dimostrerebbe che anche il pianeta rosso ha subito un impatto. Si guardi Urano: esso ruota su un fianco, forse a seguito di un urto in prossimità del polo con un corpo grande come la Terra. Le simulazioni al computer, con i dati in nostro possesso, confermano con estrema precisione quello che potrebbe essere accaduto e le conseguenze danno come risultato finale l’immagine di questi pianeti così come sono ora.
Non si pensi però che uno scontro di pianeti appaia nella realtà come lo vediamo nei film di fantascienza, in cui essi esplodono con rumorosissime deflagrazioni. I pianeti sono così grandi che lo sviluppo delle conseguenze di un loro impatto ha dei tempi ben più lunghi, per cui noi avremmo potuto vedere Orfeo (il cui diametro avrebbe potuto essere la metà di quello terrestre) affondare lentamente nella Terra circondato da nubi di vapore e il fenomeno sarebbe durato circa una mezz’ora, il tutto in religioso silenzio. Queste collisioni provocherebbero una grossa emissione di vapore, che non segue la legge dei corpi solidi, ma si espande proprio a causa di una pressione interna e sarebbe stata proprio questa pressione a scaraventare in orbita attorno alla Terra i frammenti che poi avrebbero formato la Luna.
Tutto questo non sarebbe stato sufficiente, perché anche la collisione avrebbe dovuto sottostare ad alcune regole precise: l’angolazione e la velocità dovevano essere quelle giuste. Marte, per esempio, non è stato fortunato allo stesso modo in quanto i suoi due satelliti sono troppo piccoli per essere un beneficio per il pianeta, Urano invece ha perso uno dei satelliti più vicini ereditando una serie di anelli e un nuovo satellite cui è stato dato il nome di Miranda. Gli anelli di Saturno sono formati da miliardi di particelle piccole come un granello di sabbia fino ad arrivare alle dimensioni di un camion e sono, probabilmente, ciò che resta di un satellite troppo vicino al pianeta e disgregato dalla sua forza di gravità. Ora, questi anelli sono troppo vicini al pianeta per potersi riaggregare, in quanto si trovano all’interno di quello che la scienza chiama, dal suo scopritore, Il Limite di Roche, perché solo al di là di questo confine è possibile la formazione dei satelliti; al suo interno invece questi detriti sono destinati a ricadere in spirali sul pianeta e questo è ciò che accadrà agli anelli di Saturno..
Per chiarire meglio il concetto prendiamo come esempio proprio Saturno e partiamo dal presupposto che pianeta e satellite abbiano la medesima densità, in questo caso il limite di Roche si pone a 2, 44 raggi planetari, ma se le densità dei due oggetti in questione non sono uguali ecco che la misura cambia leggermente diventando di poco inferiore. Ecco perché possiamo dire con sicurezza che il Limite di Roche degli anelli di Saturno cade quasi al confine esterno degli anelli stessi e se non ci credete prendete il raggio di Saturno e moltiplicatelo per 2,44 e poi diteci…
Quindi un impatto così preciso che possa formare la Luna ha, in un certo senso, del miracoloso considerando che è avvenuto su un pianeta che, data la sua ottimale distanza dal Sole, poteva ospitare la vita. Se Orfeo avesse urtato la Terra di fronte, l’impatto avrebbe scaraventato nello spazio dei detriti, ma tutti all’interno del Limite di Roche con i risultati che abbiamo già spiegato. Il computer ci ha rivelato che altre angolazioni d’impatto avrebbero potuto portare alla creazione di due piccole lune dalla vita relativamente breve: oggi non ci sarebbero più… e noi con loro. La più vicina sarebbe ricaduta al suolo o si sarebbe scontrata con l’altra. Per poter avere la nostra Luna il computer ha dovuto simulare un angolo di incidenza quasi radente, quello che oggi viene definito Il Colpo di striscio, esso avrebbe distrutto parzialmente Orfeo il quale si sarebbe allontanato da nostro pianeta per ricostituirsi temporaneamente e quindi ricadere definitivamente sulla Terra. Tutto questo sarebbe accaduto in due soli giorni.
I frammenti si trovarono in orbita attorno alla Terra a una distanza di circa ventunomila chilometri, poco oltre il Limite di Roche, la materia si configurò lentamente in un disco ribollente che poi si condensò in un tempo astronomico brevissimo: non più di cento anni e se noi ci fossimo trovati sulla Terra in quel periodo avremmo potuto ammirare un disco lunare grande almeno quindici volte quello attuale.
Intanto, sul nostro povero, martoriato Terra 2 era l’alba di un mondo in un inferno di fuoco e di lava con vulcani in eruzione, terremoti e maree quattro volte più grandi di quelle attuali.
Nei mari ogni onda era come un devastante Tsunami (tradotto significa Onda di porto), parola giapponese che indica un’onda oceanica anomala, normalmente generata da un maremoto o da un eruzione vulcanica e, recentemente, anche da uno scienziato pazzo in un film di pochi anni fa (Onda Assassina o Onda di Marea – Senza via di fuga, di George Miller – 1996). Essa si abbatte con inaudita violenza marciando a oltre cento chilometri l’ora e con altezze che possono arrivare ai sessanta metri devastando la terraferma.
Torniamo al nostro ribollente pianeta e diciamo subito che nel breve tempo astronomico di quattro miliardi e mezzo di anni, Terra 2 si è calmata e quasi totalmente assestata.
Le grosse forze in gioco, causate dalle possenti maree, hanno cominciato ad allontanare la Luna dalla Terra e la rotazione dei due corpi è andata rallentando passando dalle iniziali quattro ore, per la Terra, alle attuali ventiquattro e fermando totalmente la rotazione lunare. Questo fenomeno dell’allontanamento della Luna a opera delle maree continua ancora oggi e gli scienziati, analizzando specifici strati rocciosi denominati “Metronomi delle maree” hanno potuto conoscere la frequenza di quelle preistoriche e la durata del giorno nell’alba dell’uomo: le prime erano più frequenti e il secondo durava appena diciotto ore.
La distanza attuale della Luna è di circa 350.000 chilometri e aumenta di circa tre centimetri e mezzo ogni anno. Questo calcolo è assolutamente reale e preciso e si basa su raggi laser inviati sulla Luna verso gli specchi lasciati dagli astronauti. Oggi questa distanza ci permette di assistere ancora a suggestive eclissi totali di Sole, in quanto il disco lunare riesce a coprirlo perfettamente ed ad evidenziarne la Corona, ma un tempo non era così e non lo sarà più in futuro, tra più o meno seicentomila anni.
La funzione della Luna, oltre a quelle basilari per la vita sulla Terra illustrate fino a ora non è ancora finita, anzi possiamo affermare che grazie all’attrazione gravitazionale del nostro satellite la Terra rimane in equilibrio stabile, mantenendo praticamente intatta un’inclinazione del suo asse sui ventitré gradi. Marte non ha un satellite di grosse dimensioni per cui il suo asse oscilla, durante un periodo di milioni di anni, da zero a novanta gradi causando un clima caotico. Proviamo a togliere di mezzo la Luna e vediamo cosa succede: per prima cosa la stabilità dell’asse terrestre andrebbe a ramengo e comincerebbe ad oscillare anch’esso tra zero e novanta gradi con conseguenze allucinanti per quanto riguarda il clima, per cui non è affatto sbagliato affermare che la Luna è parte integrante della regolazione del clima sulla Terra.
Eppure, anche con la presenza della Luna possiamo avere delle piccolissime variazioni, le cui conseguenze sono ben più importanti di quanto si possa credere: noi oggi sappiamo che la culla dell’umanità fu nella regione del Nilo, mentre se non avessimo avuto un’oscillazione di un grado essa sarebbe stata nel fertile e boscoso Sahara il quale, proprio grazie a questa piccolissima variazione è diventato il deserto più grande del mondo.
Per cui se alla Terra mancasse la Luna, ed è quello che molto lentamente sta accadendo, le conseguenze sarebbero la fine della vita, almeno così come noi la conosciamo sul nostro pianeta. Avremmo delle estati con temperature fino a cento gradi e degli inverni in cui il gelo ci attanaglierebbe almeno fino a settanta, ottanta gradi sotto lo zero. Queste enormi distese di ghiaccio avanzerebbero in una grande glaciazione verso l’equatore per poi arrestarsi e ritirarsi causando magari lo scioglimento delle calotte polari e facendo sparire isole e città costiere in una sorta di drammatico mondo alla Waterworld.
Ora, poiché è accertato che la Luna si sta allontanando dal nostro pianeta, dovremmo fare qualcosa perché questo fenomeno, causato dall’attrito delle maree, venga eliminato o rallentato e per fare questo potremmo costruire delle dighe oceaniche. Anche se non abbiamo adesso la tecnologia necessaria abbiamo qualche milione di anni per poterla ottenere, oppure potremmo usare un metodo molto più fantascientifico, opera di uno scienziato che teorizzava lo spostamento del satellite gioviano Europa per immetterlo in orbita attorno alla Terra, non per prendere il posto della Luna, ma per mantenere stabile il nostro pianeta quando l’influenza lunare non sarà più sufficiente.
C’è un’altra cosa, importantissima, che recenti studi stanno dimostrando in maniera sempre più palese, qualcosa che prima non si sarebbe mai creduta possibile e cioè che quell’impatto che ci ha regalato la Luna ha reso anche possibile l’evoluzione della vita sulla Terra. Nel 1999 in Groenlandia, è stata scoperta una roccia antichissima, probabilmente la più antica del nostro pianeta, la sua datazione risale a 3,8 miliardi di anni fa e faceva parte di quello che una volta, in quel luogo, era il fondo dell’oceano. Ora, gli strati di questa roccia contengono carbonio, che deriva dal metabolismo del Plancton complesso il che porta la vita a risalire a ben duecento milioni di anni prima di quella che si riteneva essere la data ufficiale ed iniziale della nascita della vita sulla Terra e poco dopo l’impatto che eliminò Terra 1 e formò Terra 2. Fino a poco tempo fa si era del parere che non vi potesse essere vita a quel tempo per cui è stato ipotizzato che l’urto con Orfeo abbia fatto vaporizzare metà degli oceani di Terra 1 cambiandone la composizione atmosferica. Se uno o tutti e due i pianeti ospitavano a quel tempo delle forme di vita esse sono scomparse totalmente e il processo è ricominciato da capo con le nuove condizioni climatiche ed atmosferiche nascenti in quella che abbiamo chiamato Terra 2. Orfeo, infatti, poteva a sua volta possedere un nucleo ferroso, cosa comunissima nei pianeti che si è fuso con quello della Terra lasciando però che reagisse con l’acqua e producesse ossigeno creando quindi quell’atmosfera riducente necessaria per lo sviluppo della vita, la nuova vita, la nostra vita come oggi la conosciamo.
Se tutto questo non fosse avvenuto il nostro pianeta sarebbe probabilmente un immenso oceano dal quale emergerebbero piccole ed inabitabili zone di terraferma battute da venti che soffiano a centinaia di chilometri all’ora e tempeste di sabbia, la sua rotazione sarebbe di sedici ore con l’alternarsi vorticoso del giorno e della notte. Una creatura complessa e delicata come l’uomo non avrebbe mai avuto la possibilità di evolversi e i probabili dominatori di questo mondo sarebbero stati i polpi, i cefalopodi e i calamari.
Invece tutto questo è avvenuto, non solo, ma un’altra casualità ha voluto che sessantacinque milioni di anni fa, un asteroide impattasse contro il nostro pianeta estinguendo i dinosauri dando così modo ai mammiferi, e cioè noi, di diventare, nel bene e nel male ciò che siamo oggi e che la Luna ha collaborato a creare, magari proteggendoci da ulteriori catastrofi e rendendosi in più disponibile quale piattaforma di lancio verso le stelle, se l’uomo vorrà.
I nostri telescopi, Hubble primo fra tutti, ha scoperto qualcosa come più di cento pianeti su altre stelle, senza contare il poderoso apporto della sonda Kepler, ma la ricerca di una nuova Terra deve subire una piccola, sostanziale se non basilare differenza: se vogliamo cercare la vita evoluta su un altro mondo al di fuori del nostro dobbiamo cercare un pianeta come la Terra, affiancato, si fa per dire, da un satellite grande come la Luna e la ricerca diventa quindi ancora più complessa perché quanti mondi simili alla Terra, alla distanza giusta di una stella tipo il Sole, possono avere un satellite come il nostro?
Non tutti possono avere un colpo di c … ehm … di Luna come abbiamo avuto noi…
(11/1 – continua)