Appassionato, ricercatore e studioso, oltre che insegnante di Storia del Cinema, da diversi anni Angelo Moscariello ha fatto della settima arte il proprio mondo e la propria vita, cosa che lo ha portato a occuparsi della mondo della celluloide in maniera trasversale, con saggi che hanno saputo toccare tutti i generi… e non solo. Abbiamo avuto l’opportunità di conoscerlo meglio grazie a un’intervista che vi catapulterà direttamente all’interno di una cinepresa che non conosce limiti, tranne quello della fantasia. Ciak, si gira!
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È ANGELO MOSCARIELLO?
Sono uno che ha trasformato la suo giovanile passione per il cinema in attività di studio, di ricerca e di insegnamento per trasmetterla anche agli altri.
COME HAI COMINCIATO A OCCUPARTI DI CINEMA?
Ho iniziato da studente alla metà degli anni ’60 con la direzione di cineforum a L’Aquila, dove ho fatto conoscere in un contesto medievale la “nouvelle vague” e il “free cinema” inglese, poi con la collaborazione alla rivista “Filmcritica” fino alla tesi nel 1969 su Godard presso l’Università La Sapienza di Roma (tesi tra le prime discusse in Italia sul cinema e diventata poi una monografia uscita presso le Edizioni Partisan di Roma).
HAI SCRITTO PARECCHI SAGGI NEL CORSO DEGLI ANNI: VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATO?
Tra i tanti libri scritti finora, due sono quelli ai quali mi sento più legato. Il primo è il manuale “Come si guarda un film” pubblicato da Laterza nel 1982 (con la successiva traduzione in portoghese “Como ver um filme” uscito presso un editore di Lisbona) e ristampato con foto e aggiornamenti nel 2006 da Dino Audino di Roma; il secondo è “Colpi di cinema” edito sempre da Audino, una scelta di sequenze prese da film famosi per far vedere come avvengono sul piano tecnico-formale quei “colpi d’ala” espressivi che elevano il cinema dalla prosa riproduttiva alla poesia creatrice. In essi ripeto che in un film non bisogna guardare cosa fanno gli attori ma bisogna guardare cosa fa la cinepresa. Entrambi i libri continuano ad avere un buon seguito presso gli amanti del cinema e questo mi basta al di là delle (poche) gratifiche accademiche ed economiche. Resto convinto che l’accademismo autoreferenziale e la cinefilia masturbatoria sono i peggiori nemici del cinema che è un’arte aperta e democratica per natura.
FRA QUESTE PRODUZIONI CI SONO ANCHE I DIZIONARI DELLA FANTASCIENZA, DEL FANTASY E DELL’HORROR: COSA POSSONO TROVARE GLI APPASSIONATI DI GENERE IN QUESTI VOLUMI?
I miei tre dizionari sui generi pubblicati da Electa si propongono di rivalutare il cinema horror, fantasy e sci-fi rispetto al cosiddetto cinema d’autore. I grandi film di genere sono quelli che non sembrano di genere: “Shining” non è solo un horror, come “Psyco” non è solo un thriller e “Sentieri selvaggi” non è solo un western. Non a caso anche grandi registi come Godard, Antonioni, Losey e Truffaut si sono misurati con i generi con ottimi risultati.
RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO PER LE EDIZIONI PROFONDO ROSSO IL SAGGIO “BLACK COMEDY”. CE NE VUOI PARLARE?
Il saggio appena uscito dedicato alla black comedy integra in qualche modo i miei tre precedenti lavori sui generi con un allargamento prospettico che mi ha consentito di recuperare opere eccentriche ingiustamente dimenticate come, ad esempio, “La classe dominante” di Medak o “I maghi del terrore” di Corman. L’idea di fondo è che la miscela di orrore e di comicità produce un risultato che può essere davvero sovversivo, come si può vedere nei titoli più estremi verso l’alto o verso il basso del sottogenere ricordati nella rassegna.
COME MAI LA SCELTA DI UN GENERE COSI’ PARTICOLARE, CHE IN REALTA’ E’ UN SOTTOGENERE E CHE, NONOSTANTE QUESTO, HA COMUNQUE AVUTO SEMPRE UN BUON SUCCESSO DI PUBBLICO?
Il libro “Black Comedy” vuole far meglio conoscere un genere poco conosciuto e poco praticato nel nostro paese dove esistono soltanto la commedia di malcostume e la farsa grossolana. L’umorismo intelligente e corrosivo è roba rara da noi nel cinema come nella letteratura e questo a causa di una tradizione culturale che quando non si rifà alla protesta tipo Masaniello guarda ad Arlecchino servitore di due padroni. Del resto, come diceva Bunuel, l’umorismo è sempre un humour noir.
QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA STESURA DI QUESTO TESTO?
L’unica difficoltà nella stesura del libro è stata quella di procurami le copie di vecchi film del periodo muto di cui avevo soltanto lontana memoria, per i titoli più recenti è stato più facile ma sempre con una ricerca ben mirata, almeno dagli anni ’60 a oggi.
QUALI SONO STATE LE TUE FONTI DI RIFERIMENTO?
Le fonti critiche sono state le monografie sui singoli registi e i vari dizionari dedicati ai generi previo riscontro con la visione diretta dei film. Inoltre, anche appunti da me presi da spettatore nel corso degli anni.
E COME HAI OPERATO SULLA SCELTA DELLE PELLICOLE DA TRATTARE, IN BASE A QUALI CRITERI TI SEI OCCUPATO DI QUESTI FILM?
La scelta dei film si è focalizzata su tutti quei titoli che mostrano “l’altro lato” delle cose, titoli che spaziano dalla slapstick comedy, al noir, all’horror, allo zombie movie e al demenziale provenienti da tutto il mondo. Sono quei film dove il linguaggio filmico si può scatenare in forme impensabili nelle opere diciamo “normali” dove lo status quo è sempre sullo sfondo. Mostri, vampiri e psicopatici vanno tutti bene quando si vuole sfondare il muro dell’apparenza bugiarda.
ANDIAMO UN PO’ PIU’ SUL GENERALE. VISTO CHE ULTIMAMENTE CAPITA SEMPRE PIU’ SPESSO DI LEGGERE MOLTI AUTORI, SIA EMERGENTI SIA AFFERMATI, ANCHE IN FORMATO DIGITALE, SECONDO TE QUALE SARA’ IL FUTURO DELL’EDITORIA? VEDREMO PIAN PIANO SCOMPARIRE IL CARTACEO A FAVORE DEGLI E-BOOK O PENSI CHE QUESTE DUE REALTA’ POSSANO CONVIVERE ANCORA PER LUNGO TEMPO?
Penso che il cartaceo e l’e-book possano coesistere a lungo come il film visto in sala e quello visto sugli altri dispositivi. Ma sfogliare un libro dà sempre un sensuale piacere privato particolare.
IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL GENERE FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?
La mia predilezione per il genere fantastico e dintorni deriva dalla convinzione che TUTTO IL CINEMA E’ FANTASTICO. Nel cinema il realismo non esiste e se esiste non c’è il cinema.
DOVE TRAI ISPIRAZIONE, SE COSI’ VOGLIAMO CHIAMARLA, PER INIZIARE UN NUOVO LIBRO?
Non programmo la scelta degli argomenti, rispondo a richieste che mi fanno gli editori oppure a ispirazioni legate alla mia vita di spettatore, più raramente ad obblighi legati alla mia attività di docente.
DA MOLTI ANNI INSEGNI STORIA DEL CINEMA, ATTUALMENTE PRESSO L’ACCADEMIA DELL’IMMAGINE DI L’AQUILA: VUOI PARLARCI DI QUESTA TUA ATTIVITA’ E DI QUALI SODDISFAZIONI TI HA DATO?
Gli anni del mio insegnamento all’Accademia dell’Immagine (adesso chiusa in attesa di una augurabile riapertura) mi hanno consentito di rapportare la teoria alla pratica grazie al confronto dialettico con illustri colleghi esponenti dei mestieri del cinema, come Vittorio Storaro e come Luciano Tovoli, il direttore della fotografia tra l’altro di “Suspiria” di Argento e di “Professione reporter” di Antonioni (il famoso piano-sequenza finale di questo film l’ho fatto vedere e rivedere cento volte agli studenti con la relativa analisi stilistica che ha commosso lo stesso Tovoli).
QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?
Scrittori preferiti: oggi il Foer di “Eccomi”, il Marias di “Così ha inizio il male”, lo Zafron di “L’ombra del vento” (in tutti c’è dentro anche un po’ di cinema); da sempre Kafka, Gombrowicz, Kubin e altri esponenti dell’assurdo quotidiano.
E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?
Ovviamente, tutti quelli di Bunuel, di Polanski, di Chabrol, di von Trier e di Lynch (ma anche quelli di Jackson, di Raimi, di Landis e simili). Nessuno dei film italiani, almeno dopo quelli di Ferreri, Antonioni e Pasolini (sul cinema italiano sono colpevole di un pamplhet uscito anni fa intitolato “Il mai nato. L’inesistenza storica del cinema in Italia”, ho detto tutto).
ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?
A dicembre di quest’anno è uscito un mio saggio tra cinema e psicoanalisi dal titolo “Aprire quella porta. Il cinema come rappresentanza simbolica dell’inconscio”. Per febbraio 2017 è previsto un “L’inconscio sullo schermo – Il cinema secondo Jung”. Sì, il cinema, l’inconscioe Jung hanno molto in comune visto che sono accomunati dalla “fantasia attiva”. Dopo forse mi inventerò qualcosa d’altro. Intanto, quando capita e come posso, continuo con interventi della serie come si guarda un film presso scuole di cinema e cineclub, come l’Alphaville e il Detour romani.
GRAZIE DI TUTTO… E ALLA PROSSIMA!