Nel mare magnum dell’opera di Stephen King, Cycle of the werewolf ha una posizione insolita, in parte per la sua brevità – un centinaio di pagine, a fronte dei romanzi chilometrici tipici dell’autore – ma soprattutto per la sua costruzione, a sua volta derivata da una genesi bizzarra. Infatti la novella nasce da una commissione che l’editore Chris Zavisa fece a King nel 1979: scrivere una serie di 12 brevi racconti, ognuno dei quali da inserire nella pagina del corrispondente mese di un calendario, a loro volta corredati da altrettante illustrazioni del celebre fumettista Bernie Wrightson.
King accettò la proposta, pensando che un licantropo che si trasforma a ogni luna piena sarebbe stato il soggetto unificante ideale per un calendario, ma i tempi di scrittura e la lunghezza dei racconti si allungarono tanto che l’idea del calendario fu accantonata, e Zavisa pubblicò poi il tutto in un unico volume a tiratura limitata nel 1983, sempre con le illustrazioni di Wrightson, che da 12 divennero 36.
Cycle of the werewolf quindi si compone di 12 capitoli, ciascuno con il titolo del mese in cui è ambientato e racconta di come nell’arco di un anno l’immaginario paese di Tarker’s Mills, nel Maine, sia sconvolto da un misterioso assassino (in realtà un licantropo) che, a ogni plenilunio, uccide persone o animali. Quasi ogni capitolo si incentra sulla descrizione dell’aggressione compiuta dal mostro, la cui identità umana viene svelata al lettore solo a ottobre. Il protagonista della maggior parte degli episodi è la vittima predestinata, di cui ci vengono svelate le note caratteriali salienti prima che cominci l’assalto. Il protagonista di luglio, ottobre e dicembre è il decenne Marty Coslaw, l’unico superstite di un assalto del licantropo, che grazie alla sua intelligenza e intraprendenza, architetta un piano per neutralizzare la minaccia, nonostante una paralisi congenita alle gambe lo costringa su una sedia a rotelle. Per ogni episodio Wrightson disegna tre illustrazioni: una all’inizio che rappresenta il clima del mese, una a metà che riproduce il momento saliente, una alla fine con un particolare isolato.
La novella non è un capolavoro, né in senso assoluto né all’interno della sterminata produzione di Stephen King, soprattutto perché risente della frammentarietà insita nel suo progetto originale. Ma non è neanche fra le cose peggiori di un autore capace di clamorosi salti di qualità. Infatti King qui riesce a lasciare i segni del suo talento: i personaggi sono abbozzati ma vivaci e credibili, l’atmosfera tesa e inquietante al punto giusto, e lo stile ha la rapidità accattivante e concisa tipica della narrativa breve di King.
Da questa novella fu tratto il film Silver bullet (1985), diretto da Dan Attias e sceneggiato dallo stesso King. Il libro uscì in Italia nella primavera del 1986, in concomitanza con la distribuzione italiana del film, e libro e film uscirono nel nostro Paese con lo stesso titolo: Unico indizio la luna piena.