The seventh Victim di Robert Sheckley fu pubblicato per la prima volta nel numero di aprile 1953 della rivista “Galaxy”, e sarebbe presto diventato un classico, continuamente riproposto nelle antologie, su tutte il primo volume di Le meraviglie del possibile, storica antologia di Einaudi del 1959.
Sheckley propone una società futura che ha bandito le guerre per paura di una catastrofe nucleare, ma che ha così sublimato gli istinti violenti nella Caccia, una gara in cui un Cacciatore individua e insegue una Vittima assegnatagli dall’Ufficio della Catarsi Emotiva. Chi dei due sopravvive allo scontro cambierà ruolo nel duello successivo. Scopo finale è sopravvivere a dieci gare come Vittima e altrettante come Cacciatore, ed entrare così nel Decaclub. Il protagonista è Frelaine, un pubblicitario specializzato in articoli per la Caccia, come armi e giubbotti anti-proiettili, al suo settimo turno come Cacciatore. Gli viene affidata come settima Vittima Janet Pratzig, una delle poche donne a praticare questo sport. Frelaine conosce e frequenta Janet per studiarla prima di ucciderla, ma purtroppo per lui se ne innamora…
Sheckley scrive una short-story fulminante per ironia e tratteggio caratteriale, ma anche per la sagacia con cui costruisce una società alternativa, ma che in realtà adombra caratteri già tipici della società americana anni ’50, come l’invadenza della pubblicità. Non c’è l’eguaglianza sessuale in quest’America futuribile, a giudicare dalla sorpresa di Frelaine nel dover fronteggiare una donna, e non è chiaro se l’autore satireggi contro l’innata tendenza maschile a sottovalutare le donne o contro le nascenti lotte femministe. O contro entrambe.
A metà degli anni ’60 il produttore americano Joseph E. Levine commissionò al produttore italiano Carlo Ponti un film di fantascienza. Ponti, che odiava la sf, lo affidò a Elio Petri, regista invece appassionato del genere, che a sua volta propose appunto un soggetto tratto dal racconto di Robert Sheckley. Il titolo fu cambiato in La decima vittima per non confonderlo con The seventh victim, un film horror del 1943.
L’azione del film fu portata nella Roma di un imprecisato futuro, interpretata da due divi allora sulla cresta dell’onda: Marcello Mastroianni e Ursula Andress.
Petri italianizzò la trama, la infarcì di intenti satirici sull’Italia di allora (non c’è il divorzio nell’Italia del film, così come non c’era nell’Italia reale), ma riuscì anche a fare una satira profetica sull’invadenza della tv nell’Italia del futuro, anticipando persino i reality show (“A Milano stanno preparando qualcosa di simile”, dice l’amico del protagonista).
Infatti, se nel racconto la televisione è assente, nel film riprende in diretta le fasi della Caccia.
Petri inverte i sessi dei due protagonisti: il Cacciatore Frelaine diventa la Cacciatrice Caroline Meredith, e la Vittima Janet Pratzig diventa Marcello Poletti, indolente romano ossessionato dall’ex-moglie Olga (Elsa Martinelli), da cui non riesce a liberarsi nonostante il loro matrimonio sia stato annullato dalla Sacra Rota.
Tutto il film comunque è condito con lo spirito grottesco, l’estro visivo e la cultura pittorica tipiche del regista (le scenografie traboccano dell’avanguardia dell’epoca).
Gli scontri fra Petri e Ponti, che riteneva troppo costose le sue richieste artistiche, segnarono tutto il film. Andress racconta che Petri voleva un finale dove i due protagonisti vivono in Africa come Adamo ed Eva, ma Ponti non voleva pagare una simile trasferta e gli impose così un finale che in effetti risulta goffo e appiccicaticcio (“pagliaccesco”, lo definì Petri), mentre Elsa Martinelli racconta che Ponti tagliò al montaggio le scene migliori.
Sul versante della musica vale la pena ricordare la presenza di Mina, la cui voce accompagna l’orecchiabile tema di Piero Piccioni con una serie di vocalizzi e, nei titoli di coda, cantando un testo decisamente demenziale.
Robert Sheckley non si limitò a scrivere il racconto originale, ma anche la “novelisation” del film, vale a dire un romanzo tratto dalla sceneggiatura, e che ha lo stesso titolo americano del film: The 10th Victim. Questa pratica, abituale a Hollywood, di solito produce delle pedisseque ricalcature del film. Non questa volta.
Sheckley riprende i personaggi e buona parte degli episodi del film (quindi accetta la riscrittura di un suo materiale fatta da altri) ma li reinventa con estro e intelligenza, con lo spirito surreale e sarcastico che gli è proprio. In un certo senso reamericanizza quel che Petri italianizza, riportando il libro su tematiche a lui vicine, ma lo fa con grande perizia narrativa e stile personale. Così cancella o quasi la polemica sul divorzio e sul matrimonio (incomprensibile per un americano dell’epoca, probabilmente), ma insiste sui meccanismi economici e pubblicitari della televisione: tematica questa centrale anche nel film, ma con una precisione anche maggiore sui suoi meccanismi economici e pubblicitari. In altre parole, se Petri analizza la televisione dall’esterno, analizzando i suoi effetti sulla società e sui rapporti personali, Sheckley lo fa guardandola dall’interno. Lo si vede nei personaggi dei dirigenti televisivi, Chet e Cole, poco più che figuranti nel film, gustosi personaggi comici nel libro, vittime tanto di Fortinbras, lo spietato propietario del network UUU, quanto dei loro stessi ridicoli intrighi carrieristici.
Un altro esempio della reinvenzione di Sheckley lo si vede nel prologo newyorkese, famoso per il reggiseno-pistola di Ursula Andress. Nel film inizia in un cantiere edile (in realtà si tratta del cantiere nientemeno che del World Trade Center) e si conclude in un club sado-maso. Nel libro Sheckley lo ambienta in una mostra di arte moderna, e riesce magistralmente a combinare suspense, azione e una godibile satira sull’intellettualismo che circonda l’arte contemporanea.
Il romanzo The 10th victim è inedito in Italia. Cosa inspiegabile, se si considera la fama di cui lo scrittore gode anche in Italia, ma assolutamente incomprensibile trattandosi della “novelisation” di un famoso film italiano!