PARLA COI MORTI 11

ALLA FINE UNA SISTEMAZIONE LA SI TROVA

- Ed ecco qui il buon Alvaro, un mio lontano parente per via materna, anche se la famiglia di mia madre era così numerosa che non venni mai a capo dei vari gradi di parentela.

- Forse mancò un po’ d’impegno da parte tua.

- Sarà come tu dici, ma la responsabilità è da dividere a metà: questi miei parenti, io non mi affannai a cercarli e loro non s’impegnarono più di tanto a conoscermi. Così, se non altro, si ottenne un gran risultato: non si ebbe mai occasione di litigare.

- Questa sì che è filosofia!

- Comunque, a un certo punto, seppi che Alvaro aveva fatto la conoscenza in autostrada di una turista svizzera, l’aveva sposata, s’era trasferito in quel paese e aveva una bambina. Gli elvetici dovettero allora darsi da fare per stabilire verso quale lavoro Alvaro si sentisse portato. Le indagini non condussero a nulla e Alvaro fu rispedito in Italia; la moglie ottenne il divorzio e l’annullamento della paternità nei confronti della propria figlia, cosa a cui il nostro uomo, con gran senso di responsabilità, non fece la minima opposizione. Tornato così in Italia alquanto alleggerito, non gli venne in mente di cercare un posto d’operaio alla Fiat; lavori di quel genere li lasciava cavallerescamente agli altri. Si mise così a suonare la chitarra e in poco tempo convenne che avrebbe potuto fare il cantautore. Ma il destino, a quanto sembra, aveva deciso diversamente, per lui. Alvaro vendette una decina di dischi agli amici, per rendersi più importante falsificò le sue generalità sul biglietto da visita e, per alcuni mesi, girò i paesi con un’orchestra di poco conto. Dopodiché, con una gran virata di rotta e per cause ancora sconosciute, andò in Svezia a fare il parrucchiere. Qui dovette sentirsi come un bantù a Chicago, fu preso dalla morsa della solitudine e inviò diverse lettere ad amici e conoscenti, invitandoli ad andare a trovarlo. Visto che nessuno s’era messo in viaggio, prese lui il treno del ritorno. E in breve tempo scoprì la sua vocazione. Il primo a farne le spese fu un giovane del paese. Quando venne a conoscenza della tresca tra la moglie e Alvaro, usò la mano pesante: la fanciulla per un mese non si fece più vedere in giro e la gente capì che lui non era tipo da prender le cose alla leggera. Poi, si mise sulle tracce di Alvaro; ma il nostro aveva già trovato riparo a Casale, tra le braccia di una professoressa di filosofia.

- Doveva essere un bell’uomo, questo Alvaro.

- Non proprio. Per tutto il tempo in cui fece danni, non pesò mai più di cinquanta chili, sulla testa non gli restavano che pochi ciuffi di capelli rossicci e in bocca gli facevano difetto parecchi denti.

- Aveva qualche arma segreta, allora.

- Con le donne ci sapeva fare, tutto lì. Per un po’ se ne stette a Casale, poi tornò in paese e, coi soldi che gli aveva dato la filosofa, aprì un ristorantino. Non solo non aveva competenza nel settore, ma gli mancava anche l’ispirazione, di modo che al ristorante c’era quasi sempre soltanto il cuoco e un cameriere. Nel frattempo, il mio parente aveva posato gli occhi sulla moglie di una guardia giurata. Per raggiungere la camera dell’amante al primo piano, non passava dal cortile, dove occhi indiscreti avrebbero potuto notarlo; preferiva passare dal retro, appoggiando una scala al muro. Ma quella notte, la guardia giurata rientrò prima del tempo; Alvaro, nella fuga, non ebbe tempo di ritirar la scala e, quando al mattino il marito s’avvide della scala, restò perplesso. Proprio non gli riusciva di ricordarsi d’averla messa lì e perché mai a ridosso della finestra? Per fare qualche lavoro, ma quale? Ci pensò a lungo e alla fine concluse che quella scala non c’era andata da sola, fino alla finestra, e se era lì, a qualcosa o a qualcuno doveva esser servita. Si ricordò che non era la prima volta che gli capitava qualche fatto strano nella vita e che, in fin dei conti, una scala fuori posto non avrebbe cambiato un granché. Così se ne andò soddisfatto a conversare col vicino.

- E di Alvaro avesti ancora notizie?

- Lo rividi un anno dopo. Sapevo che ormai commerciava in auto usate; le comperava in Italia e le vendeva in Cecoslovacchia. Provvedeva lui personalmente al trasporto. Era un periodo in cui non avevo niente da fare e mi offrii d’accompagnarlo, ma lui tergiversò e alla fine mi disse che le donne a Praga erano delle “Volpi argentate”. Sul momento e anche dopo, mi sfuggì il nesso, ma ebbi modo di notare che vestiva in modo elegante e si serviva di un’automobile di lusso. In seguito, un amico, che lo frequentava da vicino, mi disse che Alvaro a Praga faceva collezione di donne; aggiunse anche che, con quel traffico, si stava scavando la fossa e che, prima o poi, qualcuno l’avrebbe fatto fuori.

- Qualcuno in Italia o di là? - chiesi.

- Qualcuno di là. Non detti molto peso a quella previsione; non mi sembrava che un commercio d’auto usate potesse portare a una fine del genere. Non rividi più Alvaro. Un mese dopo, fu trovato morto sull’autostrada, vicino alla frontiera, chiuso a chiave nella sua auto. Gli avevano sparato un colpo di pistola alla testa, da distanza ravvicinata. Data la scarsa importanza del soggetto, la polizia non ritenne che fosse il caso di dilungarsi troppo nelle indagini e così non si seppe mai chi gli avesse reso il servizio.

(11 – continua)

Bruno Vacchino