NEL BUCO NERO NESSUNO PUO’ SENTIRTI URLARE (1979) – PARTE 03
Cominciamo subito con il dire che Robert Altman non è nuovo al cinema di fantascienza.
Nato il 20 febbraio 1925 a Kansas City, nel Missouri, frequenta la facoltà d’ingegneria ma, nel 1943, è pilota d’aereo in Indocina e nel Borneo. Rientrato negli Stati Uniti egli si mette a scrivere per la radio e alcuni suoi soggetti sono in seguito acquistati dalla RKO e dalla United Artists. Grazie a un amico che gli consiglia di presentarsi come un regista professionista, Altman realizza dei documentari industriali. Esordisce nella regia nel 1955.
Le sue due pellicole a carattere fantascientifico, olte a Quintet di cui parleremo tra poco, non sono certamente tra le sue più famose, forse non all’altezza di M.A.S.H. o di Nashville, ma sono certamente degli esempi interessanti per la Science Fiction Cinema.
Per le ragioni già citate Anche gli Uccelli Uccidono, secondo il Farinotti e altri, è definito una commedia di Robert Altman e Conto alla Rovescia, è a volte definito “Avventura”, a volte “Drammatico” ma qualche volta riconosciuto come “Fantascienza” e sono gli altri due film di cui nella nostra “Storia” abbiamo già parlato.
Dei tre Quintet è forse l’opera più claustrofobica e disperata, mentre Anche gli Uccelli Uccidono, pur nel fantastico e onirico sogno, rappresenta in sè molti frammenti di generi cinematografici e Conto alla Rovescia assomiglia di più a una versione pionieristica di Uomini Veri o di Apollo 13. Quintet è invece fantascienza ambientata in un angosciante futuro. In un mondo in cui la Terra sta diventando un unico globo di ghiaccio. Volutamente il regista non ci spiega le cause di questo disastro ecologico. Forse un’improvvisa glaciazione, forse un inopinato spostamento dell’asse terrestre, forse la conseguenza di un disastro atomico, l’inquinamento. Non si sa e, francamente, non è importante. L’importante è sapere che nel mondo sopravvivono pochi sparuti superstiti, tutti dediti a un gioco chiamato “Quintet”. Le poche città rimaste sono divise per caste tra mendicanti, destinati a diventare cibo per i cani randagi, mercanti e giocatori. Ma che la vita sia nel deserto di neve che circonda la città o nella città stessa, essa è pur sempre sfuocata, come vista attraverso una lastra di ghiaccio. Un sistema di ripresa che il regista ha usato nelle inquadrature i cui bordi sono appunto resi come se noi osservassimo questi personaggi, vestiti come ai tempi dei Borgia, da dietro una grande, immensa, univoca lastra di eterno gelo. La pellicola è stata girata all’interno dei padiglioni abbandonati di “Expo 67″ a Montreal in inverno. Per questo fu idea di Altman fare del ghiaccio il protagonista di questo film.
Un futuro di ghiaccio, un mondo coperto di neve dove i pochi superstiti lottano contro il freddo e la fame. In questa coltre nevosa dove il vento sibila e il ghiaccio si assesta, si sposta, si spacca, vagano due figure: Essex, il cacciatore (Paul Newman, 1925 – 2008), e la sua donna, Vivia (Brigitte Fossey). I due avanzano verso una costruzione semisommersa dal ghiaccio e dalla neve passando davanti a dei cani che si stanno contendendo un corpo umano disteso inerte nel deserto bianco. Vivia alza gli occhi al cielo.
Vivia: “Essex! Guarda!”
In alto, nel cielo plumbeo, un grande uccello dispiega le larghe ali verso una meta lontana.
Vivia: “Che cos’è?”
Essex: “Mio Dio, vola verso Nord! Erano anni che non vedevo un’anitra, non sapevo che ne esistessero ancora.”
I due riprendono il cammino ed entrano in un pertugio della costruzione per passare la notte e proteggersi dal freddo.
Si sdraiano, debitamente coperti, l’uno accanto all’altro.
Vivia: “Ce la faremo ad arrivare alla città?”
Essex: “Se i cani sono arrivati fin qui forse la città non c’è.”
Vivia: “(ride) Sei buffo.”
Essex: “Cosa?”
Vivia: “Mi hai sempre detto che lasciasti la città perchè non aveva più nulla da darti e adesso ci sei tornato. Non trovi che è buffo?”
Essex: “No.”
La ragazza lo scuote dispettosamente.
Vivia: “Raccontami della tua città.”
Essex: “Te l’ho raccontato.”
Vivia: “Ancora.”
Essex: “C’erano venticinque livelli, cinque settori. Nel centro c’era un parco con un lago e ricordo anche gli alberi…”
Lui la chiama ma Vivia si è già addormentata, come una bambina, con il dito in bocca.
Siamo all’interno della città. Come abbiamo detto il regista ha filmato le scene degli interni mantenendo un alone sfuocato nei bordi dello schermo, per simulare il freddo che è sempre presente anche in stanze dove il fuoco è acceso. Le scene sono state girate spesso in ambienti volutamente raffreddati per poter mostrare la condensa del fiato. Appaiono i titoli.
La Città. Settore 1 – Il vecchio Casinò. Il fuoco è acceso ma la temperatura è comunque bassa nella stanza dove si sta giocando a Quintet, un gioco da tavolo sul quale è disegnato un Pentagono ed ogni giocatore possiede tre pezzi. Devono essere lanciati dei dadi. Non si sa molto di più su questo gioco, tranne qualche termine come “Limbo”, “Uccisione” o “Barriera”. Il regista non ha volutamente spiegarci molto di più non ritenendo la cosa importante ai fini della storia.
Grigor (Fernando Rey, 1917 – 1994), il Giudice, sta facendo un giro tra alcuni giocatori distribuendo loro delle pergamene. Una viene consegnata a Redstone (Craig Richard Nelson) e una a San Cristopher (Vittorio Gassman, 1922 – 2000).
Cristopher: “Ago gratia.”
Un’altra a Francha (Tom Hill, 1927 – 2009), ancora una a Deuca (Nina van Pallandt)…
Deuca: “Così presto?”
Grigor sorride e annuisce e poi porge un’altra pergamena a Goldstar (David Langton, 1912 – 1994) e l’ultima ad Ambrosia (Bibi Andersson) la quale sta giocando al tavolo ed esulta felice per aver fatto “Quintet”.
Essex e Vivia sono arrivati nei pressi della Città, un insieme di rampe, di spiazzi e di locali dove il ghiaccio, sotto forma di stalattiti, sta impadronendosi di quanto ancora non è già in suo possesso. Intorno i cadaveri dei vagabondi sono cibo per i cani ma nessuno vi fa caso, in lontananza si ode il rombo dei ghiacci che si spaccano e si riassestano. Vivia osserva incuriosita i carretti dei Mercanti e tutto ciò che la circonda. Un nuovo, sordo rumore della banchisa, spinge Essex a dire che forse non è stata una buona idea quella di tornare lì ma raggiunge ugualmente il Centro Ricerche insieme a Vivia. Dei pannelli di vetro con degli schemi colorati sono tutto ciò che resta del centro ricerche ma, evidentemente, Essex sa come consultarli. Vivia ne è stupita.
Vivia: “Essex? Conoscendo cinque numeri potevi trovare qualunque persona qui?”
Essex: “Cinque numeri e un colore di codice, sì.”
Vivia: “Quante persone vivevano qui?”
Essex: “Cinque milioni.”
Vivia: “Cinque milioni?”
Essex: “Sì. Ogni settore fu progettato per un milione di abitanti.”
Vivia: “E riuscivi a trovare una persona con cinque numeri soli?”
Essex: “E un colore di codice, sì.”
Vivia: “Tu sai tante cose ma non come trovare le foche.”
La ragazza scappa via nascondendosi ma il gioco non piace ad Essex e quando Vivia riappare le chiede, ma con fare severo e preoccupato, di non allontanarsi più da lui. Trova l’indirizzo che cerca e i due vi si recano attraversando la stazione di un metrò con un treno semisommerso dalla neve. Siamo ora nel Settore 3. In basso, davanti a una rampa di scale, c’è il cadavere congelato di un mendicante. I due salgono, percorrono altre rampe e corridoi fino a bussare a una porta.
All’interno sono tutti molto cauti e solo dopo molte esitazioni aprono e il proprietario della casa, Francha, riconosce in Essex suo fratello.
I due entrano.
Francha: “Essex, ero convinto che tu fossi morto.”
Essex: “I treni non funzionano.”
Francha: “Ma dove sei stato?”
Essex: “A Sud, a caccia. Andai via dieci, dodici anni fa, ho perso il conto. Non ero sicuro di trovarti.”
Francha: “A Sud eh? Cosa c’è a Sud?”
Essex: “Foche. Ormai non più.”
Francha: “Come mi hai trovato? Tutto è così diverso!”
Essex: “Il Centro Informazioni.”
Francha: “Funziona ancora?… No!”
Essex: “Non trasmette, però i dati ci sono… Ah, quella è Vivia, andavo a caccia con suo padre, ora è morto.”
Francha: “Ah!”
L’uomo presenta sua moglie e l’altra coppia che vive con lui.
Francha: “Jaspera, Aeon, Obelus… Mio fratello.”
Poi si avvicina a Vivia.
Francha: “Come ti chiami, bambina?”
Vivia: “Vivia…”
Essex: “Abbiamo fame. C’è qualcosa…”
Francha: “Ma certo. Jaspera, da mangiare!”
Essex: “La città è tutta così? Troverò del lavoro qua?”
Francha: “Io non credo ai miei occhi. È così giovane! Non c’è più niente di così giovane, è la persona più giovane che ho visto. Potrebbe essere l’ultima nata per quanto ne sappiamo noi, la… fine della specie. È un’avvenimento… Oh, mio Dio! Jaspera, Aeon!”
L’esclamazione di stupore di Francha è dovuta al fatto che Vivia, toltasi il pesante pastrano, ha rivelato agli altri il suo stato di donna incinta. Jaspera (Maruska Stankova, 1934 – 2000) ed Aeon (Anne Garety, 1926 – 2003), appoggiano timidamente le mani sul ventre della ragazza mentre Obelus (Michel Maillot, 1926 – 1999) osserva da lontano quello che tutti ormai credono un miracolo. Le due donne sentono anche il piccolo muoversi.
Francha: “Di quanto, bambina?”
Vivia: “Di cinque mesi, almeno.”
Jaspera: “Ma questo va festeggiato. Siamo una vera famiglia, ora.”
Francha: “Sì, un pò di “Bhula”, prepara il tavolo! Sai giocare, vero?”
Vivia: “Giocavo quando i miei erano vivi, però non ero molto brava.”
Francha: “Oh, non importa, siamo in sei. Giochiamo.”
Mentre le donne preparano il tavolo Essex si taglia la barba.
Essex: “…L’ultima foca che uccisi fu subito dopo che morì il padre di Vivia. Non ho mai visto una bestia lottare tanto per sopravvivere.”
Francha: “Beh, io ho dimenticato il sapore di carne di foca…”
Essex: “Deve essere stato… più di un anno fa, sì.”
Jaspera: “Sono così contenta che siate arrivati ora. Francha stava giusto andandosene per un altro torneo.”
Francha: “All’inferno il torneo! Possono giocare senza di me per un pò.”
Essex: “Fanno ancora tornei qui?”
Francha: “Oh, sì. In tutti i livelli.”
Essex: “Ma come vivete? Eh, sì, non lavorate?”
Francha: “Giochiamo. Non è rimasto che il gioco. Hai i pezzi, Vivia?”
La ragazza gli mostra tre sassolini rossi.
Vivia: “Questi vanno bene?”
Francha: “Ah, sì, sì. Siedi, siedi bambina. Oh, un pò di Bulha. Ti scalderà, tieni (porge la bottiglia ad Essex) …Quella ragazza è un miracolo. Non c’era più vita qui… nè speranza di averne…”
Tutto è pronto per iniziare il gioco.
Francha: “Tu non hai i pezzi?”
Essex: “Sono anni che non gioco.”
Francha: “(aprendo una scatola di metallo) Ecco, tieni. Usa questi della mia collezione.”
Vivia: “Fai collezione di pezzi per Quintet? “
Francha: “Eeeh, è un hobby…”
Vivia: “Un hobby?! Che significa?”
Essex: “È una cosa che fai senza un motivo.”
Francha: “Ehi Essex, giochiamo?”
Essex: “No. Non potrei starci con la mente.”
Francha: “Va bene. Ti faremo fare il sesto, affronterai il superstite.”
Jaspera: “Qualcuno dovrà andare al mercato a prendere altra legna se vogliamo restare al caldo.”
Essex: “Penso io. Voglio guardare in giro. Ci sarà del lavoro da qualche parte.”
Francha: “La legna… C’è uno qua sotto che la vende. Tieni. A mille vecchi scudi al chilo. Attenzione, che non sia legno trattato…”
Gli porge quella che è la loro moneta: dei dischi metallici forati al centro.
Essex: “Come li hai…?”
Francha: “Ho avuto fortuna al Casinò”
Essex si avvia verso l’uscita.
Vivia: “Essex, sono sicura che sarò io il primo ucciso.”
Essex: “Francha ti darà una mano.”
Francha: “Essex… diffida!”
Vivia: “No. Sono gli altri che devono diffidare di chi va a caccia di foche dove non c’è nessuna foca.”
Essex le sorride e chiude la porta dietro di sè mentre gli altri cominciano a giocare. Redstone si sta avvicinando alla casa di Francha e incontra Essex, i due s’incrociano su una rampa di scale e Redstone gli cede il passo, Essex lo guarda distrattamente e quindi entrambi proseguono per la propria strada. In fondo alle scale il corpo del mendicante morto sta servendo da pasto per i cani. Redstone sta salendo le scale per avvicinarsi alla casa di Francha mentre all’interno della stessa i cinque stanno giocando attivamente. Essex è arrivato davanti al venditore di legna (Max Fleck).
Essex: “Ehi! Un pò di legna.”
Venditore: “Compri o baratti?”
Essex: “Compro. Per la notte.”
Venditore: “Due fasci.”
Essex: “È trattata?”
Venditore: “Non ho avuto nessun reclamo e poi chi te l’ha detto?”
Essex: “Beh, se viene dai fabbricati…”
Venditore: “No, questa non viene dai fabbricati, vado a scavarla io da sotto il ghiaccio.”
Mentre i cinque continuano a giocare con foga, la porta della casa di Francha si apre silenziosamente e una mano introduce un cilindro nero che scivola vicino alla sedia di Vivia. Il Quintet li ha talmente presi che ogni forma di prudenza è stata cancellata. In basso Essex continua a parlare con il venditore.
Venditore: “Tu da dove vieni?”
Essex: “Dal Sud.”
Venditore: “Dal Sud? Dicono che ci sono ancora le foche nel Sud. È vero?”
Essex: “Se ci fossero sarei…”
L’esplosione tronca il suo discorso. Essex guarda attonito il denso fumo che proviene dagli appartamenti in alto e, in preda a un terribile sospetto, risale le scale di corsa. Incontra nuovamente Redstone, lo guarda e poi prosegue entrando in quello che una volta era l’appartamento di Francha ora devastato dall’esplosione. Dentro sono tutti morti. Essex si butta in ginocchio e si avvicina carponi a Vivia.
Poi, alzando gli occhi e guardando fuori dalla finestra, scorge nuovamente Redstone che lo sta guardando, con rabbia prende un pezzo di bastone appuntito, si precipita fuori e si lancia all’inseguimento dell’individuo vestito di nero che scende per una scala a chiocciola finendo dentro a una grande stanza, forse un ufficio, dove la statua stilizzata di un volto illumina la scena. Essex si guarda intorno cercando il suo uomo il quale lo sta scrutando da un angolo buio, poi la sua voce risuona vicina al cacciatore.
Redstone: “Perchè mi tormenti? Non ho infranto nessuna regola!”
Essex: “Cosa?”
Ma Redstone non può dire altro. San Cristopher appare alle sue spalle e gli taglia la gola.
Cristopher: “A morituro felicem mortem accidit.”
Essex trova così il corpo dell’uomo ormai morto, gli fruga nel sacchetto che porta appresso e trova all’interno una pergamena e dei pezzi da Quintet, uno di essi è anche messo a mò di collana attorno al suo collo e il cacciatore glielo toglie mettendo anche questo nel sacchetto. Sulla pergamena sono tracciati dei nomi: Redstone – Francha – Deuca – Goldstar – St. Cristopher e, staccato dagli altri, Ambrosia.
Essex ritorna nell’appartamento di Francha dove i cani lo hanno già preceduto così come già si stavano avvicinando al corpo di Redstone. Prende in braccio Vivia e la porta fuori all’aperto sulle sponde del fiume sul quale passano, trascinate dalla corrente, delle lastre di ghiaccio. I cani lo hanno seguito ma Essex, senza badare a loro, trascina il corpo della ragazza sul greto ghiacciato e lascia cadere il cadavere nel fiume. Fatti pochi metri le gelide acque si richiudono sul corpo di Vivia e di un bambino che non nascerà mai. Di nuovo al Centro Informazioni Essex sta esaminando la pergamena mentre, da dietro i pannelli, Cristopher lo osserva a sua volta.
Cristopher: “Stai trovando tutte le informazioni che vuoi? Questa struttura è pressochè distrutta. Cerchi di trovare una persona o un luogo?”
Essex: “Un amico.”
Cristopher: “Oh, un amico. Interessante… Amico… Non udivo questo vocabolo da lunghissimo tempo.”
Essex: “E quale usate al suo posto?”
Cristopher: “Alleato. Da che cosa tu e il tuo amico siete stati separati?”
Essex: “Dal tempo.”
Cristopher: “E dove vive il tuo amico?”
Essex: “Non vive.”
Essex rimette la pergamena nel sacchetto di Redstone e si allontana, anche Cristopher se ne va.
La meta del cacciatore è la casa di Redstone. Bussa alla sua porta.
Essex: “Redstone? (entra) Sono un amico.”
La donna (Monique Mercure) è nella penombra della stanza, accanto alla stufa.
Donna: “Amico?”
Essex: “Sì, lo conosco. Ci dovevamo incontrare qui. Lo aspettate presto?”
Donna: “Il torneo andrà ancora avanti per molti giorni. Stanno giocando al vecchio Casinò. Ha una camera all’albergo Elettra.”
Essex: “Dov’è?”
Donna: “Secondo settore. Livello rosso.”
Essex: “Ehi, ehi!”
Essex si è accorto che la donna tiene appoggiata la mano guantata sulla stufa e si sta bruciando.
Donna: “No, ti prego. Non avevo avuto il fuoco da… Quando hai visto l’ultima volta Redstone?”
Essex: “È stato ieri.”
Donna: “Se dovessi vederlo ancora…”
Essex: “Cosa?”
Donna: “Ieri dici? …Non lo rivedrai.”
I cani, fuori dalla porta, cominciano a uggiolare all’odore della carne bruciata. Essex se ne va. Una volta fuori toglie la collana dal sacchetto e se la mette al collo poi si reca all’albergo Elettra per chiedere una stanza a Deuca presentandosi a lei come Redstone. La donna, perplessa, le dà l’ultima camera disponibile, la 243. Non ci sono chiavi ma ci si può chiudere dall’interno.
Deuca guarda con aria stupita Grigor che ha assistito alla scena dalla sala del Quintet dove si trovano e l’uomo, fermo sulla soglia, le risponde ironico.
Grigor: “Talvolta capita l’imponderabile…”
Essex entra in camera e accende la luce, esamina gli armadietti, si siede sul letto e riguarda la lista ripetendo sottovoce i nomi. Grigor entra all’improvviso ed Essex si alza di scatto con il coltello in mano.
Grigor: “Oh, chiedo scusa, devo aver sbagliato camera… Stavo cercando un amico.”
Essex: “Non ci sono che io e la mia camera.”
Grigor: “Io mi chiamo Grigor. Forse la camera che cercavo è quella accanto a questa ma la tua è molto bella. Posso chiederti come ti chiami?”
Essex: “Redstone.”
Grigor: “Redstone… Hai fortuna ad avere una camera così calda, Redstone… Ti prego, metti via quel coltello. Io ti dirò la verità, caro Redstone.”
Essex: “Quale? Che non è per sbaglio che sei venuto qui?”
Grigor: “Ho paura di aver fatto un pò il “gioco del sesto” con te. Ero convinto che questa camera fosse vuota. (estrae un rasoio) Volevo farmi la barba.”
Essex: “Non c’è acqua.”
Grigor: “Qui non c’è altro che acqua. Presto, anzi, non resterà che quella. Tutto il pianeta sarà cristallizzato in un involucro di ghiaccio e quella, ringraziando Dio, sarà la fine di questa storia. Posso sedermi?”
Essex: “(annuendo) Tu non stai qui nell’albergo.”
Grigor: “No. La mia camera è nel Casinò. Sono il “Justicenter”, “l’Arbiter”, il Giudice, come diresti tu.”
Essex: “Il Giudice?”
Grigor: “Io interpreto le regole. Io compongo le dispute, il che comporta la solitudine, la cosa peggiore è il non giocare. Guardi partita dopo partita e non ti è consentito di giocare. Per questo vengo qui nei giorni liberi. Ci sono degli ottimi giocatori in questo albergo, certuni grandi, ti assicuro.”
Essex: “E tu organizzi questi tornei…”
Grigor: “Ah, allora sai dei tornei! Lo sentivo, lo sentivo che tu eri giocatore. Ho visto quel fuoco nei tuoi occhi. Solo i giocatori del torneo hanno quel… quel gusto della vita… Io sapevo che tu eri in questa camera, Redstone, ma, vedi, io tradisco la verità senza neanche accorgermene, questo è uno dei problemi del mio lavoro. S’incomincia a mentire perfino agli amici. Perdonami, Redstone, io stavo cercando compagnia. Non esiste più il cameratismo, nessun dialogo, nessuno scambio di idee o di… tattica. Non l’ho fatto a fin di male, amico mio.”
Essex: “Mi dici da dove vengono gli esplosivi?”
Grigor: “Gli esplosivi? Oh… l’alcool. Finchè il muschio continuerà a crescere continueranno a fare l’alcool e finchè ci sarà l’alcool faranno gli esplosivi…È uno spreco. Vieni con me a giocare e a bere un pò d’alcool. Deuca ha della Bulha, lo so.”
Essex: “Deuca…”
Grigor: “Sì, Deuca.”
I due escono e incontrano Deuca la quale vuole continuare la partita che era stata interrotta, quindi incontrano Ambrosia e Grigor invita anche lei a giocare. Mentre tutti si avviano al tavolo da gioco Cristopher li osserva da lontano. Deuca porge la bottiglia ad Essex e la partita inizia. Grigor si allontana ed incontra Cristopher.
Cristopher: “Grigor…Grigor, devo parlarti… ascoltami! Ho bisogno di un giudizio, di un verdetto. Chi è costui? Tu conoscevi Redstone quanto me. Ora abbiamo a che fare con questo impostore ma… fa quello che fa.”
Grigor: “Mi stai facendo tante domande. A quale devo rispondere per prima?”
Cristopher: “Sta a sentire, Grigor, per cominciare Redstone non avrebbe mai dovuto essere ammesso al torneo, era un’idiota. Anticipò l’inizio della partita di un’ora.”
Grigor: “Come fai a saperlo?”
Cristopher: “Ma… io lo stavo seguendo.”
Grigor: “Allora eri in anticipo anche tu, San Cristopher!”
Cristopher: “Io l’ho ucciso regolarmente dopo l’ora stabilita! Io ero nella norma! Comunque Redstone era un macellaio, massacrò una stanza piena di gente per uccidere Francha.”
Grigor: “Ah, quella non è un’infrazione.”
Cristopher: “Un giocatore sensibile non fa certe cose!”
Grigor: “Sensibile? (Ride) Ho veramente sentito uscire quella parola dalla tua bocca?”
Cristopher: “Io gioco per vincere ma ci sono certi principi etici da rispettare.”
I due, parlando, hanno attraversato lunghe rampe di scale e stanno ora entrando nel vecchio Casinò.
Grigor: “In questo momento, se fossi in te, sarei molto più preoccupato da Goldstar, quello non ha nessun principio…”
Cristopher: “Nè cervello. Non lo considero certo una minaccia.”
Goldstar è al tavolo con altri giocatori ed ha ascoltato tutto. Così, mentre i due passano per andare al bar, gli risponde a tono.
Goldstar: “Non essere così sicuro.”
Grigor: “Potrebbe aver fortuna. È già accaduto in passato.”
Barista: “Ti stanno aspettando tutti.”
Grigor: “È il loro compito. Dammi la Bulha.”
Cristopher: “E allora, per questo nuovo Redstone?”
Grigor: “(offrendogli da bere) Vuoi?”
Cristopher rifiuta con un cenno.
Cristopher: “Quale regola devo applicare?”
Grigor: “Prima di poter decidere questo io devo rendermi conto di quanto sa.”
Cristopher: “Non m’interessa quanto sa, quanto chi è.”
Grigor si allontana per sovrintendere al gioco e Cristopher saluta ironicamente Goldstar. L’uomo, furioso, si alza dal tavolo di Quintet con in mano un lungo pugnale. Grigor lo osserva ironicamente. Goldstar gli si avvicina.
Goldstar: “Dov’è?”
Grigor: “Dov’è chi?”
Goldstar: “Mi hai capito: Cristopher.”
Grigor: “San.”
Goldstar: “San Cristopher! Era lì un momento fa e ora se ne è andato.”
Grigor: “Sì, ebbene?”
Goldstar: “Da quale uscita se ne è andato?”
Grigor: “Ah, non ti so dire se se n’è andato. Io so solo che non si trova qui.”
Goldstar: “Maledetto Grigor, cerchi di aiutarlo! Sei sempre contro di me. Non hai nessun riguardo per me.”
Grigor: “Io non sono qui per aiuti o riguardi, io sono qui per interpretare le regole. Se è d’aiuto che hai bisogno, ti consiglio di parlare con il Sesto.”
Goldstar: “Sei un individuo spregevole. Io disprezzo la tua arroganza!”
Grigor: “È secondo i piani…”
Goldstar si allontana e Grigor segnala il posto che si è reso libero al tavolo di Quintet. Intanto Goldstar, sempre più furibondo, sta cercando Cristopher per ogni dove e gli passa di fianco senza neppure accorgersene. Contrariamente a lui, invece, l’uomo lo nota benissimo e lo guarda con disprezzo mentre sta aiutando un mendicante. Nella sua ricerca Goldstar passa davanti alla sala dove Deuca, Ambrosia ed Essex stanno giocando. Ora Essex è da solo con Ambrosia mentre Deuca esce.
Rapidamente la ragazza elimina il cacciatore dal gioco e poi i due si dirigono nelle loro stanze poichè lei ha la camera proprio accanto alla sua. Intanto Essex le racconta della morte di Francha. Giunge la notte ma Essex è ancora sveglio. Ode delle voci provenienti dalla stanza accanto, si alza e va ad origliare e poi, tramite una griglia sulla parete, vede che Ambrosia sta parlando con Goldstar. L’uomo sta chiedendo ad Ambrosia se c’è un complotto contro di lui e al diniego della ragazza Goldstar dimostra chiaramente di non crederle e, dopo averla minacciata, se ne va. Il mattino successivo Essex va a bussare alla porta della sala da Quintet di Deuca ma la donna non ha ancora aperto e quindi, dalla grande vetrata, le domanda dove può trovare Cristopher. La donna gli spiega che Cristopher dirige l’Ospizio dei Poveri nel Settore 4. Mentre Essex si allontana Deuca si volta verso Goldstar che giace pugnalato per terra implorando aiuto, per tutta risposta la donna gli pianta ancora più in profondità il coltello.
Essex raggiunge una piccola piazza dove, come un tragico monumento, si sono aggiunte alle normali sculture quelle di cani e di uomini congelati. Ambrosia lo sta seguendo a distanza ed Essex prosegue il suo cammino fino a raggiungere l’Ospizio. Cristopher è là che sta parlando nella sala dormitorio dei mendicanti. L’uomo sta prendendo del sale da un sacco e lo sta mostrando al suo pubblico.
Cristopher: “In hoc sale principium est vitae et horationis mei audite! La forma geometrica dell’Universo rispecchia lo schema della vita. Vi si è insegnato che essi non sono diversi, vi si è anche insegnato che l’Universo è delimitato da cinque lati e che la vita non ha che cinque stadi. Primum: La sofferenza del nascere. Secundum: Il travaglio del maturare. Tertium: La colpa del vivere. Quartum: Il terrore d’invecchiare. Quintum: L’irreparabilità della morte. Rivelazione incompleta poichè cinque lati richiedono un sesto spazio, un centro, ed è a quello solo che dovete guardare. Che cos’è il Sesto Spazio… È l’oscurità, è il vuoto, il nulla. In altre epoche, egualmente ignoranti, si diceva che il fuoco eterno avrebbe seguito la morte ma io vi dico: AUDITE FILI, VERBA QUAE VOBIS DICUNT NON EX ME VENIUNT SED EGO ET ILLIS VENIUNT. Io vi dico che non v’è alcun fuoco. Io vi dico che il fuoco non è castigo sufficente… No, oh no, figli miei, l’oscurità, il buio di cui vi parlo è il totale orrore della pazzia, è la consapevolezza del nulla, quindi le vostre miserabili esistenze di fatto sono supremamente allegre, è la vostra ricompensa. Dovete avere cara la vostra vita atroce poichè essa è una pausa, un’interruzione del vuoto che la precede e del vuoto che la segue. Non combattete, non lottate, accettate! E quando pensate al numero cinque ricordatevi che è sei. Se cercate una risposta guardate molto oltre i fatti considerati e aggiungete uno in più: l’imponderabile, perchè soltanto quando voi considerate l’imponderabile avete una carta, una speranza di risolvere… il dilemma.”
Mentre i mendicanti si affollano per prendere il cibo da un grosso pentolone fumante, Essex si allontana incontrando Ambrosia lungo la strada del ritorno. L’uomo cerca di sapere qualcosa di più su Cristopher e Goldstone. Arrivati in albergo Ambrosia invita Essex nella propria camera a bere. Mentre sta per portare il bicchiere alle labbra Essex vede all’esterno il cadavere di Goldstar.
La ragazza si dispera mentre il cacciatore chiude la tenda.
Essex: “È quello che era in camera tua ieri notte.”
Ambrosia: “Non riesco ad abituarmi a questo uccidere insensato.”
Essex: “Insensato? È un rituale. Un omicidio rituale e volevano che lo vedessi tu… o io. C’è una lista, c’è anche il suo nome, Goldstar… e c’era anche il nome di mio fratello… Misero una bomba in casa sua ma non fu il solo a essere ucciso e una era ancora… una ragazza. Io vidi l’uomo che mise la bomba e lo inseguii, quando lo raggiunsi lo avevano già sgozzato… C’è una lista, chi vi è segnato fa la sua fine!”
Ambrosia: “Forse sei in errore. Non cercare un significato che non esiste. La morte è un arbitrio perciò è il motivo perpetuo di proteste.”
Essex: “C’è anche il tuo nome in quella lista.”
Ambrosia: “Non stiamo a pensare a questo e poi, forse, è meglio così. Cercare di prolungare la vita non ha scopo. Tra pochi anni, forse mesi, tutto il morire sarà compiuto… (Sospira) Io non voglio stare sola, non posso… Vorresti dormire qui nel mio letto, con me?”
La sera trova i due a letto assieme. Essex l’abbraccia e sta per baciarla ma la ragazza si mette a piangere.
Ambrosia: “Io non penso mai al passato. È finito ma, forse, il fatto di avere vicino un’altra persona che mi fa pensare alla vita, che mi ricordi quello che abbiamo perso…”
Ambrosia si gira mentre le lacrime le scorrono sul volto poi si addormenta con il pollice in bocca.
Giunge il mattino. Dalla finestra della camera di Ambrosia, Essex osserva lo scempio che i cani stanno compiendo sul cadavere di Goldstar. Mentre sta per uscire la ragazza si sveglia sorridendo.
Ambrosia: “Qualcosa non va?”
Essex: “È così raro veder sorridere la gente.”
Ambrosia: “Io ho fatto un sogno… Ho sognato la mamma. Eravamo insieme su un treno, io ero davanti a lei. Mi sono girata e l’ho vista venire avanti per il corridoio. Era più giovane di me adesso, molto carina, portava un cappello verde, non parlavamo, ci limitavamo a sorridere. Non è stato affatto triste star con lei ma immensamente piacevole. Quando mi sono svegliata avevo un sorriso sulla faccia… Ho tirato su la mano e potevo… potevo sentirlo.”
Essex: “Ti capita spesso di sognare il passato?”
Ambrosia: “Non ho mai pensato se mi capita di sognarlo spesso o no. La memoria è così inattendibile. Ho perso i contatti col mio passato, troppe cose sono cambiate. Mi piacerebbe poter vedere tutta la mia vita chiaramente, ma io… non posso fidarmi della mia memoria.”
Essex: “La memoria è la sola di cui ti puoi fidare.”
Ambrosia: “Tu speri ancora in qualcosa? È finito il futuro…”
Essex è uscito subito dopo le ultime parole della ragazza e ha raggiunto nuovamente la porta dell’Ospizio da dove due mendicanti stanno portando fuori il corpo di uno di loro morto durante la notte.
I cani sono già pronti per il banchetto. Una donna sta per chiudere la porta, ma Essex chiede di Cristopher ed entra. Cristopher, nelle vesti di una specie di santone, lo sta osservando dall’alto di una impalcatura dietro la quale spicca una scritta:
“LA TERRA È LA CULLA DELLA MENTE
MA NON SI PUÒ
VIVERE NELLA CULLA PER SEMPRE”
Mentre il solito magro pasto viene distribuito, Cristopher scende per andare incontro ad Essex il quale gli mostra la lista.
Cristopher: “Che vuoi qui? Questa lista appartiene a te?”
Essex: “Sì.”
Cristopher: “Come l’hai avuta?”
Essex: “L’ho trovata.”
Cristopher: “Allora non ti appartiene. L’hai rubata?”
Essex: “Ce l’ho. Tanto basta, C’è il tuo nome qui.”
Cristopher: “Non m’interessa minimamente.”
Essex: “Dovrebbe, però.”
Il cacciatore va dietro a Cristopher che si è allontanato per arrampicarsi di nuovo in cima al traliccio. Lo afferra per la spalla e lo costringe a voltarsi.
Essex: “Goldstar…”
Cristopher: “Sì, conosco il nome.”
Essex: “Morto. Assassinato… Francha…”
Cristopher: “Conosco i nomi!”
Essex: “Morto, assassinato. Ci sono altre liste?”
Cristopher: “Tu giochi al buio ed è una tattica pericolosa. Non potrai mai capire il disegno finchè non sarai parte del disegno.”
Essex: “Con questo vuoi dirmi che lo sarò?”
Cristopher: “Certo. Nel preciso momento in cui sarà troppo tardi.”
Sale nuovamente sull’impalcatura e lo saluta dall’alto. Uscendo Essex incontra Grigor.
Grigor: “Redstone, quale sorpresa vederti qui! Conduci una vita molto attiva.”
Essex: “Dimmi, quel San Cristopher è un buon giocatore come dicono?”
Grigor: “Sì, è bravo ma troppo serio.”
Essex: “E non molto loquace.”
Grigor: “Loquace? Oh, se è di chiaccherare che hai voglia vieni con me, Redstone, io conosco un posto dove si può bere e parlare della vita.”
Essex: “Qui ho visto la morte o la prospettiva di morire.”
Grigor: “Ma è proprio questo che dà valore alla vita. Ogni volta che frodi la morte tu senti il puro brivido della vita. In questo consiste il mio lavoro, per questo sono così soddisfatto in questo algido mondo!”
Grigor sogghigna soddisfatto.
Essex: “Dimmi, esattamente, qual è il tuo lavoro?”
Grigor: “Mantenere in vita il gioco, è la sola cosa ancora importante. La sola manifestazione intelligente rimasta è il gioco del Quintet. Tutti gli elementi della vita sono contenuti in esso. La nostra arte, la nostra filosofia, tutti i valori autentici si addicono al gioco, il gioco è la sola cosa di valore. Andiamo… andiamo…”
Essex lo segue. Intanto Deuca è entrata in camera da Ambrosia per incassare i soldi dell’affitto della stanza e, mentre la ragazza prende il danaro, Deuca le dice che “Redstone” non ha nemmeno dormito nel suo letto.
Ambrosia: “Ha dormito qui, con me.”
Deuca: “Questo non è possibile… Hai un senso dell’umorismo così perverso…”
Ambrosia: “Anche tu. Non sei stata esattamente discreta nella ostentazione della tua vittoria su Goldstar.”
Per ripararsi dal freddo Ambrosia si è avvolta con la sua coperta. Deuca la guarda ammirata.
Deuca: “Come è bella. Devi essere fiera di avere un tale tesoro. Promettimi che la lascerai a me.”
Ambrosia: “Non è un eccesso di presunzione con San Cristopher ancora vivo? Sei una sognatrice, Deuca. Lui non è Goldstar.”
Deuca: “San Cristopher non mi fa paura.”
Ambrosia: “E Redstone? Redstone, prima o poi, tornerà.”
Deuca la guarda poi chiude la porta dietro di sè. Nel bar Grigor ed Essex sono arrivati alla seconda bottiglia. La voce del cacciatore è impastata mentre guarda una tenda grigia sulla quale è disegnata una grande anatra.
Essex: “Disegno, ordine…”
Grigor: “Che?”
Essex: “Qual è il disegno? Distruggere l’ordine.”
Grigor: “Perdonami ma io non capisco.”
Essex: “Per riuscire a capire il disegno tu devi essere parte di esso…”
Grigor: “Parte di esso…”
Essex annuisce.
Grigor: “Ah, scusa, quello che dici non è….”
Essex: “Esserne parte. Guarda la lista e la lista è parte del disegno?”
Grigor: “Hai bevuto troppo.”
Essex: “Altre persone hanno la lista, eh?”
Grigor: “Non capisco… Tu… di cosa stai parlando?”
Essex: “Pensa… cinque… eh?”
Grigor: “Sì.”
Essex: “È sei.”
Grigor: “Sei? Ti senti bene?”
Essex: “E considera l’imponderabile, l’anatra…”
Grigor: “L’anatra?”
Essex: “L’anatra… Lei lo sa dove va? Oppure sta volando così, verso l’ignoto…”
Grigor: “Con il dovuto rispetto, Redstone, non capisco di cosa stai parlando o forse hai bevuto troppa Bulha (Ride)… Oh, quale coincidenza e quale sorpresa! Guarda.”
Nel locale è entrato Cristopher.
Essex: “È una sorpresa ma non una coincidenza, dico bene?”
L’uomo sta porgendo coperte ai mendicanti.
Cristopher: “È qui per aiutare la gente, vedi? Lo conduce qui il suo lavoro.”
Essex: “Ti ci conduce anche il tuo, eh?”
Grigor: “Sei ubriaco, Redstone, io ho condotto te qui. Come, non te lo ricordi?”
Essex: “Sì, lo ricordo…”
La voce si spegne in un sussurro ed Essex si addormenta con il capo sul tavolino.
Grigor: “San Cristopher!”
L’uomo si avvicina.
Grigor: “Redstone è ubriaco, è nel bisogno, aiutalo a tornare a casa.”
Cristopher: “Aiutarlo io a tornare a casa? Non dirai sul serio!”
Grigor: “Ma non sei San Cristopher, protettore dei bisognosi? È bisognoso, ha bisogno di protezione.”
Cristopher: “Sì, è un principiante. Mi occuperò io di lui.”
Grigor; “Finchè non deciderò altrimenti. È alloggiato all’albergo Elettra, camera…”
Cristopher: “So esattamente dov’è alloggiato.”
Grigor: “Oh, perchè non lasci mai spazio all’azzardo? Comunque non sarà un viaggio inutile il tuo, visto che anche Deuca abita lì.”
Cristopher: “Svegliati. Coraggio, andiamo.”
Lo trascina fin dentro la camera e lo deposita sul letto poi chiude la porta e gli si avvicina, guarda il rasoio posto in una nicchia e guarda Essex poi, andandosene, borbotta:
Cristopher: “Le regole vanno rispettate. Ora apta non est.”
Una volta che la porta della stanza si è chiusa Essex, che in realtà era perfettamente sveglio e aveva nascosto nella mano un pugnale, pronto a difendersi, apre gli occhi, si alza e si chiude dentro poi arriva in albergo anche Ambrosia la quale trova Deuca sgozzata sul divano e Cristopher nascosto dietro una porta. Per terminare il raduno giunge anche Grigor.
Grigor: “Sedetevi, vi prego.”
I due si siedono sul divano con il cadavere di Deuca in mezzo.
Grigor: “Potete iniziare.”
Cristopher: “Sono il vincitore delle eliminatorie e sono pronto ad incontrarmi col sesto. Tu sei pronta?”
Ambrosia: “Io sono pronta ma l’eliminatoria non è ancora finita. Redstone è vivo.”
Cristopher: “Redstone è morto. L’ho eliminato io.”
Ambrosia: “Dov’è la prova?”
Cristopher: “Un impostore ha con sè i suoi pezzi. Stai suggerendo che devo uccidere anche lui?”
Ambrosia: “Se vuoi incontrarti con me…”
Cristopher: “Sarebbe una disgressione…”
Ambrosia: “Chi ti dice che non sia lui ad ucciderti?”
Cristopher: “È escluso, Eliminare l’impostore è una pura formalità. Forse hai paura di affrontare me.”
Ambrosia: “Io non ho paura di niente, lo sapete, e nell’ignoto almeno c’è la speranza.”
Cristopher: “Speranza? Speranza è un vocabolo cancellato. Io sollecito il giudizio.”
Grigor: “L’impostore, anche se non ha partecipato al gioco per sua scelta, è dentro il gioco. È come la vita: nessuno c’è dentro per sua scelta. L’uomo che porta i pezzi di Redstone è Redstone. La sua vita non è importante al di fuori del gioco.”
Cristopher: “E così sia…”
Saluta e se ne va mentre vede arrivare Essex. Grigor è rimasto con Ambrosia.
Grigor: “Hai un’aria così triste, Ambrosia!”
Ambrosia: “No, al contrario Grigor. Io provo una suprema felicità. Ora so come finirà il gioco.”
Grigor: “Come?”
Ambrosia: “Lo vedrai.”
Ambrosia mette la sua bella coperta sul cadavere di Deuca e poi incontra Essex e gli chiede dove stia andando. Il cacciatore le risponde che sta andando a casa di Francha. Ambrosia mette sull’avviso Essex: Cristopher lo sta cercando per ucciderlo ma l’uomo non le crede e le risponde che, se avesse voluto, Cristopher avrebbe potuto ucciderlo la sera prima e si allontana… Non conosce gli ultimi sviluppi. Ora le regole permettono a Cristopher di ucciderlo. Mentre Essex percorre un tratto all’aperto, il Santone lo sta guardando dall’alto delle rocce e lo segue fino a che il cacciatore non sente una voce stentorea alle sue spalle.
Cristopher: “Redstone!”
Essex: “Mi chiamo Essex.”
Cristopher: “Quello era ieri. Oggi tu sei Redstone. Sei pronto a giocare? La morte ha fretta, ne abbiamo già avute quattro! Ricordi, ricordi?… Tu sei il numero cinque. Primum: l’apertura fu Francha. Massacrato. Secundum: un vigliacco. Scartato. Tertium: Un presuntuoso illuso. Eliminato. Quartum: E fuori la donna… Oh, quella che conta è l’ultima mossa, il finale, siamo al Quintet! Tu, eh? Che gioco farai tu? Scannatore di foche!”
E proprio come se fosse una foca Cristopher insegue la sua preda con un rampone mentre Essex si nasconde in mezzo al pack. Poi accade l’imprevedibile: Cristopher cade in un crepaccio e il rampone gli si pianta in gola. Essex raggiunge il Settore 3, la casa di suo fratello e, in mezzo ai cadaveri e alla confusione trova e raccoglie uno dei piccoli sassi rossi di Vivia. Mentre lui sta cercando, Ambrosia lo raggiunge e, finalmente, dopo aver scoperto una scatola con dentro un’altra lista esattamente uguale alla prima, Essex capisce quello che lo spettatore ha compreso da un pezzo…
Ambrosia: “Hai trovato quello che cercavi?”
Essex: “Sì, l’ho trovato.”
Ambrosia: “Hai incontrato San Cristopher?”
Essex: “È morto.”
Ambrosia: “E ora riesci a capire?”
Essex: “Vuoi dire il gioco?”
Ambrosia: “Posso vedere che hai trovato?”
La ragazza si avvicina ed Essex, con un gesto rapidissimo, si gira di scatto compiendo un mezzo giro su sè stesso con il coltello in mano. La lama attraversa la gola di Ambrosia. Il cacciatore le toglie il braccio dalla tasca del manicotto di pelo della ragazza e mostra al suo sguardo agonizzante il coltello che lei aveva in mano, pronta a colpire. Ambrosia cade per terra, morta. Essex se la carica in spalla e la porta al vecchio Casinò davanti al grande braciere ardente.
Essex: “Grigor, Grigor!”
Grigor: “Non avresti dovuto portarla qui, porta quel corpo fuori di qui!”
Essex: “È una prova! Ho vinto, qual è il premio?”
Grigor: “Il premio? Vincere, essere vivo. Questo è l’unico premio. Giochi per il brivido che ti dà. È la vita stessa, è sentire il calore dell’adrenalina che fluisce nel tuo corpo. Puoi avere il senso della vita solo quando la morte è vicina. Lo spirito del Quintet è questo. Quelli che giocano si battono per la loro vita. Avresti dovuto impararlo, non è così?”
Essex: “Parlami ancora dell’adrenalina che fluisce nel tuo corpo.”
Il cacciatore mette il corpo di Ambrosia nel braciere.
Essex: “Questo dovrebbe soddisfarti. È il profumo della morte. Non le sarai mai più vicino di così.”
Grigor: “Qualcuno deve essere il “Giustdicente”. Qualcuno deve pure giudicare… È il mio umile compito.”
Essex: “Umile? Dubito perfino che tu sia umano.”
Grigor: “Aspetta. Dove vai? Non esiste un altro posto in cui andare. Non c’è più nient’altro da guadagnare, non c’è più niente da imparare, perciò cercare non ha scopo. È come restare per tutto il gioco chiuso nel limbo, lanciando un’infinita serie di inutili sei. Tu potresti essere il più grande dei grandi giocatori. Nuovi tornei stanno per cominciare fra poco… Peccato, posso sapere dove andrai?”
Essex: “A Nord.”
Grigor: “A Nord? Non c’è niente là. Non reggerai più di una giornata e mezzo. Il gelo ti ucciderà.”
Essex: “Lo saprai tu. Io no.”
E così, in mezzo al gelo, al ghiaccio e, forse, alla fine del mondo, il cacciatore si allontana da un mondo senza speranza nel quale comanda l’aridità e la violenza per andare in un mondo ancora forse senza speranza e dove comanda una natura ostile… ma mai quanto l’uomo.
(3 – continua)