Mary Blindflowers è una scrittrice sperimentale, di matrice surrealistica, con già diverse pubblicazioni letterarie, anche saggistiche, alle spalle: originaria della Sardegna, ha vissuto a Roma a lungo, da qualche tempo si è trasferita a Londra in Gran Bretagna, dove ha esordito anche come pittrice con alcune mostre. Cura i blog “Destrutturalismo” e “Antiche Curiosità”, segnalato il primo anche tra i blog letterari più interessanti e “critici” letterari.
Il suo libro LA STELLA NERA DI MU potrebbe essere anche fantascienza per alcuni topos, tuttavia esita più prossimo a certo diversamente fantasy caratterizzato dallo stile della scrittrice, molto curata nel linguaggio e la parola persino virtuosa a suo modo e anche da combinatorie echi del linguaggio sperimentale delle avanguardie storiche, come già accennato quella surrealista in primis.
Il volume, uscito lo scorso luglio, è edito da una interessante nuova casa editrice scozzese “Black and Wolf”, in italian edition, attenta alla nuova letteratura italiana controculturale (con altri autori italiani in catalogo).
LA STELLA NERA DI MU, FANTASCIENZA DESTRUTTURALISTA?
“La Stella Nera di Mu” non è fantascienza, non è fantasy, non è nemmeno facilmente inquadrabile in un genere preciso, si tratta di letteratura onirica e metafisica, da non confondere col fantasy, che ha struttura e composizione estremamente differenti. Si usa il simbolo per raccontare la verità attraverso una storia inventata, una “bugia” narrativa. Come recita la sinossi, “La Stella Nera di Mu” è un loop. In un certo senso è un romanzo atemporale senza capo né coda, perché il capo corrisponde alla coda in un circolare ritorno, in un processo identificativo in cui perfino il tempo si personalizza, fermandosi su uno scranno ad osservare gli eventi.
La polpa di quest’immagine tonda è data da plurimi polisemantici universi contenuti uno dentro l’altro che poi pervengono a risultati speculari. Il protagonista è l’anarchia, elemento principe della narrazione su cui s’innestano i vari personaggi come spilli su un cuscino.
La trama è misticanza di surreale e realtà del passato e del presente. Tali rappresentazioni appaiono deformate in simboli riferiti costantemente ad un oltre metafisico che acquisisce carne e sangue come entità reale sia pur extraumana. Il movente dell’azione è il potere in nome del quale si versa sangue innocente. La storia si dilata nello spazio temporale di una potenziale caduta sulla Terra di Sopra che offrirà occasione e strumento per cantare la canzone di Mu e della sua capitale Dailorg, roccaforte della libera Terra di Sotto i cui abitanti possono morire, ma non invecchiano mai perché le cose eterne non mutano nel senso tradizionale del termine.
Il male, incarnato dallo stregone che batte le rane, violerà con l’arte della magia nera, attraverso la porta del dubbio, il parallelismo tra i mondi. Il perlaceo sentiero delle Grandi Madri generatrici di Mu, tremerà all’insediarsi di un ordine fallocentrico e statalista, i cui soldati saranno schiere di morti. La resistenza muana, tuttavia, svelerà risvolti imprevisti, superando l’Inconoscibile Oltre fino alla prospettiva filosofica dell’antimateria:
“Lo spettacolo inizia. Il tempo che un corpo impiega a cadere dall’alto. Tanto dura questa storia. Luce cadendo guarda l’asfalto e sotto l’asfalto vede la terra scura e sotto l’umido della terra sente i passi della sua gente, i fiati caldi, le parole e i pensieri. Mu, un universo speculare, misterioso brulicante di anime, un suolo invaghito di libertà. Mu, l’eterna, la Terra di Sotto, lo spazio del bianco e del nero”.