Georges Langelaan è uno scrittore e giornalista francese, vissuto tra il 1908 e il 1972. Agente dei servizi segreti inglesi nella Seconda Guerra Mondiale, scrisse in seguito quasi esclusivamente di spionaggio, sia come saggista che come romanziere. La mosca è il suo unico lavoro al di fuori di quel genere. Pubblicato originariamente in inglese su Playboy nel luglio 1957 con il titolo The fly e poi in francese con il titolo La mouche nell’antologia “Temps mort”, il racconto è famoso presso il grande pubblico soprattutto per i suoi due adattamenti cinematografici: L’esperimento del dr. K (“The fly”, 1958) di Kurt Neumann e La mosca (“The fly”, 1986) di David Cronenberg.
Il racconto inizia con una filippica del protagonista e io narrante contro il telefono, visto come il grande nemico della privacy perché ci rende sempre e ovunque reperibili. Considerato che siamo negli anni ’50, chissà cosa direbbe oggi dei telefoni cellulari o dei social network!
Il protagonista è François Delambre, imprenditore che viene svegliato nel cuore della notte da una telefonata della cognata Hélène, che lo informa che ha appena ucciso suo marito André schiacciando la sua testa e il suo braccio destro in una pressa della fabbrica di proprietà di François, per cui lavorava André, scienziato e inventore. E di averlo fatto su richiesta dello stesso marito.
Questa prima parte è avvolta da un senso di mistero e smarrimento. François – e il lettore – apprende poco a poco le vicende dietro la morte del fratello, e Langelaan sa creare con sapienza il senso di incertezza e incredulità che lo avvolge mentre cerca di sfaldare il muro di silenzio e di omissioni dietro cui Hélène nasconde le ragioni di un gesto all’apparenza così folle. In questa fase il racconto si concentra soprattutto sul legame che si crea fra François e l’ispettore Charas, incaricato del caso, e non meno determinato a scoprire il vero movente della donna.
Risulta meno credibile l’apparente freddezza con cui François vive un lutto così tremendo e per giunta inspiegabile. Ma forse è una scelta funzionale alle intenzioni dell’autore, che intende concentrarsi più sulla suspense e sul mistero che sui sentimenti.
La seconda parte è costituita dal memoriale di Hélène, che la donna scrive dopo essersi fatta convincere dal cognato e dal poliziotto a rivelare la verità.
Il cambio di punto di vista implica un cambio di tono. Il memoriale comincia con un tono quasi da commedia hollywoodiana, descrivendo l’idillica vita familiare di André e Hélène e del loro figlioletto Henri.
Hélène aiuta il marito nei suoi esperimenti, miranti all’invenzione del teletrasporto, la capacità di spostare un oggetto o un essere vivente da un luogo a un altro tramite la disintegrazione delle cellule del suo corpo e la loro reintegrazione in un altro posto. Dopo alcuni fallimenti il tentativo riesce, ma quando lo scienziato usa se stesso come cavia una semplice distrazione ha effetti spaventosi sul suo corpo.
Anche in questa seconda parte Langelaan si rivela un abile manipolatore di atmosfere. Durante la sua narrazione Hélène passa dall’entusiasmo e dall’ammirazione per il marito a un senso di inquietudine di fronte al comportamento del marito, che di colpo si rinchiude in laboratorio per non farsi vedere, al disorientamento per le sue strani richieste (le chiede di cercare una mosca dalla testa bianca). Attraverso segni progressivi e all’inizio inspiegabili il racconto porta il lettore verso un’atmosfera sempre più sinistra, fino a uno svelamento che resta impresso per il suo senso di autentico orrore.
La fine del memoriale ci riporta all’ottica di François. Il tentativo di tornare a una vita normale è all’insegna di un gelido distacco, come se il protagonista cercasse di negare a se stesso l’enormità e le implicazioni delle vicende che hanno sconvolto la sua famiglia. In questo senso l’epilogo – la seconda morte di André – arriva come un colpo di scena di fulminante ma raggelante ironia.
Una curiosità. Langelaan scrisse il racconto in due lingue, ma stranamente l’edizione inglese è ambientata in Francia e dà ai personaggi dei nomi francesi, mentre quella francese usa nomi anglosassoni, e un’ambientazione inglese. Così nella versione francese François, André, Hélène e Henri Delambre si chiamano rispettivamente Arthur, Robert, Anne e Harry Browning, mentre Charas diventa Twinker.