LA STREGA DI BARATTI

Nel parco archeologico di Baratti e Populonia, in provincia di Livorno, è stata fatta qualche anno fa una scoperta che cela una storia carica di inquietudine e mistero.

Tutto ebbe inizio quando gli archeologi iniziarono dei lavori di scavo alla ricerca della tomba di San Cerbone, vescovo di Populonia, vissuto nei tempi in cui i Longobardi invasero le terre di Toscana, quando in quei luoghi comandavano gli Etruschi.

La ricerca dei resti del santo si è però tramutata in un ritrovamento eccezionale, che testimonia, con buona probabilità, un antico esorcismo del XIII secolo. Le operazioni di scavo hanno infatti portato alla luce una tomba contrassegnata con l’etichetta S64. Al suo interno il ritrovamento ha sorpreso gli archeologi: infatti era stata sepolta una donna con sette chiodi inseriti all’interno della cavità orale, alcuni dei quali ricurvi. Un’operazione probabilmente retaggio di antichi riti apotropaici diffusi nella zona, famosa per la lavorazione del ferro e del rame.

L’analisi dello scheletro di quella che è stata ribattezzata la strega di Baratti ha svelato dettagli particolarmente impressionanti: lungo tutto il corpo sono stati rinvenuti i segni di una vera e propria crocifissione avvenuta post portem. Un numero notevole di chiodi, almeno 13, sono stati piazzati sui piedi, nel femore, nella clavicola e negli spazi intercostali. Il messaggio simbolico appare fin troppo chiaro: gli abitanti del posto hanno voluto esser sicuri che la donna, ritenuta evidentemente una strega, non ritornasse dall’oltretomba a terrorizzare gli abitanti della zona. Il mancato ritrovamento di tracce di legno, indizio che la donna è stata sepolta nella nuda terra, rafforzano tale tesi.

Non si spiegano però i motivi per cui le sia stato concesso il privilegio di essere sepolta nella terra consacrata, il ritrovamento, infatti, è stato effettuato in un vecchio cimitero, a pochi passi dalla chiesa di San Cerbone. Forse, ipotizzano gli archeologi, doveva essere membro di una famiglia influente che fece valere il proprio potere per ottenere una sepoltura su terreno consacrato, a patto di prendere le dovute precauzioni contro una creatura reputata, probabilmente a causa di una qualche forma di malattia mentale, vicina al maligno.

Durante il Medioevo essere considerati adepti delle forze del male non era affatto raro, bastava anche solo interessarsi allo studio di erbe per esser reputati adoratori del maligno. Donne non in linea con gli usi e costumi del tempo, che non avevano timore di esternare la propria opinione o addirittura inviare invettive contro le autorità, erano etichettate come streghe e come tali punite.

A cura della redazione