Sempre alla costante ricerca di nuovi testi interessanti da proporvi, questa volta il nostro consiglio per incrementare la vostra biblioteca personale del fantastico cade su “Coeva” (138 pagine; 10 euro) di Maria Pia Carlucci, Fiorella Corbi, Maurizio Verdiani e Stefano Capecchi, pubblicato dalle Edizioni Bastogi.
Il libro è un acido dejà-vu. Un Adamo e una Eva s’incontrano e rincontrano nello stesso iter “coevo”. Si fanno promessa. Un viaggio eroico per Kama, il protagonista, un viaggio intimo e di conoscenza per Velle, la protagonista. Un machiavellico Topo dandy, Strauss; una sgangherata combriccola, composta da una poetica Vox Popoli, Assemblea; un Giullare coatto, Ginger; una sofisticata Cassandra; una donna fragile Kafkasìa e un puntiglioso Istrione, guidano l’Adamo protagonista alla ricerca, ostinata e interminabile, di un chimerico dono per le nozze promesse.
L’incontro con un temibile nemico: il Tamerlano. La scoperta di un inganno. Eserciti di lettere contro legioni di numeri, raffinato erotismo e pornografia, una fata, un cane ed un gatto, sono i testimoni oculari.
Si potrebbe definire “Coeva” come il racconto di una serie di peripezie che si snodano in un’atemporalità diacronica, tra spazi paralleli e iniziatici percorsi che s’ intrecciano tra loro in luoghi metafisici.
Insomma, come potete capire c’è davvero tanta carne al fuoco in questo romanzo e tantissimi personaggi e luoghi fantastici tutti da scoprire, a cominciare da Kama, il protagonista, il desiderato, l’uomo oggetto di desiderio. E’ l’eroe onirico. Poi abbiamo Velle, il volere, la compagna per la vita, la donna che attraversa l’esistenza attivando e consumando esperienze, rinnovandosi. E ancora il Gran Signore dell’Algebra, un combattente, che usa metodi travolgenti e spesso spietati. Il luogo in cui vive è emporio importante e luogo d’incontro tra vari mondi. Non scordiamoci poi dell’Assemblea (poetica Vox Populi), ovvero il raziocinio. Passando per Strauss, un machiavellico Topo, furbo, spassoso, aristocratico ma con un segreto; Ginger (Giullare coatto), il divertimento e la leggerezza; l’Accademia, la saggezza della cultura; infine Kafkasìa, il pensiero esplorativo, una donna affascinante che avanza pesantemente nel reticolo della riflessione.
La protagonista è una scrittura aulica e ciclica, destrutturata fino a simboli e graffiti. È l’antiromanzo. Uno sberleffo, un ricamo. Un esperimento sull’uso della lingua italiana. Scritto a più mani al modo di un album musicale e quindi amalgamato con un lavoro di editing. Nelle intenzioni dovrebbe rappresentare un futuro modo di scrivere.
L’opera è un’allegoria contemporanea del modo di affrontare la vita, di viverla. Non si hanno riferimenti: li si può trovare ovunque per ripartire e trovarne altri.
“Coeva”, cioè favola contemporanea dove tutto ciò che vi accade è frutto di una ecolalia elettrizzante in cui l’amalgama dei significati toglie spazio ad ogni possibile lettura che non sia al tempo stesso una partecipazione attiva allo spirito e alla fattura stessa della vicenda narrata. Si tratta dunque di un libro-istante che impone al lettore di attraversare un’esperienza da fare in comune. Non a caso anche gli autori del testo sono tre ed hanno lasciato il segno del loro sintomatico e cospirante procedimento espressivo.
Nell’ordito del testo non c’è però traccia di automatismo espositivo al modo surrealista. C’è piuttosto l’estro di una fantasia bizzarra che si compiace delle sue “ariostesche” (per così dire) invenzioni. Ne deriva un trattamento di lettura simultanea che proietta lo sguardo mentale su scenari a scatola cinese dove si susseguono o s’intrecciano eventi già probabilmente accaduti poi che passato e presente non sembrano avere più una direzione di marcia.
Allora compaiono tra l’altro personaggi inusitati come i Tamerlani, o meglio i Numi della Semantica, e si concede pause interpretative anche una figura enigmatica come il Gran Signore dei Numeri. Sono erme simboliche che sbucano da una foresta di allusioni e di possibili interpretazioni dove la biblioteca stessa diventa assai più di una Babele: e ci s’immerge fino in fondo in questa palude letteraria dove le parole sembrano incastonarsi per emergenza di sensibilità fonetica, al punto che il lettore scopre di avere assunto alla fine un ruolo in questo racconto-esperienza dal quale si esce trasformati assieme ai personaggi che ne animano lo scenario.
Naturalmente si tratta di personaggi in cerca di autore, cioè di protagonisti dalla incerta identità, che tuttavia si conoscono e si distinguono per il comportamento e per il modo di affrontare avventure e compiti diversi come se il piano della narrazione fosse il risultato di un procedimento logico. Ma di ordinato e razionale in questo papier-collé di parole e immagini verbali non c’è assolutamente nulla.
Il fascino del testo consiste proprio in questa tumultuosa e tumultuante cavalcata di azioni, manovre e contro manovre, apparizioni di figure del sogno, come di fronte a un Paese delle Meraviglie in cui non si entra per l’innocente fantasia di una qualsiasi Alice ma ci si trova immersi come in un autentico bagno di realtà del quale si nutre la nostra percezione sensibile. Ecco allora comparire qualche allusione filosofica che diventa palcoscenico o quinta di scenario, come quello “Arcipelago del dubbio” che fin dalle prime battute del testo invita a lasciarsi andare al ritmo di una baraonda che “non finisce di ammaliare”.
Vediamo chi sono gli autori di quest’opera. Cominciamo con Fiorella Corbi, nata a Salerno il 18 ottobre del 1975. Nel 2002 si trasferisce in Toscana dove attualmente risiede. Consegue la maturità scientifica nel 1994 e si iscrive prima alla facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali e poi a Scienze dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Salerno, dove consegue la laurea nel 2008. Nutre da sempre particolare interesse per le arti: la letteratura (in special modo il genere fantasy), la musica, soprattutto quella classica e l’opera, delle quali è profonda conoscitrice, il canto, il teatro, il cinema, la pittura. È altresì appassionata e studiosa di filosofia. Negli ultimi tempi si occupa anche di stesura di tesi universitarie e realizza esclusive compilation musicali. Si dedica da molti anni alla scrittura come autrice di liriche. È al suo primo romanzo.
Maria Pia Carlucci viene alla luce il giorno 2 del mese di febbraio 1961 ma registrata all’anagrafe tre giorni dopo. Ha vissuto in quel di Foggia fino all’età di anni 25 quando decide di trasferirsi a Roma per frequentare studi giuridici. Ora risiede e lavora a Roma. Ha scelto di dedicare metà della giornata all’insegnamento nelle scuole elementari e il resto del tempo alle sue passioni. Amante dell’arte nelle sue varie forme espressive ha conseguito il diploma triennale presso la “Scuola Internazionale dell’Attore” a Roma. È stata speaker a Radio-Roma e ha co-condotto una rubrica su spettacoli teatrali intervistando attori di fama internazionale. Ha presentato una rubrica di critica teatrale e cinematografica nell’ambito di un programma televisivo presso una TV locale (TeleAmbiente). Legge con avida curiosità saggi di psicologia, psicomagia, culture orientali, poesie, e soprattutto letteratura dell’Ottocento. Ama dipingere ritratti e scrivere. Si interessa particolarmente di cinema da collezione.
Stefano Capecchi invece è nato a Roma nel 1980, dove attualmente vive. Dopo la maturità scientifica, s’iscrive ad Arti e Scienze dello Spettacolo indirizzo Teatro presso l’Università di Roma “La Sapienza”, dove studia teatro, drammaturgia, regia e scenografia, oltre ad arricchire la sua cultura seguendo corsi quali letteratura italiana e inglese, letterature comparate, antropologia, storia, storia delle tradizioni popolari, storia dell’arte, estetica e mediologia. Si laurea con una tesi di laurea triennale su Pulcinella con Luciano Mariti, e frequenta successivamente il corso di laurea specialistica in Saperi e Tecniche dello Spettacolo Cinematografico, Digitale e Teatrale indirizzo Digitale, dove si è laureato con una tesi su James Cameron con Ferruccio Marotti. Si appassiona ad autori quali Pirandello, Goldoni, Beckett, Ionesco, Pinter, Molière, e soprattutto Shakespeare, del quale ha tradotto e continua tuttora a tradurre le opere più importanti e significative. In seguito ha sviluppato un interesse per molti altri aspetti culturali, quali la politica, le vite dei papi e il cinema. È all’esordio come scrittore.
Maurizio Verdiani infine è nato a Roma nel 1960 dove vive e opera. Ha frequentato la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere Moderne presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Artista polivalente, da sempre incline alla sperimentazione, ha esposto come pittore in numerose gallerie d’arte a Roma, in Italia e all’estero. Ha realizzato lavori digitali, siti web, cd musicali e collaborato inoltre come videoartista in diversi spettacoli teatrali. Cultore di musica, nutre particolare interesse per la politica, sport, zoologia, letteratura, filosofia, storia, cinema. Ha pubblicato un volume di poesie intitolato Blahin’, edito da Fermenti editrice nel 1993. È esordiente nella narrativa.
A questo punto non ci resta che augurarvi buona lettura!