FANTASCIENZA STORY 174

IL RITORNO DEL DOTTOR K (1986) – PARTE 05

NAVIGATOR (Flight of the Navigator)

David Scott Freeman (Joey Cramer) è un ragazzo dodicenne che abita a Fort Lauderdale assieme alla madre Helen (Veronica Cartwright), al padre Bill (Cliff De Young), al fratellino minore Jeffrey (Albie Whitaker) e al cane Berger. È il 4 luglio del 1978 e l’intera famiglia è andata a vedere il campionato di freesbee con cani: un’insolita competizione in cui i padroni lanciano il freesbee per aria e i cani devono afferrarli al volo prima che tocchino terra. Al ritorno essi lasciano a giocare Jeff con degli amici e lo fanno anche per separare un poco i due fratelli che passano tutto il giorno a litigare. Sta per giungere la sera e i coniugi Freeman hanno deciso di celebrare il 4 luglio andandosene in giro in barca con una buona scorta di hamburger e di fuochi d’artificio. Helen chiede a David di andare incontro al fratello attraverso il bosco che separa le due abitazioni e, anche se a malincuore e in compagnia di Berger, il ragazzo si inoltra tra gli alberi fino ad incontrare il fratello che gli appare all’improvviso, spaventandolo. Mentre sta per corrergli dietro per vendicarsi, David torna sui suoi passi a recuperare il cane che si è fermato davanti a un profondo fossato, come se avesse visto qualcosa.

David si sporge e cade rovinosamente. Quando rinviene la sera è ormai scesa ed egli si inerpica raggiungendo prima il sentiero, poi la ferrovia e quindi la casa. Ma il suo stupore è grande quando ad aprirgli viene una signora a lui sconosciuta e vede in quella che era la sua camera un anziano uomo anch’esso per lui completamente sconosciuto. Chiamata la polizia essi rintracciano i genitori di David in un’altra casa. Lo sbigottimento di Bill ed Helen è enorme ma mai quanto quello di David che vede i suoi genitori invecchiati. Per la tensione e l’angoscia il ragazzo sviene.

Portato in ospedale David scopre che sono passati ben otto anni dalla sua scomparsa e che Jeff (Matt Adler) è ora un ragazzo.

Intanto, non molto distante, il dottor Faraday (Howard Hesseman) del Centro di ricerche della NASA, viene chiamato a recuperare quello che le autorità credono sia un mezzo di trasporto segreto, una specie di disco volante color argento e di forma simile a quella di una conchiglia che si sposta, come un pallone, al semplice tocco delle dita (in effetti in alcune scene si tratta proprio di un pallone di plastica, in altre di una struttura in legno e, nella maggior parte, della elaborazione del computer ma il regista, Randal Kleiser, ha saputo integrarle bene).

Una voce sembra chiamare David che si sveglia improvvisamente nel cuore della notte: accanto a lui, per fargli compagnia, c’è Jeff che lo invita a non preoccuparsi e lo rassicura che presto tutto sarà chiarito. Faraday, intanto, ha fatto portare l’UFO al centro di ricerche, ma ogni sforzo per cercarne un’apertura risulta vano; inaspettatamente il computer del laboratorio comincia a sfornare strani e incomprensibili diagrammi. Essi sono opera della mente di David, collegata anch’essa con il computer dell’ospedale, che sta trasmettendo anomali dati, all’insaputa del ragazzo stesso.

Faraday contatta l’ospedale e viene così a conoscenza della strana avventura di David e chiede ai genitori del ragazzo di poter fare degli esami su di lui al suo centro di ricerche.

La famiglia Freeman non ne vuole sapere e sta per allontanarsi dall’ospedale con David.

Faraday: «Mi dispiace che non vogliate conoscere la verità.»

Bill: «Che verità?»

Faraday: «La verità su dove David è stato in questi ultimi otto anni. Perché non può ricordare e cosa significa la sua insolita attività cerebrale e più di tutto sapere perché non è cresciuto… David, io posso offrirti la verità. Mi bastano 48 ore, solo due giorni alla base con me e il mio staff, soli, niente confusione, nessuna distrazione e poi David potrai tornartene a casa e dimenticare questa strana avventura… È questo che vuoi, vero?»

David: «Sì…»

Al NASA Research Center, David viene accompagnato da Faraday nella sua nuova stanza, chiusa dall’esterno e lì fa la conoscenza di Carolyne (Sarah Jessica Parker) e del suo robot RALF le cui sigle stanno a significare Robot Aiutante Lavori Faticosi.

Quando David viene sottoposto al primo test dalla sua mente, e contro la sua volontà, scaturiscono dati e mappe stellari redatti in un linguaggio sconosciuto. A una precisa domanda dello scienziato, la mente di David risponde sul monitor del computer.

Lo scienziato chiede al ragazzo dove sia stato in quegli otto anni e, mentre David non sa cosa rispondere, la sua mente conosce la risposta perfettamente:

«Come modello di analisi su Phaelon»

Faraday: «Quanto è lontano dalla Terra, Phaelon?»

«Equivalente a 560 anni luce»

Faraday: «Quanto tempo hai impiegato per arrivarci?»

«2,2 ore solari»

David: «Che roba è?»

Faraday: «David, se tu avessi viaggiato ad una velocità superiore a quella della luce, saresti stato via solo 4, 4 ore mentre noi sulla Terra, invece, siamo invecchiati di otto anni!»

David: «Ma che cosa vuol dire?»

Faraday: «Più ci si avvicina alla velocità della luce, più il tempo rallenta.»

David: «Che cos’è la velocità della luce?»

Faraday (ignorando la domanda): «David, dov’è Phaelon?»

David: «E io come faccio a saperlo?»

Ma la mente di David è già al lavoro e individua il pianeta in una zona dell’universo sconosciuta ai terrestri. Il ragazzo, spaventato, si toglie gli elettrodi e fugge per i corridoi. Faraday lo guarda.

Faraday: «48 ore non saranno sufficienti…»

E così David apprende da Carolyne che lo scienziato vuole tenerlo ancora più a lungo ed implora la ragazza di aiutarlo.

È il tramonto e una voce lontana entra nella mente assopita di David:

«Navigator, aiutami… Vieni, ti prego…»

Il ragazzo si sveglia di soprassalto e, nello stesso momento, entra RALF dentro al quale il ragazzo si rifugia: il robot esce e porta il suo carico umano dentro all’hangar dove è custodito l’UFO. Una parte rigonfia della nave spaziale cola a terra formando una scaletta i cui gradini sono sospesi nel vuoto (un ottimo effetto di computer graphic ad opera di Peter Donen e della Omnibus Computer Graphics; una curiosità: Donen è il figlio del regista Stanley Donen). David entra, esitando, nell’interno tutto in argento cromato e ricoperto di strani segni, della nave spaziale.

Dal pavimento esce un sedile composto dello stesso metallo e davanti ad esso, una specie di braccio sormontato da un occhio elettronico si rivolge a lui in uno strano linguaggio.

David: «Che cos’è?»

L’occhio gli risponde nella sua lingua e poiché noi sappiamo che, in seguito David lo chiamerà Max, chiamiamolo così anche noi da subito.

Max: «Siedi al tuo posto, Navigator.»

David: «Allora sei tu che mi hai chiamato.»

Max: «Affermativo. Hai i dati che mi servono per completare la mia missione, siediti.»

David: «Ti sbagli di grosso, sai?»

Max: «Io non sbaglio mai, aspetto che tu mi dia i dati.»

David: «Quali dati? Come posso saperli? Sono solo un ragazzino!»

Max: «Questo è ovvio. Ma il tuo cervello è stato programmato sulla cognizione delle mappe stellari.»

David: «Allora è per questo che dal mio cervello è uscita tutta quella roba?»

Il braccio che sorregge l’occhio si allunga fino a pochi centimetri dal suo viso.

Max: «Sì, sei il Navigator.»

Attraverso i monitor i soldati vedono l’astronave con il portello aperto e la scaletta e lanciano l’allarme, Faraday e i suoi uomini si dirigono di corsa verso l’hangar.

Max: «Navigator, rilevo che forme di alieni si stanno avvicinando.»

David: «Alieni, dove?»

Max: «Osserva.»

La parete frontale della nave si trasforma in uno schermo dal quale David vede gli uomini accorrere con le armi in pugno. Poi vede Faraday.

David: «Ma non sono alieni, sono esseri umani… ahia, qui si mette male per me… Sono armati…»

Max: «Decollo di protezione inserito.»

David: «Si chiuderà lo sportello?»

Max: «Affermativo.»

David: «Okay, decolliamo. Ma se qualcuno lo chiede l’idea è stata tua, okay?»

Max: «Consenso.»

La nave strappa le catene che la tenevano ancorata al suolo.

Max: «Richiesta di manovre iniziali.»

David: «Che ne so io di manovre, voglio solo andar via di qui!»

Max: «Vuoi allontanarti dal luogo alieno ostile?»

David: «Sì.»

Max: «Consenso.»

Delle scariche elettriche aprono la porta dell’hangar.

David: «Wow! Sei stato tu?»

Max: «Manovra elementare. Pronti per tornare su Phaelon.»

David: «Ma io non voglio andare a Phaelon, voglio andare a casa!»

Max: «Navigator, sono in attesa dei tuoi ordini, dobbiamo agire subito.»

David: «Calma, devo pensarci. Allontaniamoci di venti miglia da qui!»

Max: «Consenso.»

L’astronave parte verticalmente e con un’accelerazione tanto potente che inchioda David sul sedile, facendogli storcere le labbra.

David: «Che… cosa… stai… facendo… Ferma.»

Più che fermarsi l’astronave si inchioda e David si trova appiccicato al soffitto. Fluttuando cerca di raggiungere il sedile.

Max: «Fermata alla distanza richiesta.»

David: «Ma non volevo dire venti miglia in su, intendevo in senso orizzontale.»

Max: «Oh…»

Mentre da Terra seguono le sue manovre con il radar, David ha pronto un nuovo ordine per l’astronave.

David: «Riportami indietro.»

Max: «Consenso.»

Si verifica la manovra inversa e l’astronave s’inchioda a pochi metri dal punto di partenza e sempre davanti agli occhi stupiti di Faraday, di Carolyne e degli altri.

David: «Wow! Ma come hai fatto?»

Max: «Era una manovra di terza classe, Navigator.»

David: «Caspita, se questa era di terza classe, com’è una di prima?»

Max: «Osserva.»

L’astronave allunga la sua forma e parte, stavolta in orizzontale.

Max: «Questa manovra di prima classe mi permette di attraversare la densa atmosfera del tuo pianeta. Posso muovermi a qualsiasi velocità, parlare migliaia di lingue e analizzare civiltà distanti anni luce dalla tua, posso…»

David: «Puoi aggiustare il sedile?»

Max: «Consenso.»

David: «Magnifico… e adesso puoi rallentare un pochino?»

Max: «Consenso.»

David: «Che brivido…»

Max: «Vuoi che regoli la temperatura interna?»

David: «Nooo…»

Max: «Siamo a esattamente venti miglia dal punto di partenza, come hai chiesto, abbiamo poco tempo. Dammi le mappe stellari.»

David: «Non ora, adesso devo andare.»

Max: «Andare? E dove?»

David: «Al bagno.»

Max: «Io non conosco bagno.»

David: «Allora aprimi la porta.»

Max: «Richiedo spiegazione.»

David: «Aprimi la porta o te ne pentirai. Tornerò subito, te lo prometto.»

Max: «Io non conosco prometto»

Sul radar della base NASA, Faraday vede che l’astronave si è fermata a venti miglia a ovest e manda degli elicotteri sul luogo della sosta. Intanto David è sceso ad espletare i suoi bisogni fisiologici, attorniato da mucche che lo guardano indifferenti mentre, dall’apertura della nave, spunta il curioso occhio di Max.

Max: «Che cosa stai facendo?»

David: «Uff… senti, posso avere un po’ di privacy?»

Max: «Io non conosco privacy.»

David: «Ma che sei venuto a fare qui sulla Terra?»

Max: «Sono stato inviato da Phaelon a raccogliere campioni di vita delle altre galassie per motivi di studio. Su questo pianeta ho scelto te.»

David: «Perché io?»

Max: «Perché sì. Poi abbiamo scoperto che la tua specie inferiore usa soltanto il dieci per cento del suo cervello, così abbiamo riempito il tuo di mappe stellari per vedere cosa sarebbe successo.»

David: «E cosa è successo?»

Max: «Perde da tutte le parti, Navigator!»

David: «Io non sono il Navigator.»

Max: «Sì, invece. Ho investito un traliccio elettrico e le mie mappe stellari sono state cancellate, mi servono quelle nella tua testa.»

David: «Così, hai bisogno di me e del mio cervello inferiore per far volare quella cosa?»

Max: «Correzione. Per far volare questa cosa devo prelevare dal tuo cervello inferiore i dati superiori che ti abbiamo trasmesso.»

David: «Beh, se io sono tanto inferiore com’è che ci hai messo otto anni per riportarmi a casa?»

Max: «Normalmente riporto indietro i miei campioni nel momento e nel posto esatti dove li ho raccolti.»

David: «Figurati! Mi hai portato via dalla mia famiglia e quando mi hai riportato erano già passati otto anni ed è tutto cambiato, tutto eccetto io!»

Max: «Fortunatamente ci siamo resi conto che era troppo pericoloso per il tuo fragile corpo umano riportarti indietro nel tempo.»

David: «Okay. Visto che non sei riuscito a riportarmi indietro nel tempo, riportami almeno dalla mia famiglia.»

In quel momento appaiono nel cielo gli elicotteri.

Max: «Torna subito a bordo, Navigator!»

David: «No, se non prometti di riportarmi a casa!»

Max: «Va bene. Dammi le mappe stellari ed io ti riporto a casa.»

I piloti degli elicotteri assistono impotenti alla risalita di David dentro l’astronave e alla sua velocissima sparizione nel cielo.

David: «Ehi, è divertente!»

Max: «Divertente, Navigator?»

David: «Mi chiamo David.»

Max: «David…»

David: «Sì… E io come posso chiamarti, amico?»

Max: «Sono un’astronave Primaxion B.»

David: «Primaxion?»

Max: «Affermativo.»

David: «Okay, ti chiamerò Max, è più facile!»

Max: «Max!?»

David: «Esatto.»

Velocemente l’astronave sorvola l’oceano. La scena è fatta con l’aiuto del computer ma giova rilevare che in essa si riflette sempre il paesaggio circostante, pur non essendo, fisicamente, sulla zona che sorvola ed anche la sua ombra è creata dal computer.

David: «Portami in un posto dove non possano trovarci.»

Max: «Consenso.»

Max si immerge rapidamente nell’oceano raggiungendone il fondo.

David: «Chi ti ha detto di portarmi in fondo all’oceano? Ti ho chiesto un posto dove non potessero trovarci.»

Max: «Questo è il primo posto suggeritomi dal computer.»

David: «Perde quest’aggeggio?»

Max: «Navigator, io non perdo. Sei tu che perdi, ricordi?»

David: «Uhm…»

Max: «Devo programmare i miei circuiti per il trasferimento di memoria.»

Max si avvicina a una parete che rivela una nicchia ove sono custodite apparecchiature e strani, piccoli animali dentro a dei contenitori.

David: «Wow! Che sono questi?»

Max: «Sono gli altri campioni che abbiamo studiato su Phaelon.»

Imprudentemente David allunga una mano verso uno di loro.

David: «Da dove vengono… Oh!»

Max: «Non lo toccare. Quello è Garpuntis, viene da Punto Feralis, quando azzanna non lascia più.»

David: «E questo chi è?»

Max: «Quello è Tinastaurus da Elictica Fixa.»

David: «È strano. Che ci fanno qui?»

Max: «Dopo aver lasciato te, li riporterò sui loro pianeti. Si ritroveranno nel loro ambiente come non se ne fossero mai andati.»

David: «E quello?»

Max: «È una creaturina molto sgradevole.»

David: «Che gli è successo?»

Max: «Ha il raffreddore.»

David: «Bleah, che schifo!»

Max: «Non avvicinarti troppo, David. Sono affamati. (Una delle creature afferra il berretto della NASA che il ragazzo ha in testa, regalo di Faraday) … Poteva essere la tua testa, David.»

David: «Cosa c’è qua dentro? … Ah!»

Un gigantesco occhio lo osserva da dentro un contenitore.

David: «E questo così piccolo?»

Max: «Quello è un Diavoletto Marino, viene da Vincuba Minor. Non è pericoloso.»

David: «Posso prenderlo?»

Max: «Fallo star zitto. Mi sto concentrando.»

David: «Ehi, Diavoletto Marino, da quanto tempo sei qui? …Che cosa dice?»

Max: «È arrabbiato perché non posso riportarlo sul suo pianeta, non sa che è stato distrutto da un meteorite.»

David: «Così sei un orfanello. Vorrei tanto portarti a casa con me, Jeff impazzirebbe di gioia… Senti, sta ridendo…»

Max: «A che serve ridere?»

David: «A che serve? A sentirti felice, penso. Dovresti provare.»

E Max ci prova esibendosi in una serie paradossale di risate.

Intanto alla base della NASA, Faraday cerca di prendere tempo con il padre di David che, al telefono, chiede notizie del figlio e fa convocare l’ultima persona che ha visto David prima che fuggisse: Carolyne, ma la ragazza ha già finito il suo turno. Lo scienziato ordina allora di andarla a prelevare a casa.

Max: «Sono pronto per il trasferimento di memoria… siedi qui Navigator.»

David: «Sentirò male?»

Max: «Non sentirai niente.»

David: «Ricorderò tutto?»

Max: «Ricorderai tutti i dati.»

David: «Quante altre volte lo hai già fatto questo?»

Max: «Zero.»

David: «Zero? Vuoi dire mai? Io non ti lascio fare questo esperimento con me e se poi mi friggi il cervello?»

Max: «Non ti friggerò il cervello.»

David: «E come fai a saperlo?»

Max: «Sono stato programmato con un’intelligenza superiore. Stenditi senza storie.»

David: «Okay.»

Il ragazzo si distende sul pavimento della nave, dato che il sedile è rientrato nel suo alloggiamento, un fascio laser lo percorre velocemente poi si spegne. David si rialza.

David: «Tutto qui?»

Max: «Tutto qui, cocco bello!»

David: «Cocco bello?»

Max: «Se vuoi imparare a nuotare devi tuffarti in acqua… Non dimenticarti di dare da mangiare a Berger, due etti di carne offerta speciale, lattuga, sottaceti, un panino al sesamo… Whaooo… Ah, ah, che casinooo! Ho immesso nella mia memoria notizie che non c’entrano per niente con la guida dell’astronave…»

David: «Adesso sembri un essere umano.»

Max: «No, quello stupido cane non imparerà mai ad afferrare un freesbee… Tu sei un essere inferiore, sei un idiota.»

David: «Faccia di culo!»

Max: «Sacco di cacca!»

David: «Ehi, se sei così perfetto che cosa ci fai ancora qui?»

Max: «Te l’ho detto. Mi è saltata una valvola quando ho urtato quel palo elettrico, stavo osservando delle margherite…»

David: «Hai sbattuto per guardare dei fiori?»

Max: «Eeh!»

David: «Tu mi sembri un essere inferiore.»

Max: «Ti faccio vedere io chi è inferiore. Innalzo.»

L’astronave schizza nello spazio ad alta velocità.

David: «Ehi, vacci piano!»

Max: «Ooooh, scusami.»

David: «Stai bene Diavolino?»

La creatura, nella mano di David, lo guarda protestando anch’essa per la manovra.

David: «Perché andiamo così in alto, scemo?»

Max: «Scemo?»

David: «Giuro su Dio che se guidassi io quest’affare a quest’ora sarei già a casa!»

Max: «Ah, sì?»

David: «Sì.»

Max: «Si?»

David: «Sì!»

Max: «Okay, idiota, guida tu!»

Max chiude la palpebra metallica del suo occhio. La nave comincia a precipitare verso la Terra.

David: «Basta, non mi sto divertendo, fai qualcosa! Ritiro tutto quello che ho detto, siamo pari, okay?»

Max: «Non siamo pari, mi hai detto scemo!»

David: «Non sei uno scemo. Max voglio che tu accenda immediatamente i motori, questo è un ordine del tuo Navigator!»

Max: «Oooh, adesso sei il Navigator… E allora naviga!»

Da terra Faraday e gli altri seguono la rovinosa caduta libera verso il suolo.

Max: «Meglio che tu faccia qualcosa sapientone o qui finisce male.»

David: «Uno di questi tasti deve essere quello dell’accensione.»

Max: «Qui scemo a sapientone: la nave sta affondando, capitano!»

L’accelerazione di caduta aumenta sempre di più.

Max: «Si sta scaldando, surriscaldando… bolle, si va a fuoco… aaah! …Ooooh, la temperatura si abbassa, fa freddo… sottozero… zero… Che casino, ragazzi, sono cavoli amari! …Pezzo d’idiota ce l’hai sotto il naso!»

David: «Adesso ho capito come si guida!»

Max: «Ti illudi, cocco bello… (Poi, osservando meglio) …Niente male…»

David: «Sta zitto, tu! Per poco non mi ammazzavi!»

Max: «Sei tu che quasi andavi a sbattere. Io mi sono astenuto per insegnarti a volare.»

David: «Bugiardo!»

Max: «Non è vero!»

David: «L’hai fatto apposta per farmi pagare quello che avevo detto.»

Max: «Non è vero, oh!»

David: «Questa me la pagherai.»

Max: «Ah, una minaccia… oooh, che paura! Guarda, sto tremando!»

David: «Sai, non è mica difficile guidare questo coso…»

Max: «Beh…»

David: «Un piccolissimo movimento della mano destra e andiamo da quella parte… (Ma la mano e la direzione sono la sinistra…) Da che parte per Fort Lauderdale?»

Max: «Io so solo quello che c’è nella tua testa e tu non hai la minima idea di dove sia la tua casa.»

David: «Io dico di andare a destra.»

Max: «Non sai distinguere neanche la destra dalla sinistra, l’ho visto prima. Io dico a sinistra.»

David: «Come vuoi.»

I federali rintracciano Carolyne, a casa dei Freeman, dove lei è andata a raccontare la verità e la riportano alla base impedendo poi alla famiglia di uscire. Intanto David, girando a sinistra, è andato a finire a Tokyo e quindi decide di invertire la rotta mentre Faraday sta interrogando inutilmente Carolyne. I nostri viaggiatori sono giunti rapidamente in California e chiedono la strada per Fort Lauderdale a dei giovani fermi con l’auto a un incrocio.

Affacciandosi al portello, David, parla con loro.

David: «Ciao. Sapreste indicarmi la strada per Fort Lauderdale?»

Già lo stupore dei quattro, a questo punto, era notevole. Ci si immagini che livelli raggiunge quando anche l’occhio di Max si affaccia dal portello.

Max: «Per favore, siate molto chiari perché ci siamo persi…»

I quattro avviano l’auto e partono di gran carriera lasciando David e Max, perplessi, a guardarli.

Max: «Ehi, aspettate! …Sono un po’ stronzi eh, David?»

David: «Sì, Max, sono un po’ stronzi…»

La nave spaziale riprende il suo volo.

David: «Se fossi cresciuto sarei come loro

Max: «Dovrei prelevarne un paio per analizzarli

David: «Lascia perdere…»

David fa una sosta presso una stazione di servizio e davanti allo sguardo attonito del grasso gestore, telefona a Jeff pregandolo di fare un segnale sopra la casa in modo che lui possa atterrarvi vicino. Poi prende delle carte stradali e ritorna nell’astronave mentre Max saluta il gestore chiamandolo “smilzo”.

Mentre David esamina le mappe stradali, Max fa la stessa cosa sorreggendo una carta mediante due piccole pinzette che fuoriescono dai lati del suo occhio.

David: «Autostrada 95… Okay. Questo ci porterà dritti a Fort Lauderdale

Max: «95? Noi dobbiamo prendere la statale

David: «Io sono il Navigator!»

David riprende in mano i comandi.

Max: «Ehi, vacci piano! …Io sono il Navigator, io sono il Navigator… Beh, signor sapientone, lo sapevo anch’io che l’autostrada 95 ci avrebbe portato là…»

David: «Ci siamo, adesso non resta che seguirla e arriveremo a casa.»

Max: «Con la statale si faceva prima.»

Jeff riesce a lanciare i segnali a David, accendendo, sul tetto i suoi vecchi petardi. La nave spaziale si avvicina alla meta.

David: «Grazie per la bella corsa, Max, è stato bellissimo.»

Max: «È stato bellissimo anche per me, David.»

David: «I miei amici non ci crederanno mai… Ah, già, i miei amici hanno tutti vent’anni. Io ne ho solo dodici.»

Max: «Vorrei poterti riportare indietro nel tempo ma è troppo pericoloso, almeno così sarai sano e salvo con la tua famiglia.»

Ma David capisce subito che non potrà mai essere così. Faraday ha capito le sue ovvie intenzioni ed è lì ad attenderlo con polizia ed esercito. Il ragazzo apre il portello e comincia a scendere la scaletta, poi si ferma e guarda i suoi genitori che, angosciati, stanno assistendo alla scena.

David: «Mi dispiace, il mio posto non è più qui. Vi voglio bene. Portami con te, Max!»

Max decolla con a bordo David.

Max: «Sai che non posso portarti con me, è troppo pericoloso. Tu devi stare con la tua famiglia.»

David: «Quella è la mia famiglia ma non è la mia casa. La mia casa è rimasta nel ‘78. Se resto qui gli scienziati mi tratteranno come una cavia per il resto della mia vita!»

Max: «È una manovra extra, non l’ho mai fatta, potresti disintegrarti.»

David: «Portami indietro nel tempo!»

Max: «Ripeto: è molto pericoloso. Sei deciso?»

David: «Sì! Andiamo!»

Max: «D’accordo… se è questo che vuoi…»

David: «Max, ti rivedrò ancora?»

Max: «Non lo so. Dobbiamo iniziare il viaggio. Tieniti forte, David.»

David: «Mi mancherai tanto…»

Max: «Anche tu mi mancherai… Grazie.»

David: «Di niente davvero, credimi… Forza metticela tutta, Max!»

Max: «Consenso! Navigator… buona fortuna.»

Ancora una volta David si risveglia nel fossato e, ancora una volta, risale la scarpata, percorre il sentiero, attraversa la ferrovia.

Giunge alla sua casa e si sente chiamare dai suoi che lo aspettano sulla barca con hamburger e razzi. Il viaggio nel tempo è riuscito e non è stato un sogno. Il Diavoletto Marino è con lui, nel suo zaino. Jeff lo guarda stupito e David gli fa cenno, sorridendo, di tacere.

Lontano, nel cielo, una scia luminosa scivola tra le stelle e una voce che solo David può sentire, la calda voce di un amico più umano degli umani, gli lancia l’ultimo saluto.

«Arrivederci… Navigator.»

(5 – continua)

Giovanni Mongini