La nebbia che avvolgeva il castello era sparita. I campi intorno, brinati, stridevano contro un cielo rubicondo, carico di nuvole nere che si avvicinavano minacciose. I tre ragazzi non potevano sapere quanto era cambiato il tempo fuori e non badavano nemmeno al rumore vorticoso del vento, che ululava nel cortile. Erano affaccendati in altre cose.
Erano ancora entusiasti per il ciclo appena scoperto che pensavano di aver esaurito le sorprese, e invece, una volta salita la scala a chiocciola, rimasero di stucco quando trovarono scaffali e scaffali di libri. In mezzo a quella stanzetta umida si trovava una sedia e lì accanto una scrivania piuttosto nuova, a dir la verità. Aurora trovò un interruttore e una lampadina si accese, rendendo quell’ambiente ancora più terrificante.
- Alla fine la biblioteca del monastero non è andata tutta persa! – cominciò Olive. La sua antipatia per il custode diventata sempre più importante – Si è nascosto un bel po’ di roba! Chissà se i marchesi Terzi sapevano di tutto questo… Benedict non sapeva niente di sicuro!
Aurora annuì. Markus si avvicinò ad uno scaffale e notò che i tomi in pelle erano tutti numerati. Con un po’ di pazienza si mise a cercare il numero uno. Lo trovò, lo estrasse dallo scaffale e si sedette alla scrivania, con la torcia per poter leggere: la luce della lampadina serviva per lo più a creare ombre.
- Ragazze, abbiamo il racconto scritto di quello che abbiamo appena visto affrescato da basso. E’ in latino ed è una copia sicuramente più recente degli antichi codici, però penso siano molto interessanti, anche da un punto di vista artistico eh! Puoi pensare di renderli visibili agli studiosi, hai qualche amico archivista? Caspita, questo posto è più divertente di quanto immaginassi!!!
Con quel poco di latino che ancora ricordavano, Markus, Aurora ed Olive tentarono di tradurre qualcosa di quello che leggevano: l’imperatore che avevano visto rappresentato era Enrico III e durante i suoi viaggi in Italia aveva portato con sé parte della nobiltà teutonica, che non sempre poi era tornata in Germania. Nello scritto si continuava con la storia di un certo monaco, chiamato Ludwig, che diventò abate del monastero. Grazie a quest’uomo illuminato l’abbazia prosperò, le sue pertinenze agricole erano sempre ben coltivate ed i monaci erano sempre ben sfamati.
- Tutto questo è molto interessante Olive, io ho un amico che insegna latino al liceo e se gli proponessi di tradurti tutto per bene, mica come stiamo facendo noi, alla carlona, sarebbe felicissimo…
Continuando a scorrere fra le pagine, Markus si accorse che dei brani erano stati come copiati male, come se si volesse nascondere dei fatti spiacevoli.
- Cos’è, la damnatio memoriae dei Romani? Vai un po’ avanti, vedi cosa dice – disse Olive.
- Si parla sempre del monastero, ma ormai i monaci si sono ridotti ad uno, Ludwig.
- Come il primo abate?
- Così sembrerebbe… anche perché dall’XI secolo siamo passati al XIII… o è highlander, o è un caso di omonimia!
Olive si fece pensierosa. Chiese a Markus di cercare le informazioni più recenti relative al monastero e, dopo un po’, ecco un documento precedente alla soppressione del monastero di circa vent’anni.
- Quanti monaci?
- Uno.
- Nome?
- Non lo dice… anzi, si mette solo l’iniziale del nome, L. .
- Altre informazioni?
- Sempre un solo monaco, sempre L. . Ma che ti frulla in testa?
Olive era confusa, il suo cervello cercava di ricomporre i pezzi di un puzzle che in quel momento le sembrava davvero complicato. Sussurrò: – Ludwig… L. … Lodovico… Ludwig è Lodovico! -
Rimasero tutti in silenzio. Era una farneticazione, era chiaro, ma da qualsiasi angolazione la si prendesse, il risultato era sempre quello.
- Mi sembra un’enorme cazzata, eh – disse Aurora – però il vecchio è talmente vecchio che sembra davvero un tizio che è passato attraverso i secoli un po’ come i poveri cristi attraversano gli anni. Ha la pelle talmente sottile che gli si vedono le vene sotto!
- Anche questa cosa del nome combacia, incredibile – concluse Markus. Si guardarono tutti stupefatti e in silenzio. La domanda non la voleva fare nessuno, finché Olive, guardando gli amici, chiese, con un fil di voce e adesso io che faccio?
Si alzarono, stavano per spegnere la luce quando, dall’ombra, un uomo alto e armato di pugnale si piazzò davanti alle scale. I capelli erano lunghi fino alle spalle, gli occhi rossi e fiammeggianti scrutavano i tre con fare minaccioso, la voce era ferma e profonda: metteva i brividi.
- Ma che bravi, pensate di aver scoperto tutto su di me. Perché non mi chiedete quello che non avete capito?
Markus gli puntò in faccia la torcia. Era Ludwig, come se fosse appena uscito dagli affreschi antichi. Il terrore si stava impadronendo della sua mente: da dove era arrivato? Nessuno l’aveva sentito.
- Che razza di creatura sei? – ad Olive la voce era uscita tremante. Se la stava facendo sotto dalla paura. Per quanto riguardava Aurora, invece, lei continuva a pensare al suo bambino e sperava di poterlo andare a riprendere quella sera.
- Sono immortale, mia cara. So nascondermi bene, ma sono un essere che non morirà mai. Ero un cavaliere un tempo, questa lama è tutto quello che rimane di quel passato, ma, durante il viaggio con Enrico III fui morso da una donna bellissima. Da quel momento il sangue che pulsa nelle vene di ogni essere vivente è vita per me! – tutti ascoltavano esterrefatti.
- I primi tempi sono stati tremendi, sentivo la mia anima marchiata da un sigillo demoniaco che non si poteva cancellare, così mi consacrai a Dio, ma quei frati paffutelli e stupidi mi si presentavano davanti come quando ad un banchetto viene portata una porchetta succulenta. Li uccidevo e le loro ossa sono tutte intorno, sparse nei campi, visto che vi piace indagare potreste andare a cercarle – il vampiro rise e la sua sghignazzata rimbombò nel piccolo ambiente.
- Tu non vuoi andartene dal castello, non è vero? – chiese Olive avvicinandosi alla creatura. Si sentiva strana, sapeva che doveva uscire da quella situazione e che era necessario correre qualche rischio.
- No, esatto. Questa è casa mia. Ti lascerò vivere se anche tu farai come i proprietari precedenti e non ti farai più vedere. E lascerò vivere questi due idioti che ti sei portata appresso. Non vorrai mica lasciare il figlio della tua amica orfano, no?
Calma, Olive. - No no, certo, hai ragione, non posso essere egoista. Per questo motivo ti chiedo di farci uscire dalla biblioteca. – Il vampiro si spostò e Markus ed Aurora, ancora increduli, si avvicinarono all’arco che portava alla scala. – Grazie, vampiro! – In un attimo Olive estrasse un crocefisso dorato e lo piazzò sulla fronte di Ludwig, che iniziò ad urlare e a dimenarsi come un ossesso. Gli altri scesero rapidamente e anche la ragazza volò giù per le scale, chiudendo il piccolo portoncino con il lucchetto. Olive tolse da un sacchetto per il freezer delle teste d’aglio e le dispose sul pavimento in pietra: dall’altra parte si sentì un sibilo e Ludwig che la malediceva in tedesco. La ragazza corse nel cortile, aveva notato una piccola finestra e non voleva che quella potesse diventare la via di fuga del mostro. Il cielo si era schiarito e un fioco raggio di sole illuminava il cortile. Lo spesso vetro giallognolo non permetteva alla luce di filtrare nella stanza e Olive ricordava di aver visto che la piccola Claudia era morta bruciata dal sole in Intervista col vampiro, tanto valeva provarci. Raccolse delle pietre aguzze e con dei tiri molto precisi andò a rompere il vetro: il sole del mezzogiorno, finalmente splendente al massimo, inondò la stanza di luce dorata. Si sentì un urlo disumano, poi più niente. In fretta e furia i ragazzi scapparono.
Il giorno dell’apertura al pubblico del castello della Pellagra era finalmente arrivato: il portone non era ancora stato aperto ma si poteva notare una fila di persone lunga circa un chilometro. Olive era nervosa, aveva investito tanto in quel progetto che il fallimento non lo poteva neanche concepire.
- Allora ragazze, mi affido a voi. Piccole visite guidate, non più di mezz’ora a gruppo. Ricordate di far concludere il giro nella sala est, dove c’è il catering. Dobbiamo fare bene!
Il portone venne aperto e per la prima volta la corte venne animata dal vociare allegro dei turisti incuriositi e felici. Fu una giornata molto positiva, anche se molto stancante. Quando ormai i visitatori se ne erano andati via quasi tutti, Olive si sedette con suo padre ed alcune collaboratrici a mangiare un pezzo di pizza. Ad un tratto sentì una presenza alle sue spalle e questa la terrorizzò per un istante. Si voltò di scatto, erano Aurora, con Michele, e Markus.
- Ragazzi!!! Ce l’avete fatta!!!
- Non potevamo mancare! Com’è andata?
- Per essere il nostro primo giorno di apertura al pubblico non possiamo di certo lamentarci, ma possiamo solo fare meglio! Venite, vi faccio vedere il percorso di visita.
Lasciato Michele a mangiare con il padre di Olive, i tre si avviarono nella corte.
- Sei più entrata là dentro? – Markus indicò la finestra della biblioteca, che aveva il vetro riparato.
- Certo, ho dovuto. Sono enrata con due energumeni dell’università. Ricordavo solo tipi gracilini a Lettere Antiche, ma evidentemente le cose sono un po’ cambiate.
- Eeeh?
- Non c’era niente, solo tanta tanta polvere, e il mio crocefisso.
Risero, poi Markus le chiese come mai quel giorno avesse un kit degno di Van Helsing con sé.
- Avevo fatto un sogno strano, una volta che mi ero addormentata sul divano. Avevo sognato dei vampiri in luoghi sconosciuti, in tempi che non riuscivo a riordinare nella mia mente. Pensavo che fosse la conseguenza dell’horror che stavo guardando, ma quella ossessione non mi mollava, così, anche se mi sentivo parecchio matta, avevo deciso di tenere in borsa, sigillate, le teste d’aglio e di indossare un crocifisso. Solo poi ho collegato tutto.
- Sei stata molto coraggiosa.
- Lo credo anche io ma lo spavento è stato tanto. Ora però basta ragazzi, andiamo a festeggiare: se questa giornata è stata così è anche per merito vostro!!!
I tre andarono al banchetto del catering, ormai saccheggiato, e bevvero un paio di birrette. Olive era davvero felice. Aveva davanti a sé un futuro radioso.
(7 – fine)