Sergio Martino e la commedia sexy – Parte 14
L’allenatore nel pallone (1984) è una tarda commedia sexy scritta da Romolo Guerrieri, Franco Verucci, Luciano Martino, Sergio Martino e dallo stesso Lino Banfi. La fotografia è di Federico Zanni, il montaggio di Eugenio Alabiso, mentre le musiche sono di Guido e Maurizio De Angelis e le scenografie di Massimo Corevi. Produce Luciano Martino per Filmes, Nuova Dania e National Cinematografica. Interpreti: Lino Banfi, Andrea Roncato, Gigi Sammarchi, Urs Althaus, Camillo Milli, Giuliana Calandra, Licinia Lentini, Gino Pagnani, Antonio e Luigi Soldati, Franco Caracciolo, Viviana Larice, Stefania Davanzati, Louise Freeman, Stefania Spugnino, Antonio Di Marsa, Leo Cassio, Antonio Zambuto, Sergio Martino, Ennio Antonelli, Aldo Biscardi, Nando Martellini, Luciano Spinosi, Giampiero Galeazzi, Giorgio Martino, Andrea Giubilo, Francesco Graziani, Oscar Damiani, Giancarlo De Sisti, Zico, Scarnecchia, Liedholm, Roberto Pruzzo… Molti interpreti sono calciatori, allenatori, commentatori sportivi e telecronisti che si limitano a recitare la parte di loro stessi.
L’allenatore nel pallone non è certo un capolavoro, esce in un periodo storico di decadenza della commedia sexy e rappresenta uno degli ultimi colpi di coda di un genere sulla via del tramonto. La pellicola però diverte, perché punta sul calcio e su una comicità per famiglie. Il dvd ha venduto moltissimo (sessantamila copie) ed è forse stato più visto della versione uscita in sala. Lino Banfi è in grande forma e contribuisce con intelligenza e abilità a scrivere il personaggio di un allenatore sfigato e simpatico come Oronzo Canà. Per chi mastica di calcio si può notare la somiglianza con il mitico Oronzo Pugliese, il cosiddetto mago dei poveri. Il film non è uniforme, perché parti comiche esilaranti e battute memorabili sono seguite da freddure patetiche e da una passerella di calciatori e commentatori sportivi che si poteva evitare. La presenza sul grande schermo degli idoli dei campi di calcio, in quel periodo storico, però contribuisce al successo commerciale della pellicola. Ci sono stati film sul calcio migliori di questo, basti pensare a L’arbitro di Luigi Filippo D’Amico (1974), interpretato da un travolgente Lando Buzzanca, I due maghi del pallone (1970) di Mariano Laurenti, con Franco e Ciccio e Paulo Roberto Cotechiño… (1983) di Nando Cicero.
L’allenatore nel pallone si difende onestamente e non si piazza male in un’ipotetica classifica di pellicole legate al mondo del calcio, soprattutto perchè è finito il tempo di puntare sul sesso e sulle volgarità. L’allenatore nel pallone è un film per tutti che può passare in televisione a qualsiasi ora del giorno e che riunisce una famiglia intera per due ore di sano divertimento. Oronzo Canà è un mediocre allenatore che viene chiamato in serie A per allenare la Longobarda da uno scaltro presidente che vuole retrocedere subito in serie B. Canà viene prescelto proprio per la sua manifesta incapacità, perché la serie A costa troppo e il presidente non se la può permettere. Memorabile il viaggio in Brasile di Oronzo Canà accompagnato dai mediatori trafficoni Gigi e Andrea, così come resta nell’immaginario la battutaccia: “Mira Canà!” che i due comici pronunciano davanti a un esterrefatto Banfi sugli spalti del Maracanà. La parte girata in Brasile è molto ben fotografata per il lungomare di Rio De Janeiro, lo stadio della capitale e i campetti polverosi delle favelas. Vediamo passare un tram coloratissimo con i passeggeri che ondeggiano a tempo di samba e conosciamo un ragazzino brasiliano che chiede soldi per ogni favore. Alla fine Banfi lo apostrofa in pugliese: “Tu non sei figlio di migrante, sei figlio di puttena!”. Da citare anche il divertente qui pro quo tra Banfi e una centralinista del Maracanà, quando vuole telefonare in Italia alla moglie Mara. Banfi: “Mi chiami Mara Canà” Centralinista: “Non comprendo. Qui siamo al Maracanà”. Gigi e Andrea ci deliziano con la loro comicità di grana grossa che però al tempo andava per la maggiore e soprattutto dispensano sguardi arrapati quando passano belle mulatte. Andrea si lascia andare alla “poesia dei culi” e ci prova con le ragazze ma si becca una partaccia da un’italiana in vacanza. Forse una delle migliori battute è quella di Gigi che definisce Socrates, Zico e altri calciatori brasiliani come suoi fratelli di leche (in portoghese vuol dire latte e si pronuncia lecce) e Banfi equivoca con la città delle Puglie. “Ma qui sono tutti di Lecce! Non siamo in Brasile?” chiede disperato. Alla fine il povero allenatore compra Aristoteles, un negro che soffre di saudade, che fa soffrire molto la sua squadra prima di scatenarsi a suon di goal. Aristoteles soffre perché i compagni non lo accettano in squadra e Canà lo consola, lo porta a vivere a casa sua e alla fine il calciatore si innamora della figlia. Molto divertente anche il personaggio della eterna riserva Crisantemo, bianco come un cadavere, che Banfi tiene a bada con un corno perché è convinto che porti iella. L’allenatore Canà viene contestato dai tifosi, la sua casa è sotto assedio e un paio di forzuti energumeni lo prendono sempre a pomodorate in faccia. Nessuno vorrebbe Canà alla guida della squadra ma il presidente lo conferma perché vuole retrocedere. Alla vigilia della partita decisiva lo chiama e gli ordina di perdere in cambio del rinnovo del contratto. Canà ha un sussulto d’orgoglio e, spinto dalla figlia innamorata di Aristoteles, mette in campo il brasiliano e vince la partita. Bellissima la battuta di Banfi portato in trionfo dai tifosi: “Mi avete preso per un coglione!”. E i tifosi: “No, per un eroe!”. Banfi: “No, mi avete preso proprio per un coglione!” E grida dal dolore perché i tifosi gli stanno stringendo i testicoli. Il presidente della Longobarda si avvicina: “Lei è disoccupato. Lo sa?”. Banfi non può fare a meno di vendicarsi: “E lei è un cornuto. Lo sa?”. Il film finisce con la consueta bagarre.
Sergio Martino ha detto a “Nocturno Cinema”: “Fummo fortunati perché in quegli anni non c’erano ancora i grandi guadagni del calcio e i protagonisti vennero a recitare loro stessi per cifre incredibili, quasi nulla. Anche i personaggi televisivi. Forse erano anni di transizione in cui non era esploso ancora il boom”. Ha ragione Mereghetti quando afferma che “Banfi tenta di reggere da solo tutto il film”, però lo fa con grande classe e quando tiene lui il bandolo della matassa i risultati sono migliori che nelle mani di Gigi e Andrea. Licinia Lentini fa rimpiangere le bellezze provocanti di una commedia sexy che non esiste più e nei panni della moglie del presidente mostra poco o niente. Nel film è l’amante di Speroni, calciatore simbolo della Longobarda, ma non la vediamo quasi mai recitare e anche le parti sexy sono inesistenti. La pellicola non presenta altre bellezze femminili memorabili, se non alcune sconosciute comparse brasiliane che ancheggiano provocanti sul lungomare di Rio De Janeiro. Nei panni del presidente maneggione della Longobarda troviamo un convincente Camillo Milli che durante le interviste televisive sbaglia tutti i congiuntivi ed evita le parole complicate. Franco Caracciolo è la divertente caratterizzazione del giornalista ipercritico e provocatorio che stuzzica sempre il povero Canà. A proposito della bizona inventata da Canà sulle orme di Liedholm, il giornalista chiede ironico: “Cos’è la zona per finire in serie B?”. Banfi risponde con grande classe che è una zona che viene fatta due volte, così come lui è bistronzo, due volte stronzo.
(3/14 – continua)