FANTASCIENZA STORY 176

IO, ROBOT: ZERO DIFETTI (1987) – PARTE 01

PREDATOR (Predator)

Il Maggiore Dutch Schaefer (Arnold Schwarzenegger) riceve l’incarico dal Generale Phillips (R.G. Armstrong) di svolgere una pericolosa missione nella foresta dell’America Latina. Lui e i suoi uomini devono andare a salvare, e quindi recuperare, un ministro che i guerriglieri hanno rapito e portato nell’interno. Alla missione si aggrega un suo vecchio commilitone, Dillon (Carl Weathers), al momento in servizio per la CIA.

Dutch e i suoi cinque compagni, più ovviamente Dillon, vengono fatti scendere con gli elicotteri nella foresta e iniziano la loro missione che, fin dall’inizio, si rivela ben diversa dal preventivato. In seguito alla scoperta di alcuni cadaveri scorticati e appesi agli alberi che si rivelano essere di soldati americani, i sette assalgono il campo dei guerriglieri uccidendoli. Si salva solo una ragazza, Anna (Elpidia Carrillo): fatta prigioniera, la donna viene portata verso il luogo dell’appuntamento con l’elicottero che dovrà prelevarli.

Qualcuno o qualcosa, però, sta seguendo i loro movimenti. Possiede una vista diversa da quella umana, capace di captare il calore emanato dagli esseri viventi… si muove agilmente saltando da un albero all’altro. Anna fugge alla sorveglianza di Dillon inoltrandosi nella foresta, così uno degli uomini di Dutch, Hawkins (Shane Black), la insegue ma viene assalito da qualcosa di invisibile che uccide rapidamente il soldato portandone via il corpo davanti agli occhi inorriditi della ragazza.

È poi la volta di Blain (Jesse Ventura), che viene colpito da un raggio mortale. Convinti che qualcosa stia dando loro la caccia, gli uomini si accampano ponendo tutt’intorno delle trappole che, nella notte, entrano in azione provocando lo scompiglio in tutto il campo. Non si tratta però del loro misterioso nemico, ma di un cinghiale. Eppure, qualcuno si è avvicinato al campo portandosi via il corpo di Blain.

Il mattino dopo i soldati esplorano i dintorni cercando delle tracce.

Dutch: «Voleva soltanto il corpo. Ci sta uccidendo uno alla volta!»

Billy: «Come i cacciatori.»

Arnold: «Passa dalle cime degli alberi… (Si avvicina alla ragazza) Ieri, dimmi cosa hai visto…»

Dillon: «Sprechi tempo e fiato!»

Dutch: «Ormai devi parlare…»

Anna: «Non ho capito cos’era…»

Dutch: «Continua…»

Anna: «Cambiava de colore… como un camaleonte, se confondeva con la foresta…»

Dillon: «Vuoi dire che Blaine e Hawkins sono stati uccisi da una lucertola? Sono fantasie di una pazza. Là ci sono ribelli bene armati, altro che lucertole…»

Dutch: «Come ti chiami?»

Anna: «Anna.»

Dutch: «Anna, quell’essere ci vuole uccidere tutti, compresa te, lo sai vero?»

La ragazza annuisce e lui le libera le mani.

Dillon: «Cosa diavolo ti salta in mente?»

Dutch: «Serviremo tutti.»

Dillon: «Lei è una prigioniera. Tra cinque minuti ci muoviamo.»

Dutch: «No, ancora no.»

Dillon: «L’appuntamento con l’elicottero è a dieci miglia da qui e credi che aspetterà?»

Dutch: «Dillon, o risolviamo adesso o non ci arriverà nessuno a quell’elicottero!»

Anna: «C’è anche un’altra cosa. Quando il tuo amico è stato ucciso tu hai ferito quell’essere, sulle foglie c’era del liquido.»

Dutch: «Se può essere ferito può essere ucciso.»

Un nutrito numero di trappole di ogni genere isola i soldati rimasti lasciando libero solo un varco davanti al quale, debitamente nascosti tra gli alberi, si appostano i superstiti.

Probabilmente non è la prima volta che l’astronave che abbiamo visto nella prima sequenza del film, porta sulla Terra qualcuno di quegli esseri, almeno è questo che traspare dalle parole di Anna.

Anna: «Quando ero piccola venne trovato un uomo che era stato ridotto a pezzi. Le donne del paese al vederlo si facevano il segno della croce e mormoravano frasi strane senza senso… “El diablo cacciator des hombres”… Poi accadde ancora nelle estati più calde… e questa sarà un’estate torrida, per questo cominciamo a trovare i morti. Qualche volta li troviamo completamente spellati, altre volte ridotti molto, molto peggio… “Es el cacciator do trofeos des los hombres”… vuol dire: il demone che riduce gli uomini a trofei…»

Dutch si inoltra tra gli alberi evitando gli ostacoli, sembra non ci sia nessuno ma non è così, qualcosa alle sue spalle fa scattare le trappole: una di esse, un tronco, colpisce in pieno Poncho (Richard Chaves), ferendolo mortalmente. Mac (Bill Duke) insegue la creatura e Dillon gli va dietro in modo che Dutch, Anna, Billy e anche Poncho possano raggiungere l’elicottero. Mac vede la creatura ritta su un albero, in una sequenza precedente abbiamo anche visto l’essere che si cauterizzava una ferita usando un’avanzatissima attrezzatura di sopravvivenza. I due si separano in modo che Dillon possa spingere il predatore verso Mac ma il soldato viene preso di mira da una sorta di fucile laser che gli fa esplodere il cervello, anche Dillon viene colpito e ucciso a sua volta. Il suo urlo di dolore viene captato dagli altri e Billy (Sonny Landham) si ferma per affrontare la creatura: è tutto inutile, anche in questo caso le sue urla di dolore raggiungono i tre che stanno correndo verso il luogo dell’appuntamento.

Poi l’essere li raggiunge, uccide Poncho e ferisce Dutch mentre Anna fugge terrorizzata verso la salvezza. Strisciando Dutch raggiunge un dirupo e si tuffa dall’alto in un fiume che poi prosegue in una cascata, mentre raggiunge la riva fangosa qualcosa si muove verso di lui.

Il Predatore giunge a sua volta sulla riva; Dutch, tutto coperto di fango, si è nascosto tra i rami secchi. Lo sguardo dell’alieno capta una forma di vita e spara, ma si tratta solo di un topo che fugge terrorizzato. L’essere non vede Dutch e si allontana. L’uomo si tocca il viso coperto di fango.

Dutch: «Per questo non mi ha visto.»

I due si preparano per la battaglia finale e una volta preparate le sue trappole Dutch, urlando e appiccando il fuoco, chiama il suo nemico che si avvicina cautamente. Una freccia esplosiva ferisce nuovamente il Predatore che assale Dutch il quale, per salvarsi, si getta nuovamente in acqua ma ora è perfettamente visibile, l’alieno lo afferra ed esamina con fare molto interessato il suo cranio. Il Predatore, infatti, raccoglie e tiene perfettamente puliti i teschi delle sue vittime, conservandoli amorevolmente come dei trofei. Poi decide che Dutch merita una morte più onorevole, si spoglia delle armi e del casco che protegge il suo viso, mostrando un volto simile a quello di un granchio ma molto, molto più brutto, tanto che fa esclamare al nostro protagonista la frase:

Dutch: «Mio Dio, sei un mostro schifoso!»

I due lottano a suon di pugni ma quelli della creatura non lasciano scampo fino a che Dutch non riesce, con un ultimo sforzo, a far cadere una trappola costituita da un tronco di notevoli dimensioni che colpisce il Predatore riducendolo in fin di vita. Sghignazzando il diabolico alieno innesta un dispositivo di autodistruzione e anche da questo, Dutch, si salva a stento. È ancora vivo quando l’elicottero con a bordo Anna e il Generale Phillips scende a prenderlo…

Il film di John McTiernan rappresenta una delle tante incursioni della fantascienza in altri generi: infatti, in tutta la prima parte, Predator sembra, in tutto e per tutto, una pellicola stile Commando (Commando) per poi, diventare, nella seconda parte un film di fantascienza.

Predator ebbe dei problemi per quanto riguarda gli effetti speciali: una prima versione della creatura aliena non risultò infatti credibile. La parte dell’alieno, tra l’altro, doveva essere interpretata da Jean-Claude Van Damme mentre nella versione definitiva fu Kevin Peter Hull a interpretarlo.

Tutte le scene senza il mostro erano state girate e ancora non era stato risolto il problema dell’alieno. Grazie all’ingresso di un altro produttore che investì due milioni e mezzo di dollari fu possibile contattare prima James Cameron, poi Rick Baker e infine Stan Winston che realizzò il definitivo aspetto dell’alieno. Gli effetti visivi furono invece opera della R/Greenberg.

Per la prima volta in un film viene composto ed elaborato un qualcosa che non esiste; questo è il concetto dell’alieno e per realizzarlo ci sono voluti molti e molti mesi di lavorazione. Non si sapeva molto di questo alieno, l’unica cosa certa era che la sua invisibilità era un mezzo di difesa e di attacco, il suo potere di spostarsi rapidamente conferiva un’arma in più per la sopravvivenza. Il punto era: camuffare un uomo da mostro e farlo sembrare un imbecille a Carnevale, o realizzare qualcosa di veramente innovativo e credibile? Si optò per la seconda scelta e subito i tecnici si misero al lavoro per realizzare un programma computerizzato in grado di creare una persona “trasparente”. Sia chiaro, chiunque può creare una persona trasparente sul proprio PC, basta disegnare una sagoma e non colorarla! Ma anche in questo caso la sagoma si vedrebbe (schiarite quanto volete, ma il pennello utilizzato per disegnarla non potrà mai dissolversi) e, comunque, la figura sarà solo monodimensionale, al più bidimensionale.

Con l’ausilio di un buon programma si creò una sagoma corpulenta tridimensionale e la si fece muovere sullo schermo, ma il risultato fu negativo; Joel Hynick della R/Greenberg pensò allora di rappresentare la creatura facendone vedere i tratti termici: con un termoscanner si è poi riusciti a riprodurre le gradazioni di colore del corpo umano, accentuandole o diminuendole con il solo ausilio di un computer. Ma non era abbastanza. Eugene Mamut si occupò della mimetizzazione dell’alieno con lo sfondo: usando un filtro distorcente, che catturava lo sfondo e lo ridimensionava nel piccolo ambiente della sagoma, e una serie di oltre 500 matte paints a cerchi concentrici uno dentro l’altro, la creatura sembrava letteralmente trasparente e vetrosa. Era davvero la prima volta che un effetto combinato veniva interpolato con la live action, ma ciò non causò particolari problemi in fase di montaggio; Stuart Robertson, supervisore agli effetti speciali, ed Eric Chamberlain, assemblatore, hanno lavorato alacremente per mesi in modo da rendere il film un capolavoro.

Il programma usato fu Touch Master 6.0, quasi un incrocio tra Corel Draw e Paint Shop Pro, con dei filtri ricavati da vari altri programmi di grafica; interfacciato il tutto con una camera digitale, uno scanner termico, e una macchina fotografica digitale, il risultato fu davvero sorprendente.

La particolarità di Touch Master è l’assoluta sensibilità delle sue funzioni, integrate a un sistema di risoluzione a colori compatibile con qualsiasi emulsione usata; interagendo con un elaboratore digitale (in questo caso una videocamera) la risoluzione finale della creazione risulta un qualcosa di perfetto… considerando l’anno in cui è stato realizzato!

Le diverse angolazioni di ripresa e la giusta saturazione di colore all’interno della sagoma fecero in modo che la creatura aliena fosse un misto di realtà e finzione.

(1 – continua)

Giovanni Mongini