Una normalissima domenica 16 settembre 1804 vede nascere a Boston uno stranissimo personaggio intenzionato a creare nientemeno che una sorta di “Automa di Dio”, quasi un ‘Messia Meccanico’. Ma di ciò parleremo un po’ più avanti.
Il nostro curioso personaggio risponde al nome di John Murray Spear e insieme a suo fratello Charles è nato in una famiglia profondamente religiosa, poi aderente alla Chiesa Universalista.
Dopo una non breve attività di “stretta osservanza” in ambito religioso – definiamola così – Spear sotto l’influenza della prima moglie Sophronia, annuncia di essere in contatto con spiriti di illustri defunti, tra i quali Thomas Jefferson (1743 – 1826), nientemeno che il terzo Presidente degli Stati Uniti e Benjamin Franklin (1706 – 1790) – uomo poliedrico, scienziato, giornalista, politico, inventore e uno tra i maggiori protagonisti della Rivoluzione americana – che sarebbero appartenuti ad una sorta di oltremondano Congresso degli Spiriti intenzionato a risollevare le sorti di questa sciagurata umanità fornendo ad essa ogni sorta di informazioni ‘tecniche’ affinché possa venire alla luce un vero e proprio tecnologico Messia tecnologico.
A sinistra John Murray Spear e a destra Beniamino Franklin, rispettivamente costruttore e “progettista” (dall’Aldilà…) dell’Automa di Dio.
Così in una sorta di leggera trance più o meno autoindotta egli avrebbe ricevuto suggerimenti per addentrarsi in letture scientifiche in ambito medico e tecnologico che comprendevano istruzioni per realizzare l’irrealizzabile morto perpetuo, una macchina pensante, una nave elettrica e una rete telepatica… intercontinentale!
Ma la sua più grande realizzazione è uno strano automa, un curioso meccanismo composto di parti elettriche e meccaniche che avrebbe dovuto incarnare la Nuova Forza Motrice, ovvero una sorta di Spirito Santo tecnologico, un nuovo Messia destinato a destare l’umanità intera da un “demoniaco” torpore, portandola a nuova vita…
Il Messia Meccanico
Ma poiché – come sosteneva il Metastasio – “adeguarsi al tempo è necessaria virtù”, anche il nostro ineffabile John Murray Spear si adegua subito ad un’epoca in cui la tecnologia comincia a fare i primi seri passi e l’elettricità fa intravedere anche all’uomo della strada di quali “miracoli” sia capace l’umano ingegno.
Così il Messia Meccanico non nasce in una stalla e non viene riscaldato dall’amorevole fiato di un bue e di un asinello, come vorrebbe la tradizione cristiana ormai consolidata ma forse non del tutto rispondente al vero.
No, questo stranissimo, tecnologico “ponte” tra la Terra e il Cielo, tra l’Immanente e il Trascendente nasce in una sorta di laboratorio denominato High Rock Cottage, con l’aiuto di un fantasmatico gruppo di “spiriti”, gli Elettrizzatori – tra i quali figura, come detto, anche un “mago” dell’elettricità come Benjamin Franklin! – e di eclettici personaggi in carne ed ossa, quali il reverendo Hewitt, editore del giornale New Era, di matrice spiritista, Alonzo Newton, editore del New England Spiritualist e di una donna chiamata la Maria della Nuova Legge Divina.
High Rock Cottage, i laboratori dove venne realizzato da Spear l’Automa di Dio.
La vera identità di quest’ultimo personaggio non è stata mai definitivamente chiarita, ma forse era la “tangibilissima” moglie di Spear…
Per infondere nello strano macchinario, che fra poco esamineremo, lo Spirito Vitale viene attuato un processo comprendente quattro distinte fasi che hanno inizio con Fratello Spear mentre entra in uno stato alterato di coscienza e trasmette i “piani di costruzione” della macchina suggeritigli dal Gruppo degli Elettrizzatori situato… nell’Aldilà.
Ovviamente la costruzione del Messia Meccanico richiede il canonico tempo di nove mesi – una “gestazione” in piena regola, dunque! – e in quel lasso di tempo Spear riceve centinaia di “rivelazioni” su quali materiali usare, su come assemblarli e collegarli tra di loro. A Spear e ai suoi collaboratori non viene dato – dall’Onnipotente? Dalla loro mente obnubilata dall’uso di sostanze psicotrope? – un progetto intero ma, come poi egli stesso afferma, il Messia Meccanico è costruito pezzo per pezzo, congegno per congegno, circuito per circuito come una sorta di divino… albero di Natale da realizzare passo dopo passo.
Spear è totalmente digiuno di qualsiasi cognizione tecnica o scientifica ma ciò forse rappresenta un vantaggio poiché egli non si pone mai il problema di “razionalizzare” ciò che sta costruendo e procede step by step senza capire quasi nulla di quel che realmente fa.
Più o meno fantasiosa ricostruzione di quello che potrebbe essere stato l’androide realizzato da Spear su “progetto” proveniente dal “mondo degli spiriti”.
Il Messia Meccanico viene costruito utilizzando moltissime parti in rame e altrettante in zinco – una sorta di “Pila di Volta” dunque – la qual cosa ci farebbe subito pensare alla creazione di innumerevoli coppie bimetalliche atte a fornire a chissà quale “circuito” una certa differenza di potenziale, una tensione elettrica per trasformare l’informe meccanismo in qualche cosa di apparentemente “vivo”.
Purtroppo non esiste una vera e propria raffigurazione di ciò che Spear & C. realizzano nel loro laboratorio, non abbiamo quindi alcuna foto della cosiddetta New Motive Power, della Nuova Forza Motrice, del miracoloso strumento meccanico che avrebbe rappresentato l’ultimo “dono del Cielo all’Uomo”, secondo una definizione dell’eccentrico personaggio.
Ma da qualche descrizione si arguisce che il Messia appare come una sorta di grande tavola da cui emergono delle aste metalliche con delle sfere di acciaio contenenti dei magneti. Insomma uno stranissimo coacervo di elementi atti a creare elettricità e magnetismo statici che ci porterebbe alla memoria anche qualche curiosa apparecchiatura di un altro “stregone” della Scienza: Ed Ledskalnin e il suo Coral Castle. Ma questa è una storia ben diversa e ci torneremo in futuro…
All’apparecchio arriva energia anche tramite una sorta di “parafulmine” che attinge dall’elettricità atmosferica. Di certo un suggerimento fornito dall’Aldilà dal geniale Benjamin Franklin, inventore del parafulmine!
Non mancano anche contenitori di speciali composti chimici e un provvidenziale “collegamento a terra” nel caso l’energia… “divina” (o, meglio, atmosferica) sia eccessivamente prodiga di scariche ad alto voltaggio capaci di “crocifiggere” Spear e collaboratori.
C’è anche un sistema di inalazione e respirazione che forse fornisce sostegni “psicotropi” agli utilizzatori…
Pare che chi si avvicini al Messia Meccanico percepisca una sorta di “vibrazione” che dovrebbe elevare la condizione spirituale di ogni individuo.
Cosa questa che accade anche allo strambo inventore mentre ne sperimenta il funzionamento, dando origine – così almeno affermano i presenti – ad una specie di ectoplasmatico “ombelico luminoso” che lo unisce al cuore del Messia Meccanico stesso.
Ė proprio allora che quel personaggio che abbiamo prima denominato la Nuova Maria percepisce i primi sintomi della “divina gravidanza”…
Un “tecnologico” Dies Natalis…
Gli “spiriti” – una vera e propria Annunciazione, in accordo con quanto descritto nei Vangeli! – la istruiscono affinché ella possa partecipare – il 29 giugno del 1854 – alla fase finale dell’esperimento. Il giorno dell’appuntamento ella si distende sul pavimento, per due ore, davanti alla strana Macchina. Quando si rialza, sembra abbia percepito qualche “segno” e la Macchina del Messia si sarebbe “animata” per qualche secondo.
O almeno così riferiscono i soliti fedeli presenti all’esperimento…
John Murray Spear proclama allora che “Il tempo della liberazione è finalmente giunto e che la Macchina si muove!”.
In realtà tali “movimenti” appaiono appena percepibili, ma – è ovvio! – il neonato Messia Meccanico proprio perché “neonato” mostra tutte le difficoltà di movimento dovute alla tenerissima età!
La Nuova Maria provvede a fornire all’infante tecnologico ogni materna attenzione ma i progressi del “divino” meccanismo appaiono notevolmente lenti, deludendo anche parte dei suoi primitivi estimatori. Qualcuno avanza la “blasfema” ipotesi che i “movimenti” siano dovuti soltanto a normalissime oscillazioni delle sfere metalliche appese alle aste che escono dal piano del tavolo.
Ma, si sa, i miscredenti, gli “infedeli”, gli individui blasfemi sono esistiti da che mondo è mondo e quindi non c’è da meravigliarsene!
Il fantasmatico gruppo degli Elettrizzatori – da un qualche, lontanissimo Altrove – suggerisce allora che un cambiamento d’aria farebbe bene al divino “neonato”: detto fatto la Macchina del Messia viene smontata e ricostruita nella cittadina di Randolph, nello stato di New York dove usufruirebbe di condizioni elettriche locali molto più favorevoli.
Quasi un “evangelico” viaggio da Nazareth a Betlemme…
Ma il trasferimento non giova di certo alla tecnologica “divinità” poiché, per una serie di sfortunati eventi e anche perché essa è additata come “frutto del Demonio”, viene smembrata in varie parti che vengono pian piano disperse. Così non sapremo mai in cosa consistesse con esattezza la supposta “divinità” creata da questa sorta di mistico Dottor Frankenstein che rispondeva al nome di John Murray Spear.
Il libro – purtroppo non disponibile in lingua italiana – in cui si raccontano le mirabolanti vicende di John Murray Spear e del suo “Automa di Dio”, quasi una creatura tecnologicamente vicina al “mostro” del Dr. Frankenstein!
Ciò che Spear ha realizzato nel suo laboratorio di High Rock appartiene di fatto all’eccentricità che caratterizza i personaggi che in un libro di recente arrivato alla seconda edizione ampliata ho definito “Stregoni’ della Scienza”, ma ciò non dovrebbe sembrare eccessivamente strano, poiché è quello il momento in cui cominciano ad apparire nuove tecnologie, si avviano quasi avveniristici processi di industrializzazione e la “Scienza”, nella sua più ampia accezione del termine, può apparire come un reale ponte tra la Materia e lo Spirito.
La seconda edizione notevolmente ampliata de “Gli stregoni della Scienza” (Eremon Edizioni)
Spear passa il resto della sua esistenza divulgando il suo pensiero in conferenze sullo Spiritualismo e – si sa, unire l’utile al dilettevole contribuisce fattivamente alla salvezza delle anime… – quando gli “spiriti” che egli ascolta predicano il “libero amore”, nel 1859 ha un erede in carne ed ossa da un’altra compagna, Caroline Hinckley, per poi passare definitivamente nel nebuloso Altrove da cui avrebbe ottenuto i suoi “progetti” dell’inverosimile Macchina del Messia.
Ė il 5 ottobre del 1887.
A “Sua” immagine e somiglianza?
“Se ogni strumento riuscisse a compiere la sua funzione o dietro un comando o prevedendolo in anticipo, come si dice delle statue di Dedalo o dei tripodi di Efesto… e le spole tessessero da sé e i plettri toccassero la cetra, i capi artigiani non avrebbero davvero bisogno di subordinati, né i padroni di schiavi”.
Parola di Aristotele! ( Politica I A, 4, 1253b).
Un malcelato desiderio di far compiere a dei meccanismi, a delle creature “inanimate>”, le normali funzioni, le incombenze – a volte poco gradevoli – riservate agli uomini, si è manifestato da sempre fin dai lontani tempi della Grecia omerica.
Al mitico Efesto – dio degli artigiani e del fuoco – furono attribuite varie invenzioni che spaziavano da animali “eterni” a macchinari semoventi e di tutto ciò sembra ricordarsene anche il cieco Cantore quando, nell’Iliade, afferma che egli “… Venti tripodi in una volta faceva…”, tripodi destinati ad abbellire la sala destinata agli dei “…perché da soli entrassero nell’assemblea divina…”, in quanto, essendo muniti di ruote d’oro, avrebbero avuta la particolarità di avanzare e ritirarsi autonomamente.
Efesto avrebbe dato innaturale vita anche a “… due ancelle [che] si affaticavano a sostenere il signore, auree, simili a fanciulle vive; avevano mente nel petto e avevano voce e forza, sapevano l’opere per dono dei numi immortali…”.
A Dedalo, il padre di Icaro, viene attribuita l’origine della lavorazione dei metalli, delle regole dell’architettura ma anche di alcune misteriose statue lignee che – almeno così si evince dalla mitologia… – muovevano automaticamente occhi, braccia e gambe. Insomma, degli “automi” veri e propri.
E la sua più nota creatura, il suo Robot molto ante litteram sarebbe stato Talos, il gigante di bronzo che compare sulla produzione vascolare e monetaria dell’antica Creta. Secondo altre tradizioni mitologiche, Talos sarebbe stato una sorta di ”automa” fabbricato da Efesto per Minosse, affinché svolgesse le funzioni di “guardiano” di Creta. Il suo compito consisteva infatti nel fare il giro dell’isola lanciando sassi contro chi si avvicinava alle coste, impedendogli così di sbarcare. Parola, in questo caso, di Platone!
Il quale, infatti, afferma che Talos “… tre volte l’anno ispezionava i borghi, vegliando in questi all’osservanza delle leggi e portando con sè le leggi incise su tavole di bronzo, donde il suo appellativo di bronzeo. “ (Minos, XV).
E pare che come “robot da guardia” fosse estremamente efficiente poiché Apollonio Rodio (vissuto nel III secolo a.C.) nelle Argonautiche (IV, vv. 1636-1688), narra che gli Eroi della nave Argo, giunti presso le coste di Creta, non poterono ormeggiare, poichè “…Talos, l’uomo di bronzo, scagliando pietre da una solida roccia, impedì di gettare a terra le gomene, quando furono giunti al porto Ditteo. Era questi il solo rimasto dei semidei della razza di bronzo, che era nata dai frassini, e Zeus l’aveva dato ad Europa come guardiano dell’isola, che percorreva tre volte coi piedi di bronzo. Di bronzo infrangibile era tutto il suo corpo e le membra, ma sulla caviglia, al di sotto del tendine, aveva una vena di sangue, e la copriva una sottile membrana che era per lui vita e morte… …Talos, pur essendo di bronzo, cedette al potere di Medea, signora dei filtri. Mentre alzava rocce pesanti per bloccare l’approdo, urtò la caviglia su uno spuntone di pietra e colò l’icore simile a piombo fuso. Non fu più capace di reggersi in piedi sullo scoglio sporgente. restò barcollante sui piedi infaticabili poi crollò senza forze con un immenso frastuono”.
Episodio questo magnificamente rappresentato su un famoso cratere attico a figure rosse datato al V secolo a.C.
Particolare cratere attico a figure rosse conservato presso il Museo Jatta di Ruvo di Puglia in cui è illustrata la morte del gigantesco “automa” Talos.
Un’ultima curiosità: Zenobio (II secolo d.C.), paremiografo greco, racconta come l’automa Talos, prima di stabilirsi a Creta, avesse lasciato un cattivo ricordo di sé anche in Sardegna. Giulio Paulis – Ordinario di Glottologia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari – ha di recente, ripreso il mito di Talos, ricordando infatti che quando il mitico “automa” raggiungeva gli intrusi che malauguratamente erano riusciti a sbarcare sull’isola, saltava sul fuoco, portava il suo corpo metallico all’incandescenza e, stringendo fortemente al petto i malcapitati, li bruciava. Costoro, morendo, contorcevano la bocca a causa delle ustioni. Secondo questa tradizione, dunque, l’automa Talos provocava il cosiddetto riso sardonio, una dolorosa (comprensibilissima!) contrazione delle labbra, oggi accomunato anche ad un modo di ridere forzato e falso. In questo modo l’antichissima espressione omerica riso sardonio – o anche sardonico – si giustificherebbe con il nome dell’isola di Sardegna.
Il “demoniaco” automa di Milano
Concludiamo questo breve excursus tra stranissimi meccanismi in qualche modo fatti, per così dire… “a Sua immagine e somiglianza” (Genesi, I, 26-27) con una sorta di terrorizzante “robot” in parte ancora visibile a Milano…
Nella cosiddetta Capitale Meneghina, presso il Museo Settala è oggi possibile ammirare uno stranissimo Demonio consistente, in realtà, in ciò che rimane di un automa realizzato nel XVII secolo da Manfredo Settala, figlio del medico e scienziato Lodovico di manzoniana memoria.
Ciò che resta del “demoniaco” automa realizzato da Manfredo Settala e ancora visibile a Milano nel Museo che dal suo costruttore prende il nome.
Manfredo aveva infatti radunato nel suo studio, insieme a statue e quadri di grande valore artistico, anche una notevolissima collezione di curiosità, ove ai naturalia si affiancavano i mirabilia e gli artificialia.
Nei locali della canonica di S. Nazaro, tranquilla e isolata, aveva poi allestito un piccolo ma attrezzatissimo laboratorio, dove passava le giornate a progettare e realizzare i più disparati meccanismi, lavorando al tornio, fondendo metalli, costruendo specchi ustori e strumenti ottici di precisione, tanto da venire definito come un novello Archimede.
Manfredo Settala nel suo laboratorio. Qui realizzò anche il “Demonio” che ancora oggi fa bella mostra di sé nel Museo a lui dedicato.
Lì realizzò numerose macchine del “moto perpetuo”, tra le quali quella ove una piccola sfera rotolava lungo una scanalatura, per poi risalire grazie ad una molla e successivamente scendere, più o meno all’infinito.
Oppure – siamo realisti! – soltanto per alcuni mesi, avendola egli dimenticata in moto, prima di partire per un soggiorno di ben tre mesi a Venezia…
“Moto Perpetuo” a parte, vari studiosi fecero visita al Museo Settala e tra essi anche Charles de Brosses (1709 – 1777), magistrato, filosofo ed uomo politico francese, il quale, durante una visita a Milano nel 1739, non perse l’occasione di recarsi ad ammirare la strana collezione di mirabilia, rimanendo particolarmente colpito dall’automa meccanico raffigurato in queste pagine, ovvero “…Un cassettone dal quale esce all’improvviso una spaventosa faccia di demonio che si mette a sghignazzare, a cacciare la lingua e a sputare in faccia ai presenti!“.
Quasi una visione da horror movie anni Settanta!
Nel suo sogghignante splendore di “demonio incatenato”, l’automa realizzato da Manfredo Settala.
Manfredo Settala morì il 6 febbraio 1680, e sei giorni dopo ebbe un sontuosissimo funerale in San Nazaro, ove per tanti anni era stato canonico.
Incredibilmente, la data del suo funerale coincise con l’inizio della dispersione di quasi tutto il magnifico materiale del suo Museo di mirabilia. nfatti nella chiesa venne allestito un sontuoso catafalco barocco, addobbato con numerosissimi oggetti prelevati dal Museo stesso.
Oggetti che – tranne il demoniaco automa e poco altro – ad esequie terminate, purtroppo non tornarono più al loro posto….
L’ultimo libro del Dr. Roberto Volterri. In libreria a luglio 2018.