Hank Searls, nato nel 1922, è un ingegnere aeronautico la cui carriera di scrittore si può dividere in tre fasi. La prima, a cavallo fra gli anni ’50 e ’60, si può definire di “fanta-aeronautica”, nel senso che raccontavano storie incentrate su ipotetiche scoperte e invenzioni nel campo dell’aviazione. La seconda, della seconda metà degli anni ’60 è composta da thriller spionistici ambientati fra l’aviazione militare. La terza fase, iniziata negli anni ’70, si possono definire “avventure di mare”, storie di suspense e d’azione ambientate nell’oceano californiano.
Il suo unico romanzo pubblicato in Italia integralmente è la novelisation di Lo squalo 2 (molto migliore del film, tra l’altro) a cui va aggiunta la pubblicazione “condensata” di The big X del 1959 in un volume di Selezione del Reader’s Digest, nel lontano 1962.
The Pilgrim Project, pubblicato nel 1964 (inedito in Italia), è l’ultimo della prima serie e probabilmente il migliore.
Il romanzo si incentra su un autentico progetto di allunaggio, il progetto Pilgrim appunto, che fu proposto nel 1962 alla Nasa, benché mai realizzato nella realtà, in favore del programma Apollo.
Il protagonista è l’astronauta Steve Lawrence, unico membro civile dell’equipaggio dell’Apollo 3, la spedizione della NASA prevista per il primo viaggio umano sulla Luna. Un altro membro è il Colonnello, alto ufficiale dell’aviazione militare e migliore amico di Steve. Ma l’improvvisa notizia che i sovietici hanno accelerato il loro programma di allunaggio spinge il Presidente americano a bloccare l’Apollo 3 e a lanciare il progetto Pilgrim, che prevede un solo uomo sulla Luna, destinato ad attendere una seconda spedizione: un programma rischioso ma veloce. Il Colonnello è l’uomo designato per il Pilgrim, ma Steve viene scelto al suo posto, perché non è un militare, e quindi utile all’intento propagandistico di mostrare gli scopi pacifici del governo americano.
Il romanzo si incentra proprio sul personaggio di Steve Lawrence, a due livelli. Da una parte descrive i suoi rapporti con chi lo circonda: la moglie Marion, che sta uscendo dall’alcolismo, con il figlioletto Stevie, con il suo amico Rick che cerca di dissuaderlo dal partecipare a una missione così pericolosa, con l’ambiente politico. E soprattutto con il Colonnello, la cui amicizia è ora avvelenata dalla gelosia e dalla rabbia nate dalla sua esclusione dal progetto.
Dall’altro lato si concentra sullo scavo psicologico di Lawrence, sui suoi dubbi, sulle sue paure, ma anche sul suo spirito d’avventura.
Searls sa coinvolgere il lettore nel conflitto interiore dell’astronauta, fra il desiderio di essere il primo sulla Luna, la paura per i pericoli di un viaggio che lo vedrà a lungo solo e senza aiuti, in un ambiente ostile. Ma l’autore dà vita in maniera bruciante a un’altra paura ancor più forte: quella di vivere nel rimpianto di non aver provato.
L’aspetto patriottico non manca nel libro: “dobbiamo arrivare prima dei Sovietici” è un argomento che ha il suo peso, ma per fortuna non scade mai nella propaganda. E del resto anche nella realtà, il programma Apollo fu condizionato dalla rivalità fra le due superpotenze.
Searls era un ingegnere aeronautico e un pilota, si diceva, e la sua competenza si vede nei molti dettagli tecnici e scientifici che costellano il romanzo: quest’ultimo un tratto tipico di tutti i suoi romanzi, tra l’altro. Ma lo si vede anche nella caratterizzazione dei personaggi. Il Colonnello è presumibilmente basato sul colonnello Scott Carpenter, che fu aviatore di Marina e fece parte della missione Mercury nel 1962.
Steve Lawrence è un pilota civile ed è un reduce della guerra di Corea, particolari che lo accomunano a Neil Armstrong, l’astronauta che per primo mise piede sulla Luna. Se davvero Searls si fosse ispirato ad Armstrong nel modellare il protagonista di The Pilgrim Project…
A rischio di spoiler, va anche detto che alla fine del romanzo Lawrence scopre di non essere esattamente il primo uomo sulla Luna.