Titolo originale: King Arthur: Legend of the Sword
Anno: 2017
Regia: Guy Ritchie
Soggetto: David Dobkin e Joby Harold
Sceneggiatura: Joby Harold, Guy Ritchie e Lionel Wigram
Direttore della fotografia: John Mathieson
Montaggio: James Herbert
Musica: Daniel Pemberton
Effetti speciali: Mark Holt
Produzione: Akiva Goldsman, Joby Harold, Guy Ritchie, Tory Tunnell e Lionel Wigram
Origine: Stati Uniti / Regno Unito / Australia
Durata: 2h e 6’
CAST
Charlie Hunnam, Àstrid Bergès-Frisbey, Jude Law, Eric Bana, Djimon Hounsou, Aidan Gillen, Katie Mc Grath, Freddie Fox
TRAMA
Il regno del saggio Uther è prospero e rispettoso verso tutti i suoi sudditi, ma il fratello Vortirgern complotta contro di lui e si assicura l’appoggio di oscure forze magiche con il sacrificio della moglie per spodestarlo e ucciderlo. Artù, il figlio bambino di Uther, riesce a fuggire su una barca che arriva fino a Londinium, mentre lo zio opprime l’Inghilterra sotto una dittatura che mette tra le altre cose fuori legge la magia.
Artù cresce a Londinium tra bordelli e bande di strada, ma ad un certo punto dovrà suo malgrado andare alla riconquista di un regno che gli appartiene, grazie anche alla spada Excalibur che lui solo riesce ad estrarre, compendo una profezia e il suo destino.
NOTE
Come ben sanno i cultori del genere fantasy, la storia di Re Artù è una delle più raccontate e inflazionate, ed è sempre un rischio confrontarsi con lei, anche perché il paragone con capolavori come Excalibur di John Boorman è inevitabile.
Detto questo, Guy Ritchie, che aveva già reinventato un’icona dell’immaginario come Sherlock Holmes arricchendolo di nuovi spunti e interesse e caricandolo di significato moderni senza tradire ambientazione e spirito, riesce a fare la stessa operazione, sia pure con premesse e esiti diversi con la leggenda di Re Artù, una di quelle fondanti del fantastico anglosassone.
Certo, stravolge tutto, cancellando personaggi come Merlino e Morgana (un suo personaggio simile è la Maga senza nome), facendo di una banda di balordi da strada i futuri Cavalieri della Tavola Rotonda e dando spazio a personaggi rimasti sullo sfondo, come Vortirgen, magistralmente interpretato da un Jude Law tra sogni di grandezza e follia.
Ma alla fine il risultato paga, con una fotografia che predilige i toni freddi, un mondo fuori dal tempo che mescola Medio Evo, fantasy e antichità romana ed echi de Il signore degli anelli ma soprattutto di Game of thrones, il grosso metro di paragone oggi, di cui recupera le atmosfere non idilliache, la mescolanza di mondi, l’atmosfera fuori dal tempo e multietnica e l’idea che il bene è un concetto molto particolare e non sempre è esente dal male, anzi.
Meno ironico di Sherlock Holmes e debitore a tanta fantasy adulta contemporanea, King Arthur piacerà a chi pensa che i generi del fantastico non siano dei monoliti o degli altari immutabili, ma un qualcosa che per continuare a vivere deve continuare a reinventarsi e rinascere dalle sue ceneri, anche quando si parla di una storia trita e ritrita come quella di Excalibur e Artù, che qui in fondo è una cosa praticamente nuova, con un altro universo e altri ruoli per tutti.
L’eroe Artù, interpretato da Charlie Hunnam, perde come carisma di fronte al cattivo Law, ma si distingue comunque come esempio di protagonista di un fantasy più moderno, meno eroico, meno manicheo ma non per questo meno interessante, con una frase finale che dà il senso a tutto il suo esistere, quando dice al perfido zio Tu mi hai reso quello che sono, tu mi hai creato, per ricordare che in fondo nel suo destino hanno giocato tanti elementi, innanzitutto quello di essere stato perseguitato per tutta la vita da Vortirgern, divorato dalla sete di potere fino ad arrivare alla distruzione e alla creazione di un nuovo antagonista, diventato tale proprio perché voluto tale.