Biografia di un regista di genere
Umberto Lenzi nasce a Massa Marittima, in provincia di Grosseto, il 6 agosto 1931 e nella sua carriera ha fatto il regista, lo sceneggiatore e lo scrittore, occupandosi di vari generi in maniera trasversale: fantasy, cannibalici, horror, poliziotteschi, noir, gialli, commedie, bellici, cappa e spada…
Tra i suoi pseudonimi troviamo Hank Milestone, Humphrey Humbert o Harry Kirkpatrick, come era consuetudine fra gli anni Sessanta e gli Ottanta per dare alle pellicole una parvenza internazionale.
Lenzi si diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1956 e il suo saggio di diploma è un cortometraggio intitolato “I ragazzi di Trastevere”, una storia pasoliniana su un gruppo di ragazzi del popolare quartiere romano. In seguito il neo-regista inizia a collaborare con riviste cinematografiche come “Bianco e Nero”, prima di esordire come aiuto regista in film come “Il terrore dei mari”.
Nel 1961 firma la sua prima regia cinematografica (esclusa la parentesi di un film girato in Grecia nel 1958 che però non trova distribuzione): si tratta del film di cappa e spada “Le avventure di Mary Read”. In seguito Lenzi si dedica alla rilettura dei classici salgariani, firmando tra gli altri: “Sandokan, la tigre di Mompracem” (1963) interpretato da Steve Reeves e “I pirati della Malesia” (1964) in cui, durante le riprese, viene sorpreso dallo scoppio della guerra civile che porta al distacco di Singapore dalla Malesia.
Seguendo l’onda delle nuove tendenze cinematografiche, sfrutta di volta in volta il fenomeno filmico del momento. Ed è sull’onda del successo della serie di James Bond 007, che in due anni gira ben quattro film di spionaggio, tra cui “A 008, operazione Sterminio” (1965) e “Superseven chiama Cairo” (1965).
Nel 1966 dirige il primo film tratto da un fumetto italiano, “Kriminal”, mentre nel 1968 mette in scena una sceneggiatura del giovane Dario Argento avvalendosi di una produzione Titanus decisamente ricca; il titolo è “La legione dei dannati”, una sorta di rilettura de “I cannoni di Navarone” (1961). Rimane poi sul genere bellico – uno dei suoi preferiti – anche col film “Attentato ai tre grandi” e nel 1978 gira negli Stati Uniti il film “Il grande attacco”, interpretato da attori come Henry Fonda, Helmut Berger e John Huston. Nel 1979 con lo pseudonimo di Hank Milestone, gira “Contro quattro bandiere”, una coproduzione italo-franco-spagnola con George Peppard e Horst Buchholz.
Lenzi in seguito si specializza nel giallo all’italiana, inventando un sotto-genere, quello del “giallo erotico italiano”, che in seguito egli stesso definirà “thriller dei quartieri alti”, firmando la trilogia composta da: “Orgasmo” (1969), uno dei film più venduti negli Stati Uniti in quel periodo, “Così dolce… così perversa” (1969) e “Paranoia” (1970), tutti interpretati dall’ex stella hollywoodiana Carroll Baker. In tutti questi combina erotismo, psicologia e intrighi del mondo della nobiltà.
Nei primi anni Settanta, dopo la rilettura del thriller argentiano ad opera di vari cineasti, anche Lenzi decide di inserirsi nel filone con ben cinque film: “Un posto ideale per uccidere” (1971), “Sette orchidee macchiate di rosso” (1972), “Il coltello di ghiaccio” (1972), “Spasmo” (1974) e “Gatti rossi in un labirinto di vetro” (1975). Tutti seguono più o meno fedelmente il modulo argentiano, a differenza di “Spasmo”, il quale predilige calcare terreni più introspettivi e psicologici.
Nel frattempo, il regista si cimenta anche in un genere inedito, il “cannibalico”, da lui inventato col film “Il paese del sesso selvaggio” (1972).
Conseguentemente alla nascita del genere cinematografico italiano denominato “poliziottesco” col film “La polizia ringrazia” (1972) di Steno, Lenzi trova finalmente il suo terreno più fertile, risultando il più prolifico cineasta di questo genere e firmando alcune tra le più apprezzate – più dal pubblico che dalla critica – opere del decennio; tra queste vanno sicuramente citate: “Milano odia: la polizia non può sparare” (1974), un film violento e atipico incentrato sull’ascesa criminale di un viscido delinquentello interpretato da un Tomas Milian in stato di grazia e altri due polizieschi molto violenti come “Roma a mano armata” (1976), con la coppia Milian e Maurizio Merli, e “Napoli violenta” (1976), quest’ultimo capace d’un incasso record di 60 milioni di lire solo nel primo weekend di programmazione, con protagonista ancora Merli il quale, non controfigurato, si prodiga, tra l’altro, in un lungo e spettacolare inseguimento sopra la funicolare del rione di Montesanto (Napoli).
In particolare, con l’attore cubano Milian, Lenzi crea un duraturo e fruttifero sodalizio che contribuisce alla riuscita di molte pellicole, fra cui “Il giustiziere sfida la città”. Insieme a Milian, inoltre, il regista inventa anche il personaggio di Er Monnezza, simpatico e furbo ladruncolo borgataro, che appare in “Il trucido e lo sbirro” e “La banda del gobbo”, fino al piccolo tradimento che Milian fa nei confronti di Lenzi, interpretando sempre Er Monnezza nel film di Stelvio Massi, “La banda del trucido”. In seguito a questo avvenimento, i rapporti tra i due artisti si incrina, producendo di fatto la scissione del loro sodalizio cinematografico.
Lenzi contribuisce anche al grande successo di Maurizio Merli, presenza costante nei suoi polizieschi nel ruolo del commissario tutto d’un pezzo, in film come il già citato “Napoli violenta” e “Il cinico, l’infame, il violento”.
I polizieschi di Lenzi sono molto duri e violenti, ma non manca mai l’ironia mordace tipica di questo regista.
Giunto ai primi anni Ottanta, Umberto Lenzi decide di seguire le orme dei più noti cineasti italiani di genere come Lucio Fulci e Dario Argento, cercando il successo nel genere horror. Il primo titolo è “Incubo sulla città contaminata” (1980), film in particolar modo venerato da Quentin Tarantino, in cui degli uomini contaminati da radiazioni si trasformano in una sorta di cannibali assassini quasi indistruttibili – «Non sono zombi!» ha tenuto più volte a sottolineare Lenzi. È un film che, chiaramente ispirato a “Zombi” di Romero, possiede però una sua originalità, più volte citata in opere future dedicate all’argomento.
Nell’anno successivo, sulla scia di “Cannibal Holocaust” (1980) di Ruggero Deodato, dirige “Mangiati vivi!”, film dedicato ai cannibali che riscuote un discreto successo all’estero e che lo spinge a realizzare “Cannibal Ferox” (1981), pellicola di punta della sua “trilogia cannibalica”, che però ottiene bassi incassi (400.000 dollari nella prima settimana a New York) e diventa fra le altre cose anche uno dei film più censurati al mondo a causa di alcune scene di violenza reale perpetrata su animali esotici.
A fine del decennio torna al genere thriller/horror con “Nightmare Beach” (1988), una produzione minore girata negli Stati Uniti, gemella di un’altra pellicola scritta e co-diretta insieme a Vittorio Rambaldi, “Rage – Furia primitiva” (1988). Successivamente dirige altri film horror tra cui “La casa 3 – Ghosthouse” (1988), seguito apocrifo della serie de “La casa” di Sam Raimi, prodotto da Joe D’Amato e sempre girato negli Stati Uniti; “Paura nel buio” (1989) e il film a basso costo “Le porte dell’inferno” (1990), ultimo film interpretato dall’attore Giacomo Rossi Stuart.
Lo stesso anno Lenzi viene contattato da ReteItalia che gli commissiona un paio di film TV (altri due vengono richiesti a Lucio Fulci), aventi per soggetto le “case maledette”. Il risultato, nonostante il budget ridicolo e un cast non propriamente eccelso a disposizione, è comunque dignitoso. I film sono: “La casa del sortilegio” (1989) e “La casa delle anime erranti” (1989) in cui appare, nei panni di una giornalista, la presentatrice-ecologista Licia Colò. Questi due film rappresentano anche le sole occasioni in cui il regista abbia lavorato per la TV.
Sempre negli Ottanta, Lenzi firma molte pellicole di vario genere, fra cui la commedia con Donatella Rettore “Cicciabomba” (1982); un film della serie apocrifa di Pierino (“Pierino la peste alla riscossa”, del 1982 con il comico toscano Giorgio Ariani come protagonista); l’avventura fantastica “La guerra del ferro – Ironmaster” (1983) scritto sulla falsariga di “Conan il barbaro”; e il bellico “I cinque del Condor” (1985). Nel secondo lustro degli anni Ottanta dirige “Un ponte per l’inferno” (1986) e “Tempi di guerra” (1987), due film di guerra girati in Jugoslavia.
L’ultima parte della sua carriera è destinata al cinema di esportazione per i mercati minori, con pellicole discrete come “Obiettivo poliziotto” (1989), “Caccia allo scorpione d’oro” (1991) e “Demoni 3” (1991) noto anche come “Black Demons”, terzo capitolo non ufficiale della serie horror inaugurata da Lamberto Bava.
Il suo ultimo film è “Hornsby e Rodriguez – Sfida criminale” (1992), girato in parte negli Stati Uniti e in parte a Santo Domingo. Un’invenzione dei produttori è invece il film “Sarajevo, inferno di fuoco”, uscito nel 1996 direttamente per l’home video, che combina inserti e scarti di “Obiettivo poliziotto” e di “Un ponte per l’inferno” al fine di sfruttare l’evento mediatico della guerra nei Balcani.
Ritiratosi dal mondo dello spettacolo assieme alla moglie Olga Pehar, segretaria di produzione e attrice di alcuni suoi film, decide di pubblicare alcuni romanzi gialli, ottenendo un buon successo; successivamente ha collaborato con la rivista cinematografica italiana “Nocturno”, dove ha tenuto una sua rubrica.
Nel 2016 esce la prima biografia, che parla della vita politica, sociale e professionale di Umberto Lenzi, un libro che ripercorre il vissuto del Maestro, da quando, negli anni Cinquanta, si affacciava al mondo culturale, fondando e gestendo il circolo cinematografico della sua città, dove riuscì a portare autori eccellenti come: Vasco Pratolini, Pietro Germi, Federico Rossellini, che scelsero Massa Marittima, anche per proiettare le loro prime, tra le quali citiamo “Il ferroviere”. Nella sua esperienza culturale giovanile, Lenzi incontrò Carlo Cassola e Luciano Bianciardi, coi quali collaborò alla fondazione di altri circoli cinematografici, fu partecipe alla scrittura di saggi e soprattutto alla protesta a seguito della strage mineraria di Ribolla. Poi la partenza verso Roma, per il Centro Sperimentale di Cinematografia, che nonostante le difficoltà ha fatto la fortuna professionale di Umberto Lenzi. Tutto questo nel libro “Una vita per il cinema – L’avventurosa storia di Umberto Lenzi regista” di Silvia Trovato e Tiziano Arrigoni.
Come scrittore Umberto Lenzi ha ideato la figura letteraria di Bruno Astolfi, detective privato antifascista che si muove nel mondo del cinema dei telefoni bianchi per risolvere intricati delitti. Nei romanzi di Lenzi si respira l’aria greve dei primi anni Quaranta, segnati dalle pesanti tragedie belliche, mentre sullo sfondo il mestiere e la conoscenza del patinato mondo del cinema dell’autore riecheggia nelle puntuali ricostruzioni di set storici e nelle efficaci descrizioni di registi, attori e comparse.
Il personaggio è il protagonista di “Delitti a Cinecittà” (2008), “Terrore ad Harlem” (2009), ambientato sul set di “Harlem” di Carmine Gallone (1943), “Morte al Cinevillaggio”, ambientato a Venezia nella città del cinema voluta dalla Repubblica di Salò e “Il Clan dei Miserabili” (2014), ambientato appunto sul set de “I miserabili” di Riccardo Freda (1948).
Negli anni che vanno dal 1942 al 1945 sono ambientati i romanzi che compongono la quadrilogia Roma assassina edita in maniera sperimentale in formato digitale nella collana “Rizzoli First”. Ne fanno parte: “Roma assassina”, “Carte in regola”, “La guerra non è finita” e “Spiaggia a mano armata” (2012). Quest’ultimo è stato dato alle stampe anche nel più tradizionale formato cartaceo.
Nel 2015 ha infine pubblicato “Cuore criminale” per Golem Edizioni, un romanzo ambientato negli stabilimenti di Cinecittà appena ristrutturati dopo le vicende belliche. La trama si svolge durante le riprese del film “Cuore” di Duilio Coletti (1948), tratto dall’omonimo libro di Edmondo De Amicis.
Il 19 ottobre 2017 Umberto Lenzi muore a Roma, dopo una lunghissima carriera ricca di successi.
(1 – continua)