UN ELFO DAL SANGUE PURO
di Valentino Poppi
Quando i due uomini entrarono negli uffici open space della sezione di sicurezza informatica e mostrarono al responsabile i badge di qualifica lui impallidì. Il colore nero delle tessere del dipartimento di prevenzione e controllo era inconfondibile. Erano vestiti in modo identico con un completo scuro formale che li faceva apparire ancor più fuori posto in un ambiente come quello. Scambiarono un paio di parole sottovoce con il capo reparto, il quale piuttosto preoccupato indicò loro una delle scrivanie. Si avvicinarono rapidamente all’uomo che la occupava e che stava continuando a lavorare con il suo computer.
“Buongiorno, è lei il signor Julio Serrano?”
Lui li guardò attraverso le lenti degli occhiali.
“Sì certo, posso fare qualcosa per voi?”
“Sono l’agente Karl Montorsi del dipartimento di prevenzione e controllo. Le spiacerebbe mostrarci i documenti?”
Lui estrasse dal portafoglio la tessera d’identità.
“Da quanto tempo lavora qui?” chiese l’altro agente mentre il primo verificava la validità della tessera con il suo smartphone.
“Saranno circa tre anni.”
“Quanti anni ha?”
Lui li fissò perplesso.
“Ventotto, come può verificare dalla tessera che ho appena dato al suo collega.”
L’agente Karl invece di restituirgli il documento se lo mise in tasca.
“Può mostrarmi gli occhiali che indossa per cortesia?”
Lui se li tolse e glieli diede mentre l’altro agente si era spostato di lato per osservargli il volto di profilo.
“Guardi questa luce per cortesia” disse il primo agente accendendo una piccola lampadina bluastra che teneva appesa al portachiavi.
Julio si alzò, fece per girarsi verso di lui poi scattò lateralmente di corsa fuggendo.
“È un elfo!” gridò il secondo agente. “Tutti a terra!”
Grida di panico si sollevarono immediatamente mentre tutti i presenti nell’ufficio si gettavano a terra o cercavano riparo sotto le scrivanie. I due agenti estrassero le pistole ma Julio era già arrivato alla finestra. La aprì rapidamente e con un salto si buttò di sotto. I colpi di arma da fuoco arrivarono una frazione di secondo troppo tardi. I due uomini si precipitarono alla finestra mentre Karl contattava i suoi colleghi con il trasmettitore.
“Segnalazione confermata, il soggetto è in fuga. È saltato dalla finestra del secondo piano della facciata a est.”
L’altro sparò altri due colpi verso il basso, ma l’oscurità gli impediva di distinguere la forma del fuggitivo tra gli alberi. Corsero entrambi alla porta di ingresso tra le grida degli impiegati che erano rimasti sdraiati a terra.
Julio correva a velocità impressionante tra gli alberi del grande parco che circondava la sede. Vedeva nella semioscurità di quel tardo pomeriggio invernale come se fosse stato pieno giorno. Aveva già studiato il percorso più volte proprio nel caso in cui lo avessero scoperto e un salto di sei metri dalla finestra non era per lui un problema, purché sapesse dove e come atterrare. Aveva scelto la facciata est dell’edificio perché era quella senza alcuna porta di accesso. Gli agenti avrebbero dovuto fare un giro più lungo per mettersi al suo inseguimento, ma era possibile che altri stessero già presidiando la zona.
Mentre correva si chiese come avessero fatto a individuarlo. Il suo era un travestimento perfetto. Tagliava e teneva continuamente tinti i capelli argentati, usava gli occhiali per celare la vista acutissima e usava lenti a contatto scure che gli servivano per evitare riflessi accidentali sulle retine di quella luce bluastra che avrebbe fatto risaltare i suoi occhi come quelli di un gatto al buio. Aveva ripetuto una dolorosa chirurgia plastica illegale alle orecchie, mantenendole di quella forma rotonda che per lui era così innaturale, tutte le volte che il suo corpo le rigenerava e tornava a farne crescere la punta. Ai checkup aziendali aveva corso per tre ore di seguito per falsare i valori dell’elettrocardiogramma sotto sforzo e si era iniettato un mix di ormoni e farmaci subito prima delle analisi per fare apparire normali i valori degli esami del sangue. Era riuscito a farsi assumere e a confondersi tra gli esperti informatici del suo reparto per quasi tre anni, analizzando le informazioni riguardanti il portale che era riuscito finalmente a procurarsi solo negli ultimi mesi. Non potevano essere stati i colleghi a sospettare qualcosa, il dipartimento di prevenzione e controllo era sicuramente giunto a lui incrociando i dati dei database delle identità con quelli delle nascite non dichiarate.
Ora la sua priorità era raggiungere il più velocemente possibile i boschi che si estendevano subito fuori dalla zona industriale e che confinavano con il parco annesso alla sede. In un ambiente a lui adatto avrebbe potuto far perdere rapidamente le tracce agli inseguitori e ricongiungersi con Revy. Sempre che non avessero ulteriormente affinato le tecniche con le quali gli agenti stavano sterminando tutti gli elfi superstiti. Si fermò per alcuni secondi tendendo l’orecchio, cercando di capire quanto fosse riuscito a distanziare gli inseguitori, poi si tolse rapidamente la cintura dai pantaloni e la avvolse attorno ad un albero. La strinse il più possibile, allacciando la fibbia nell’ultimo foro. La toccò con tre dita pronunciando la formula con la quale l’aveva incantata mesi prima. Una piccola runa brillò per un attimo sulla parte metallica, poi subito dopo dal terreno circostante cominciò a svilupparsi una densa foschia. Si fermò nuovamente per un attimo ad ascoltare. In lontananza sentì il rumore ritmico delle pale di un elicottero. Avrebbe dovuto sbrigarsi e raggiungere la foresta prima possibile.
“Base, stiamo procedendo attraverso il parco. L’elfo ha lasciato tracce visibili ma a questa velocità non abbiamo alcuna possibilità di raggiungerlo.”
“La squadra cinofila si sta già recando al confine est con il bosco. Mantenetevi sul percorso bloccando la via di ritorno. Sparate a vista.”
L’agente Karl imprecò. Se l’elfo si fosse trovato imbottigliato e fosse stato costretto a tornare indietro non si sarebbe certo fatto ammazzare facilmente. Inoltre una fitta nebbia che sembrava provenire dal nulla aveva cominciato a calare su tutta la zona.
“La visibilità è praticamente zero. Non riusciremmo a vederlo neppure se ci passasse accanto.”
“Mantenete la posizione, l’elicottero di supporto è in arrivo. Darà indicazioni a voi e alla squadra con i cani. Accendete i punti luce per indicare la direzione seguita finora.”
I due agenti attivarono le torce chimiche a luce blu gettandole davanti a loro ad una ventina di metri. Passarono solo pochi secondi prima che sentissero il rumore delle pale in avvicinamento.
“Base, qui volo. Vediamo i punti luce. Accendiamo i proiettori sul percorso individuato.”
Karl si ritrovò davanti un muro bianco.
“Volo, l’illuminazione è inutile. Diteci cosa riuscite a vedere dall’alto.”
“C’è una fitta coltre di nebbia circoscritta al parco e alle zone limitrofe. Appare compatta e con contorni definiti, potrebbe essere di natura artificiale. Lo spostamento d’aria delle pale la perturba ma non riesce a disperderla. Attiviamo i termografi e passiamo alla vista a infrarossi.”
L’ambiente tornò nella più completa oscurità. Ora le torce portatili riuscivano a malapena ad illuminare una distanza di pochi passi davanti agli agenti.
“Squadra, qui base. Distribuitevi con i cani a trenta metri l’uno dall’altro. Non entrate nella nebbia. Volo, a che distanza sono i due agenti dal centro geometrico della cortina?”
“Duecentocinquanta metri circa, quaranta gradi nord. Nessuna termografia rilevata.”
“Karl, procedete verso il centro come indicato da volo e verificate che non ci siano manufatti o altro che potrebbero essere legati a quella nebbia. Volo, scansionate zona nord e poi piegate a est. Squadra, mantenete posizione sul perimetro mantenendo contatto visivo. Nessun altro dei nostri è nella zona quindi sparate a vista a tutto ciò che si muove.”
“Base, l’abbiamo individuato! Termografia positiva, vi inviamo la posizione GPS. Circa settecento metri ovest dalla squadra cinofila, milleduecento metri nord-est dagli agenti.”
“Squadra, liberate i cani. Appena volo conferma che hanno raggiunto l’obiettivo andate a prenderlo.”
Julio sentiva l’elicottero sopra di lui. Nonostante il forte rumore delle pale sentì anche i cani in corsa. Gli sarebbero stati addosso in mezzo minuto, non avrebbe mai potuto correre veloce come loro. Prese il portafoglio e ne estrasse un delicato foglietto di pergamena piegato in quattro. Lo aprì e in pochi secondi lesse le rune nell’oscurità quasi completa anche per i suoi occhi. Il foglio si sbriciolò in polvere. Subito dopo avvertì un freddo pungente. Dolorosi aghi di brina si formarono sulla sua pelle e sui suoi vestiti. Cavò dalla tasca un paio di caramelle e se le ficcò in bocca due secondi prima che il primo cane lo raggiungesse e lo azzannasse al braccio sinistro. Spezzò le caramelle con i denti. Il cane si bloccò guardandolo, con le fauci saldamente serrate sul suo avambraccio.
“Base, abbiamo perso la rilevazione infrarossa dell’elfo subito prima che i cani raggiungessero la sua posizione. Ora li vediamo correre in direzione sud ma abbiamo solo la loro termografia.”
“A che distanza sono dall’ultima rilevazione?”
“Circa cinquecento metri, in rapido aumento.”
Nel frattempo Karl e il suo compagno erano arrivati alla posizione centrale della cortina che gli era stata indicata dal volo. Perlustrarono a terra senza trovare nulla finché si imbatterono nell’albero in cui Julio aveva legato la cintura.
“E questa che cavolo è?” si chiese Karl a bassa voce mentre la toccava cercando di sganciarla senza nessun risultato. Sembrava che fosse saldata al tronco. Prese il coltello e la tagliò. Subito la nebbia cominciò a diradarsi.
“Base, qui volo. I cani si sono fermati a duecento metri trentadue gradi sud dalla squadra. La nebbia comincia a disperdersi quando ci passiamo sopra. Riaccendiamo i riflettori.”
“Squadra, di corsa al punto indicato. Lasciate attive tutte le comunicazioni.”
Quando gli agenti raggiunsero i loro cani trovarono quello che aveva azzannato Julio con la sua sciarpa annodata attorno al collo e tutti gli altri tranquilli fermi attorno a lui.
Il capo delle squadre operative era inferocito. Guardò nuovamente gli oggetti recuperati dal parco nella scatola sulla sua scrivania.
“Vuoi dirmi che un elfo con una cintura, una sciarpa e delle caramelle è riuscito a sfuggire a due agenti e una squadra cinofila di cinque elementi armati fino ai denti e supportati da un elicottero?”
Karl non disse nulla, dato che non c’era molto da aggiungere. Se ne stette a braccia incrociate appoggiato allo schienale della sedia in attesa che il capo decidesse il da farsi.
“Ti rendi conto che questa… creatura è riuscita a nascondersi per due anni e otto mesi proprio nella sezione di sicurezza informatica? Voglio la testa del capo reparto! E voglio anche sapere quali dati non autorizzati è riuscito a consultare in questo periodo.”
“Ho già la situazione capo. La normale attività per la quale era stato assunto non prevedeva accesso a dati riservati dato che si occupava prevalentemente di programmazione. Sembra però che negli ultimi mesi sia riuscito ad ottenere accesso parziale ad alcuni dei file riguardanti il portale e la traduzione delle pergamene.”
“Cosa significa accesso parziale? Quali dati è riuscito a consultare? È riuscito a scaricare i rapporti completi?”
“Sicuramente è riuscito a scaricarne alcuni in cui è indicata l’ubicazione del portale e in cui sono descritte alcune prove fatte nel tentativo di intaccarlo. Per una situazione più precisa dovremo aspettare il completamento delle analisi dei tecnici sui server.”
Il capo batté il pugno sulla scrivania, poi puntò l’indice contro Karl.
“Vola a Monaco e vai a Rosenheim prima possibile. Appena arrivato accertati che non siano trapelate informazioni verso le autorità locali e fammi rapporto.”
Revy si gettò al collo di Julio abbracciandolo appena lui entrò nel suo appartamento.
“Julien! Finalmente! Temevo che avessero preso anche te.”
Aveva dovuto passare tre giorni nei boschi prima di riuscire ad uscirne evitando la caccia serrata che il dipartimento aveva subito organizzato dopo la sua fuga.
“Revy, dobbiamo andare via da qui. Hanno trovato il portale, si trova sulle montagne della Baviera. Dovrai studiare la copia delle pergamene e i documenti intanto che viaggiamo in auto. Non possiamo andare in aeroporto, rischiamo che ci identifichino subito.”
Lei lo guardò sorridente.
“Ho già la valigia pronta. Possiamo partire quando vuoi.”
Dopo appena tre ore erano già in viaggio con Julio alla guida e Revy sul sedile del passeggero con il pc portatile sulle ginocchia.
“Non credevo che riuscissero a decifrare così velocemente le pergamene che hanno rubato a Erdie quando l’hanno uccisa” disse lei mentre scorreva le immagini sullo schermo. “È una traduzione piuttosto grossolana ma sono comunque riusciti a capire dove si trova il portale.”
Era la prima volta che Julio poteva mostrarle quelle foto. I metodi di comunicazione elfici attraverso gli incantamenti degli specchi d’acqua erano ideali per parlare senza essere intercettati ma completamente inutili per la trasmissione dei dati.
“Se vai alle pagine successive puoi vedere le foto del portale. A quanto pare non sono riusciti neppure a toccarlo.”
Revy guardò le immagini delle colonne e dell’architrave scolpite nella roccia. L’apertura era larga circa quattro metri e alta sei. Tutta la struttura era ricoperta da una scrittura in rune arcaiche ognuna della dimensione di circa cinque centimetri.
“C’è un incantamento che impedisce a qualsiasi cosa di avvicinarsi a più di mezzo metro. Qualunque oggetto o essere vivente viene respinto. Anche la roccia nella quale è scavato sembra inattaccabile da utensili o esplosivi. Credono che si tratti di un campo di forza ma non riescono a capirne il funzionamento. Non hanno alcuna conoscenza degli incantamenti elfici, non potranno mai comprenderne la causa.”
“Da quello che c’è scritto qui sembra che stiano cercando un modo per renderlo inaccessibile dato che non riescono a distruggerlo.”
Revy scorse ancora i file dei rapporti.
“Ecco quello che temevo. Da questa traduzione sembra che se un elfo toccherà il portale potrà riattivarlo. Hanno sicuramente pensato che eliminando tutti gli elfi che sono da questo lato resterà chiuso per sempre.”
L’agente Karl se ne stava in piedi da qualche minuto davanti al portale fissandolo. Sembrava che stesse borbottando tra sé, ma in realtà stava imprecando contro gli elfi, le rocce che lo circondavano, le rune incise sugli stipiti e la pioggia battente che stava cadendo già da ore.
“Non avevate detto che era impossibile per qualunque cosa avvicinarsi a quell’affare per più di mezzo metro? Come mai la pioggia lo sta bagnando?”
“Sembra che il campo di forza respinga qualunque oggetto solido ma che i liquidi riescano a passare” rispose il ricercatore capo accanto a lui. “Abbiamo già provato nei giorni scorsi a buttarvi contro diversi tipi di acido, ma sono colati via senza alcuna conseguenza per la roccia.”
Karl imprecò nuovamente. Un’evidenza che andava contro la logica e contro tutte le sue conoscenze scientifiche lo faceva impazzire.
“Preparatevi ad interrompere le ricerche. Da domani inizieremo la costruzione di una barriera in calcestruzzo armato spessa un metro e mezzo che sigillerà il tutto. Trapaneremo a terra a una distanza di due metri dal portale per infilare i pali di acciaio d’ancoraggio. Saliremo di dieci metri e ci salderemo con la muratura alla montagna.”
Il ricercatore lo guardò allibito.
“Sta scherzando? Questa è la scoperta archeologica e scientifica più importante del secolo e voi volete sigillarla sotto un sarcofago di cemento?”
Karl prese per il bavero lo scienziato e lo trascinò al riparo sotto la tenda allestita più vicina. Lo spinse su una sedia poi prese da una tasca un foglio piegato. Lo aprì e glielo sbatté davanti sul tavolo.
“Forza, legga quello che c’è scritto.”
L’altro lo guardò intimorito poi cominciò a leggere quelli che sembravano i versi di una poesia tradotta in malo modo.
“La porta sigillata resterà tale finché
Il contatto di un elfo dal sangue puro
Romperà i suggelli antichi
Liberando la forza della terra
Essa distruggerà tutti i diversi
Portando con sé al potere
I membri dell’unica razza millenaria
Lasciando nella terra l’altro popolo.”
Lo scienziato guardò di nuovo Karl.
“Che significa?”
“Significa che se un elfo arriverà a toccare il portale questo si aprirà e ne salterà fuori qualcosa che darà agli elfi un potere tale da fare finire l’altro popolo, cioè noi, a far parte della terra.”
“Ma… ma non ha senso…”
“Ascolti bene quello che le dico. In cinque anni di caccia agli elfi ho visto cose che non pensavo potessero esistere. Le loro arti trascendono e violano le nostre leggi fisiche. Quel campo di forza attorno al portale dovrebbe bastarle come esempio, non crede? La cosa peggiore è che alcuni elfi superstiti sanno di questo sito e può scommetterci tutte le sue lauree che cercheranno di arrivare qui e riattivare quella porta. Ora noi la sigilliamo, fortifichiamo e miniamo tutta la zona lasciando una sorveglianza armata permanente che si darà il cambio via elicottero e che sparerà a qualunque cosa più grossa di una lucertola che si muova nei paraggi. Questo finché non completeremo uno scavo in un tempo previsto di circa sei mesi che farà collassare sotto terra la parte della montagna che contiene il portale. Fatto questo ricopriremo ulteriormente il tutto con una cappa di cemento armato. Ora rimuovete tutte le attrezzature. Da domani mattina spareremo a chiunque sarà trovato più vicino di cinquanta metri a quella porta.”
Julio si svegliò nel letto del motel in cui si erano fermati a riposare per la notte. Vide Revy ancora intenta ad analizzare sul computer la scansione delle pergamene.
“Ehi, non credi che avresti dovuto dormire un po’ di più?”
“L’importante è che ti sia riposato tu. Io non devo guidare.”
Lui si alzò con un fastidioso prurito alle orecchie. Entro poco tempo sarebbero tornate della loro forma originale.
“Hai trovato qualcosa di nuovo?”
“Ho letto gli ultimi rapporti che sei riuscito a scaricare. Sembra che l’unica cosa che riesca a passare attraverso l’incantamento sia la pioggia. Non riusciremo mai a toccarlo. Ho anche tradotto nuovamente le rune dell’architrave e sembra che il dipartimento non abbia ancora una grande padronanza della scrittura degli antichi. Le parole corrette sono queste.”
Girò lo schermo del computer verso Julio.
“La porta sigillata resterà tale finché
Il contatto del sangue puro di un elfo
Scioglierà i sigilli antichi
Liberando la forza della terra
Essa respingerà tutti i diversi
Portando con sé dall’altro lato
I membri dell’unica razza millenaria
Lasciando questa terra all’altro popolo.”
“Quindi mi stai dicendo che loro credono che se riuscissimo ad aprire il portale guadagneremmo il potere di distruggerli, mentre invece avremmo solo la possibilità di lasciare a loro questo mondo tornando con la nostra gente dall’altro lato.”
“Così pare, anche se ora è ancora meno chiaro come potremmo aprirlo. A quanto pare non basta toccarlo come credevamo.”
Julio si soffermò ancora per alcuni secondi sulle scritte. Poi tolse da sotto al letto la custodia di panno nella quale custodiva il suo bene più prezioso. Impugnò l’arco lungo intarsiato che suo nonno gli aveva lasciato quasi duecento anni prima.
“Hai mica notato se c’è una farmacia nei paraggi?”
L’agente Karl stava supervisionando i lavori di costruzione della barriera di calcestruzzo iniziata due giorni prima. Il muro era già alto tre metri, ma i lavori erano rallentati dalla consegna dei materiali. Non c’era possibilità di arrivare con una autobotte in quel posto, tutto era portato con gli elicotteri. Comunque ormai per qualsiasi elfo sarebbe stato impossibile arrivare a toccare il portale.
Improvvisamente l’allarme si mise a suonare. Lui prese subito il ricetrasmettitore mentre colpi di arma da fuoco cominciarono a riecheggiare lungo le pareti rocciose.
“Sorveglianza, che succede?”
“Estranei individuati entro perimetro. Milleduecento metri a ovest. Dislivello di trecento metri circa.”
Prese il binocolo e guardò nella direzione indicata. Sul picco si stagliava una persona che imbracciava un arco teso.
“Elfi!” disse rabbioso mentre continuava ad ascoltare il ricevitore.
“Sono fuori tiro. I fucili di precisione saranno pronti in tre minuti.”
Poi l’elfo scoccò la freccia. Karl la vide illuminata dal sole del tramonto percorrere una traiettoria impossibile per un arciere umano. Passò proprio sopra di lui andando a spezzarsi sulle rocce subito sopra al portale.
I frammenti cadendo furono respinti via, ma il sangue di Julio che Revy gli aveva prelevato e col quale aveva riempito la cavità del dardo colò sull’architrave. Non era stato troppo difficile per lei, avevano trovato una farmacia con un ottimo assortimento di siringhe ipodermiche.
Le rune sugli stipiti si illuminarono immediatamente di un rosso scarlatto.
Karl avvertì subito una forza che lo spingeva via. Fece un passo indietro ma fu incapace di tornare in avanti. Anche tutti i soldati e gli operai sembravano potersi muovere liberamente solo in direzione opposta al portale.
Revy trascinò Julio lontano dal ciglio del dirupo.
“Vieni via Julien, non è ancora finita. Scappiamo o ci uccideranno!”
Lui ebbe un attimo di esitazione.
“Va bene. Torneremo quando il portale li avrà allontanati abbastanza da potere passare.”
Corsero per i boschi senza che nessuno riuscisse a seguirli, d’altra parte avevano dato agli umani molto altro a cui pensare. E mentre correvano, per la prima volta in tanti anni sentirono di nuovo la speranza accendersi in loro.