CAPITOLO XVI: I CACCIATORI DI ESOPIANETI
Tutto è cominciato nel 1995 con la scoperta del primo esopianeta: Gliese 581g, un mondo, cioè non appartenente al nostro sistema solare. Per amore della precisione è bene dire che l’esistenza di altri pianeti fuori dal nostro sistema era già stata ipotizzata secoli fa (il primo fu Isaac Newton nel 1713), ma solo non molti anni fa se ne ebbe la conferma scientifica grazie a Michel Mayor e Didier Queloz, due astronomi dell’osservatorio di Ginevra che scoprirono un pianeta grande più o come Giove in rotazione intorno alla stella 51 Pegasi.
La scoperta colse di sorpresa la comunità scientifica, in quanto avvenne attraverso una misurazione che non si pensava praticabile e cioè quella chiamata della “velocità radiale” di un pianeta. Per rendere la cosa più comprensibile vuole dire osservare le oscillazioni del pianeta rispetto alla stella intorno alla quale orbita. Usando lo stesso sistema, da quella data furono scoperti centinaia i pianeti, ma questo metodo aveva ed ha un difetto che lo rende meno pratico: basandosi sulla gravità del pianeta il pianeta stesso non è in grado di rivelarci di cosa esso sia composto e quanto possano essere le sue dimensioni. Per esempio noi oggi sappiamo la massa di Gliese 581g, ma non la sua dimensione.
Eppure il successo della ricerca e del ritrovamento dei mondi extrasolari è nata, diciamo difettosa perché, anni dopo, venne fatta una straordinaria scoperta: l’esopianeta Gliese 581g, dell’omonimo sistema stellare, altamente candidato a ospitare la vita, in realtà non esiste. Questa sbalorditiva rivelazione dopo che gli astronomi della University of California, Santa Cruz, guidati da Steven Vogt, lo avevano avvistato, o meglio, avevano creduto di avvistarlo, poco meno di quattro anni fa, salutandolo come “il pianeta più potenzialmente abitabile”. La doccia fredda, anzi gelata è giunta da: una nuova ricerca condotta dai colleghi della Penn State University, pubblicata su Science, che ha mostrato che Gliese 581g non è altro che un’illusione ottica. Un segnale fasullo dovuto, quasi probabilmente, a macchie solari e altre attività stellari della stella Gliese 581.
Il sistema, comunque, ha funzionato ottimamente in altri casi e continua a farlo ancora, anche se sono arrivati altri sistemi di osservazione e altri se ne aggiungeranno.
In certi casi un modo per determinare la grandezza di un pianeta distante dalla Terra esiste, però questo pianeta deve transitare esattamente davanti alla sua stella, diciamo che la deve eclissare.
Se questo transita esattamente di fronte alla sua stella in questo modo ne blocca in parte la luce per cui, misurando la diminuzione della luminosità della stella in quel preciso momento è possibile calcolare il diametro del pianeta.
Un nuovo metodo o, per meglio dire un ulteriore perfezionamento del sistema di avvistamento si basa su tre effetti molto deboli da misurare che si verificano contemporaneamente quando un pianeta orbita attorno alla stella. C’è un effetto chiamato di “beaming” relativistico il quale causa un aumento di luminosità quando la stella si muove verso l’osservatore, soggetta alla gravità del pianeta, e viceversa quando si allontana. Possiamo dire che questo metodo, che proviene dalla teoria della relatività di Einstein ed è stato utilizzato per la prima volta per rivelare un pianeta. Inoltre, i ricercatori hanno analizzato la forma allungata che la stella assume a causa delle forze di marea dovute al pianeta in questione, ma per spiegarci meglio: la stella appare più luminosa quando la osserviamo di lato, a causa della maggiore superficie visibile, e più debole quando il pianeta la attraversa. Il terzo effetto è dovuto alla luce stellare riflessa dal pianeta stesso.
Il metodo di ricerca dei pianeti extrasolari e della loro composizione è anche una sorta di telescopio come Hubble che orbita attorno alla Terra e Kepler, la sonda che sta percorrendo gli spazi.
I gioviani caldi sono pianeti gassosi che orbitano in prossimità del proprio astro: è proprio il bagliore delle stelle madri a confondere le osservazioni. Finora, Hubble ne aveva studiati nel dettaglio soltanto tre, trovando molta meno acqua di quanto stimato. Ed è qui che entra in gioco Kepler. e grazie al suo aiuto, si è potuta avere una copertura di lunghezze d’onda sufficiente a comparare le diverse caratteristiche tra un pianeta e l’altro.
Quando un esopianeta transita davanti alla sua stella, la sua atmosfera lascia sulla luce dell’astro un’”impronta” unica, che rivela le caratteristiche chimiche e le componenti della sua atmosfera. Studiandola, gli scienziati hanno dedotto le molecole essenziali (incluse quelle d’acqua) delle varie atmosfere, distinguendo tra mondi nuvolosi o privi di nuvole. Si è visto così che le atmosfere dei gioviani caldi apparentemente privi d’acqua presentavano nuvole e foschia, che possono nascondere l’acqua alla vista.
La missione iniziata dal satellite Keplero, lanciato con successo il 7 Marzo del 2009, mira proprio a trovare un pianeta di dimensione simili a quelle della Terra osservando la luminosità di circa 130mila stelle nell’arco di quattro anni. Questo tipo di misurazione comporta il problema opposto a quella sulla velocità radiale: sappiamo la dimensione di un pianeta, ma non la sua massa ed è per questo che gli astronomi stanno cercando di unire gli sforzi delle ricerche sulla velocità radiale e quella sulla luminosità delle stelle per arrivare a stabilire sia grandezza che la massa di un pianeta, per poter così ipotizzare meglio di cosa sia composto.
Nell’aprile del 2012 un pannello indipendente di scienziati della NASA ha raccomandato che la missione fosse continuata fino al 2016. In base alla loro relazione le osservazioni di Kepler dovrebbero continuare almeno fino al 2015, per garantire il raggiungimento degli obiettivi scientifici di base. Il 14 novembre 2012 la NASA ha annunciato il completamento della missione primaria di Kepler e l’inizio della missione estesa, che potrebbe prolungarsi fino a 4 anni.
Fino ai primi dell’anno 2016 questa è la situazione sul numero dei pianeti extrasolari scoperti, ma il numero cambia in continuazione:
Pianeti confermati: 2085 pianeti in 1331 sistemi stellari (di cui 509 multipli).
Pianeti controversi e da confermare: 195 pianeti in 174 sistemi stellari (di cui 17 multipli).
Pianeti candidati della Missione Kepler: 3.538.
I dati, continuamente aggiornati sulla scoperta di nuovi mondi sono pubblicati sulla “Extrasolar Planets Encyclopaedia” in continuo aggiornamento.
(16 – continua)