IL CINEMA DI GENERE DI UMBERTO LENZI 06 – PARTE 03

Umberto Lenzi tra commedie e sentimento – Parte 03

Pierino la peste alla riscossa (1982) è atipico per Lenzi come lo è per Dardano Sacchetti, autore di un soggetto comico realizzato raschiando il barile delle barzellette più triviali. Sacchetti è autore conosciuto soprattutto per poliziottesco, horror, thriller e cinema d’azione di vario tipo. Pure per lui questa incursione nel sottogenere pierinesco è dovuta a motivi squisitamente alimentari. La sceneggiatura è sempre di Sacchetti che viene coadiuvato dal diligente Giorgio Mariuzzo, mentre le scenografie sono di Massimo Lentini. Questo collage di barzellette è montato in maniera rapida e decorosa da Gianfranco Amicucci e la fotografia porta la firma di Guglielmo Mancori. La musica divertente e ai limiti del trash è di Walter Rizzati che s’inventa una mitica sigla di testa cantata da Giorgio Ariani e da Lella Fabrizi. La pellicola è prodotta da Fabrizio De Angelis per la Fulvia Film e la Flora Film e vede Lillo Vannini come direttore di produzione. Interpreti: Giorgio Ariani, Jenny Tamburi, Didi Perego, Lucia Cassini, Lella Fabrizi, Ugo Fangareggi, Giacomo Rizzo, Enzo Robutti, Renzo Montagnani, Mario Brega, Adriana Facchetti, Tiberio Murgia, Luigi Leoni, Enzo Andronio e Serena Grandi.

La pellicola è inquadrabile come un Pierino apocrifo per la mancanza di Alvaro Vitali, attore simbolo della serie ufficiale inaugurata nel 1981 da Pierino contro tutti di Marino Girolami. I veri film di Pierino vedono Alvaro Vitali dare corpo a una serie di barzellette scurrili  e risapute, che inaugurano il filone del barzelletta movie che farà furore per un paio d’anni nel cinema italiano. Michela Miti impersona la supplente sexy che fa andare Pierino (e il pubblico) in visibilio quando mostra le gambe dietro la cattedra e si abbandona a brevi scene di nudo. La serie ufficiale di Pierino prosegue con Pierino medico della S.A.U.B. di Giuliano Carnimeo (1981), che in realtà è una sorta di parodia de Il medico della mutua e ha poco a che vedere con Pierino. Pierino colpisce ancora di Marino Girolami (1982) è il vero sequel, l’ultimo Pierino girato da Giorolami che farà anche una miniserie televisiva che si è vista solo in alcuni canali privati del Lazio. Pierino torna a scuola di Mariano Laurenti (1990) è il canto del cigno del sottogenere, un remake tardivo che vede l’ex miss Italia Nadia Bengala al posto di Michela Miti, la sora Lella invece del nonno Riccardo Billi e Giulio Massimini per Enzo Liberti. Citiamo anche un orribile Pierino Stecchino, girato nel 1992 da Claudio Fragasso, che ha avuto una fredda accoglienza da parte del pubblico. Alvaro Vitali prende in giro Roberto Benigni e ironizza sul suo Johnny Stecchino, ma non è Totò e neppure Franco e Ciccio.

Il successo della serie ufficiale produsse un proliferarsi di falsi pierini come il terribile Pierino il fichissimo di Alessandro Metz (1981), sceneggiato da Sacchetti e interpretato da Maurizio Esposito. Pierino aiutante messo comunale… praticamente spione di Mario Bianchi (1981) è un altro imbarazzante prodotto che si salva solo per la conturbante presenza di Laura Gemser. Il tremendo (in tutti i sensi) Pierino di turno si chiama Tony Raggetti e i suoi siparietti comici sono irritanti. Il film è composto da una serie di avventure scollegate tra loro e l’unico interesse per lo spettatore è rappresentato dalla bella dottoressa Gemser, medico condotto a Bolsena. Forse ce ne saranno stati anche altri, non è facile tenere il conto di una serie di prodotti di serie C che facevano il verso al modello originale. Tra tutti i Pierini apocrifi non c’è dubbio che Pierino la peste alla riscossa sia il migliore, quello girato con maggiore professionalità e con attori degni di questo nome.

La trovata più esilarante del film è la canzone che accompagna la sigla di testa che vede una sorta di fumetto con protagonista Ariani – Pierino. Walter Rizzati è davvero bravo a comporre una marcetta trash con Giorgio Ariani che canta: “Pierino la peste che genio che testa/ le studio le invento le fo/ se vedo un reattore che va fuori di pista/ Pierino, io forse lo so./ Son proprio un tesoro/ è pieno di pepe quel vino che beve papà/ ho messo il carburo nell’acqua del water/ la nonna così scoppierà…” E la nonna (la sora Lella) riponde: “Ahi, ahi, ahi!/ Pierino tutto questo non si fa/ prendi pe’ fondelli questa nostra società/ Ahi, ahi, ahi!/ Pierino non lo devi dire più/ che chi fa casino al mondo non sei solo tu…”. Il motivetto di Pierino la peste ci accompagna per tutto il film e fa da colonna sonora nei momenti di maggiore comicità.

La pellicola si sviluppa con una serie di barzellette collegate tra loro dal filo conduttore delle avventure scolastiche di Pierino. Ci sono alcuni momenti comici di buon livello, come i siparietti nella farmacia gestita dal babbo di Pierino e le divertenti incursioni di Renzo Montagnani nei panni di un pazzo scatenato. La cosa incomprensibile è la toscanità di un Pierino come Giorgio Ariani, che vive a Roma, ha due genitori romani (Mario Brega e Didi Perego) e una nonna romanissima come l’ottima Lella Fabrizi. Il film è così assurdo e ai limiti del trash che certe cose non sono importanti, anche perché lo spettatore attende solo il momento comico e la battutaccia per ridere a quattro ganasce. Cito qualche perla raccolta nel florilegio di barzellette saccheggiate da Dardano Sacchetti. Il babbo di Pierino scorreggia e il figlio propone un silenziatore per il culo. Pierino alla nonna: “Ma se non scopi, non fumi, non bevi, che festeggi a fa?”. Pierino con una candela da chiesa in mano che consegna a un ragazzo in moto: “Accenditelo al culo così diventi super jet”. Pierino: “Io vo a gas” (e scorreggia). Un vigile lo ferma e dice: “Bollo!”. Pierino: “Beato lei. Io sto’ a  morì dal freddo”. Barista (la spalla per antonomasia Enzo Andronico): “Voglio vedere lo scontrino!”. Pierino prende due modellini di auto e li picchia insieme. Pierino sugli omosessuali: “Un ricchione è un dirottatore di uccelli” e poi rivolto al bidello che si chiama Orazio: “I Curiazi sono quelli che cacano e non sono mai sazi”. E ancora: “Ti ho fatto venire un cappuccino”. Alle sue parole segue l’ingresso a scuola di un frate. A parte le barzellette, sono divertenti i momenti scolastici dove Giacomo Rizzo è il professore soprannominato cammello che i ragazzi prendono di mira con scherzi atroci. Pierino recita “San Martino” del Carducci grazie a un registratore, incolla la sedia del professore, cambia la cassetta per far recitare a un amico una serie di offese e via di questo passo. La bruttissima direttrice è interpretata dalla spiritosa Adriana Facchetti che ogni tanto irrompe nell’aula dove Pierino imperversa. Pierino: “Professore, secondo me lei ha 36 anni”. Rizzo: “Bravo Pierino. Come fai a saperlo?”. Pierino: “Ho un cugino che ha 18 anni ed è mezzo stronzo”.

Un’affascinante Jenny Tamburi è la professoressa Bonazzi che i ragazzini spiano al bagno grazie a un periscopio artigianale. Lenzi inserisce una breve parentesi di commedia sexy con la Tamburi che si fa ammirare seminuda con mutande di pizzo e giarrettiere. Jenny Tamburi (alias Luciana Tamburini) non sfigura per niente nel confronto con la Michela Miti della serie originale, anche perché lei era un’attrice vera che sapeva rivestire tutti i ruoli. Jenny Tamburi è morta nel 2006, a soli 53 anni, dopo una lunga malattia e va ricordata per interpretazioni come Liquirizia di Samperi,  Peccati di famiglia, La seduzione e molti altri film dell’erotico – soft. Jenny Tamburi non ha mai rinnegato il suo passato di attrice sexy, anzi ne andava (giustamente) orgogliosa. Negli ultimi anni della sua vita aveva aperto una scuola di recitazione e lavorava come direttrice di casting per Rai e Mediaset.

Il film prosegue tra battute e battutacce spesso inserite nella trama per allungare il brodo, come quando Pierino incontra tre cinesi e assistiamo a una serie di dialoghi idioti a base di Cionfurgoncin, Urinasumuri e Cacapocochifapocomoto. In farmacia ricordiamo i numeri di Enzo Robutti, un cliente cavallo che nitrisce e ha le scarpe ferrate, al punto che Mario Brega lo autorizza a cacare per strada. Pierino filosofeggia sui rutti come “scorregge che prendono l’ascensore” e cura una signora malata di aerofagia mettendo ogni cosa al suo posto. Lucia Cassini è la cameriera di casa fidanzata con un carabiniere stupido che dà il via a una serie di barzellette sull’Arma. Serena Grandi riveste un ruolo modesto come cameriera nel bar di Enzo Andronico, ma non fa vedere niente. Giorgio Ariani è abbastanza divertente come tipo di comicità gretta e genuina, pure se rende di più nel cabaret che in una pellicola dove soffre la lunga distanza. Le trovate comiche sono spesso ridicole e risapute. Il test della lumaca per scoprire se uno ha le corna, la vernice fresca e la maglia di lana, le barzellette sugli animali allo zoo e via dicendo. Da citare una serie di doppi sensi piuttosto triviali legati all’equivoco tra uccello e tema. Tamburi: “Ho visto quello di tutti ma non il tuo”. “Quello di Carletti era un po’ moscio…”. Quando la Tamburi afferma che vuole vederlo assolutamente, Pierino ha già i pantaloni calati, ma in quel momento comprende che si tratta solo del compito di italiano. Allo zoo si ricalca la battuta di Nando Cicero e il doppio senso tra fica e foca quando una signora cade ed esclama: “Che cozzo!”. Ma siccome cade a gambe larghe e fa vedere le mutande, Pierino risponde: “Che foca!”. Arriva il fidanzato e lui subito indica la foca dello zoo per salvarsi dalla reazione dell’uomo. Allo zoo assistiamo agli amoreggiamenti tra Rizzo e la Tamburi che non trovano mai il modo di stare da soli e Pierino li interrompe a colpi di cacca in faccia al professore. A questo punto entra in scena Renzo Montagnani, che alza il tasso comico del film con una parte da ispettore scolastico che si complimenta con Pierino pure se dice una serie di idiozie. Quando arrivano gli infermieri in classe si scopre che è solo un pazzo che ogni tanto scappa dal manicomio.

La pellicola presenta anche una parte sexy comica con la Tamburi e Rizzo che amoreggiano nel bagno dei professori. Non si vede molto, ma la Tamburi è brava e sensuale quando sgambetta tra le braccia dell’amante e mostra le gambe velate da calze trasparenti e slip bianchi. Pierino toglie la luce, trova il modo di far finire la brutta direttrice tra le braccia di Rizzo e poi fa entrare di nuovo la Tamburi. La scena sexy diventa farsa con il povero Rizzo preso a ceffoni dalle due donne. Un altro cammeo di Montagnani lo vediamo al ristorante dove interpreta il presidente dell’ordine dei farmacisti e promette al padre di Pierino altre farmacie. Montagnani balla con la cameriera, recita la poesia meglio puzzar di merda che di povero, prende in giro tutti e alla fine arrivano gli infermieri e lo portano via insieme al babbo di Pierino che viene preso per pazzo. L’ultimo cammeo di Montagnani è nei panni del Ministro della Pubblica Istruzione che tra lo stupore generale premia Pierino come bambino dell’anno. Pierino riconosce il pazzo e dice: “Vorrei che tu fossi il mio babbo”. Invitato a fare un discorso, emette una pernacchia e conclude la storia come una perfetta pochade.

Mereghetti è molto caustico sul film: “Serie di barzellette su Pierino, interpretato da un imbarazzante Ariani. Squallido tentativo di agganciarsi al successo dei già mediocri film di Girolami con Vitali”. Farinotti afferma: “Non c’è storia, soltanto una raffica di gags: il film è un sottoprodotto del filone pierinesco lanciato da Vitali, qui assente, mai rimpianta star della risata a sfondo gastrointestinalsessuale”. Non condivido il rigore critico con cui si affrontano film come questi, che pure hanno caratterizzato un periodo storico non solo del cinema ma anche del costume italiano. Se cerchiamo la storia in un barzelletta movie vuol dire che non abbiamo compreso la funzione catartica e liberatoria di certe pellicole. I film della serie pierinesca, originali o apocrifi che fossero, vivevano soprattutto per la loro volgarità, anarchia e inosservanza degli schemi cinematografici. Erano pellicole politicamente scorrette, irriverenti e assurde, ma rappresentavano bene un sano e sboccato divertimento che il pubblico in quel preciso momento storico chiedeva al cinema. Pierino la peste alla riscossa è il migliore tra i pierini apocrifi, soprattutto perché gode di un cast di attori eccellente e anche il protagonista Ariani ha una sua buffa originalità. Mario Brega, Didi Perego, Lella Fabrizi, Jenny Tamburi, Giacomo Rizzo ed Enzo Robutti contribuiscono a elevare la qualità del film. Nessuno si aspetti di vedere un capolavoro, ma all’interno del barzelletta movie questo film di Lenzi (girato per motivi alimentari) ha una sua dignità.

(6/3 – continua)

Gordiano Lupi