Hugo Gernsback predisse la tv.
Jules Verne i sottomarini atomici.
Mark Twain predisse internet e Wells le bombe nucleari.
Di più: Arthur Clarke ha predetto i satelliti geostazionari (no, aspetta, quelli li ha proprio inventati lui) e l’iPad, Star Trek ha anticipato i telefonini a cozza, Octavia Butler ha previsto Trump e in un romanzo di John Brunner c’è un presidente nero che si chiama “Obomi”.
Quindi la fantascienza prevede il futuro?
Una delle cose che gli scrittori di fantascienza ci tengono a precisare è che no, loro non cercano di predire il futuro. Se scrivono del futuro cercano di farlo in modo realistico, coerente, osservando il loro tempo e cercando di capirne gli sviluppi. Sono bravi in questo, e quindi è naturale che spesso ci azzecchino. Ma ciò di cui gli scrittori di fantascienza parlano, di solito, è il presente.
L’idea è quella di isolare un aspetto del mondo in cui viviamo ed esaltarlo, svilupparlo, estrapolarlo, ribaltarlo. Farcelo vedere sotto una nuova luce per farcelo capire meglio. Sperando magari di farci comprendere un pericolo al quale stiamo andando incontro.
È quello che fanno, per esempio, gli autori selezionati per la collana “Futuro presente”, curata da Giulia Abbate ed Elena di Fazio per Delos Digital, che parlano di bufale, di social media, di sessismo, di migrazioni, di crisi alimentare, di terrorismo, di “buona scuola”, di integrazione e altri temi.
Fra le ultime pubblicazioni della collana segnaliamo “Le talee del tempo” di Giampietro Stocco (26 pagine; 1,99 euro).
Sono apparsi un giorno all’improvviso: i “bambini”, creature imperscrutabili, col dono di aggiustare tutto ciò che toccano. Gli umani li guardano con odio e timore. Ma, dietro i loro occhi da insetto, c’è molto di più: una saggezza giunta dalle profondità dello spazio, o, forse, da un luogo ancestrale molto più vicino. Quello che sa Ed, burbero ex poliziotto, è che non può sopportarli. Eppure, c’è molto che i bambini venuti da lontano possono insegnargli…
Con questo racconto Giampietro Stocco ci regala un’intensa storia ambientata tra le comunità rurali degli Stati Uniti, tra panorami aridi come il cuore di chi non sa aprirsi all’altro.
E dopo aver letto questo e tutti gli altri racconti della collana “Futuro presente” si vede il mondo in modo un po’ diverso, come se si accendessero dei piccoli faretti che illuminano dettagli che prima non notavamo. Una palla di vetro, insomma, non per vedere il futuro, ma per capire il presente.
Che poi, in fondo, sono più o meno la stessa cosa.