Milano è la vita
E’ già tardo pomeriggio quando Mara decide di uscire di casa per staccare un po’. I lavori sono proseguiti per tutta la giornata e ormai sono praticamente giunti al termine. Il cielo illumina la strada con la sua luce obliqua e tutti i campi sono tanti piccoli specchi arancioni. Chiude la porta di casa e si avvia verso la trattoria. Arriva ai tavoli fuori dal locale e si siede. Dopo qualche secondo arriva una voce dalla porta della trattoria.
- Le porto? – fa l’avventore.
- Un caffè – risponde la ragazza di Milano.
Mara prende un quotidiano appoggiato sul tavolino vicino e comincia a sfogliare le pagine, senza troppa attenzione.
Sulla strada compare la Micra di Gianni, che arriva alla trattoria e accosta. Saluta con un cenno la ragazza e spegne il motore, scende dalla macchina e si incammina al tavolo.
- Ciao Gianni. -
- Ciao, posso? – indicando la sedia.
- Certo, siediti – la ragazza piega il giornale e lo appoggia su una sedia.
Gianni ordina uno spritz all’avventore. Ha due occhi elettrici che gli ballano da ogni parte: il bidello è palesemente emozionato.
La forestiera ha i capelli che le incorniciano il viso come nel ritratto della Gorgone. Profuma di Dior, la sua pelle è fresca come le lenzuola appena ci si infila nel letto. Con quel suo fare scattoso e ritmato, possiede poi dei momenti di quiete, in cui espande il suo fascino, come un tramonto dopo il temporale.
- Finito di lavorare? -
- Sì, per oggi ho dato – risponde Gianni con un sorriso – e tu, con la casa? -
- Guarda, dovrei aver praticamente finito – Mara beve il caffè – ora non resta che sperare. -
- In quanto conti di venderla? -
L’avventore della trattoria posa sul tavolino lo spritz con alcune pizzette.
- Il prima possibile. Anche se temo le cose andranno per le lunghe. -
Il bidello vorrebbe afferrare la mano di Mara, dirle qualcosa di carino, fare colpo. E, soprattutto, supplicarla di non partire.
- Ti manca Milano? -
La ragazza muove in su e in giù il capo, con un sorriso allungato.
- Tanto… – si chiude un po’ nelle spalle – Da quando è morta Anna questo posto non lo trovo più tanto sereno. -
- Ha impressionato anche te la sua morte? -
Mara fa un cenno con il capo, abbassando lo sguardo a terra. Vorrebbe parlare a Gianni liberamente, dirgli le sue sensazioni. Raccontargli di quegli strani rumori, della paura di dormire sola la notte che la tormenta da alcuni giorni. Ma non ci riesce. La ragazza ha paura a parlarne a qualcuno del paese. Le sembrerebbe di insinuare qualche calunnia nei confronti di tutta la comunità. E, forse, quelli del posto non prenderebbero le sue parole alla leggera. Una straniera che arriva e che fa strane insinuazioni… Come si permette? E poi a Mara gli abitanti di Strella sono sembrati fin dal primo giorno un gruppo omogeneo, compatto. Una piccolissima comunità arroccata nelle sue quattro case, tra i suoi quattro campi, timorosa del di fuori.
E lei, cos’era per loro se non l’elemento esterno, l’intrusa? La ragazza aveva cominciato ad aver paura di quel posto e di tutte le persone che lo abitavano.
- Beh, è normale – risponde Mara. Posa la tazzina del caffè nel sotto tazza e afferra la borsa.
- Gianni, io vado a mangiare. -
Gianni alza lo sguardo al viso della ragazza. Una voglia di fermarla, di chiederle se può cenare con lei.
- Buon appetito – è tutto quel che riesce a dirle.
Quando il cellulare attacca a suonare, Cri è disteso sul letto, le mani incrociate dietro la nuca, guarda la televisione.
- Pronto? -
- Sì, pronto, Cri, sono Mara, scusa se disturbo a quest’ora… -
- No, nessun problema. Come stai? -
- Avrei un altro problemino alla casa… – dice Mara con una voce impostata, che ricalca quella di una ragazzina indifesa – … Mi rendo conto che a quest’ora, ma… -
- No, aspetta – Cri si mette seduto sul letto – non è l’ora che mi dà problemi… -
- Elisa – lo interrompe – sì ti capisco, potrebbe pensare chissà che. -
- Beh – sorride il giovane fannullone.
- Ma se passi per i campi, chi ti vede? -
Cri resta un attimo in silenzio.
- Sì, in effetti… -
- Mica le fai chissà che torto. -
Cri tira dietro di sé la porta di casa, guardandosi attorno fiancheggia il muro sulla sinistra, fino ad arrivare ad una fila di pioppi. Qui scavalca un cumulo di mattoni e si immette su un sentiero che corre lungo il retro della cascina e costeggia poi tutto il perimetro del paese. Un ballatoio di terra porosa come il volto di una vecchia, immerso nel buio. Sente addosso una strana sensazione, un formicolio che proviene dalle palme dei piedi e risale lungo tutte le gambe. Gli sembra di essere tornato ai tempi delle superiori, una folata di energia lo attraversa impetuosa.
Quando arriva all’altezza della casa di Silvia Giacomina, prende il cellulare e fa uno squillo a Mara. Dopo qualche istante, da una porticina sul lato esterno della casa, compare la ragazza.
- Cri, vieni! Madonna se è buio qui! -
Cri segue Mara dentro casa. Quando la porta si chiude, si sente di colpo rincuorato.
- Eccomi, il tuo salvatore! – le fa con un inchino.
- Sei un tesoro Cri! – la ragazza allarga la bocca e scuote a destra e a sinistra la testa, come fosse una cinesina in un film – Dai, vieni di là che prima ti offro da bere. -
La cucina è illuminata da un faretto appeso al muro. La ragazza si avvicina al frigorifero e si porta la mano alla bocca.
- Allora… Abbiamo birra, succo, oppure posso farti un caffè. -
- E allora scelgo una bella tisana – le risponde con la voce allegra.
La ragazza mette a mollo nell’acqua bollente un infuso al garofano, poi versa l’acqua in due tazze da colazione.
- L’hai rimessa a nuovo! -
- Mah, non mi pare chissà quale lavoro – mentre zucchera le tisane.
- No, invece è tutta un’altra cosa. Quindi ora vendi e torni a Milano… -
La forestiera ascolta le parole del giovane milionario con una fiducia rinnovata. Vendere e tornare a Milano: sarebbe tutto quello che desidera. Invece, la ragazza ha paura che le cose si protrarranno ancora a lungo. E lei dovrà restare ancora a Strella per un po’, con quella paura che ha ormai di restare sola, di dormire senza qualcuno accanto. Da quando quei rumori strani continuano a perseguitarla…
- Già – si limita a dire Mara.
Il giovane fannullone fa su e giù con la testa, contemplando le pareti ridipinte e i mobili ripuliti dalla mercanzia.
- E tu sempre qui a Strella… – dice la ragazza portando gli occhi sul volto di lui.
Cri sente quegli occhi e gli piacerebbe poterle dare una risposta che la stupisca. Ma non ha assi nella manica, non ha niente di straordinario da inventarsi.
- Noi sempre qui – dice allargando le braccia.
Lei abbassa lo sguardo e sorride un po’, con aria meditativa.
- Milano dev’essere tutt’altra cosa…
Mara solleva le spalle, poi le fa cadere di colpo.
- Milano è la vita. -
- Hai proprio voglia di tornare, vero? -
La straniera avverte un bisogno intimo di confidarsi. Vorrebbe trovare in lui la persona che la capisca, che la aiuti in questa situazione contingente. Non chiede nient’altro che recuperare i soldi della casa e andarsene via, dimenticare Strella, i suoi abitanti e quella brutta faccenda dell’omicidio di Anna. Ma sa che per farlo dovrà restare ancora lì, in quella casa, imprigionata in quella pianura senza luci, lontano da tutto, immobile.
- Mi servono i soldi – dice con gli occhi un po’ umidi.
Cristiano non capisce del tutto il senso di quella frase e di quell’espressione così amara sul volto della ragazza.
- Certo, ti capisco – le dice, poi si alza dal tavolo – mi fai vedere il lavoro? -
La forestiera si scuote come se si risvegliasse dal sonno.
- Ah sì, già, la luce delle scale – indicando con il dito qualcosa nel buio al di là della camera della cucina.
- Sì – Cri è sotto la lampadina, in penombra – hai una torcia? -
- Certo – la ragazza torna dallo sgabuzzino con la torcia e la lampadina di ricambio – scusami ma in queste cose sono una frana… -
Lui prende una sedia della cucina e la piazza sotto la lampadina da cambiare.
- Mi passi anche uno straccio? -
- Sì eccomi. -
Mara torna dalla cucina con lo straccio in mano e, quando arriva di fianco a Cri, glielo allunga. Le mani dei due si incontrano, si strusciano. Lui alza lo sguardo al viso di lei, senza ritrarre la mano. Mara alza lo sguardo lentamente, senza muovere la fronte. La tira a sé e la bacia.
Quando esce dal portone laterale di casa di Silvia Giacomina, è già notte alta. Cristiano si ritrova immerso nel buio più totale. Percorre a ritroso il sentiero dell’andata, quasi a tentoni, quasi a memoria, almeno all’inizio. Quando gli occhi si sono abituati al buio, ha già superato alcune case e cammina spedito, con solo Mara nella mente.
- Tum! -
Un rumore arriva dalle spalle di Cri e risale fino alle sue orecchie, definito e distinguibile tra i tanti rumori della notte. Il rumore di qualcosa che cade e viene attutito dalla terra. Il giovane milionario si gira, lentamente. Alle sue spalle, soltanto il buio. Stringe le palpebre come farebbe un miope senza occhiali. Soltanto il buio.
- Ma chi vuoi che sia? – pensa fra sé.
Eppure, quel rumore è stato talmente nitido e vicino, che è difficile provare a non considerarlo. Il giovane fannullone indaga ancora con gli occhi nel buio. Per alcuni istanti, gli si ferma il respiro in gola: dietro una pianta che si affaccia sul ballatoio di terra, pare esserci una gamba, come se qualcuno fosse nascosto lì dietro. Cristiano rimane immobile, paralizzato, senza nemmeno respirare. Si aspetta di poter subire un’aggressione da un momento all’altro. E in quegli istanti interminabili, la sua mente corre ad Anna, alle parole di Gianni:
Ma chi ce lo dice che l’hanno ammazzata perché faceva la puttana?
Poi pensa a Mara, alla notte d’amore appena consumata, e al fatto che qualcuno potrebbe averlo spiato, seguito… E forse quel qualcuno è proprio lì, a pochi passi da lui, dietro quella pianta.
Mara è sotto le lenzuola. I capelli le attraversano tutto il viso come rami insolenti. Con una mano li raccoglie e li porta indietro. Si tira su e scende dal letto. E’ in mutande, senza reggiseno. Sulla schiena, poco sopra la scapola sinistra, è ben visibile il tatuaggio di una farfalla. La ragazza scende le scale e arriva in cucina. Apre il frigorifero e prende una bottiglia d’acqua. Ne beve alcune sorsate a canna. Un fremito di vento le arriva sulle gambe. Si gira e vede la finestra della cucina accostata.
- Ma io… – pensa tra sé.
Si avvicina e gira la maniglia, dando uno strattone per controllare di averla chiusa. Poi spegne la luce della cucina e imbocca le scale al buio. Fissando a terra per non inciampare, arriva agli ultimi scalini. La sensazione come se ci sia qualcuno, lì con lei. Alza lo sguardo e la luce della sera che arriva dalla camera da letto disegna una sagoma, in piedi in cima alle scale. Mara sta per gridare, ma la sagoma è a pochi centimetri da lei e la afferra per il collo con un rapido movimento del braccio. La ragazza si sente cadere all’indietro. Un urlo le si spegne nella bocca, come se il buio l’avesse attutito. Gli scalini come delle lame sulla schiena. In un istante, la sagoma nera è su di lei. Un lampo viola, uno squarcio nel fianco sinistro. La sagoma estrae dal fianco di Mara il coltello. Sente uscire qualcosa di immenso dalle sue viscere. Un dolore largo e profondo al centro del petto, una seconda coltellata. L’ultima cosa che Mara vede è il buio assoluto su di lei.
(23 – continua)