IO, ROBOT: ZERO DIFETTI (1987) – PARTE 06
LA PROTESTA DEL SILENZIO (Silent Voice – Amazing Grace and Chuck)
Il lettore appassionato di fantascienza, sia letteraria che cinematografica, sa perfettamente che il suo genere preferito non è costituito solamente da mostri, giganteschi o meno, o da missili sfreccianti tra le stelle e le galassie. A volte, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima, lo si può fare avvicinandosi al quotidiano e formularne delle ipotesi, allarmanti o meno, per trovarsi di fronte a un tipo di fantascienza apparentemente più realistico ma sicuramente più nascosto all’apparenza di molti. Un esempio per tutti può essere considerato L’uomo venuto dal Cremlino o anche Arancia meccanica apparentemente non appartenenti al genere fantascientifico, questo almeno per lo pseudocritico o cultore sprovveduto, ma indubbiamente facenti parte di quell’universo poliedrico che è la prerogativa più bella ed affascinante della Science Fiction.
Comunque sia questa volta parliamo di Chuck Murdock (Joshua Zuehlke), un ragazzo di dodici anni che vive a Livingstone, nel Montana. Il ragazzo è una sicura promessa del baseball e la squadra per la quale gioca si basa soprattutto sulle sue straordinarie qualità di lanciatore. Un giorno, durante una visita organizzata dalla scuola, Chuck e la sua classe si recano in visita a una base missilistica sotterranea dove, dentro a un bunker, sono mantenuti sempre in posizione di partenza, dei missili Minuteman 3, razzi intercontinentali puntati verso un obbiettivo segreto nell’Unione Sovietica.
La visita colpisce molto Chuck: guardare quegli ordigni di morte terrorizza i suoi sogni, portandolo a prendere una grande decisione. Rinuncerà a quello che ama di più, il baseball, fino a che tutti gli ordigni nucleari della Terra non saranno stati eliminati.
La notizia, un piccolo trafiletto sul giornale, impressiona emotivamente un grande campione di basket Amazing Grace Smith (Alex English) che va a trovare Chuck; parlando con il ragazzo si convince della serietà delle sue intenzioni, e decide a sua volta di abbandonare il basket. Smith lo annuncia in una conferenza stampa.
Smith: «…ma c’è questo ragazzino di dodici anni del Montana, si chiama Chuck Murdock, ne hanno parlato i giornali quando si è rifiutato di giocare a baseball per protestare contro le armi nucleari, per farlo ha rinunciato a quello cui teneva di più, io non riuscivo a crederci ma è vero. Gli ho parlato e non credo debba essere lui solo… Lo ripeterò lentamente, non voglio essere frainteso: io ho deciso di rinunciare al basket finché esisteranno al mondo armi nucleari di ogni tipo.»
La cosa comincia ad allargarsi a macchia d’olio e altri campioni dello sport decidono di seguire le orme di Smith, sicuri che la causa sia giusta. Intanto uno strano e misterioso individuo, Alexander Jeffries (Lee Richardson) contatta l’agente di Smith, Lynn Taylor (Jamie Lee Curtis), facendo capire alla ragazza che sarebbe bene che Smith smettesse queste buffonate dal momento che a molte persone piace vedere le partite e scommettere su di esse. Anche il padre di Chuck, Russell (William L. Petersen), maggiore dell’aeronautica ora in riserva, è tormentato da individui più interessati allo sport che alla protesta del ragazzo ma vengono allontanati da Smith e dai suoi amici.
La notizia circola velocemente e anche il Presidente degli Stati Uniti (Gregory Peck), colpito da questo strano gesto, vuole saperne di più: convoca nel suo studio alla Casa Bianca il giovane Chuck, il quale, nell’attesa che egli arrivi, ascolta le proposte del segretario circa una gita in sottomarino.
Presidente: «Dan, il ragazzo non vuole salire su un sottomarino, quello che vuole è tornare a giocare a baseball… Salve, Chuck, puoi anche lasciarci soli, Dan. Vorrei poter dire che assomigliavo a te quando avevo la tua età ma… io non avevo la tua grinta!»
Chuck: «Grazie, Signore!»
Presidente: «Sai, nel posto che occupo mi sento un po’ solo, a volte. Se non sbaglio devi sapere cos’è la solitudine, non volere giocare a baseball, lottare per qualcosa in cui credi. L’ho letto, sai, e mi sono detto: ecco qui un ragazzo che è disposto a rischiare la solitudine, il distacco dei propri amici, l’isolamento.»
Chuck: «In realtà non ci ho pensato, Signore.»
Presidente: «Però ti senti solo, non è vero?»
Chuck: «A volte.»
Presidente: «Siediti, Chuck. Ieri sera c’è stato un parapiglia in uno stadio, in Germania. Alcuni ne danno la colpa a te, anche qualche mio assistente, come quello che era qui poco fa. Hanno anche preparato per te un grande quadro luminoso con tante belle lucette. Le bianche sono missili americani, dato che il bianco è sempre per i buoni e i missili sovietici, naturalmente, sono indicati con luci rosse. Il loro intento, forse, era di farti vedere che le luci rosse sono molte di più di quelle bianche, vogliono che ti dica che tu metti in pericolo il nostro paese rifiutando di giocare a baseball. Sono persone sincere, credono che sia così. Io dico che è una sciocchezza, tu no?»
Chuck: «Sì, signore, lo credo anch’io.»
Presidente: «Eh, già, naturalmente. Io sono un appassionato di sport e, vista la situazione, i prossimi campionati saranno un completo disastro! Sì ma questo non basta per dire a un onesto cittadino di non fare quello che, in cuore suo, ritiene giusto o non giusto. È quanto di più crudele si debba chiedere ad un individuo e io sto per chiederlo a te!»
Chuck: «E perché?»
Presidente: «Beh, figliolo, sto per intraprendere delle trattative con il capo dei sovietici per ridurre le armi nucleari. In una trattativa il tuo interlocutore giudica sempre la forza che possiedi e mi riterranno forte soltanto se avranno la convinzione che tutti i cittadini americani appoggiano il mio operato. Beh non starò certo a raccontarti che metti in pericolo il nostro paese però io ti dico che mi rendi più difficile ottenere l’abolizione delle armi nucleari, e questo è vero. Ora, tu difendi le tue convinzioni e questo è bello, è giusto, ma il lavoro che stiamo svolgendo, queste trattative, sono più importanti delle tue convinzioni… Quindi sono costretto a chiederti di scendere di nuovo in campo a tirare pallate al battitore. Cosa ne dici?»
Chuck: «Non posso, Signore.»
Presidente: «Forse vorrai dirmi che non vuoi…»
Chuck: «Sissignore, forse è così.»
Presidente: «È tuo diritto… e noi teniamo molto alla libertà di parola in questo paese e Dio voglia che sia così per sempre, ma è anche scritto, Chuck, nella nostra Costituzione, che nessuno può arrogarsi il diritto di entrare in un teatro e gridare al fuoco…»
Chuck: «Ma, Signore, se c’è davvero un incendio?»
La sera, tornato nel Montana, Chuck parla del suo incontro con il Presidente con Amazing Grace Smith.
Chuck: «Chi ha ragione?»
Smith: «Tutti e due, parlare bene è facile.»
Chuck: «E che dovrei fare?»
Smith: «Agire bene. E questo è difficile. Vedi, Chuck, il Presidente ha il suo punto di vista e tu hai il tuo, tutti e due avete ragione, considerato il vostro punto d’osservazione.»
Chuck: «Ma uno deve aver torto!»
Smith: «Ma non c’è nessun modo per dire quale dei due.»
Chuck: «Amazing, come si fa a capire quello che si deve fare?»
Smith: «Forse dimentichi Chuck che proprio tu, senza pensarci su tanto, e senza neanche domandarti il perché, hai fatto quello che hai fatto!»
Chuck: «Cosa ho fatto?»
Smith: «Tu, tempo fa, hai piantato la squadra e hai lasciato il baseball, non hai pensato mica se era una cosa giusta, hai agito e basta. Ricordi che una volta ti ho parlato di una mia convinzione?»
Chuck: «A proposito della famiglia?»
Smith: «No, su come si segna un canestro. In quegli istanti in campo non c’è rumore, non c’è la folla e neanche tutti gli altri giocatori, solo il pallone e il canestro, su in alto, lontano…»
Chuck: «Una condizione ideale.»
Smith: «Certo, esatto, giusto! È un tiro quasi impossibile da fare ma… neanch’io sono più lì. Io sono… sono scomparso… è così che riesco a segnare!»
Chuck: «Scomparendo?»
Smith: «Certo! Si riesce dimenticando sé stessi. Il cesto non è mio e neanche tuo… ti devi annullare nell’azione!»
Lynn riferisce a Smith degli strani colloqui avuti con Jeffries e il giocatore si precipita a Boston dall’uomo, ordinandogli di smetterla di minacciare chicchessia.
La mattina successiva Smith parte in aereo per recarsi a un convegno di beneficenza e, dall’aereo stesso, telefona a Lynn, ringraziandola per aver messo a sua disposizione un veloce Jet. La risposta della ragazza è raggelante:
Lynn: «Non ti ho mandato un Jet! Non sei su un aereo mio… Oh, Signore!»
Smith: «Lynn, sta a sentire. Forse non è come pensi. Ora riattacco e dico al pilota di atterrare subito!»
Lynn: «Amazing…»
Smith: «Ssssttt… Ma se mi succedesse qualcosa va a Livingstone, comunque vada io sarò sempre lì!»
Amazing aggancia il ricevitore. Il cielo notturno è acceso da un globo di fuoco: l’aereo è esploso.
Davanti alla casa di Chuck dei giornalisti attendono le dichiarazioni del ragazzo in merito alla morte dell’amico.
Chuck: «Avevo un amico, si chiamava Amazing Grace Smith, era il mio amico più caro e forse il più grande giocatore di basket del mondo. Voleva solo che la gente potesse vivere e ora non c’è più! Diceva, e io l’ho vista, che c’è la morte nascosta là, sottoterra, capace di ucciderci tutti molte volte. Amazing diceva: “Non sarebbe tanto bello se smettessimo di far finta di non sapere che c’è là sotto? Smettiamo di giocare, diceva, ricominceremo quando avranno levato tutto” Lui se ne è andato e la morte è ancora là. Non dirò più una parola…»
La protesta continua a espandersi, anche i compagni di Chuck si portano dalla parte del ragazzo, abbandonando l’aula quando l’insegnante impone a Chuck di parlare.
Il Presidente americano, visibilmente schierato dalla parte del giovane Chuck, incontra il Premier russo in un colloquio privato; durante il viaggio di ritorno, si ferma dal suo giovane amico, ricevendolo, assieme al padre, sull’aereo presidenziale fermo sulla pista d’atterraggio.
Presidente: «Maggiore, grazie al cielo il suo ragazzo ha avuto il buon senso di non ascoltarmi a Washington. Stasera comparirò in televisione e leggerò questo all’America. C’è scritto che già quest’anno il nostro paese e l’Unione Sovietica, insieme, smantelleranno il 15% del loro potenziale strategico nucleare totale. Gira la pagina… Si tratta di un programma settennale alla fine del quale il nostro arsenale strategico sarà completamente annullato. Chuck, tutto questo non si sarebbe mai avverato senza di te e il tuo amico, il signor Smith. Voglio che te ne venga reso atto e per questo, stasera, apparirai con me in televisione e dirai anche qualche parola di tua libera scelta.»
Chuck gli risponde scrivendo.
Presidente: «<Mi dispiace Signore, non posso>. Ma Chuck questo è assurdo! Che c’è che non va? Cosa c’è?»
Russell: «Signore, quello che Chuck forse vuole dire è che possono succedere tante cose in sette anni. Intanto lei non sarà più in carica e il capo sovietico può essere sostituito da un giorno all’altro. Adesso la gente è piena di entusiasmo, anche per questo lei è riuscito a tanto, ma, passato il momento, finirà per dimenticare. Anche se non è facile deve battere il ferro finché è caldo… e adesso mi pare molto caldo.»
La sera, a casa, Russell ha qualcosa da dire al proprio figliolo.
Russell: «Chuck, c’è una cosa che avrei voluto dirti da quando è cominciata questa storia. Ho cercato di esprimertelo in un centinaio di modi ma senza dire mai le parole giuste e ora voglio dirle quelle parole: sono molto fiero di te!»
Gli amici di Smith scoprono che è stato Mister Jeffries a noleggiare l’aereo sul quale Amazing ha trovato la morte e mandano sopra tutta la città dei dirigibili con la scritta: Signor Jeffries, la vediamo. Gli amici di Amazing.
Anche lo staff del Presidente scopre le losche trame di Jeffries. Purtroppo mancano le prove per accusarlo. Ed è il Presidente in persona che telefona a Jeffries, alle tre di notte, ordinandogli di vendere tutte le sue quote e recedere dalle attuali cariche dicendogli che, per tutta la vita, sarà controllato in ogni sua mossa.
Il piccolo Chuck è in giardino, sta giocando a basket con sua sorella; è il padre ad interromperli, portando il figlio in camera sua, c’è una visita importante.
Presidente: «Ti stavo guardando dalla finestra. Il basket però non è il tuo gioco. Vieni qua, Chuck. Una volta giocavo un po’ a golf, non è che ne fossi un campione, ero discreto, a tennis avevo un buon servizio ma niente rovescio… Beh, ora veniamo al punto. La stagione del baseball comincia ad aprile, no? È tutto a posto.»
Il Presidente apre la cartella che ha portato con sé e gli mostra l’intestazione del documento:
Il Governo degli Stati Uniti D’America e il Governo delle Repubbliche Socialiste Sovietiche sulla base del trattato di disarmo totale nucleare si sono accordate come segue…
Presidente: «È fatta! Una cosa che non avevo certo previsto entrando in politica era che alla fine della mia carriera, dopo aver fatto tutto quello che mi ero prefisso, non sarei potuto tornare indietro con la gente che amavo, lontano dall’occhio del pubblico, alla mia vita privata. Non pensavo che sarebbe stato così difficile ma non è detto che non ci riuscirò. Questo è un numero di telefono, tu ed io apparteniamo ora a un ristretto club esclusivo, dobbiamo restare in contatto…Quando fai quel numero chiedi la comunicazione a carico del destinatario!»
E così il primo giorno del campionato la squadra di Chuck esordisce davanti a un pubblico d’eccezione: il Presidente degli Stati Uniti e il Premier Sovietico.
Il ragazzo sta per lanciare ma c’è un’altra cosa da fare prima, tutta la squadra alza la mano destra nel gesto di vittoria tipico che usava Amazing: tre dita della mano destra tese verso il cielo.
Chuck lancia la sua palla, libera come è libero ora il mondo dall’incubo della guerra atomica.
«Non sarebbe bello…»
(Amazing Grace Smith)
Il film, sconosciuto, al pubblico e alla critica non ha certamente meritato questa tiepida accoglienza. Forse è incredibile nel suo assunto ma… non sarebbe bello? Ormai la guerra è un business cui non si può rinunciare. Ogni anno vengono fabbricate milioni di tonnellate di armi, di armi chimiche e batteriologiche, sterminiamo intere popolazioni, ci facciamo del male a vicenda, ci perdiamo nello spazio… ma non siamo in grado di salvare le nostre vite da un futuro senza speranza per cui… non sarebbe bello?
(6 – continua)