Il cinema dell’orrore secondo Umberto Lenzi – Parte 03
La casa 3 – Ghosthouse (1988) è forse l’horror cinematografico più riuscito di Umberto Lenzi, pure se il titolo trae in inganno perché la pellicola non ha niente a che vedere con La casa 1 (1983) e 2 (1987) di Sam Raimi. Tutti sappiamo che il vero sequel de La casa 2 è L’armata delle tenebre (1992), diretto sempre dal regista statunitense, mentre il ciclo apocrifo de La casa è un’idea geniale di Aristide Massaccesi che con la Filmirage produce tre film diretti da Lenzi, Laurenti (1989) e Fragasso (1990) che sfruttano il successo di Raimi.
La casa 3 è un film scritto e sceneggiato da Umberto Lenzi che per la stesura dei dialoghi e la narrazione delle scene si avvale della collaborazione di Cynthia McGavin. Franco Delli Colli è il direttore di una fotografia cupa e inquietante, mentre la musica ossessiva è di Piero Montanari (Marco Giusti e Antonio Tentori sostengono che è di Carlo Maria Cordio ma non è vero). Effetti speciali da manuale a opera di Dan Makiansky, Robert Gould e Roland Park, ma pure il montaggio serrato di Rossana Landi e le scenografie angoscianti di Massimo Lentini valorizzano il film. Interpreti principali sono Lara Wendel e Greg Scott, ma rivestono significativi ruoli di contorno anche Mary Sellers, Kate Silver, Ron Houk e soprattutto il feticcio damatiano Donald O’ Brien.
La storia parte da un terribile antefatto che vede la piccola Henryette chiusa in cantina in compagnia del suo pupazzo a forma di clown. Il padre la punisce perché ha ucciso un gatto con le forbici e i genitori discutono sulla sua educazione, ma in quel momento vengono uccisi da oscure presenze che fanno esplodere lampade e specchi. Una mano fa cadere un’ascia sulla testa dell’uomo e un coltello trafigge il collo della donna, mentre tutto intorno esplode e i vetri vanno in frantumi. La partenza è subito molto splatter con sequenze suggestive che richiamano nenie infantili, pagliacci che sorridono inquietanti, spiriti e presenze oscure. L’atmosfera demoniaca è la sola cosa che il film di Lenzi ha in comune con La casa di Sam Raimi. Dopo l’antefatto, il regista fa un salto temporale di venti anni e ci presenta Paul e Martha (Lara Wendel e Greg Scott), una coppia di radioamatori che intercetta una voce terrorizzata. Si entra nel vivo del film quando Paul e Martha individuano la casa maledetta e sono perseguitati dal fantasma della bambina e da un pupazzo, insieme ad altri ragazzi conosciuti sul posto. La casa diventa il luogo di atroci omicidi che si fermano solo quando Paul riesce a bruciare il corpo della bambina insieme all’infernale giocattolo. Il doppio finale all’italiana riporta il mistero in primo piano, perché la maledizione pare non finire quando appare in una vetrina un pupazzo simile a quello della bambina.
Il film è caratterizzato da un ottimo uso della suspense, da una buona recitazione da parte di attori statunitensi bravi e preparati (su tutti la Wendel e Scott) e da un uso della musica infantile a fini orrorifici che ricorda certi film di Dario Argento. Donald O’ Brien (attore feticcio di Massaccesi) è ottimo nel ruolo del vecchio storpio che potrebbe essere il colpevole dei delitti, se non ci fosse una presenza soprannaturale. La casa dei delitti è cadente e abbandonata, all’interno i mobili sono coperti da lenzuola, ci sono coltelli e calendari rimasti fermi alla data dei tragici fatti. Vediamo ottime sequenze sottolineate dalla nenia infantile che annuncia i delitti, ma subito dopo esplodono bottiglie, partono scintille di fuoco, fiamme, lavatrici che si accendono da sole e all’interno mostrano un volto umano. Le apparizioni della ragazzina con il suo pupazzo – clown sono terrificanti e una volta la sua immagine viene trasmessa in televisione, un’altra si presenta con occhi sanguinanti, un’altra ancora genera fenomeni da poltergeist con gli oggetti che volano e una roulotte che si muove. Tremende le scene che mettono in primo piano omicidi soprannaturali commessi dal fantasma della bambina e dal suo pupazzo. Una pala di un ventilatore si stacca e si conficca nel collo di un ragazzo, un martello giustizia il becchino, O’ Brien finisce impiccato, un altro ragazzo sprofonda nel pavimento, si trova in mezzo alla calce viva e viene ucciso da una coltellata. Sono molte le scene caratterizzate da grande suspense introdotte dalle apparizioni della bambina che accarezza il pagliaccio ed è immersa in un fascio di luce. La bambina è morta di fame nello scantinato di quella casa, dopo che i genitori sono stati uccisi, e adesso si vendica insieme al pupazzo come un fantasma che non trova pace. Una sequenza da citare vede protagonista un’ottima Lara Wendel terrorizzata dalla comparsa di Henryette e soprattutto dal pupazzo che assume un’espressione terrificante. La stanza della bambina si trasforma in un luogo dove le presenze demoniache si danno appuntamento, i giochi infantili volano in mezzo alle piume dei cuscini e in sottofondo sentiamo una nenia infernale. Alla fine il pupazzo aggredisce e tenta di soffocare la Wendel, ma non ci riesce per il tempestivo arrivo del compagno.
Il maggior difetto della pellicola sta nei dialoghi un po’ scarsi e troppo macchinosi, ma il ritmo è comunque notevole e lo spettatore assiste in un crescendo di tensione a omicidi sempre più efferati. Lo stile della pellicola è simile a prodotti come Venerdì 13, con la sola differenza che i delitti sono commessi da presenze soprannaturali e non da un folle serial killer. L’ambientazione statunitense è ben fatta, ma anche gli omicidi che si susseguono all’interno di una stessa unità di tempo e di luogo sono credibili e ricchi di effetti splatter. Il pupazzo – clown è demoniaco quanto basta e quel suo cambiare di espressione tra le braccia della bambina anticipa gli omicidi efferati e produce tensione. Lenzi scrive e realizza un horror claustrofobico che ha come leitmotiv una nenia infantile ossessiva e cantilenante, ma nel corso della pellicola non mancano rubinetti che perdono sangue, oggetti che esplodono e soprattutto una bambina fantasma che è la causa degli orrori.
La storia si ispira a una vecchia leggenda sui fantasmi che non abbandonerebbero le case dove hanno perso la vita in modo violento e crudele. Un film che si caratterizza pure per un ottimo finale a colpi di suspense quando Paul brucia il corpo di Henryette appena in tempo per evitare una nuova vittima. Citiamo anche alcune ottime sequenze horror con una mano infangata, un ragno gigantesco che passeggia sul corpo di una ragazza, una mano che esce dal muro e cerca di colpire, un dobermann che terrorizza e infine una gigantesca morte armata di coltello con il teschio ricoperto da vermi. Il fuoco liberatore fa sparire tutto e il terrore sembra finito, ma come in ogni film italiano di quel periodo non è così. Il pupazzo ha ancora i suoi poteri e lo dimostrerà.
Non concordo con la misera stella concessa da Mereghetti che definisce il film “prevedibile e derivativo”, ma ritengo la pellicola degna di considerazione anche perché il regista ha saputo contaminare molti sottogeneri dell’horror. La casa 3 è un film di spiriti e maledizioni che mette in primo piano terribili omicidi soprannaturali commessi da un killer imprendibile, ma pure situazioni da Poltergeist e da bimbe malefiche.
(5/3 – continua)