Per la sua scrittura visionaria la critica ha paragonato Roberto Pazzi a grandi autori come García Márquez, Bulgakov, Calvino e Buzzati ed egli ne va giustamente orgoglioso in quanto li considera suoi maestri, ma ama anche Asimov e King pur arrivando al fantastico dalla filosofia.
I suoi romanzi sono tradotti in ventisei lingue e tra le principali testate giornalistiche con le quali ha collaborato vi sono Il Corriere della Sera e Il New York Times, mentre attualmente è opinionista del Quotidiano Nazionale.
Nato in Liguria ma ferrarese di adozione, settanta anni, laureato in lettere classiche ha insegnato nelle scuole superiori e nelle Università di Ferrara e Urbino. Scrittore e poeta, ai suoi libri sono stati tributati i più prestigiosi riconoscimenti italiani, dal romanzo Cercando l’imperatore che nel 1985 è stato Premio Selezione Campiello, alla raccolta di poesie Calma di Vento, Premio Montale nel 1987. Con La Città Volante nel ’99 entrò in finale al Premio Strega, mentre con Il Conclave nel 2001 ricevette il Super Premio Flaiano; e ancora al romanzo L’ombra del padre venne assegnato nel 2005 il Premio Procida Elsa Morante.
Insomma, sono davvero tanti e di valore letterario i libri che Pazzi ha pubblicato sino ad arrivare all’anno in corso, quando con Lazzaro (Edizioni Bompiani 2017, pagg. 224, euro 17) è giunto al ventesimo titolo. Il testo, che sta vedendo il Nostro in tour nel Belpaese, è stato recentemente presentato anche a Matera nella sala meeting di Palazzo Gattini. La serata è stata organizzata dall’associazione Aide Donne 2019.
Nel romanzo alcuni personaggi sono reali e altri virtuali. Tra i protagonisti sono presenti un sedicente tirannicida allucinato, il maestro a riposo Alberto Cantagalli e Leo Bonsi, un tiranno oramai vecchio e stanco. I due sono facce della stessa medaglia, entrambi infatti sono personaggi a loro modo invasati. Nella storia il despota è chiuso tra le mura del suo palazzo, ossessionato da passioni erotiche; mentre Cantagalli nei suoi deliri di onnipotenza si sente impossessato dal maligno. Fra singolari metamorfosi, nella trama faranno anche l’apparizione donne e sante in un serrato confronto fra sensualità e religiosità. Il romanzo, nel quale lo stato di tensione aumenta via via che l’attentatore si avvicina al dittatore è anche una sorta di metafora della politica italiana. L’autore ha spiegato che nella trama il diavolo aiuta anche a riconoscere il bene, in particolare quando trasforma Cantagalli in una mosca che vola nella stanza del tiranno, qui egli vedrà la figura di un vecchio consumato dal tempo, impietosendone.
MA COS’È LA SCRITTURA PER ROBERTO PAZZI?
“Scrivere – ci dice – è un gesto di protesta che va oltre la morte dell’autore il quale deve ricordarsi di rimanere sempre indipendente”.
GLI CHIEDIAMO QUANDO E DOVE CREA…
“Viaggio tantissimo – fa presente – anche per stare dietro i miei libri (ultimamente è stato a Seul, Il Cairo e a San Paolo del Brasile, ndr ) però i grandi viaggi li ho inventati nel mio studio a Ferrara: la letteratura è viaggio!”.
E QUAL È, A SUO PARERE, IL RAPPORTO TRA INTELLIGENZA E IMMAGINAZIONE?
Ci risponde che è molto forte e ritiene che i grandi uomini, che siano scrittori, politici o scienziati senza l’immaginazione “non vanno da nessuna parte”.
INFINE, NON POSSIAMO ESIMERCI DAL FARGLI UNA DOMANDA SULLA LETTERATURA ITALIANA TRA FANTASTICO E REALISMO…
“In una recensione Michele Prisco recensendo il mio romanzo Cercando l’imperatore ha scritto che era Il deserto dei Tartari (di Dino Buzzati, ndr) visto dalla parte dei Tartari. Secondo me questa definizione è molto azzeccata. Buzzati è il maestro del fantastico e della metafisica in Italia, in una narrativa impregnata da una propensione moraviana al realismo. Buzzati – conclude Pazzi – ha rappresentato il trionfo della vena fantastica e metafisica, dell’ucronia, di tutto ciò che è lontano dal reale, di quello che non verrà mai e in questo io mi riconosco!”.