8.
L’ALBA
1.
Ad ogni passo, Sandro si aspettava che qualche zombi sbucasse da dietro le case. Si aspettava di sentire i loro mugugni, i loro risucchi obbrobriosi; ma un silenzio eterno era piombato giù dal cielo assieme alla luce rosso-arancio.
Anche Piero camminava spedito, con la cintura d’esplosivo ben stretta a tracolla.
Arrivarono ai margini del paese, incolumi. Le case si esaurirono.
Videro le figure allampate dei morti muoversi nei prati smeraldini. Avevano invaso anche la strada comunale.
- Ci sorvegliano.
- Perché?
- Non vogliono che scappiamo.
Immediatamente una ventina di zombi scesero verso di loro.
- Di là.
Il lottatore indicò la chiesa di mattoni ai margini di un boschetto d’ontani. L’edificio era racchiuso nel recinto perimetrale di un piccolo cimitero. Decine di tombe erano state aperte, violate. C’erano mucchi di terra ai lati delle fosse. Le buche erano irregolari e frastagliate come se qualcuno avesse scavato senza attrezzi. Con le mani. Le bare estirpate dal terreno giacevano a pochi metri. Avevano i coperchi spaccati ed erano tutte vuote. Non c’erano cadaveri, né mucchi d’ossa.
Mentre attraversavano il cimitero, dagli altoparlanti della torre campanaria uscì una musica. La melodia si spalmò nell’aria, planando sulle tombe.
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Is in the air for you and me
Il lottatore e il ragazzo si immobilizzarono esterefatti.
Dietro di loro gli zombi aumentavano di numero.
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Vincendo lo stupore, il ragazzo e il lottatore raggiunsero le arcate del portale. Una delle porte laterali si aprì e una mano indicò loro d’entrare. Ubbidirono.
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Tune in to the melody
2.
L’interno dell’edificio era a tre navate suddivise da colonne di arenaria doppiamente incorniciate da file di cocci disposti per taglio. Nella navata centrale, due file di panche di legno e un altare minimale, in marmo, con un crocefisso stilizzato sulla parete di fondo.
Il ragazzo e il lottatore catturarono la luce delle candele accese sulle candeliere. Poi sentirono la porticina richiudersi alle loro spalle.
Dall’ingresso stretto e umido, comparve un ragazzino dai capelli lunghi e arruffati, con una bocca larga come un otre e delle guance spruzzate di rosso. Il ragazzino indossava uno schott perfect nero style ’60 con sotto un golf rosso di mohair e dei pantaloni scozzesi. Impugnava una Matilda 9 mm con proiettili incendiari e stava su una sedia a rotelle. Teneva la pistola con entrambe le mani, pronto a far fuoco.
- Non fate barbatrucchi! Fate vedere le mani! – disse il ragazzino.
Piero e Sandro indietreggiarono verso le ultime panche. Un olezzo di morte li investì con violenza. I candelieri illuminarono meglio la navata centrale.
Alcuni zombi se ne stavano inginocchiati sulle panche. Sembrava stessero pregando. Uno dei morti, una ragazza con le guance percorse da una ragnatela di vene, si girò per scrutarli. Iniziò a ringhiare e una bava verde pisello le colò dalle labbra. Subito anche gli altri presero a dimenarsi.
- A cuccia, – il ragazzino agitò la Matilda verso le creature e quelle parvero rabbonirsi.
- Siete voi quelli di stanotte?
Sandro continuò a guardare i morti. Non capiva perché non si alzassero dalle panche.
- Abbiamo sentito degli spari e un fracasso d’inferno. C’era una macchina che s’è ribaltata. Abbiamo visto i fari ma avevamo paura ad uscire.
A parlare era stata una ragazzina dai capelli rossi, nascosta dietro l’altare. Anche lei era in sedia a rotelle e sorrideva. Indossava un impermeabile con il collo di finto leopardo e creepers di camoscio ai piedi. Era magra e armata di una magnum calibro 50 grossa quanto la sua testa.
- Penserete che siamo dei vigliacchi. Beh, ci avete azzeccato, – disse facendo scivolare le ruote verso di loro.
- Abbassa la pistola, Claudino.
- Incredibile, – balbettò Sandro ancora incredulo.
La ragazzina contrasse un attimo il viso.
- Ti riferisci al mio look?
Sandro scrollò la testa imbarazzato. Non capiva più nulla.
La ragazzina tornò a sorridere.
- Ehi, scherzavo, – indicò un punto verso una delle navate, – Franco puoi uscire, sono a posto.
Da dietro una colonna comparve un terzo adolescente. Pure lui in sedia a rotelle, con una maglietta di garza e una svastica blu e gialla sopra. Altri particolari: era obeso e calzava doctor martens neri con stringhe rosse. In grembo teneva una mitraglietta automatica con proiettili da 9 mm personalizzati.
Franco si avvicinò sbuffando sulle ruote della carrozzella. Alzava e abbassava le braccia come pistoni di un vecchio treno a vapore.
- Abbassa la pistola Claudino.
Accostato al portone, Claudio abbassò la Matilda e sputò per terra. Era visibilmente infastidito.
Dagli altoparlanti della torre, la canzone ricominciò da capo.
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Is in the air for you and me
- Vi hanno seguito? – domandò Claudio, accostandosi ad un foro circolare praticato nel portone.
- Figabestia! Guardali quei focomelici. Ce ne sono un fottio la fuori.
- L’importante è che non vi abbiano visto entrare. Sono come le pecore. Non fanno una cosa se prima non la fa un altro, – spiegò la ragazzina, infilandosi un paio di guanti di raso neri.
- Come siete arrivati qui dentro? – domandò Piero.
Claudio si staccò dall’occhiello e lo squadrò corrucciato.
- Come siete arrivati voi. Noi ci abitiamo in questo mortorio.
- Siete di Santagata?
La ragazzina indicò le panche.
- Si. Sedetevi, prego. Mi chiamo Margherita. Quello bisbetico è Claudino. E lui Franco.
Franco abbozzò un saluto col mento e ballonzolò sulla sedia a rotelle. Da sotto il culo tirò fuori una confezione di Bollicao.
- Io mi chiamo Piero, piacere. Lui è Sandro.
Sandro rimase fisso sui morti.
Perché li tenete qui? – chiese asciutto.
Margherita si portò la mano alla bocca e scoppiò a ridere.
- Oh, scusa. Quelli sono fedeli di padre Thomas. La signorina Clotilde. Leopoldo il fornaio. Una mia compagna di scuola e altri parrocchiani.
Gli zombi sulle panche rimasero tranquilli nella loro posizione genuflessa.
- Perché sono in ginocchio? – la voce di Sandro tremò appena.
- Li ha fissati padre Thomas con la sparachiodi. Diceva che potevano guarire. Bastava pregare. Ovviamente si sbagliava.
- Dov’è ora padre Thomas? – domandò il lottatore.
Margherita fece un vago gesto col braccio.
- Credo sia finito dentro le pance degli zombi.
Nel sentire la parola zombi, Sandro sobbalzò con le spalle e si guardò attorno.
- Il tuo amico sembra agitato. Peccato, è carino.
Margherita scoppiò in un’altra risatina ma senza la mano sulla bocca. Aveva una fila di denti bianchissimi e diritti. Poteva avere quindici o sedici anni e irradiava attorno a sé un senso di spensieratezza, d’allegria, come il riflesso brillante del vetro in piena luce.
Sandro, per nulla contagiato, la fulminò con un’occhiata.
Lei cercò di ricomporsi, si passò una mano sul viso pieno di efelidi.
- E’ stato padre Thomas a portarvi qui? – domandò ancora il lottatore.
- Ehi, basta con i quiz, – disse Claudio mettendo e togliendo l’occhio dallo spioncino.
Margherita agitò un’altra volta la mano nell’aria.
- Claudino, continua a sorvegliare e non interrompere. Scusatelo ma è incavolato con quei cosi. Gli hanno mangiato la sorellina.
- Com’è cominciata? – chiese Sandro, lamentoso.
- Non c’eravamo. Eravamo in gita con la parrocchia. Padre Thomas ci ha portato a Turku in Finlandia.
Lo sguardo di Margherita si illuminò.
- Là le mattine sono sempre fredde e limpide e non ci sono zanzare.
Piero e Sandro non risposero. Così Margherita continuò.
- Siamo tornati con gli altri ragazzi ieri pomeriggio. Ci aspettavamo un corteo di benvenuto.
- Io volevo solo mangiare, – disse Franco addentando il bollicao.
- Invece nisba! Ci siamo fermati col pulmino davanti alla chiesa. Mentre padre Thomas scaricava le valigie, quei cosi sono usciti dalle case. Ci hanno attaccato. Assomigliavano ai nostri genitori, ai nostri vicini, a degli amici, ma non erano loro. No. No.
Margherita si scompigliò il caschetto di capelli rossi.
- Uh, leggiamo parecchi fumetti. Abbiamo capito al volo.
Margherita si passò una mano sulla guancia e assunse un atteggiamento pensieroso.
- Tocca a voi.
- Siamo di Vercelli, – disse Piero.
- Ah.
- Sentite. Ci sono due nostri amici chiusi dentro all’emporio. Uno è ferito. Ci serve una macchina. Qui c’è un telefono funzionante? – tagliò Sandro.
- No. Né luce né telefoni, come nel medioevo, – ridacchiò Franco sputando pezzi di bollicao.
- Perché non vi hanno attaccato? – chiese Piero.
Claudio si staccò dallo spioncino.
- Te l’ha già detto. Sono stupidi come delle capre.
Margherita annuì compiaciuta.
- Esatto.
- Ma ci hanno visto entrare, – borbottò Sandro.
- Non portare sfiga, – l’apostrofò Claudio.
Franco mangiò un altro bollicao.
Margherita indicò la maschera che Piero stringeva nel pugno.
- Che cos’è?
- Una maschera.
- Posso vederla?
- Certo.
Margherita prese la maschera e se la posò in grembo. La contemplò in silenzio.
- Sentite, quei focozombi là fuori si avvicinano. Meglio buttare fuori questi due prima che si metta male, – disse Claudio.
Sandro scattò contro il paraplegico. Piero si frappose tra i due.
Claudio mollò la sicura della Matilda 9 mm.
- Avvicinati e ti riduco in polvere, stronzo.
Sandro roteò gli occhi e soffiò la rabbia fuori dalla bocca.
- Vaffanculo.
Margherita alzò gli occhi dalla maschera. Sembrava non essersi accorta di nulla.
- Le maschere sono frammenti di sole che illustrano la costruzione di un mondo, – recitò pensierosa.
Claudio abbassò la canna della Matilda.
Sandro crollò esausto su una panca.
Franco masticò il bollicao.
Margherita portò la mano alla bocca. Altro risolino.
- Lo diceva qualcuno sull’antologia di letteratura, boh? – e passò la maschera al lottatore.
- Dove avete preso tutte queste armi, – le domandò quello.
- Le ha trovate padre Thomas. Era uscito per cercare aiuto. E’ tornato con le armi. Ha detto di averle prese a dei militari morti o qualcosa del genere.
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Sandro si tappò le orecchie.
- Perché non smette? – gridò.
- Abbiamo collegato gli altoparlanti con lo stereo nella sagrestia. E’ un vecchio vinile di padre Thomas.
Claudio ammiccò soddisfatto.
- Se proprio dobbiamo morire, voglio farlo con il disco più bello del mondo.
Franco si pulì la bocca dalle briciole del bollicao e si agitò sulla carrozzella. Afferrò un microfono immaginario e iniziò a cantare.
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Il viso di Sandro si alterò in una smorfia.
- Cos’è questa scemenza delle carrozzelle? – chiese cattivo.
Franco e Claudio proseguirono nel canto, con movenze robotiche.
Margherita si aggiustò il collo di finto leopardo.
Un ombra di tristezza le passò sul viso.
- Avete presente lo speedway di Carpignano?
Piero fece di no con la testa.
- Claudino correva con una jawa usata del ’79 alimentata ad alcol metilico. Sulla speedway era un asso. Quattro giri. Un giro al minuto. Senza cambio, senza freni. 140 chilometri all’ora ed eri dentro una curva a 180°, il tutto su terra battuta. Frenavi solo in derapata, se ci riuscivi. Bastava un granello di traverso per finire in orbita.
Margherita fece una pausa. Dal cappotto tirò fuori un pacchetto di luky strike e ne accese una.
Gli occhi di Sandro dardeggiarono famelici.
Margherita gliene passò una.
- A Claudino è toccato quel granello. E’ sbalzato dalla moto e noi eravamo in tribuna davanti a lui. Ci è venuto addosso come un siluro.
Margherita aspirò una boccata di fumo.
Dietro di lei, uno zombi con la faccia raschiata, senza più pelle o fasce muscolari, cercò di alzarsi dalla panca. Fece tremare un’intera fila ma i chiodi piantati nei polsi e nelle caviglie tennero. Un altro zombi brunastro, con le unghie listate di nero, roteò gli occhi quasi bianchi e aprì la bocca. Vermi ciclamino gli scivolarono tra i denti.
Stettero un po’ in silenzio. Poi.
- Abbiamo catturato uno di quei militari, – disse Piero.
Margherita tornò allegra.
- Davvero? E dov’è’?
- Chiuso nello scantinato dell’emporio coi nostri amici.
- E’ pericoloso?
- L’abbiamo legato.
Claudio smise di cantare.
- Dovevate accopparlo.
- Ha detto che tutto questo rientra in una specie di esperimento. Credo centri il governo.
Margherita sollevò le spalle.
- Sta bene.
Franco tirò fuori un altro bollicao da sotto il culo e lanciò delle occhiate penetranti verso il lottatore.
- Governo un cazzo. Questa è opera degli alieni.
- Franco, ti prego, mangia e non ricominciare, – sospirò Margherita.
Claudio sghignazzò e controllò lo spioncino.
Franco spazzolò la maglietta di garza con la svastica gialla e blu.
- Il fatto che siano degli oggetti non identificati non significa che non esistano. Per loro questo è un mondo di barbari, roba da terzo mondo. Gli zombi fanno parte di una strategia per liberarci dal Virus del Capitale. Bombardano i cimiteri con dei raggi laser e portano in vita i cadaveri. E’ semplice: se non diventiamo comunisti ci radono al suolo.
Sandro finì la cicca e scoppiò a piangere.
Franco continuò imperterrito.
- Esistono mondi in cui sono state superate le miserie della terra. Lassù la povertà è già stata sconfitta. Nessuno è costretto a lavorare per vivere. Nessuno sta su una cazzo di carrozzella a quattordicianni, porcozio!
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- Ieri sera sono stato in un posto con altre persone che credevano negli ufo come te, – fece Piero, tranquillo.
- Certo. Il governo fa sempre più fatica a coprire la verità.
- Figabestia! – Claudio si girò verso di loro. La faccia tirata come un rullo di pasta sfoglia.
Margherità afferrò automaticamente la magnum calibro 50.
- Che succede?
- Sono spariti. Non li vedo più.
- Saranno morti, – Franco azzannò un altro bollicao.
- Non mi piace per un cazzo, – Claudio avvicinò l’occhio allo spioncino.
Un tubo di ferro del diametro di due centimetri gli entrò nell’orbita, uscendo dal cranio.
Margherita urlò.
Sandro urlò.
Franco urlò.
Piero s’infilò la maschera.
Da capo.
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3.
Il portale della chiesa venne giù di colpo, schiantandosi su quel che restava di Claudio e della sua carrozzella.
I morti ci camminarono sopra. Erano armati di piccozze, vanghe, coltelli, sbarre di ferro, pinze, eccetera, eccetera.
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Margherita sollevò la magnum calibro 50 con ambo le mani.
BUDDABUDDABUDDABUDDABUDDABUDDABUDDA!
Tre zombi esplosero in mille pazzi.
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Tune in to the melody
Franco sparò con la mitraglietta automatica.
BRAKABRAKABRAKABRAKABRAKA!
Piero tirò Sandro verso di sé.
Attraversarono la navata centrale. Dietro l’altare c’era una porticina socchiusa con una scala a chiocciola che saliva.
Sandro corse su per la scala.
Il lottatore lanciò un ultimo sguardo alla chiesa.
Franco era caduto dalla carrozzella. Aveva finito i colpi.
Gli zombi si accalcarono su di lui.
Il ragazzino roteava gli occhi impazzito.
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Fur dich und mich in all entsteht
Gli zombi sulle panche si strapparono braccia, mani, caviglie pur di liberarsi dai chiodi. Non mostrarono alcun dolore. Dalle ferite non uscì sangue.
Lenti, rigidi, misero all’angolo Margherita.
La ragazzina scagliò con precisione la magnum calibro 50 sulla faccia di un morto, fracassandolo.
Piero la vide frugarsi sotto al cappotto.
Aveva un’altra pistola. Una bodeo.
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Strahlt wellen zum emplangsgerat
Margherita appoggiò la bodeo sotto al mento.
Chiuse gli occhi.
I morti digrignarono.
Piero non volle guardare. Corse su per la scala.
I rumori apocalittici degli zombi coprirono ogni cosa.
Anche lo sparo.
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Fur dich und mich in all entsteht
4.
Capitò tutto così in fretta.
Sandro e il lottatore salirono la scala a chiocciola fino in cima al campanile. Si ritrovarono in una piattaforma circolare. Sopra di loro la bocca della campana. Sotto di loro, una decina di metri dal tetto della chiesa e nessuna via d’uscita.
Sandro sospirò esausto. La disperazione lo riafferrò per la collottola.
Nuvoloni neri gli scesero nel petto, strizzando il cuore una volta di troppo.
Sentirono dei passi pesanti rimbombare nelle scale.
Piero cercò un’arma, ma la piattaforma era senza uno spillo. Allora sfilò la cintura dell’esplosivo dalla tracolla, pronto ad usarla come frusta.
Sulle scale, gli zombi brontolarono imbizzarriti. Avevano già divorato quel che restava dei tre paraplegici.
Sandro serrò i pugni. Voleva solo che quell’orrore finisse. In qualunque modo, ma che finisse. Non voleva più scappare. Non voleva più sopravvivere, volare via. Voleva solo un po’ di silenzio. Chiudere gli occhi e scivolare in una acquiescenza lattiginosa. Chiudere gli occhi e liberarsi da tutte quelle immagini. Non pensare a niente. Non essere più niente.
Uno zombi balzò sulla piattaforma. Aveva la testa scura e gonfia.
Piero lo colpì con la cintura, ricacciandolo indietro.
Altri, dietro di lui, protesero le braccia verso di loro.
Piero mulinò la cintura ma quelli aumentarono.
Una morta senza pelle, scuoiata, addentò un polpaccio del lottatore.
Piero le schiacciò il cranio sotto il tacco degli stivaletti.
La testa si aprì come un’anguria, liberando i gas interni.
Sandro indietreggiò verso il parapetto. Non guardò sotto.
Sapeva che non esistevano trampoli abbastanza grandi.
Non potevano esistere. Non più.
- Salta, – urlò il lottatore mentre i morti gli strappavano la maschera dal viso.
Ai suoi piedi, altri zombi gli graffiavano le gambe, lacerando il body giallo.
- Salta, – urlò mentre uno zombi gli toglieva la cintura d’esplosivo.
- SALTA! SALTA! SALTA !
Sandro scrutò per l’ultima volta il viso indecifrabile del lottatore.
Non c’era traccia di sofferenza, dolore, tristezza. Solo uno stupore involontario.
Poi i morti lo trascinarono sulle scale, sommergendolo.
- SALTA!
Uno zombi in mutande bianche, calze nere e magliettina della salute color champagne, scavalcò il mucchio. Aveva un’estremità della cintura d’esplosivo tra i denti gialli. Cercava di masticarla. Il morto avanzò verso Sandro. Protese le mani fredde e secche come stringhe di cuoio.
Salta.
Sandro scavalcò il parapetto della piattaforma.
Non guardò sotto.
Salta.
Salta.
Falla finita.
Salta.
Le mani dello zombi gli carezzarono la nuca.
Scivolò in avanti.
Cadde.
Giù.
Dieci metri.
Pochi istanti.
Pochissimo dolore.
Picchiò sul tetto della chiesa e ruzzolò di lato, fino a precipitare per altri cinque metri sul retro dell’edificio. Atterrò sul principio del boschetto d’ontani. Atterrò di schiena. Il cuore si fermò un istante. Poi riprese a battere velocissimo. Così il male.
Intontito ascoltò il pulsare del proprio corpo.
Le gambe, inservibili, erano spalancate nell’erba come un compasso. La coscia sinistra era piegata ad arco. Il femore spezzato usciva di una spanna dalla carne.
Sandro provò a spostarsi di un millimetro. Fitte atroci lo attraversarono dalla pianta dei piedi alla radice dei capelli. Si morsicò la lingua e sboccò sangue. La vista si appannò ma rimase cosciente.
Sopra di lui, la torre brillò come un faro, s’infiammò ed esplose. Un fuoco color catrame lambì la chiesa. Le finestre ad arco scoppiarono liberando lingue di fuoco giallognole. Cumuli di macerie e pezzi di corpi caddero dappertutto. Un fumo denso ed acre ricoprì l’edificio. Alcuni zombi fecero in tempo a trascinarsi fuori dalla chiesa. Le fiamme li avevano ridotti ad un intreccio abbrustolito di fibre muscolari. Rattrappirono a terra, con le mani e le braccia flesse sotto al corpo. Bruciarono con facilità, riducendosi in cenere.
Supino, Sandro attese che qualche trave infuocata lo centrasse.
La fuliggine si posò sul suo viso, chiudendogli le palpebre.
Era capitato tutto così in fretta.
Nemmeno il tempo di un addio.
5.
Rinvenne.
Il Colonnello lo torreggiava identico a un pilastro di ghisa.
Aveva la solita fasciatura alla gamba e le mani chiazzate di rosso, per il resto era a posto.
Sandro sollevò appena la nuca. Non riusciva a muovere nessuna parte del corpo. Gambe e braccia erano andate. C’era solo il male cane a dirgli che era ancora vivo. Il male gli invadeva ogni centimetro di pelle.
Il Colonnello gli calcò lo stivale sulla coscia aperta. Sandro buttò fuori solo un rantolo da checca.
Il Colonnello aveva un coltello a serramanico. La lama saettò in fuori. Era lunga una decina di centimetri.
Il Colonnello sorrise. Delle fossette si aprirono sulle guance.
Dietro le sue spalle, le fiamme della chiesa si mescolavano alle luci variopinte del giorno e l’odore della carne bruciata ammorbava l’aria.
Il militare si chinò su di lui. Gli soffiò sul collo un respiro tiepido, sfregando la lama sulla carotide.
-Piscialetto.
Sandro si lasciò andare. Ebbe delle contrazioni involontarie ai muscoli dell’inguine. Si pisciò addosso una seconda volta. Un’ondata di calore.
Il Colonnello aspirò la paura del ragazzo.
- Piscialetto, – sibilò senza scostarsi.
Sandro mosse la mano sul petto del militare. Incontrò il calcio della broken butterfly infilata nei calzoni. Afferrò la pistola e sparò un colpo. Il proiettile attraversò il ventre dell’uomo e gli uscì da una natica.
Il Colonnello saltò indietro, urlando. Un pezzo di intestino gli sfuggì tra le dita e lo ricacciò dentro. Poi si cagò addosso. Avvertì delle vertigini e cadde a quattro zampe. Non ci vedeva più molto bene. Aveva un grosso buco nella pancia.
- Cazzo, mi hai sparato, – strillò in falsetto.
Sandro fece una risatina e non si mosse.
- Cazzo, figlio di puttana, – il Colonnello cercò di trattenere le interiora. Gli sfuggivano da tutte le parti e si ingarbugliavano. Fece per alzarsi e inciampò su una budella color ostrica. Vomitò sangue, perse l’equilibrio e stramazzò di faccia nell’erba.
Sandro torse a malapena il collo di lato per guardarlo morire, poi aspettò che toccasse a lui. Un torpore anestetizzante gli salì dalle gambe paralizzate. D’improvviso sentì sonno. Un sonno profondo come l’oceano.
- Allora è così, – pensò.
Diventare come i propri genitori non era davvero la cosa peggiore.
6.
Il terzo fratello giaceva nel buio dello scantinato. I nervi ottici gli uscivano dalle orbite come i filamenti delle meduse.
Il terzo fratello stava ai piedi del frigo ronzante. Coi talloni poteva toccare i corpi inanimati dei due dark.
Sentì uno scoppio sconquassare le pareti attorno a lui. Allora si ricordò dell’esplosivo. Si tastò il petto. Le due cinture erano ancora al loro posto. Mormorò sollevato. Strinse le dita attorno al calcio liscio della 9 mm. Premette l’arma sul petto, in corrispondenza delle cinture.
- Ancora una pallottola. Ancora una, – pensò.
C’era.
7.
- Capo, qui ce n’è uno ancora vivo.
Sandro schiuse le palpebre incrostate di sangue.
Degli uomini vestiti di nero, con occhiali scuri e auricolari all’orecchio.
Gli uomini avevano delle facce lisce e sembravano statue. (Ogni tanto torcevano il busto e sparavano a qualche zombi nei paraggi).
Sandro tossì. Si sentiva debole. Il sangue gli colava dalla bocca in continuazione.
Gli uomini in nero si scostarono e comparve un omino in doppiopetto blu con un rimasuglio di capelli tinti ai lati delle orecchie.
A Sandro ricordava un venditore di aspirapolveri. La faccia dell’omino era famigliare. Gli sembrava di averlo già visto da qualche parte.
L’omino si avvicinò con un ghigno lupesco.
Vicino, la chiesa continuava ad ardere allegramente.
L’elicottero era riuscito ad atterrare poco lontano da lì.
Da qualche parte oltre le colonne di fumo nero e acre, arrivavano gli echi di alcune sirene.
- Arrivano, – disse uno degli uomini.
L’omino non rispose. Nell’osservare Sandro, gli angoli della bocca si inclinarono all’ingiù. Sembrava dispiaciuto.
Sirene spiegate in avvicinamento.
- Signore…
L’omino tirò fuori un fazzoletto immacolato dalla tasca e pulì il viso di Sandro dalla fuliggine. Poi strizzò l’occhio.
- Niente di personale, ragazzo.
Fece un cenno ad uno degli uomini in nero. Questi appoggiò la canna di una Red 9 sulla fronte del ragazzo.
- Ci siamo, – pensò Sandro.
Un tuono soffocò il mondo.
Dal centro del paese partì uno scintillio tremendo.
Lo scoppio accese il cielo di rosso, facendolo assomigliare ad una grossa fornace.
Tremò la terra.
Gli uomini in nero vennero sollevati per aria. Scagliati lontano. Una buona parte delle case si sgretolò in un mulinello di legno, vetro e mattoni. Delle fiamme vennero giù dal cielo.
Sandro sentì l’aria bollente sferzare la sua faccia.
Al primo botto ne seguirono altri a catena e altro rosso incandescente accese il cielo. Enormi pezzi di lamiera si conficcarono nel terreno nel raggio di un miglio. Gli uomini in nero gridarono confusi. Molti di loro avevano perso gli occhiali e tenevano gli occhi chiusi per l’insopportabile riverbero di luce. Altri incespicavano nel campo, trafitti dalle schegge nell’aria. Uno degli uomini venne schiacciato dai resti carbonizzati di una Peugeout 205. Qualcuno cercò di raggiungere l’elicottero.
Sandro provò a puntare i gomiti delle braccia e strisciare all’indietro, ma un’altra frustata di dolore lo paralizzò. Sentiva la pelle della faccia e delle braccia piena di bruciature. Anche la maglietta e i jeans erano anneriti da brandelli di carne fumante. Cercò di trattenere il fiato. La nube oleosa delle esplosioni lo ingoiò, soffocandolo. Anidride carbonica e polvere gli intasarono le narici.
Da qualche parte oltre quell’inferno, sentì il rumore dell’elicottero.
Altre folate d’aria bollente. Per un attimo, il fumo si aprì in due.
Sandro ingoiò l’ossigeno rimasto.
Vide l’elicottero ascendere in verticale, superare i pilastri di fuoco e imbucarsi nelle nuvole.
Poi il fumo lo travolse.
Gli echi delle sirene divennero fortissimi.
(8 – continua)