IL CINEMA SECONDO DI LEO – TRA EROTISMO PERVERSO E NOIR PRE TARANTINO 23

Almeria Calibro Colt

Fernando di Leo e il western all’italiana

Nel 1964 Per un pugno di dollari di Sergio Leone rivoluziona il genere western, rappresentando un’assoluta novità nel panorama cinematografico internazionale di allora. Realizzato con un budget ridottissimo, il film incassa tre miliardi e duecento milioni di lire, diventando uno dei massimi successi del cinema italiano. Dopo Per un pugno di dollari molti registi come Bruno Corbucci, Enzo Castellari e Duccio Tessari si impegnano in produzioni simili, regalando una seconda vita al genere, altri cineasti, tra cui Tinto Brass, Damiano Damiani, Floriano Vancini e Sergio Martino, ne realizzano almeno una pellicola.

Nella seconda metà degli anni Sessanta, Fernando di Leo, pur non girando alcun film western, [1] si impegna nell’attività di sceneggiatore proprio in avventure di cowboy e bounty killer. Prima di diventare uno dei registi più importanti del poliziesco all’italiana, quasi a dar prova di continuità tematica e di filiazione dei due filoni cinematografici, firma infatti come coautore la sceneggiatura delle più importanti pellicole spaghetti western.

Di Leo, quindi, entra da protagonista nel polveroso panorama del selvaggio West dislocato tra Almeria e Cinecittà, collaborando proprio con Leone e Tessari a Per un pugno di dollari, partecipando, così, alla nascita del genere. Non solo. Se con questo film vengono definite tutte le figure della mitologia dello spaghetti western, di sceneggiatura in sceneggiatura di Leo contribuisce significativamente all’evoluzione di personaggi e tematiche. L’icona del pistolero solitario è senza dubbio il modello cui tutti i western all’italiana si rifanno. Dopo  Per un pugno di dollari, infatti, l’iconografia dell’eroe viene sempre tracciata sui contorni del Clint Eastwood leoniano: un gringo trasandato nel vestire, dalla barba incolta e dalla pelle del viso bruciata dal sole del deserto, gli occhi ridotti quasi sempre a una fessura, parla pochissimo e quando lo fa dice l’essenziale. Non si sa da dove viene, dove andrà, ma la sua venuta significa vendetta.

Sempre nel 1964 di Leo affianca Tessari in Una pistola per Ringo che sfrutta il successo del prototipo leoniano per lanciare un nuovo volto questa volta italiano: Giuliano Gemma. Se per scrivere Per un pugno di dollari si è attinto da La sfida del samurai (Yojimbo, 1961) di Akira Kurosawa, dalla letteratura shakespeariana (per es. la figura del “fool”) e dalla Commedia dell’arte (Arlecchino servitore di due padroni), Tessari e di Leo in Una pistola per Gringo rielaborano la trama di Ore Disperate (The Desperate Hours, 1955) di William Wyler, adattandola all’ambientazione western. Grazie ai copiosi incassi del primo Ringo, l’anno seguente la coppia Tessari – di Leo confeziona un sequel, Il ritorno di Ringo, in cui il protagonista, dopo aver portato a termine la propria vendetta, assume le caratteristiche di un  bounty killer dai toni misteriosi e inquietanti. Ancora una volta il modello è il personaggio di Clint Eastwood, ma questa volta il film di riferimento è Per qualche dollaro in più (Leone, 1965), in cui di Leo ha collaborato alla sceneggiatura. Ne Il ritorno di Ringo la vicenda viene costruita ricorrendo a un archetipo classico che verrà poi ripreso più e più volte dai successivi spaghetti western: il ritorno di Ulisse. Ringo, come un Odisseo in chiave western, scampato a lunghe peregrinazioni, ritorna a casa dalla Guerra di Secessione scoprendo che il padre è stato assassinato, che sua moglie è stata rapita e che i beni di famiglia sono stati rubati da un potente messicano senza scrupoli. Il cowboy prepara la vendetta per recuperare i suoi averi e liberare il villaggio dai prepotenti.

Il successo di questa costruzione classica (che riprende anche la vicenda di Amleto), ritorna in un altro film sempre sceneggiato da di Leo: Le Colt cantarono la morte e fu… tempo di massacro (noto anche come Tempo di Massacro) di Lucio Fulci (1966). In quest’ultima pellicola il regista costruisce una sorta di teatro della crudeltà, cogliendo l’inclinazione violenta del sentimento di vendetta e amplificando la brutalità dei gesti, ricercando l’insostenibilità della visione anziché costruire con questa il contorno alla storia avventurosa. È forse la pellicola più sadica del decennio degli spaghetti western.

Nello stesso anno e con lo stesso protagonista di Tempo di Massacro, Franco Nero,  di Leo partecipa alla creazione di uno dei vendicatori più amati: Django.  Nel 1966, quando Sergio Corbucci gira il primo Django, il western all’italiana è attraversato da un’escalation di violenza e questa pellicola esagera non solo dal punto di vista visivo e figurativo, ma anche a livello diagetico (in particolar modo il finale) e di costruzione dei personaggi (Django, eroe sadico e decadente, si porta appresso una bara in cui nasconde una mitragliatrice).

Una regia particolarmente gradevole, invece, per una vicenda che richiama immediatamente ai primi western leoniani: I lunghi giorni della vendetta di Florestano Vancini (1967) è senza dubbio uno dei migliori film del periodo. Di Leo, accreditato anche come assistente alla regia, per questa sceneggiatura si ispira a Il Conte di Montecristo e viene recuperato Giuliano Gemma che, toltisi i panni di Ringo, interpreta con enfasi drammatica un uomo vittima degli eventi, più rassegnato che vendicativo.

Se I lunghi giorni della vendetta può essere considerato uno dei pochi western “d’autore”, Tempo di massacro e Django rappresentano sicuramente l’apice di una tendenza del western italiano all’inasprimento delle tematiche e della violenza visiva nella rappresentazione utilizzata come espediente per tenere alto l’interesse del pubblico in un mercato già saturo. Dopo l’impennata del filone cinematografico (1964-1967) in cui troviamo le opere più rappresentative del genere, nel biennio seguente si è tentato di forzare alcuni aspetti del tessuto narrativo standard per dare nuova vita a un filone in rapido declino. Alcuni, come abbiamo visto, puntano sulla violenza, altri sulla comicità picaresca (Lo chiamavano Trinità e Continuavano a Chiamarlo Trinità di Enzo Barboni, 1970 e 1971) altri sulle tinte drammatiche e crepuscolari (Giù la testa, Leone 1971 e Il mio nome è nessuno, Tonino Valerii 1973). Di Leo, come autore di sceneggiature, cerca sempre di rinnovare il genere evitando cloni, sperimentando nuove tematiche. Si insinua nel genere della commedia western con Sette pistole per i McGregor e il successivo Sette donne per i McGregor (entrambi di Franco Giraldi, 1966-67), tocca temi come il problema indiano (in Navajo Joe di Corbucci,1966), la tematica della corsa all’oro (in Ognuno per sé di Giorgio Capitani, 1966) e quella della rivoluzione messicana (Odio per Odio, Domenico Paolella, 1967). Nel 1968 prova a ritornare al modello pre-leoniano del western americano, scrivendo la sceneggiatura di Al di là della legge (Giorgio Stegani, 1968), ma nell’immaginario dell’Italia degli Anni di Piombo la mitologia western si sposta sulle strade d’asfalto, viene sostituito il cavallo con la Giulietta,la Colt con una calibro 9. Gli anni Settanta arrivano in anticipo un mese con la strage di piazza Fontana, una nuova decade in cui il western cede il passo al poliziesco all’italiana.

Tutto il western di Fernando di Leo

1964

Per un pugno di dollari (Sergio Leone). Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

Una pistola per Ringo (Duccio Tessari). Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

1965

Per qualche dollaro in più (Sergio Leone). Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

Il ritorno di Ringo (Duccio Tessari). Co-autore di soggetto e sceneggiatura, assistente alla regia.

1966

Le colt cantarono la morte e fu… Tempo di massacro (Lucio Fulci). Autore di soggetto e sceneggiatura.

Johnny Yuma (Romolo Guerrieri). Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

Navajo Joe (Sergio Corbucci). Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

Ognuno per sé (Giorgio Capitani). Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

7 pistole per i McGregor (Franco Giraldi). Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

Sugar Colt (Franco Giraldi). Co-autore della sceneggiatura.

Django (Sergio Corbucci). Revisione della sceneggiatura.

1967

Con lui cavalca la morte (Sergio Corbucci). Revisione della sceneggiatura.

Dio li crea… io li ammazzo! (Paolo Bianchini). Autore di soggetto e sceneggiatura.

I lunghi giorni della vendetta (Florestano Vancini). Co-autore di soggetto e sceneggiatura, assistente alla regia.

Odio per odio (Domenico Paolella). Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

Pecos è qui: prega o muori (Maurizio Lucidi). Co-autore della sceneggiatura.

Un poker di pistole (Giuseppe Vari). Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

Sette donne per i McGregor (Franco Giraldi). Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

Un treno per Durango (Mario Caiano) Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

Wanted (Giorgio Ferroni). Co-autore della sceneggiatura.

1968

Al di là della legge (Giorgio Stegani). Co-autore della sceneggiatura.

…E venne il tempo di uccidere (Vincenzo Dell’Aquila). Co-autore di soggetto e sceneggiatura.

(23 – continua)

Michele Tosolini


[1] Fa eccezione l’episodio Un posto in paradiso del film a episodi Gli eroi di ieri, oggi, domani, Sergio Tau, Enzo Dell’Aquila, Fernando Di Leo, Frans Weisz, 1963.