DAVIDE SCHITO E… LA LUNGA NOTTE DEL LADRO DI RICORDI

Scrittore a tutto tondo, che riesce a passare dal fantastico al reale e al tempo stesso a miscelare entrambe le cose con sapiente abilità, Davide Schito torna sulle nostre pagine per raccontarci le ultime novità che lo riguardano.

CIAO DAVIDE, RIECCOTI SULLE PAGINE DELLA ZONA MORTA, DOPO LA TUA PRECEDENTE ESPERIENZA CON “ORE NERE”. COSA E’ SUCCESSO DA ALLORA NEL CAMPO DELLA NARRATIVA?

Innanzitutto grazie per questa seconda intervista, mi fa molto piacere essere di nuovo qui, quasi 3 anni dopo “Ore Nere”. In questo tempo cos’è cambiato per me? Poco e tanto allo stesso tempo. Principalmente ho pubblicato altri racconti in altre antologie: di recente, oltre ad “Altrisogni”, penso soprattutto alla bella esperienza di “Dinosauria” – una raccolta di 6 racconti dedicata al mondo dei dinosauri, curata da Lorenzo Crescentini ed edita da Pendragon, nella quale è presente anche Yuri Abietti – e a “Trumped”, un’antologia edita da dbooks.it a cura di Luigi Lo Forti, nata un po’ per scherzo sulla scia dell’ipotesi “E se Trump vincesse le presidenziali americane?” e poi rivelatasi – ahimé – premonitrice in modo quasi inquietante.

COME E’ CAMBIATO IL TUO MODO DI SCRIVERE IN QUESTI ANNI?

Credo – e spero – si sia evoluto e sia maturato. Non solo per quanto riguarda lo stile, ma anche nella gestione della trama, dei dialoghi e del ritmo. Questo lo lascio giudicare ai lettori, però.

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO, COME DICEVI, SU “ALTRISOGNI – VOLUME 3” IL RACCONTO “LA LUNGA NOTTE DEL LADRO DI RICORDI”. CE NE VUOI PARLARE?

Questo racconto rappresenta un’incursione in un territorio da me poco esplorato, quello della letteratura puramente fantastica. In “Ore Nere”, che pure era un’antologia di stampo fantastico, il mio racconto si distingueva per essere il più “realistico” del libro. Lo stesso è accaduto di recente in “Dinosauria”: sono un po’ sempre “la pecora nera” delle raccolte fantastiche, insomma, con quella mia ossessione per la realtà. Con “La lunga notte del ladro di ricordi”, invece, ho lasciato andare tutti gli appigli con il reale e mi sono divertito a immaginare un mondo inspiegabilmente buio in cui non esistesse più alcuna legge fisica, senso, e soprattutto speranza. È un mondo, quello in cui vivono i protagonisti Nero e Karlos, nel quale però la luce che più manca non è quella del Sole, ma proprio quella interiore che guida le loro azioni. E allora loro brancolano, procedono a tentoni. Materialmente, ma anche e soprattutto moralmente. Un po’ quello che ognuno di noi fa nella vita di tutti i giorni, insomma.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

Per scrivere questo racconto ho cambiato completamente il mio usuale metodo di lavoro. Non ho pensato prima a una trama e un soggetto per poi svilupparli. Sono semplicemente partito da una situazione – il mondo privo di luce – e da un personaggio, un vagabondo senza memoria con il potere di leggere un solo ricordo di una persona a sua scelta, allo scoccare della mezzanotte. Dopodiché ho lasciato vagare l’immaginazione e mi sono immedesimato in questo personaggio, senza sapere dove mi avrebbe portato, prendendo in prestito lungo la strada elementi del teatro dell’assurdo beckettiano mescolati ad altri tipici della fantascienza e del fantasy. È stato un esperimento, insomma, e sono felice che sia piaciuto a Vito, perché quando gliel’ho inviato avevo in mente due possibili reazioni: quella che poi ha avuto e quella diametralmente opposta, in cui avrebbe preso il racconto e l’avrebbe cestinato senza pietà. Vie di mezzo non erano previste. È stato senz’altro il racconto meno pianificato che abbia mai scritto, il tutto è sgorgato fuori davvero in modo spontaneo e imprevedibile persino per me. Forse la parte più difficile è stata rendere sensata la totale mancanza di senso delle situazioni che i personaggi si trovano ad affrontare. Sì, ripensandoci è stata proprio questa la parte più difficile.

MOLTI TUOI RACCONTI SONO APPARSI PER DELOS, MILANO NERA, KDP, YOUCANPRINT E ALTRE CASE EDITRICI. QUAL E’ STATA LA PIU’ GRANDE SODDISFAZIONE CHE HAI OTTENUTO IN QUESTO CAMPO?

Ogni volta che un mio racconto viene scelto, e soprattutto ogni volta che qualcuno mi sceglie per partecipare a un progetto come questo in base a ciò che di me ha letto, per me è una grande soddisfazione. Ultimamente, per concentrarmi sui miei progetti di scrittura, ho ridotto molto le partecipazioni a raccolte e antologie, ma quando capitano, queste occasioni – proprio perché attentamente selezionate – sono sempre per me motivo di orgoglio. E mi piace pensare che la più grande soddisfazione sarà sempre la prossima.

FINORA TI SEI SEMPRE DEDICATO AI RACCONTI, HAI MAI PENSATO A UN ROMANZO?

Sì, naturalmente. Scrivere un romanzo – un buon romanzo – è però un compito impegnativo e finora mi sono trovato più a mio agio con la forma breve del racconto. Ci sto provando, ma non voglio dire altro per scaramanzia, perché mi è già capitato di iniziare qualcosa con tanto entusiasmo e poi non concludere. Quindi niente proclami. Ma l’idea del grande passo c’è, c’è sempre stata, inutile negarlo.

ULTIMA DOMANDA. COSA HA IN SERBO DAVIDE SCHITO PER IL PROSSIMO FUTURO?

Senz’altro un racconto lungo, nei prossimi mesi, per una casa editrice digitale. Un thriller. E poi spero sempre storie nuove. Che siano sotto forma di romanzi o racconti, fantastiche o reali, l’importante è continuare a raccontare nuove storie. È per questo che si scrive, no?

Davide Longoni