È UN UCCELLO? È UN AEREO? NO! È UN ULTRACORPO! (1978) – PARTE 04
BATTAGLIE NELLA GALASSIA (Battlestar Galactica)
Pilot di una serie televisiva molto spettacolare appare sugli schermi del nostro paese questo film della cui serie parleremo nella apposita appendice. Comunque sia noi raccontiamo brevemente la trama di questo pilot interpretato, tra gli altri, da Lorne (Bonanza) Greene (1915 – 1987) nel ruolo del comandante Adama, che si avvale di una trama di partenza molto suggestiva.
Voce fuori campo: “Alcuni ritengono che la vita, prima che sulla Terra, sia cominciata altrove, lontano nell’universo, con comunità umane che possono essere state le progenitrici degli Egizi, o dei Tolztechi, o dei Maya, gli architetti delle grandi piramidi, o delle civiltà perdute di Lemuria o di Atlantide…
C’è chi ritiene che possano esistere fratelli dell’uomo che ancora adesso lottano per sopravvivere… lontano… molto lontano… in altre galassie…”
Il popolo umano delle dodici colonie è in festa. La guerra contro i Cylon, diaboliche macchine comandate da un popolo rettiliforme, sta per finire, è stata chiesta la pace. Solo il comandante Adama, membro del consiglio dei dodici e comandante della gigantesca nave da battaglia “Galactica”, dubita delle buone intenzioni dei Cylon… e ha ragione: proditoriamente e vigliaccamente i Cylon attaccano la flotta e le dodici colonie distruggendole, solo la Galactica si salva e Adama ordina ai superstiti di raggiungere con qualunque mezzo o nave possibile la grande nave da battaglia.
Voce fuori campo: “E il nostro messaggio raggiunse ogni sperduto avamposto dell’umanità… ed essi vennero… Da Ariete, dai Gemelli, dalla Vergine, da Scorpione, dai Pesci, dal Sagittario… Erano duecentoventi navi rappresentanti ogni colonia di ogni colore e religione del Sistema Stellare.”
Una importante riunione sta avvenendo sul Galactica.
Adama: “Siamo qui riuniti quali rappresentanti di tutte le navi della nostra flotta per rispondere ad una sola domanda: dove andiamo? La nostra storia ci dice che noi discendiamo da una civiltà madre, una razza che arrivò nello spazio per crearvi delle colonie, quelli di noi che sono qui riuniti rappresentano le sole colonie sopravvissute che si conoscano, tranne una. Una colonia sorella lontana nell’universo che ci viene ricordata attraverso le Antiche Scritture. È mia intenzione cercare quella dimenticata colonia, quell’ultimo avamposto di umanità di tutto l’universo!”
Selina (Jane Seymour): “Comandante Adama! Quest’altra colonia, quest’altro mondo, dov’è? Come si chiama?”
Adama: “Vorrei poterti dire che so esattamente dov’è ma non posso. Tuttavia so per certo che si trova al di là del nostro sistema stellare, in una galassia molto simile alla nostra. Su un pianeta che si chiama… Terra.”
Il viaggio si presenta, fin dall’inizio, lungo e pericoloso, anche perché i Cylon, grazie anche a un traditore umano, hanno scoperto l’esistenza della carovana stellare. Ma ogni difficoltà viene risolta e appianata, fino alla prossima volta…
Voce fuori campo: “Sfuggita alla tirannia di Cylon, l’ultima base stellare Galactica guida ciò che rimane di una grande flotta alla ricerca di uno splendente pianeta chiamato… Terra.”
La costruzione del ponte della Galactica fu una vera e propria scommessa: tutti si aspettavano che costruire uno scenario con un ponte semplice, ma convincente, fosse una cosa relativamente facile, ma la Galactica ebbe il ponte più complicato e più intricato della storia delle astronavi. Jack Chilberg aveva disegnato un ponte semplice, senza troppe pretese in modo però da rispondere ai requisiti richiesti dalla produzione; ma non era pienamente soddisfatto: i set di SF fino ad allora costruiti erano troppo inverosimili, pieni di inutili pulsanti e luci che si accendevano in sincrono, no! Ci voleva qualcosa di diverso: la Galactica doveva essere una nave capace di fronteggiare qualsiasi esigenza, quindi dotata di ogni tipo di strumentazione, con luci, colori, bottoni e pannelli diversi tra di loro; c’era però un piccolo problema, l’équipe di John Dykstra aveva appena terminato la miniatura dell’astronave e si sa, la forma segue la funzione. Di conseguenza la struttura interna della nave doveva assecondare alcune delle priorità esterne: l’interno doveva rispecchiare in pieno la forma esterna della nave, ragion per cui il ponte era vincolato a un aspetto massiccio, pesante, imponente e molto dettagliato. Emulare la forma del ponte dell’Enterprise era troppo pretenzioso, ma Chilberg utilizzò l’idea della sfericità: le mura interne furono disegnate ricurve, ma l’intera struttura assomiglia più ad un triangolone; inoltre quel tipo di architettura era ottimale per l’effetto massiccio, le sezioni sferiche, difatti, sono molto più resistenti, il peso della costruzione è meglio distribuito ed è molto meno reattivo alle sollecitazioni esterne ed alla pressurizzazione. Come lo stesso Chilberg fece notare, l’uovo è la forma architettonica più resistente in natura; pensate all’ovetto che le nostre mamme ci facevano bere da piccoli, con il cucchiaino battevano la parte superiore, rompendo così solo la punta… eseguendo la stessa operazione con un cubo o con una sfera dello stesso materiale, il risultato sarebbe completamente diverso: i punti di rottura sono diversi, quindi sbattendoci contro il cucchiaino sia il cubo che la sfera si romperebbero in modo irregolare.
Chilberg girò una sequenza di prova, introducendo un pannello in technicolor con moltissimi pulsanti, la cosa fu gradevole esteticamente e si decise di proseguire con quell’idea (tagliando la scena di prova); i pulsanti utilizzati nella scena di prova furono presi “in prestito” da una ditta di registratori di cassa… se l’operatore avesse zoomato sul pannello di controllo si sarebbero letti prezzi e nomi di svariati ortaggi e articoli per la casa.
Stevens, uno dei produttori, assecondò Chilberg in ogni sua idea, dal momento che Chilberg stesso aveva strutturato la Galactica in modo da sembrare vera. La finestra centrale (originariamente uno schermo lineare) fu sormontata da dei piloni, per rendere il tutto molto più verosimile: non era molto logico che una finestra così grande non avesse un sostegno adeguato; lo stesso valeva per le colonne poste all’interno della nave: va bene la struttura sferica, qualche colonna portante dove pure esserci. La prima di queste idee fu però bocciata dall’altro produttore, Glen Larson, che non voleva assolutamente rovinare l’effetto estetico del finestrone; mentre l’idea delle colonne fu approvata in pieno.
Per il ponte di comando fu scelto un colore grigiastro, simile al grigio militare, che esaltava notevolmente le facce e i costumi, senza parlare delle mille luci colorate dei pannelli; per la realizzazione della strumentazione del ponte fu interpellato Mickey Michaels che aveva già realizzato decine di decorazioni per fondali in aeroporti, Michaels contattò la Tektonix Inc., ordinando materiale di ogni genere… la Tektonix inizialmente rimase titubante, ma la pubblicità che ne sarebbe derivata, indusse i dirigenti ad accettare e fornire ogni sorta di strumento. E bisogna dire che ci riuscirono in pieno: tutto sembrava vero, era vero, i monitor (quelli verdi erano usati in genere per le compagnie aeree nazionali), le pulsantiere e tutte le apparecchiature presenti! Inoltre la Tektonix, fornitrice ufficiale NASA, mise a completa disposizione di Michaels tutti i tecnici disponibili, in modo che ogni singola apparecchiatura lavorasse come se fosse su di uno shuttle; e per la verità i monitor verdi stessi erano presenti sugli shuttle americani…
Le diatribe tra USA e URSS sono sempre state ben note a tutto il mondo e la televisione ha sempre avuto il ruolo di scacchiera; incredibile ma vero, l’ufficio stampa dell’Unione Sovietica dichiarò nel ottobre 1979 che telefilm come L’Uomo da sei milioni di dollari, Buck Rogers e Battlestar Galactica sono chiaramente responsabili dei sentimenti antisovietici negli Stati Uniti.
(4 – continua)