IL CINEMA DI GENERE DI UMBERTO LENZI 05 – PARTE 07

Il cinema dell’orrore secondo Umberto Lenzi – Parte 07

L’ultima incursione nell’horror di Umberto Lenzi è con Dèmoni 3 (1991), un film mai uscito nelle sale che non ha niente a che vedere con la serie Dèmoni di Lamberto Bava. Dèmoni (1985) e Dèmoni 2… l’incubo ritorna (1986) sono due horror all’americana scritti da Bava, Argento, Sacchetti e Ferrini, realizzati anche con buoni mezzi economici. Nel primo film assistiamo a un trionfo di splatter in una sala cinematografica, mentre nel secondo i dèmoni escono fuori da un apparecchio televisivo. Teo Mora ha definito Dèmoni come “uno dei più bei film fantastici dell’ultimo decennio”. Non sono così entusiasta, pure se i trucchi di scena e le parti splatter risultano interessanti, così come sono di effetto i mostri che escono dalle pance dei protagonisti.

Dèmoni 3 è un falso sequel perché è ambientato in Brasile e racconta un’interessante storia di macumba e di candomblé.  Produce la Filmaker di Giuseppe Gargiulo che realizza una pellicola basata su un buon soggetto di Umberto Lenzi, sceneggiato in modo zoppicante da Olga Pehar, che è pure responsabile dei dialoghi non sempre all’altezza. Scenografie e costumi sono di Giuliana Bertuzzi, il trucco è di Franco Castagni, dirige la fotografia Maurizio Dell’Orco. Il montaggio è di Vanni Amici, mentre le musiche (suggestive e di atmosfera brasiliana) sono di Franco Micalizzi. Interpreti: Joe Balogh, Keith Van Hoven, Sonia Curtis, Philip Murray, Juliana Texeira e Maria Alves. La cosa più bella del film è una riuscita ambientazione brasiliana, tra Rio De Janeiro e le campagne nei pressi di Belo Horizonte, ma soprattutto una perfetta ricostruzione dei riti sincretici praticati dalla parte nera di quella popolazione. Sono davvero ben riprodotti i balli del candomblé, le musiche che evocano gli spiriti dei morti, le macumbe, i rituali simili al vudù haitiano con pupazzi e spilloni, l’uccisione dei galli e le conchiglie per divinare il futuro… Ho una certa conoscenza di queste pratiche di magia nera che ho affrontato nel mio Cuba magica (Mursia, 2003) e ho ritrovato in questa pellicola molti rituali praticati nella santería e nel palo mayombe cubano. Lenzi si documenta a dovere sulle credenze afrolatine, cita senza errori i nomi delle divinità (Ochún, Yemayá, Orula, Changó, Obatalá…), descrive i balli dedicati ai santi (orishas) con dovizia di particolari e mostra credibili evocazioni. Se siete interessati alla cultura religiosa di queste popolazioni Dèmoni 3 merita di essere riscoperto.

Lenzi scrive un bel soggetto ispirato a un’antica leggenda brasiliana che narra di sei schiavi neri barbaramente impiccati dai padroni di una fazenda, dopo averli accecati. Peccato che la sceneggiatura, i dialoghi e la recitazione indeboliscano molto il gran lavoro di ricerca e di elaborazione della trama compiuto dal regista.  Il film è incentrato su Dick, Kevin e Jessica che si trovano in Brasile per realizzare un servizio sul samba, ma Dick (che soffre di problemi psichici) è affascinato dai riti del candomblé e finisce per essere posseduto da un dèmone. Il rito al quale partecipa è ben ricostruito, tra balli sensuali e tamburi batá, uomini dagli occhi spenti e favelas fantasma che si risvegliano al clamore dell’evocazione. Dick è l’elemento esterno di cui i dèmoni si servono per tornare in vita e sarà proprio lui a praticare l’evocazione nel cimitero della fazenda. La location brasiliana è ottima, tra palme e foresta tropicale, ma pure la ricostruzione della fazenda  non lascia adito a critiche. Nella grande casa cadente si svolge la parte misteriosa e fantastica del film che vede entrare in scena anche due giovani brasiliani (José e Sonia) e una serva di colore (Maria). Sono ben realizzate le parti in cui la negra cerca di fare una contromacumba, perché si è resa conto che Dick è posseduto e ha appeso al collo un ciondolo che raffigura un simbolo magico. José caccia via la serva perché la crede responsabile di ciò che sta accadendo e soprattutto della morte di Sonia, che viene barbaramente uccisa dagli schiavi scatenati da Dick. La scena al cimitero mostra Dick che accende il registratore contenente la cassetta con il rito, subito dopo le tombe prendono fuoco e i sei schiavi sepolti escono dalle bare. Si tratta di  una parte molto ben realizzata e soprattutto sono credibili i sei dèmoni con gli occhi bianchi come se fossero ciechi e il corpo coperto di pustole. Non sono zombi nel senso letterale del termine, perché non vagano senza una meta in cerca di carne umana, ma si appostano e attendono il momento propizio per colpire. Hanno una missione da compiere: uccidere sei uomini bianchi e vendicare il loro antico eccidio. I dèmoni che escono dalle tombe conservano le catene ai piedi come simbolo della loro schiavitù e uccidono per mezzo di un machete. La fazenda diventa il luogo dove colpiscono, mentre scompare la corrente elettrica e Jessica viene aggredita ma nessuno le crede.

La fotografia notturna del film è scura e spesso rende faticosa la visione, pure se gli effetti speciali sono buoni. Un altro difetto della pellicola è la eccessiva lentezza e la macchinosità di certe parti di raccordo, come i lunghi dialoghi mal recitati dai pessimi protagonisti. I dèmoni che tornano dal passato uccidono prima Sonia e subito dopo Maria che tentava di fermarli con una contromacumba. L’uccisione della negra è un trionfo di gore che vede i suoi occhi estirpati a colpi di machete, come i padroni bianchi avevano fatto agli schiavi prima di impiccarli. Quando Dick uccide José con un colpo di coltello, i suoi amici comprendono che è proprio di lui che devono liberarsi. Kevin ha l’idea di fabbricare bottiglie molotov per uccidere gli zombi con il fuoco e la mossa pare vincente, anche se Dick è adesso completamente invasato e parla per bocca degli orishas.

Da segnalare nel convulso finale le numerose scene riprese da Shining di Stanley Kubrick (1980). Lenzi omaggia il grande registra statunitense mostrando Dick che insegue Jessica, sfonda la porta a colpi di scure e alla fine inserisce il braccio dalla fessura praticata. Kevin si libera degli zombi con le bottiglie incendiare, ma l’ultimo dèmone uccide con un colpo di machete Dick e libera la fazenda dal terrore. Kevin e Jessica abbandonano il luogo dell’eccidio per tornare a casa dove coroneranno il loro amore. Un ulteriore difetto da segnalare è che nel film il rapporto tra i due protagonisti è descritto in modo superficiale e senza il minimo spessore. C’è il tempo per il solito doppio finale, vero marchio di fabbrica di ogni horror italiano. Lo spettatore resta nel dubbio che tutto sia davvero finito, perché lungo la via del ritorno vediamo un gruppo di brasiliani dare il via a una sinistra macumba. È un vero peccato che un bel soggetto come questo sia stato realizzato in maniera così scadente, soprattutto per colpa di una sceneggiatura non all’altezza e di una recitazione approssimativa.

Mereghetti stronca Demoni 3: “Sequel solo nominale dei film di Bava jr.: mal scritto, statico e tirato al risparmio, con lo splatter al minimo sindacale e zero suspense. Tra gli ultimi titoli alimentari del regista, forse il più indifendibile”. Alex Visani sul suo sito internet commenta: “Lenzi sforna un film che alterna momenti splatter molto truculenti a momenti di pausa alquanto statici e noiosi. La storia è striminzita e la recitazione davvero piatta e poco credibile. Ci si diverte abbastanza a vedere gli zomboni neri massacrare con ganci, catene e machetes ma per il resto si sonnecchia e si sbadiglia sensibilmente”. Secondo me Demoni 3 è ancora oggi un lavoro interessante per una perfetta ambientazione brasiliana e per una ben documentata analisi del folklore locale.

Umberto Lenzi mi ha fornito il suo parere sulla pellicola che riporto integralmente. “Io non amo gli effetti splatter, di quella storia mi interessava la magia nera, ossia il potere misterioso di un rito capace di evocare i morti. E anche il tema degli schiavi che si vendicano delle angherie dei padroni bianchi. Ma non c’era un budget adeguato. L’unica  scena che mi soddisfece pienamente fu quella della macumba, girata dal vero. Comunque sul film aleggiò una  sorta di maledizione: l’attrice che avevo scritturato a Los Angeles si  ruppe un braccio tre giorni prima dell’inizio del film, e fui costretto a sostituirla con una che non valeva nulla. Costei durante le riprese si avvelenò, bevendo del latte non pastorizzato alla finca dove giravamo e finì all’ospedale. Il protagonista (che in Italia con Bava aveva ben lavorato) qui cadde in una sorta di catalessi e il giovane attore americano Joe Balogh (con cui avevo fatto Hitcher 2 – In the dark, due anni prima ed era bravissimo) recitava  in modo svogliato e abulico. Anche quando si impegnava. Inoltre, il set della finca fu travolto da un’inondazione e tre comparse brasiliane scritturate per fare gli schiavi zombi, scomparvero (probabilmente si erano scocciati e avevano fatto ritorno a Rio). Giravamo in un posto sperduto e lontanissimo. Temo che tutto questo sia dovuto proprio alla macumba, poiché l’altro film girato in contemporanea riuscì benissimo e filò liscio. Era un film d’azione, Caccia allo scorpione d’oro, con dei protagonisti discreti (Andy J. Forest, una attrice americana e David Brandon). A mio parere Hitcher in the dark (Paura nel buio), girato a Virginia Beach e a Norfolk nel 1988, è un thriller-quasi horror molto più riuscito”.

(5/7 – fine)

Gordiano Lupi