Matteo Pisaneschi era già stato nostro ospite, in occasione dell’uscita del volume “Ore nere”. Già allora ci avevano colpito il suo stile e la sua fantasia, che ha saputo riversare in molti altri racconti usciti per vari editori nel corso dell’ultimo periodo. In occasione dell’uscita del terzo volume di “Altrisogni”, abbiamo deciso di tornare a intervistarlo per sapere come Matteo si sia mosso in questi anni nel campo della narrativa fantastica e quali saranno le strade che seguirà nel prossimo futuro.
CIAO MATTEO, RIECCOTI SULLE PAGINE DELLA ZONA MORTA, DOPO LA TUA PRECEDENTE ESPERIENZA CON “ORE NERE”. COSA E’ SUCCESSO DA ALLORA NEL CAMPO DELLA NARRATIVA?
Dopo quel volume ho scritto horror, abbastanza, per diversi piccoli editori.
A un certo punto ho chiuso con il terrore, spostandomi sul mainstream/literary con buoni risultati, anche economici nel loro piccolo, per quel poco che ho fatto.
Poi ho smesso del tutto: per un annetto e mezzo circa sono stato lontano dalla scrittura e dal mondo narrativo, saturo e annoiato dell’ambiente, ma anche del mio modo di scrivere che sentivo arrivato a un punto fermo: non mi divertivo più.
Ora, forse, ho ritrovato qualche stimolo. Speriamo duri.
COME E’ CAMBIATO IL TUO MODO DI SCRIVERE IN QUESTI ANNI?
Ho imparato bene – spero – le tecniche base. E poi ho scordato di averle imparate – e capito che si possono anche infrangere, se serve – liberandomi così della fastidiosa vocetta dell’autoediting che mi impantanava ogni tanto le dita sui tasti.
Idem per il genere: non voglio scrivere un genere come il giallo, l’horror, il fantastico o il romance o altro. Voglio: “gente vera ma originale fa cose fattibili seppur strambe in un contesto reale eppure assurdo”. (?)
RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO SU “ALTRISOGNI – VOLUME 3” IL RACCONTO “HELL EXPRESS”. CE NE VUOI PARLARE?
Un camion verso l’inferno con il suo carico di peccati. Un’anima dannata che continua a compiere scelte sbagliate per sé e gli altri, così da procrastinare la propria pena. L’amore come soluzione e causa di tutti i problemi. La coscienza che, alla fine, dobbiamo – forse vogliamo – pagare salato per le nostre colpe.
Che è un po’ la storia di tutti. O dobbiamo aggiungere santi sul calendario?
QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?
Cercare le parole e la forma giusta per far emergere il sottotesto narrativo, ben chiaro fin da subito – ho una forte progettualità tematica – che è una delle frasi che preferisco in It di King: “Si paga per quel che si ottiene, si ottiene per quel che si paga”.
MOLTI TUOI RACCONTI SONO APPARSI IN VARIE ANTOLOGIE PER DELOS, SCHELETRI E CIESSE, OLTRE CHE SU UN PRECEDENTE NUMERO DI “ALTRISOGNI”. QUAL E’ STATA LA PIU’ GRANDE SODDISFAZIONE CHE HAI OTTENUTO IN QUESTO CAMPO?
Vincere il “Premio Arthè” durante l’edizione 2015 di “Liberi sulla carta”, fiera dell’editoria indipendente, con gli elogi del Prof. Riccardo Duranti, uno dei maggiori esperti di Carver, nonché traduttore italiano ufficiale. L’opera con cui ho vinto – “L’orologio di Helena” – è un racconto minimal sulla Prima Guerra Mondiale e un orologiaio. E Einstein. Mi piace ancora, a differenza di quasi tutti gli altri miei testi.
FINORA TI SEI SEMPRE DEDICATO AI RACCONTI, HAI MAI PENSATO A UN ROMANZO?
Sì, ma alla stessa maniera di andare a letto con Charlize Theron. Forse è oltre le mie possibilità. Non ho mai avuto tempo e dedizione a sufficienza. Forse mai ce l’avrò.
ULTIMA DOMANDA. COSA HA IN SERBO MATTEO PISANESCHI PER IL PROSSIMO FUTURO?
Ho appena iniziato una storia stramba di gente stramba – alla fratelli Coen o Woody Allen, per capirsi – nella New York anni Venti, fra professori senza cattedra ma angoli di ring, orfani muti e cani parlanti, e immigrati di ogni razza, e forse potrebbe venirci fuori abbastanza per un qualcosa più di un racconto. Forse. Non un romanzo vero, no. Magari uno breve. O una novella lunga. Chi vivrà, vedrà. Si spera, leggerà.
ATTENDEREMO DI LEGGERE ALLORA… SICURI CHE PRIMA O POI TORNEREMO A SENTIRE PARLARE DI MATTEO!