Notte di pioggia
Pioggia e buio. La campagna monocroma del riso, metallica e senza intervalli. Un cielo oscurato da nuvole solide, compatte. Soltanto sopra le città, in alcuni punti minimi dell’orizzonte, il grigio delle nubi è scandagliato da una luce violacea.
Le strade che corrono sotto questo cielo e rigano l’immensa pianura come nervature plumbee, restano silenziose, sotto pochi lampioni. Alcune di queste strade si disfano improvvisamente, si decompongono e si fanno polvere, scompaiono nella campagna come minuscole farfalle.
Dentro le cascine ci sono stanze vuote, enormi murature che puzzano di vecchio. Alcune di queste cascine hanno luci di cucine e televisori che brillano dietro i vetri, d’azzurro. Altre sono senza vita, tante piccole Venezie che piangono malinconiche sullo specchio d’acqua che le rispecchia.
Una Mercedes nera. Ancora quella Mercedes nera che la notte successiva alla morte di Anna era entrata a Strella. Lentissima, come una petroliera in un mare scuro, attraversa l’immensa pianura, emettendo solo un soffocato rantolo dal motore. A fari spenti, viaggia come un gatto sotto la pioggia, sulla statale. Si arresta all’imboccatura di Strella, sotto i pioppi. Attende.
L’ombra esce dal fosso e si alza in piedi. Si guarda a destra e a sinistra. Camminando nel corridoio d’erba che costeggia il fossato, si incammina sul sentiero. L’acqua ha reso la stradina di fango. Gli odori attorno sono annullati, solo un umido di pioggia. L’ombra arriva all’altezza della risaia in cui è stato ritrovato il cadavere di Anna. Dà un’occhiata rapida a destra e a sinistra, poi si inginocchia ai margini del campo. Imprimendo le mani nella terra porosa delle risaie, china il busto e porta la bocca alla superficie dell’acqua, ne beve una sorsata. La pioggia scintilla come gocce d’argento su uno specchio. Per un istante, all’ombra era sembrato di bere da una risaia rossa, un’immensa distesa di sangue, una vena aperta sul ventre della terra. L’ombra è lì, in piedi davanti a quello scenario di morte. Nelle mani ha guanti neri, sotto il cappotto luccica un coltello di ghiaccio, di paura, di dolore. L’ombra ricorda le coltellate nella schiena di Anna, con piacere ripercorre nella mente gli istanti della morte della prostituta, prova a mantenere nei ricordi l’espressione di dolore della giovane donna. Il dolore è piacere, il piacere è dolore. La vendetta è morte, buio di vetro che decompone tutto, che assorbe tutto, che a tutto dona immortalità. Un orgasmo attraversa le membra dell’assassino (o assassina). Il buio lo circonda e si impossessa di lui, della sua violenza e del suo rancore.
(17 – continua)