PROFONDO ROSSO: UN MUSICAL POCO ROSSO… SANGUE

Chi ha amato il film del 1975 farà fatica ad apprezzare la versione teatrale di “Profondo Rosso”, e non tanto per alcuni problemi tecnici occorsi alla prima nazionale al Teatro Coccia di Novara (prevalentemente relativi al sonoro: troppo forte e rimbombante all’inizio, da non permettere di comprendere le parole delle canzoni, poi addirittura “mancante” nel microfono della protagonista femminile, costretta a cantare abbracciata a Michel Altieri per usufruire del suo), peraltro ovviati con prontezza dagli stessi attori in scena, quanto per il tipo di approccio utilizzato per avvicinarsi al super-cult thriller di Dario Argento. In poche parole, quel che manca completamente in questa versione è proprio la suspance… e il sangue. Vero è che forse non sarebbe stato possibile ricreare le atmosfere della pellicola e soprattutto riproporne la violenza visiva, specie in uno spettacolo teatrale aperto a tutti, ma bisogna comunque considerare che si ha a che fare con “Profondo Rosso”, che fin nel titolo evidenzia particolari caratteristiche imprescindibili. Altro dato da considerare è la notorietà dell’opera (insomma, tutti sanno già chi è l’assassino) e quindi risultano poco felici gli interludi del coro (formato da tre esseri soprannaturali mascherati, evidente omaggio alle “tre madri” di Dario Argento, raccontate in “Suspiria”, “Inferno” e in “La terza Madre”) che cerca di tenere in punta di forchetta il pubblico, esasperando l’attesa per una conclusione chiarificatrice che la maggior parte degli spettatori senz’altro già conosce (e qui sarebbe stata necessaria una versione che riservasse per lo meno un inedito, diverso finale). Essenzialmente la trama è la stessa del film, fatte salve poche modifiche: un misterioso assassino dal passato nascosto, identificato dai poteri mentali di una medium, elimina tutti coloro che possono portare al suo riconoscimento, fermato infine da un giovane cantante rock e dalla compagna giornalista. La versione teatrale risulta più rivolta ad un pubblico adolescente che ad uno maturo, la sottotrama soprannaturale con i fantasmi delle vittime che addirittura si prendono una vendetta finale sul loro assassino (assente nel film) sembra scarsamente attendibile. Le canzoni stesse, in italiano ed in rima, offrono testi il più delle volte banali, che azzerano la tensione piuttosto che alimentarla, la stessa celebre colonna sonora dei Goblin, che identifica “Profondo Rosso”, viene utilizzata su balletti che sembrano più riempitivi che altro, le scene con gli omicidi sono davvero troppo goffe ed edulcorate. Peccato, perché di buono qualcosa c’era: prima di tutto l’adesione degli attori nei loro ruoli, la bellissima scena del funerale ebraico di una delle vittime, poi l’idea di ambientare la storia in un teatro (facendo anche tentativi di metateatro, con Altieri seduto tra gli spettatori chiamato in scena dal pubblico, l’intervento dei poliziotti in corsa nel corridoio centrale della platea), gli azzeccati riferimenti al Grand Guignol parigino (il teatro degli orrori, in cui venivano presentate ogni sorta di nefandezze criminali), che forse poteva essere utilizzato come elemento trainante per questa versione di “Profondo Rosso”, con più coraggio e sperimentazione. Insomma, questa edizione teatrale del film non è certo per “puristi”, come hanno testimoniano molti presenti in sala, e forse meritava un differente tipo di approccio, che non ne banalizzasse le caratteristiche principali, anche nell’ottica della riproposta alle nuove generazioni.
18/11/2007, Michele Tetro