Mare di risaie
- Amore, la sigaretta – Elisa allunga una sigaretta al proprio fidanzato.
Cristiano la accende lentamente, seduto sul letto, la schiena appoggiata al cuscino.
La camera è disordinata: l’armadio di fronte al letto ha alcuni cassetti aperti, i vestiti appesi sopra come fosse un appendiabiti. Il comò polveroso ha custodie di dvd sparpagliate, cd rivoltati col verso sulla superficie del mobile e qualche scatola di medicinali. Uno specchio si trova accanto alla finestra, che ha le tapparelle semi abbassate. L’abat jour sul comodino illumina l’ambiente di una luce calda come un arancio. Ci troviamo nella camera da letto del giovane milionario.
Elisa si accoccola con la testa sulle cosce del fidanzato, aggiusta una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio e chiude per un istante i grandi occhi. Si vede che ha appena avuto un orgasmo: i lineamenti sono distesi come la spiaggia dopo un temporale. Prova a godersi questo istante di pace, tenta di delegare al domani i pensieri sull’università e sui progetti lavorativi.
Eppure c’è qualcosa che rompe l’attimo di sosta: una paura larvata, che striscia come un insetto e le si insinua dentro il cranio, ammorbandone i pensieri.
- Il tempo passa – dice a se stessa senza nemmeno rendersene conto.
Poi, però, le sembra che quella frase provenga dalla bocca di sua madre. La immagina sulla poltrona in cucina, in penombra, mentre si riposa dopo la cena. Elisa prova a mettere a fuoco il volto di sua madre, ma non ci riesce. Come se sua madre fosse una foto vista per caso, tanti anni fa, che si cancella piano piano nella memoria.
La ventola a fianco al comò sibila come una farfalla.
- Eppure tutto è sotto controllo… – prova a dirsi per allontanare quell’immagine.
Cri spegne la sigaretta nel posacenere. In silenzio le passa la mano sui capelli, facendo scivolare i polpastrelli sul cuoio capelluto. Ma un’ansia scomposta agita la sua fidanzata. La sensazione di non controllare tutti gli elementi che la circondano, l’idea di riconoscere per la prima volta qualcosa che le sfugge di mano. Qualcosa che scivola via a brevi movimenti, ma inesorabilmente. Ma cosa?
Intanto, là fuori dalla stanza, Strella galleggia nel suo fiume di buio e di silenzio. Galleggia su questo mare di risaie profondo solo qualche centimetro, immobile e invisibile come un isolotto nelle mattine di bassa marea. Il caldo ha costretto tutti gli abitanti a chiudersi in casa, vicino alle ventole d’aria o ai condizionatori.
In una minuscola camera quadrata, ci sono Gianni e Nuccio seduti su un divano, che guardano il televisore.
- Un angelo proprio, ti dico… – fa Gianni distendendo il braccio su un cuscino che ha a fianco e tenendo una bottiglia di birra per il collo.
Nuccio ascolta distratto dal rumore della tv di sottofondo. Fa qualche cenno di capo con la testa.
- Beh ma forse si era sbagliata – bofonchia Nuccio senza staccare gli occhi dal televisore.
- Ma se ti dico che aveva l’indirizzo! – dice stizzito il bidello, tracciando una linea retta davanti a sé con la mano.
- Ma sì, sarà una del Comune… – prova a inventare Nuccio – Sarà per un controllo, per sigillare la casa… O… -
- Certo, eh sì – ribatte Gianni portando la mano sotto il mento con una smorfia seccata.
- Ma poi cosa ne sappiamo noi, cosa ne sa quella di Strella, cosa vogliono? – Nuccio si issa sul divano scocciato.
Al guardiano notturno non interessava davvero niente dell’arrivo di una forestiera in paese. Per lui, il mondo poteva tranquillamente franare oltre il confine segnato dalla stazione di Olcenengo. Addirittura, quando gli toccava lavorare nelle notti più fredde dell’inverno, amava pensare di essere un soldato di stanza al confine. Quella linea di metallo, quella bava che squarciava la pianura come una cicatrice su un volto senza rughe, era per lui il rincuorante muro che lo divideva dal mondo sconosciuto. Tutto a Strella era a sua misura, tutto scorreva senza intoppi. A modo suo, Nuccio era un uomo felice e non era interessato a sperimentare cambiamenti.
- Dai, vado a lavoro – Nuccio si alza e scompare dietro la porta.
(6 – continua)