La stazione di notte
La pianura è un gigante sonnolente, con le braccia divaricate come un immenso aquilone, atona. I binari del treno la segano come la zip di un cappotto scuro. Nuccio è seduto su una panchina contro il muro della stazione ferroviaria di Olcenengo. E’ notte fonda, senza nubi. Nuccio sta provando a pensare alla trama di La croce delle sette pietre, ma non ci riesce, non è serata. Un blocco allo stomaco, come se avesse mangiato la peperonata. Le ore stanotte sono soltanto conchiglie chiuse.
Parecchio più avanti sulla linea dell’orizzonte, compare un treno. Come un serpente silenzioso, corre lungo la pianura con il suo baraccone di luci.
- Wroooom -
Nuccio riapre gli occhi quando l’aria mossa dal treno ha smesso di battergli in faccia. Questa notte i paesi non sono tanti piccoli mondi misteriosi, da spiare furtivamente, mentre i loro guardiani diurni dormono. Nuccio sente soltanto un grande senso di inutilità, che si allarga senza incontrare ostacoli.
- Non abbiamo più gli stessi turni – pensa fra sé, con un sorriso triste.
Quando Anna era ancora viva, a Nuccio piaceva pensare che loro erano i soli a lavorare di notte, nelle stesse ore, entrambi a prostituirsi per portare a casa la pagnotta. Per lui il lavoro era stato sempre questo: una punizione, un doversi vendere perché così vanno le cose. Nessuna possibilità di redenzione, ma solo una lunga ripetizione obbligata. Lui e Anna a combattere contro la società, contro la vita, durante la notte. Erano solo pensieri infantili, in fondo.
- Sono solo – si dice guardando le luci di Vercelli.
Infila le mani nelle tasche, tira fuori un pacchetto di Lucky Strike e accende una sigaretta. Dà un paio di tiri e distende le gambe. Un nuovo treno compare all’orizzonte.
Un rumore si alza alle spalle del guardiano notturno. Nuccio si alza dalla panchina, con lo sguardo indaga alle sue spalle, dietro i cespugli, nella notte che si staglia indifferente tutt’attorno.
-Sarà stata una lepre – prova a tranquillizzarsi.
Eppure, qualcosa lì attorno c’è, che si muove nell’ombra, che lo osserva, che lo spia. Una sagoma nascosta nel buio della campagna lo tiene d’occhio, non lo lascia in pace, annota nella mente ogni suo spostamento. E il guardiano notturno non può muoversi da lì, dal suo odiato ed inutile lavoro, deve restare in balia di quelle ombre che si dimenano nel buio.
(21 – continua)