L’ascensore aprì le porte di scatto senza emettere neanche un fruscìo. Un uomo e una donna entrarono nella bocca spalancata della cabina.
- A quale piano va? Chiese l’uomo.
- All’ottavo, grazie. Disse la donna, che sembrava andare piuttosto di fretta.
Lui, disinvolto, la osservò per un attimo: la minigonna a fiori che le fasciava i fianchi lasciava intuire le sue forme; la lunga chioma nera le incorniciava la scollatura sulla camicetta bianca, generosamente sbottonata sul seno.
La donna si voltò verso lo sconosciuto: era proprio un bel tipo, in giacca e cravatta, alto e slanciato. Gli occhiali dalla montatura spessa ma non ingombrante lo facevano assomigliare a Christopher Reeve in “Superman”. Gli rivolse un sorriso fra il civettuolo e lo stupìto.
Lui prese la palla al balzo: – Eh, anche stasera mi toccano gli straordinari…
- Ah, sì? Poverino! Disse lei con aria triste.
Lui le fece un sorriso. Poi premette i tasti: prima l’8, poi l’11.
- …Lavorare a quest’ora di notte… E di sabato per giunta…
- Poverino! Ripeté lei. Le porte intanto, silenziosissime, si erano chiuse.
- Eh, già… Continuò l’uomo. – …Salgo in ufficio. Su all’undicesimo piano. A rivedere alcuni conti. Domani sarà una giornata campale… E lei? Dove va di bello a quest’ora? Scommetto che è di ritorno da una serata con gli amici…
- Ha quasi indovinato… Disse lei. – …Non torno da una serata, ma ci sto andando adesso. E’ la festa di una mia cara amica. Su, all’ottavo. Sono in un ritardo tremendo!
La donna sollevò il braccio sinistro e guardò l’orologio da polso.
- Toh! Si deve essere scaricata la pila! Che strano… Non funziona…
Lui riattaccò discorso: – Ecco perché non l’avevo mai vista finora! Era impossibile che non mi ricordassi di lei! Lei gli regalò un grande sorriso, che lui ricambiò immediatamente.
D’un tratto, però, arrivo il black out e la luce al neon si spense. Anche l’ascensore si fermò di colpo. – Ma che succede? Disse lei.
- Accidenti… Fece lui. E dopo un paio di secondi: – …Non è possibile!
- Cosa non è possibile? Chiese lei con un filo di voce.
- …Che si sia fermato!
- Beh, si è fermato, no? Affermò lei con una punta di ironia. – Cosa le fa pensare… Lo incalzò la donna. – …che una cosa del genere non potesse accadere? Gli ascensori che si trovano in questi palazzi sono dei trabiccoli: sono così vecchi che è già tanto se non cascano giù da soli!
In quel momento la luce al neon tornò. Ma cominciò a traballare in maniera fastidiosa.
- Le dico che è impossibile. Riprese l’uomo.
- …E’ impossibile perché questo ascensore l’ho costruito io! Insieme al mio team di collaboratori… E quindi non è un “trabiccolo” antiquato come ha detto lei, ma è il tipo di ascensore più moderno e tecnologicamente avanzato che ci siano in circolazione! E’ regolato in ogni funzione da dei dispositivi elettronici sensibilissimi, di ultima generazione…
Ci fu una breve pausa. Terminata la quale, la donna decise che forse bisognava scusarsi.
- Va bene… Mi dispiace di essere stata un po’ scortese! Non volevo offendere né lei, né il suo ascensore, né il suo “team di collaboratori”… Disse queste ultime parole con tono un po’ menefreghista. – …Fatto sta che siamo intrappolati qui ormai da qualche minuto e… non succede niente!
- Si calmi per favore… Disse lui, deluso da come si stava sviluppando la situazione.
- Io sono calmissima!
- Sì, volevo dire che non c’è bisogno… (ormai aveva cominciato la frase – tanto valeva finirla) …di… agitarsi. Vedrà che ora sistemiamo tutto.
- Io non mi agito per niente!
L’uomo mise la mano sul quadro comandi e spinse un tasto su cui era raffigurata una campana.
- E’ la richiesta di soccorso. Spiegò lui.
- Ah, bene! Disse la donna mentre tirava un grosso sospiro di sollievo.
- …Anche se non credo che servirà a qualcosa…
- Come? Fece lei, spazientita. – Ma lei ha detto…
- Se l’indicatore luminoso sull’allarme è spento… Tagliò corto lui. – …significa che non funziona. Naturalmente l’allarme è provvisto di una batteria d’emergenza che lo rende operativo anche nel caso in cui manchi la corrente… Ma… inspiegabilmente l’indicatore è spento, e quindi è improbabile che possa funzionare.
- “Improbabile…” Fece eco la donna, senza rendersi conto di aver pronunciato la parola come un automa.
L’uomo estrasse il cellulare da una tasca della giacca. – Non c’è segnale. Annunciò. – Che strano… ieri ho fatto una chiamata mentre ero proprio qui dentro! E ora non va.
La donna tirò fuori il suo telefonino dalla borsetta. – Anche il mio è morto!
Gli occhi dell’uomo improvvisamente si illuminarono: – E il suo orologio? Funziona adesso?
La donna diede un’occhiata, poi alzò il braccio ruotando il polso per mostrargli che nulla era cambiato: – Ma certo che non funziona. Non andava prima. E non va nemmeno adesso!
L’uomo era assorto nei suoi pensieri. Poi disse: – Dev’essere un problema legato alle batterie…
- Mi vuole dire finalmente cosa sta succedendo? Proruppe lei impaziente.
- Ecco… Cominciò a spiegare lui. – …mi spiace davvero molto che questo… contrattempo le rovini la festa, ma…
- Ma? Lo incalzò lei.
- …ma le assicuro che non è colpa mia di tutto questo. Né dell’ascensore! Disse l’uomo con aria quasi soddisfatta. Ci fu un attimo di pausa, durante la quale la donna si portò entrambi i pugni chiusi ai fianchi:
- E di chi sarebbe la colpa, allora?
- Mi ascolti bene… Si impuntò l’uomo. – …Lei non ha sentito i telegiornali negli ultimi giorni? Non ha letto i quotidiani?
- Sì… Certo… Ma che c’entra?
- Anche io me ne ero completamente dimenticato! Proseguì lui.
- Se ricorda bene, hanno parlato di un fenomeno che sta avvenendo proprio adesso sul Sole…
La donna sgranò gli occhi: sì, forse adesso cominciava a capire…
- …Sul sole ultimamente c’è stata una grandissima attività… eruttiva, a seguito della quale un’enorme quantità di detriti sono stati espulsi dalla sua orbita e hanno cominciato a vagare nello spazio… Il “vento solare” ha spinto questi detriti fino da noi, alla Terra, e questi hanno generato un grande campo magnetico che – hanno detto gli scienziati – avrebbe potuto generare interferenze che avrebbero danneggiato, prima i satelliti, e poi anche i computer, i server di Internet e perfino avrebbero potuto bloccare molti apparecchi elettronici…
La donna appoggiò la schiena contro la parete: – Sì, l´ho sentita anch´io questa notizia!
- Mi spiace… Disse lui annuendo.
In quel momento, qualcosa brillò dentro la borsetta della donna.
Una nuvoletta di fumo denso e acre ne scaturì fuori. – Ma che… Fece solo in tempo a dire lei, e subito scagliò la borsetta a terra.
- Deve essere la batteria del suo cellulare! Spiegò lui.
- Adesso sta cominciando anche il mio!
E così dicendo prese il proprio cellulare dalla tasca e tenendolo con due dita lo lasciò cadere.
- Fiuuuuu! (l´uomo fece un fischio) – Era diventato incandescente!
- Aiuto! Iniziò a urlare la donna attraverso la microscopica fessura che era rimasta fra le porte dell´ascensore. – Aiutateci!
Al che, l´uomo decise di imitarla: – Aiuto! Siamo rimasti chiusi nell´ascensore!
- Aiutateci!
Ma nessuno li sentì gridare.
I due tacquero e tesero le orecchie: niente! Nessuno rispondeva alla loro richiesta di soccorso. Per le scale non sembrava esserci proprio un´anima viva.
- E´ un bell´affare… Sospirò lui.
- E´ una disgrazia tremenda! Esclamò lei, mentre se ne stava vicino alla porta, con le orecchie tese a individuare qualsiasi suono che potesse provenire dall´esterno.
Improvvisamente la donna si girò di scatto:
- Cosa crede di fare?
La donna pareva furibonda. L´uomo, preso alla sprovvista, rispose:
- In che senso? Io non voglio… non posso… fare niente!
- Lo sa di che parlo! Cosa ha appena fatto?
- I-io… Disse lui balbettando.
- Io niente!
- Lei ha appena passato una mano fra i miei capelli! L´uomo la guardava esterrefatto.
- Cosa vorrebbe fare? Si vergogni! Lo attaccò lei.
- Ma… ma… veramente io…
- Ci sta provando forse con me, per caso? Cosa crede, che siccome stiamo qui dentro, bloccati, possiamo passare alle vie di fatto? Così… tanto per passare il tempo magari, eh? Lei è un bel porco!
- Ma…
- Stia lontano da me! Urlò lei. – Non osi avvicinarsi!
- Va… va bene… Tentò di placarla lui. – …Comunque le assicuro…
- Cosa? Che non è stato lei, prima? E chi deve essere stato? Un fantasma, forse?
- I-io… non saprei…
- Ecco! Meglio così. Lei non sa! E ora, per favore, smetta anche di rivolgermi la parola, se no le faccio vedere io… Ho fatto un corso di autodifesa, sa?
- Non lo metto in dubbio, ma…
- Aiuto! Ricominciò a strillare lei, stavolta a squarciagola. – Tiratemi fuori di qui!
A quel punto, l´uomo fece di scatto due passi verso di lei. La donna si protesse il seno con le braccia e la borsetta: – Aiuto! Aiuto! Mi vuole violentare!
Ma l´uomo non sembrava avere l´intenzione di avventarsi su di lei: pareva invece che avesse perso l´equilibrio e che i passi in avanti che aveva appena fatto gli erano serviti per riconquistarlo. Durante il brusco movimento in avanti, gli occhiali dell´uomo erano caduti ai loro piedi. D´istinto l´uomo si chinò per raccoglierli. Tastando alla bell´e meglio il pavimento (senza le lenti, non è che ci vedesse proprio un gran che), l´uomo trovò qualcosa che quasi lo ustionò al primo tocco:
- Auuuuu! Gridò. E dalla sua mano cadde nuovamente a terra il cellulare di lei.
Per errore afferrò una caviglia della donna:
- Ahhhhh! Un maniaco! Un maniaco! Strillò quella, e mentre con una gamba cercava di scacciarlo via, schiacciò i suoi occhiali: Crac!
- Ma no! Che cos´ha fatto? Piagnucolò lui, mentre raccoglieva le lenti ( o quel che ne restava) da terra, rimettendosele sul naso. – Ora per merito suo non vedo quasi niente! Adesso è contenta?
- Certo che sono contenta!
- Ma cosa le è saltato in mente di fare? Continuò lui. – Guardi che non la volevo mica aggredire…
L´uomo si rassetto la giacca e si scosse i pantaloni, riconquistando così un po´ della dignità perduta.- …è che… ho sentito… da dietro come una specie… di spinta… e poi qualcosa che mi tirava…
- Non pensi che io creda a questa ridicola scusa! Lo so io che tipo di spinta ha sentito lei! Lo redarguì la donna.
- Ma le ripeto che…
L´uomo non fece in tempo a terminare la frase che cominciò a sentire qualcosa che lo trascinava verso la donna: una forza misteriosa che, lentamente ma inesorabilmente, lo spingeva verso di lei, facendogli percorrere il metro e mezzo scarso che li separava in maniera irresistibile, nonostante che lui si opponesse con tutte le sue forze trascinando i piedi. Ma un fatto ancora più bizzarro fu che anche la donna sentì impadronirsi di lei la stessa forza che la spediva fra le braccia di quell´uomo. Quando i loro corpi alla fine si toccarono, lei gli dette una ginocchiata nelle parti intime:
- Ahi!
L´uomo cacciò un urlo disperato.
- Così impari! Pervertito!
- Ma che pervert… Cominciò a dire lui con un filo di voce. A quel punto la donna schizzò indietro, attaccandosi come un ragno alla porta sbarrata: era così esausta e incollerita che non riusciva più neanche a parlare. L´uomo, dal canto suo, si portò le mani all´inguine. Una lacrima gli colò giù da una guancia.
Lei continuò per qualche secondo a fissarlo in silenzio. Quando si fu un po´ ripreso e la vista, pur annebbiata dalle lenti mezze rotte, gli fu tornata, si mise a osservare meglio la sua assalitrice.
- Perché mi sta facendo questo? Perché ce l´ha con me?
Ci fu un attimo di silenzio interlocutorio.
- Io… Disse lei. Ma non seppe andare avanti. L´uomo si comportava davvero come se fosse lui la vittima di tutto quanto era appena successo.
- Io non ho mai avuto intenzione di torcerle un capello. Si spiegò l’uomo.
Lei lo guardò negli occhi, tentando di capire.
In quel momento la donna avvertì uno scossone, come se ci fosse stata una forte vibrazione nell´aria.
- Ha sentito? Disse.
- Sentito cosa? Domandò lui.
- Questo ascensore sta… tremando.
- Ma veramente io non sento…
La donna accostò la mano alla fessura in mezzo alle porte:
- Forse era una corrente… Però adesso non la sento più.
In effetti, dall´esterno non arrivava neanche un filo d´aria. I due sembravano esclusi dal resto del mondo, imprigionati come in una bolla: niente arrivava da fuori: né suoni, né voci… Niente. Erano come sospesi nello spazio e nel tempo: nulla mutava, nulla sarebbe cambiato mai. Tranne una cosa: la temperatura lì dentro continuava ad aumentare.
L´uomo capì che qualcosa era cambiato. Per sostenere in qualche modo la tesi della donna, la imitò e mise una mano sotto la grata che stava sopra le loro teste.
- Niente! Nessuna corrente… o vibrazione. Neanche qui.
- Eppure… Fece la donna. E in quell´attimo ricevette una pugnalata… come un colpo in mezzo alla schiena che la fece vacillare in avanti e la fece finire fra le braccia dell´uomo. La luce andò via. I due rimasero abbracciati in mezzo alla cabina, nell´oscurità più assoluta.
- Aiu… ta… mi! Lo implorò lei.
- Conta pure su di me! La rassicurò lui, ma fu il suo turno di prendere una stilettata tremenda proprio in mezzo alle spalle. Il dolore era lancinante, ma durò solo un secondo. L´uomo venne scaraventato sulla donna e i due finirono in un angolo.
L´ascensore era un blocco nero impermeabile. Era come poggiare i piedi sulla fossa delle Marianne: i rumori arrivavano attutiti e ovattati, come se fossero stati due mosche rinchiuse in un vasetto di vetro. …Rumori? Quali rumori? I due passeggeri non sentivano assolutamente niente… tranne i suoni provenienti da loro stessi: lo scorrere incessante del sangue, il su e giù della respirazione, il battito sincopato dei loro cuori…
Le mani dell´uomo incontrarono quelle della donna. I loro volti dovevano essere a meno di un palmo l´uno dall´altro.
- Ma io… non so come ti chiami… Le disse lui.
- Sofia.
- Che nome magnifico!
- E tu? Chiese lei.
- Eric.
- Un nome bello e fiero, proprio come colui che lo porta.
Sofia ed Eric si baciarono per la prima volta.
- E adesso cosa facciamo? Domandò Sofia.
- Rimaniamo qui… E aspettiamo. La voce di Eric era ferma e calda.
Nella cabina, tutto intorno a loro, si propagò un leggero fruscio, come di qualcosa che si stesse movendo (levitando?) là da qualche parte, a una certa altezza dal pavimento.
Eric percepì un suono: era un Clap! Clap! Clap! molto tenue.
Sembrava… sembrava un battito d´ali. Di ali minuscole che sbattevano freneticamente, come quelle di un colibrì. Anche Sofia udì il fruscio, e lo interpretò come il suono delle ali di una libellula.
Clap! Clap! Clap! Il turbinio intorno a loro continuava. Finché, a un tratto, la luce al neon si accese di nuovo e il fruscio sparì.
L´ascensore si rimise in moto, giungendo a destinazione. Le porte si aprirono, fulminee e silenziose. Sofia raccolse le sue cose. I due innamorati, increduli, uscirono dall´ascensore, e videro che si era fermato proprio all´ottavo piano. La cabina si richiuse e ricominciò a salire. Un po´ più in alto, una figura svolazzante era assorta in una profonda riflessione: “Accidenti che pasticcio! Per un pelo non li facevo fuori, quei due! Tutta colpa di queste dannate radiazioni solari che hanno amplificato ogni cosa! Eh, davvero non si finisce mai di imparare… Devo ricordarmene la prossima volta… Così evito di ritrovarmi in una brutta situazione come questa! Anzi…, sai cosa faccio? Mi prendo qualche giorno di vacanza! Così evito qualsiasi problema sul lavoro. Finché non è tutto passato…E pazienza se Lui si arrabbierà un po´. Capirà… Sono sicuro che capirà…”
Chi si fosse trovato a osservare il cielo in quella notte così strana, bersagliata dalla pioggia di radiazioni solari più imponente mai vista che aveva oscurato per più di un´ora satelliti, server di Internet e apparecchiature elettroniche di ogni tipo (perfino le più sofisticate e all´avanguardia), avrebbe potuto vedere uno spettacolo davvero sorprendente. Forse ancora più sorprendente delle eruzioni e del vento solari. Forse perfino più sorprendente dell´amore appena sbocciato. Avrebbe visto la sagoma evanescente di un piccolo Cupido, con tanto di arco, frecce e di faretra, svolazzare sullo sfondo di una meravigliosa aurora.