CAPITOLO XIV: ULTIME SPERANZE SULLA SOGLIA DI CASA
Gli ultimi candidati a ospitare la vita nel Sistema Solare sarebbero alcuni satelliti di Giove, in particolare Ganimede, Europa e Callisto, oltre a Titano, una luna di Saturno e Tritone, che orbita attorno a Nettuno. Non sarebbero esclusi neppure alcuni corpi celesti che orbitano lontanissimo dal Sole, come Varuna, un pianetino scoperto nel 2001. Questi satelliti emetterebbero abbastanza energia (sotto forma di radiazioni) per sostenere oceani di acqua liquida, la precondizione essenziale per la vita. Considerate anche le condizioni in cui vivono molte specie nelle profondità degli oceani, la possibilità della vita su altri pianeti non può quindi, secondo i ricercatori, essere del tutto esclusa. Anche se molti altri scienziati sono scettici, le ricerche della vita nel Sistema Solare continuano.
Con i suoi 5.260 km di diametro, Ganimede è la principale delle 67 lune di Giove e il più grande satellite naturale dell’intero Sistema Solare. Supera per dimensioni (ma non per massa) Mercurio e compie un’orbita attorno al pianeta gigante in poco più di sette giorni. È composto principalmente da rocce silicacee e ghiaccio d’acqua e la sua struttura, come nel caso dei corpi planetari con dimensioni superiori ad alcune centinaia di chilometri, è differenziata, con un nucleo di ferro fuso, un mantello roccioso e una spessa crosta ghiacciata.
Questo gigantesco satellite gioviano è avvolto da una tenuissima atmosfera formata prevalentemente da ossigeno, presente nella forma atomica (O), molecolare (O2) e forse come ozono (O3). L’idrogeno atomico è un costituente minore dell’atmosfera. La presenza di ossigeno non significa però che su Ganimede esista qualche forma di attività biologica, si pensa infatti che esso sia prodotto dalla radiazione ultravioletta solare che, incidendo sulla superficie ghiacciata del satellite, causa la scissione in idrogeno e ossigeno delle molecole d’acqua. Mentre l’idrogeno si disperde rapidamente nello spazio interplanetario a causa del suo basso peso atomico, l’ossigeno così liberato va a costituire la sottile atmosfera di Ganimede. Questo satellite è l’unico del nostro sistema planetario che possiede un campo magnetico, il quale, interagendo con il campo magnetico di Giove, dà origine anche a fenomeni di aurore.
E proprio le aurore, osservate dal telescopio spaziale Hubble, hanno permesso di fare una scoperta del tutto unica: la presenza di un immenso oceano di acqua salmastra al di sotto della superficie ghiacciata del satellite, il cui spessore è stato stimato in circa 150 km. Basandosi sulle osservazioni di Hubble e sui risultati di modelli teorici, un team di ricercatori dell’Università di Colonia (Germania), coordinati da Joachim Sau, ha infatti previsto l’esistenza di un vasto oceano di acqua salata al di sotto della superficie ghiacciata di Ganimede.
Se l’Oceano di Europa nasconde una qualche forma di vita, come la troveremo?
La Nasa definisce gli strumenti che spediremo attorno al satellite di Giove, attorno al 2020.
Europa è la nuova frontiera: la grande luna di Giove è l’obiettivo della missione Nasa, che dovrà anche cercare tracce di vita extraterrestre.
Nei mesi scorsi l’agenzia Usa aveva dato il via libera alla pianificazione di una missione per portare una sonda attorno al satellite di Giove, per studiarlo da vicino. Anche se manca una data ufficiale (si ipotizza che il lancio potrebbe avvenire attorno al 2020), è di queste ore la definizione del pacchetto di strumenti che la sonda imbarcherà.
Dagli anni Novanta, quando Giove è stato sorvolato dalla sonda Galileo, sappiamo che sotto la crosta di ghiaccio d’acqua di Europa esiste un oceano. La quantità d’acqua è stimata essere circa il doppio di tutta quella che esiste negli oceani terrestri, e negli ultimi anni si è potuto stabilire anche che è salata e relativamente calda. Sul fondo di questo mare alieno potrebbero esserci dei camini di acqua calda riscaldata dal nucleo di Europa: è un’ipotesi elettrizzante, perché l’insieme di queste condizioni: l’acqua salata, la temperatura e le sorgenti idrotermali, portano inevitabilmente a ipotizzare la presenza di una qualche forma di vita in quell’oceano.
Callisto è, in ordine di grandezza, il secondo satellite di Giove. Esso è privo di atmosfera e le sue dimensioni sono quasi uguali a quelle di Mercurio. E’ composto di ghiaccio e roccia in proporzioni approssimativamente uguali. La sua crosta è di formazione molto antica ed è segnata da enormi crateri originati da impatti meteorici. I crateri più grandi sono stati cancellati dal movimento della crosta ghiacciata durante le ere geologiche. I crateri sono l’unica formazione degna di nota presente su Callisto.
Il satellite è probabilmente costituito da un grande nucleo roccioso circondato da roccia e ghiaccio. I meteoriti hanno sfondato la crosta di Callisto formando delle cavità attraverso cui l’acqua è uscita sulla superficie per poi solidificarsi, dando origine a formazioni di ghiaccio a raggiera e ad anello attorno ai crateri.
Come Europa e Ganimede, si pensa che la vita microbica extraterrestre potrebbe esistere in un oceano salato sotto la superficie di Callisto. Tuttavia, le condizioni sembrano essere meno favorevoli su Callisto che su Europa. Le principali ragioni sono la mancanza di contatto con materiale roccioso e il minor flusso di calore proveniente dall’interno di Callisto Lo scienziato Torrence Johnson, confrontando le probabilità di vita su Callisto e su altre lune galileiane a proposito disse: «Gli ingredienti di base per la vita, che noi chiamiamo “chimica pre-biotica”, sono abbondanti in molti oggetti del sistema solare, come le comete, gli asteroidi e lune ghiacciate. I biologi ritengono che l’acqua liquida e l’energia siano necessari per sostenere realmente la vita, quindi è emozionante trovare un altro posto dove esiste acqua allo stato liquido. Ma l’energia è un’altra cosa, e mentre l’oceano di Callisto viene riscaldato solo da elementi radioattivi, Europa ha dalla sua l’energia delle maree e la maggiore vicinanza a Giove.»
Sulla base di queste considerazioni e di altre osservazioni scientifiche, si pensa che di tutte le lune galileiane di Giove, Europa sia quella con la maggiore possibilità di sostenere la vita microbica.
Nel 2003 la NASA condusse uno studio chiamato Human Outer Planets Exploration (HOPE) per una futura esplorazione umana del sistema solare esterno. L’obiettivo primario scelto è stato Callisto.
Nello studio venne presa in considerazione una possibile base sulla superficie di Callisto atta a produrre carburante per un’ulteriore esplorazione del sistema solare. I vantaggi di una base su Callisto sono sostanzialmente due: la bassa dose di radiazioni che riceve la superficie e la stabilità geologica della luna. Tale base potrebbe facilitare l’esplorazione a distanza di Europa e sarebbe in una posizione ideale per una stazione di rifornimenti e di manutenzione per le navi spaziali in rotta per le regioni più esterne del sistema solare, con l’ulteriore vantaggio di poter sfruttare l’assistenza gravitazionale di Giove con uno stretto fly-by dopo la partenza da Callisto.
Un rapporto della NASA nel dicembre 2003 espresse la convinzione che una missione umana verso Callisto sarebbe potuta essere possibile nel 2040.
Il discorso su Titano è totalmente diverso.
Il 14 gennaio 2005, esattamente 11 anni fa, la sonda dell’ESA Huygens riscriveva la storia dell’esplorazione spaziale atterrando sulla luna di Saturno. Nella rocambolesca discesa di 2 ore e 27 minuti, e nei 72 minuti che seguirono prima della fine delle batterie, la sonda raccolse un tesoro di dati.
Prima dell’arrivo di Huygens su Titano gli scienziati sapevano che l’atmosfera del satellite è costituita in gran parte di azoto, con percentuali di metano. Ma poco si sapeva sulle condizioni di pressione e temperatura alle diverse altitudini. Durante la discesa, lo strumento di bordo HASI (Huygens Atmospheric Structure Instrument) ha determinato le condizioni di temperatura, densità atmosferica e pressione a partire da 1400 km di quota, fino alla superficie di Titano.
I nuovi dati raccolti dalla sonda sono importanti soprattutto per lo studio della formazione dei bacini di idrocarburi liquidi e del ciclo “idrologico” di Titano, simile a quello della Terra (con l’unica eccezione che nel caso di questa luna non si tratta di acqua ma bensì di idrocarburi). Titano, che ha dimensioni superiori a un pianeta come Mercurio ed è l’unico satellite dotato di atmosfera, ha una temperatura tale da consentire che metano ed etano possano esistere nei tre stati: solido (ghiaccio), liquido e gassoso.
Finora, i laghi e i mari di Titano erano stati studiati per lo più con il radar della Cassini, capace di penetrare la densa atmosfera, mentre lo spettrometro a immagini VIMS (Visual and Infrared Mapping Spectrometer), che lavora nella banda visibile e infrarossa, e le fotocamere di bordo avevano potuto riprendere solo viste oblique e lontane.
Le ultime immagini sono state riprese nel corso di tre fly-by effettuati nel luglio e settembre scorsi e grazie a un percorso orbitale che ha messo la sonda nella migliore posizione possibile la loro qualità è risultata senza precedenti. Inoltre, la luce del Sole ha iniziato a illuminare il polo nord di Titano all’arrivo della Cassini nel sistema di Saturno 9 anni fa e, con l’avvento dell’estate nell’emisfero settentrionale, si è dissolta in buona parte anche una densa cappa di “nebbia” che impediva una buona visuale agli strumenti della sonda.
I laghi di Titano hanno forme molto particolari e mostrano sagome arrotondate e fianchi ripidi. Le teorie proposte per la loro formazione sono diverse, tra cui l’azione di processi simili a quelli di tipo carsico che si verificano sulla Terra.
Differenze cromatiche sono state rilevate dallo spettrometro VIMS nel vicino infrarosso e mostra le variazioni nella composizione del materiale presente intorno ai laghi e ai mari. Dalle osservazioni si evince che i mari sono in parte evaporati lasciando l’equivalente delle saline che troviamo sulla Terra. Le immagini di Cassini forniscono una visione più interessante di un’area che finora era stata solo analizzata in parte, una regione dove avviene una complessa iterazione tra liquidi, evaporazione e depositi. Le immagini mostrano anche un’unità di terreno più chiara e luminosa mai osservata prima. Questo potrebbe indicare che il polo nord di Titano ha peculiarità uniche e distintive rispetto al resto della superficie e potrebbe essere il motivo per cui i laghi e i mari sono concentrati in questa zona.
Per la prima volta sono stati osservati movimenti negli oceani vicino al polo nord di Titano A rilevarli, i radar a bordo della sonda Cassini, in orbita attorno al signore degli anelli e al suo complesso sistema di lune (ne ha ben sessanta) circa un anno fa, anche se i dati sono stati elaborati solo recentemente.
La superficie di Titano, che è parzialmente ricoperta da oceani di metano liquido a centottanta gradi sottozero, non aveva mai mostrato una simile attività. Eppure la Cassini è da circa dieci anni che sta monitorando Saturno e i sui satelliti principali.
Ricordiamo ancora che nel 2005 dalla sonda si è staccato il modulo Huygens, che, grazie a un sistema di paracadute, si è calato attraverso la densa atmosfera di Titano fino a toccare la sua superficie, inviando dati e immagini della sua discesa.
Ma nemmeno i sofisticati sensori a bordo di Huygens avevano riportato segni di tale fenomenologia. Jason Hofgartner e colleghi dell’Università di Ithaca di New York sono invece certi: analizzando i dati delle osservazioni radar sul Ligeia Mare, vicino all’emisfero settentrionale di Titano, hanno individuato fenomeni paragonabili a movimenti di onde oceaniche e bolle di gas che salgono in superficie.
Come affermano sull’ultimo numero di Nature Geoscience, hanno inoltre rilevato “fluttuazioni” sulla superficie del mare di metano, simili a quelle prodotte da iceberg o altri corpi solidi galleggianti.
Che sta succedendo dunque su Titano? “Questi eventi sono di natura transitoria” spiegano gli scienziati, “si tratta con tutta probabilità di fenomeni indotti dai cambiamenti stagionali, molto simili a quelli che avvengono nei laghi terrestri”.
All’epoca delle rilevazioni, infatti, il satellite stava passando lentamente dalla primavera all’estate. “È una scoperta comunque eccezionale” continua Hofgartner “perché per la prima volta osserviamo gli effetti stagionali su una luna del sistema solare, che si riteneva finora non potesse sperimentare tali fenomeni”. Che, secondo i ricercatori, si dovrebbero ripetere nel 2017, all’approssimarsi del solstizio estivo nell’emisfero nord.
Titano è l’unico corpo celeste del nostro sistema, oltre al nostro, che ha materia allo stato liquido sulla sua superficie. Su questa luna inoltre, il metano ha un ciclo simile a quello dell’acqua sulla Terra, cioè passa dallo stato liquido a quello gassoso tramite evaporazione e flussi circolatori atmosferici tipici della meteorologia del nostro pianeta. Non è raro quindi che su Titano ci siano piogge di metano liquido.
Con un’atmosfera costituita quasi interamente di azoto, la più grande luna di Saturno è una riproduzione in scala ridotta della Terra primordiale. Ecco perché è tra i corpi più investigati dagli astrofisici: lo studio della sua fenomenologia può portare a capire come si sia innescata la vita sul nostro pianeta a partire da semplici molecole organiche come quelle del metano. E scoprire che i suoi mari sono sensibili ai cambiamenti di stagione è un ulteriore passo in questa direzione.
Sull’eventualità di presenza di vita su Titano, è in corso da anni un ampio dibattito scientifico.
Sebbene su Titano non sia possibile la presenza, sulla sua superficie, di acqua allo stato liquido (elemento indispensabile, secondo molti scienziati, per i procedimenti biochimici che permettono la vita), essendo la sua temperatura superficiale estremamente bassa (-179 °C), le scoperte fatte dalla missione spaziale Cassini-Huygens hanno aperto plausibili possibilità che molecole organiche, e quindi forme di vita, possano essersi sviluppate su Titano.
Stiamo sempre parlando di microrganismi, batteri, molecole… no il nostro sistema solare non ospita la vita, quella vita evoluta che ci faccia dire “Noi non siamo soli”. Va cercata altrove, lontano, nell’universo… e ci sono degli occhi puntati verso questa miriade di stelle che ci circonda. La nostra ultima speranza, o timore, se c’è, abita lassù.
(14 – continua)