Luigi Schettini, romano classe 1989, oltre a essere uno scrittore giallista, nella vita è anche un insegnante/coreografo hip-hop e attore. Grande cultore del cinema di Dario Argento e della letteratura horror e legal thriller di Stephen King e Patricia Cornwell, scrive storie da sempre e all’età di 17 anni dà vita al suo primo romanzo. Pubblica poi “I delitti del faro” (Edizioni Progetto Cultura) nel 2008 e “Giallo Zafferano” (Arduino Sacco Editore) nel 2011. Nel 2015 esce il suo terzo romanzo thriller, “Qui Giaccio”, per conto di Golem Edizioni (distribuzione Messaggerie Libri), impreziosito dalla prefazione di Asia Argento, opera che ha superato le selezioni per il programma Rai “Masterpiece”, dal quale è stato poi escluso poiché si richiedeva che l’autore fosse inedito. Lo stesso thriller ha ottenuto il Premio Speciale Emotion della Città di Cattolica, una menzione speciale al Premio Letterario Giallo Garda e si è classificato al primo posto su 114 partecipanti al concorso “Un Libro Per Il Cinema”. Nel 2016 esce infine “Archè”, sempre per Golem Edizioni, accompagnato da un’illustre prefazione di Daria Nicolodi.
Per meglio inquadrare l’opera di questo autore, vogliamo soffermarci proprio su queste sue due ultime fatiche, che non possono certo mancare nella vostra biblioteca personale… credeteci!
Cominciamo con QUI GIACCIO (204 pagine; 15 euro), che racconta la storia di Tom Sermon, famoso coroner di Winnipeg, che giunge a Roma con la sua famiglia, per godersi una breve e tranquilla vacanza. Non appena atterra in Italia però, viene raggiunto all’aeroporto dal commissario Giacomo Negri che gli propone di collaborare attivamente ad un caso molto particolare, verificatosi nel cimitero monumentale del Verano. Quell’apparente quiete iniziale non tarderà ad essere sconvolta: Tom si ritroverà immerso in un’indagine agghiacciante, che vede per protagonista un sadico serial killer che martirizza le proprie vittime, imbalsamandole vive, seguendo un atroce rituale, e recitando prima di ogni omicidio un canto di Nietzsche (Il Canto del Capraio), che inizia proprio con la frase “Qui giaccio…”. Un’avventura da brivido che fonda le sue radici nel passato, in un salto a ritroso nel tempo di circa vent’anni, quando un fatto di sangue innesca un inarrestabile spirito di vendetta. Si tratta della sfida più difficile che Sermon abbia mai accettato. Un viaggio contornato da morte, sospetti e paure, che obbliga tutti a guardarsi alle spalle ed a domandarsi chi sarà il prossimo a morire.
Il libro si avvale della prefazione di Asia Argento, che riportiamo in versione integrale:
“Qui Giaccio”… così esordisce Nietzsche in una sua lirica chiamata “Canto del Capraio”, un canto contenuto nella raccolta “Idilli di Messina”, del 1882.
Schettini se ne serve in modo agghiacciante: il sadico serial killer del suo romanzo è solito recitarlo prima di ogni imbalsamazione, quasi come un rituale.
Il romanzo possiede un ritmo incalzante sin dalle prime pagine e, grazie anche alla sua prosa piuttosto cinematografica, risulta fisiologica l’immedesimazione del lettore all’interno della vicenda stessa.
Particolare e d’effetto è la scelta di utilizzare un “io” narrante al tempo presente per le scene degli omicidi, rispetto alla narrazione in terza persona ed al passato che caratterizza il resto della storia.
La componente psicologica che fa da “colonna sonora” al romanzo è indiscutibilmente il panico, del quale Schettini sembra aver intrapreso un attento ed efficace studio durante la stesura, al fine di suscitarlo al meglio.
Balza all’occhio anche la sua cultura e passione per la letteratura ed il cinema di genere, che spazia dal giallo classico, al legal-thriller, passando per il noir fino ad arrivare all’horror: senza dubbio la sua scuola, propedeutica alla presa di coscienza della propria creatività innata.
Ci tengo a sottolineare la mia grande stima nei confronti di Luigi, perché è un multi-talented artist che, oltre alla scrittura, si dedica con passione anche alla danza hip-hop, insegnandola a giovani e bambini.
Il suo viso, fortemente cinematografico, mi ha spinta a “strapparlo” alla letteratura, offrendogli di fare un cameo nel mio ultimo film “Incompresa”, e battezzandolo dunque al grande schermo.
E passiamo ora ad ARCHÈ (219 pagine; 16 euro), al momento ultimo romanzo pubblicato da Schettini., che ci propone un’altra avventura di Tom Sermon, stavolta ambientata nella sua città.
La vita tranquilla di Winnipeg viene sconvolta da un brutale omicidio, apparentemente inspiegabile, che vede come vittima una famosa pittrice appartenente a un ristretto “Circolo di artisti” che si è appena sciolto. Tom Sermon, coroner della contea, si trova a indagare sul caso aiutato da Bernie, un amico ritrovato, e da Maria, una cugina che non sapeva di avere. Dovrà però fare i conti non solo con la brutalità dell’omicida, che colpirà nuovamente, ma anche con il nuovo ministro della Giustizia che cercherà in ogni modo di intralciare il suo lavoro e minare la sua credibilità. E dovrà capire in quale modo possano influire sugli avvenimenti quattro filosofi presocratici che pongono al centro di ogni cosa l’Archè.
Anche stavolta Schettini ci propone un grande nome per la prefazione a questo libro, quello di Daria Nicolodi… leggiamo le sue parole.
“Archè” significa “principio”: partiamo proprio da qui, dunque.
Alcuni pensatori presocratici della cosiddetta scuola di Mileto (parliamo del VI secolo a. C., periodo frustrato da grandi incertezze, riguardanti in particolare l’ambito governativo), ricercavano punti fermi a cui aggrapparsi, elementi che dessero una motivazione e, al contempo, una speranza alla propria esistenza.
L’origine delle cose, l’elemento primordiale, il principio e la fine di tutto: è questo l’oggetto della ricerca dei presocratici. È questo l’archè.
Il filosofo Talete riconosceva tale principio nell’elemento naturale dell’acqua, Anassimene nell’aria, Anassimandro nell’apéiron (una realtà infinita, indeterminata ed eterna), Eraclito, originario di Efeso e non di Mileto, nel fuoco.
Non è una lezione di filosofia quella che Luigi Schettini ha intenzione di intraprendere attraverso le pagine del suo romanzo. Reputo sia piuttosto una forma di omaggio nei confronti di un argomento di studio da cui è rimasto particolarmente colpito ai tempi del liceo. Difficile poi stabilire cause e concause dell’ispirazione di uno scrittore.
Trovo sia stata una scelta interessante ed intelligente quella di mitigare una storia come quella di Archè servendosi di elementi culturali, poiché le dona un’originalità pazzesca e la trasporta ad un livello letterario molto elevato.
Non è la prima volta che Schettini si diletta a prendere in prestito inserti culturali per adornare i propri romanzi. Ho avuto modo di apprezzare il suo “Qui giaccio”, nel quale uno spietato assassino si serve dei versi di un poema di Nietzsche per firmare i propri omicidi.
Lo stile di ARCHÈ è fluido e la trama è originale ed appassionante. Ci si ritrova immersi in un’indagine losca e sanguinaria, e si cammina di pari passo col protagonista, il coroner Tom Sermon. Il lettore gli fa da spalla, indaga insieme a lui. Avverte tutti i suoni, i colori e gli odori del Canada, in cui la vicenda è ambientata. Si trema, si urla, si fugge insieme agli altri personaggi, che sono tanti essendo un romanzo corale, anche se nessuno di loro è li per caso, nessuno è inutile né superfluo. Occupano tutti un determinato posto in quell’immenso arazzo. Ci si sente anche un po’ colpevoli quando si pianifica il prossimo omicidio attraverso gli occhi e la mente del serial killer.
Luigi Schettini sa come depistare e come creare la giusta atmosfera di panico. Dal suo stile narrativo trasuda la sua passione per i thriller all’americana, per l’horror letterario e non solo. E’ evidente, inoltre, il suo pallino nei confronti del mondo “argentiano”, che io, ovviamente, conosco par cœur, avendo recitato in sei film di Argento, avendo scritto Suspiria ed Inferno e ideato le musiche di Profondo Rosso.
Pochi esseri umani possiedono le qualità e le capacità di Luigi.
Apprezzo il suo essere scrittore e nello stesso tempo attore e ballerino formidabile.
Lo stimo, non solo perché siamo amici. He’s truely stunning!
Per saperne di più potete dare un’occhiata al sito di Luigi, mentre a noi non resta che augurarvi buona lettura.