EVOCAZIONI DEL MALIGNO NEI CAMPI
Nei giorni a venire Zeno riesce a dormire meglio. Non ci sono altri sogni. Evita persino di andare nel bosco. Evita Ottavia, Gaspare. Bardeville, la cieca. Evita le avventure notturne. Evita le dicerie delle vecchie. Prende le medicine. Segue le istruzioni del dottore. Segue le regole. Semplicemente va a lavorare e torna a casa la sera per collassate sul letto. In compenso ritrova l’appetito. Una fame bulimica, nervosa. Mancano pochi giorni alla fine del suo contratto e quasi nessuno, al centro commerciale, lo considera più. E’ come invisibile. In compenso Giancarlo si fa vedere ogni giorno con la cravatta e girano voci sul suo conto. Si dice che venga pagato un extra per spiare i colleghi e segnalare i fannulloni. Ambra, nella profumeria, ha stretto con un capo area. Si dice che, anche durante le pause, siano sempre insieme, ormai inseparabili. Si dice che, la sera, alla chiusura, lei salga sulla macchina di lui per poi tornare a notte fonda a riprendere la sua. Probabilmente chiederà presto il divorzio. Comunque sia, Zeno è solo, isolato. Prezza i prodotti, li dispone sugli scaffali e nessuno (clienti, responsabili) gli dà noia. Lentamente ha imparato a non remare contro al “sistema”. Come gli aveva suggerito il collega alle casse, impara ad isolarsi completamente nel suo mondo. E’ più facile di quel che aveva creduto. Non pensa a niente. Non perde il ritmo. Fa quello che deve fare e, intanto è via con la testa. Il Tavor e l’Ansiolin (a cui si è aggiunto il Valium e l’Hinias) fanno il resto. Un pomeriggio, durante un turno spezzato, Zeno è nell’edicola interna dell’iper e l’edicolante gli regala un plico di quotidiani locali dell’ultima settimana. Solita trafila. In macchina, in cerca di un parcheggio lontano dal centro commerciale. Un panino incartato, una birra. Sigarette. E a sfogliare i giornali a caccia di inutili notizie sportive. Purtroppo l’occhio è attratto da alcuni articoli nella cronaca nera locale. Il nome di Balzola ritorna ossessivamente. Senza volerlo, Zeno inizia a leggere. Il giornalista inizia a collegare alcuni episodi e pone domande inquietanti. Possibile che i decessi avvenuti a Balzola e dintorni riguardino esclusivamente ex lavoratori della Fabbrica? E non semplici operai, ma dirigenti. Ex responsabili delle pubbliche relazioni. Ex ingegneri. Ex capi reparto. Ex medici della Fabbrica. Ex sindaci della zona. Segantini. Pugno. Boccalatte. Rosso. Rossi. Margara. Giorcelli. Calciati. Cognomi del posto. Cognomi importanti. Tutti morti in circostanze poco chiare. I referti autoptici non sono riusciti a chiarire le cause dei decessi. Decessi naturali, per carità, ma strani. Infarti, ictus. Tutti finiti sottoterra a Bazola e dintorni. Alcuni sfregiati orribilmente dopo morti…
Tutti loro sapevano, ma si erano girati dalla parte opposta. Erano pagati bene. Della salute di chi lavorava nella Fabbrica se ne fregavano. Della polvere se ne fregavano meno. Sapevano tutti. Ci stavano attenti. Ma non è servito comunque…
In fondo al pacco di giornali ne trova uno con un articolo curioso, all’apparenza insignificante e ridicolo. Il solito giornalista capace riporta alcune testimonianze di contadini che giurano di aver trovato, durante l’inverno precedente, strani segni nei loro campi. Oggetti bruciati. Candele votive. Resti di animali. Qualcun altro giura di aver visto una figura che girava le campagne di notte intenta a celebrare uno strano rituale. Si parla di evocazioni del maligno. Un contadino dal naso faunesco (con tanto di foto in posa) si lamenta dicendo che quella figura è venuta di nascosta ad evocare Beelzebuth, Moloch, Baal, Astaroth nel suo campo. Riferisce di aver intravisto l’uomo girare le lande con un lume, ma non se l’è sentita di cacciarlo. Un altro testimone parla di due figure. Un vecchio e una ragazza bellissima. Forse un cane pastore. Il giornalista capace ricuce il tutto e si chiede se vi siano dei collegamenti con gli strani decessi avvenuti a Balzola. Poi però sdrammatizza e si scusa per esser corso troppo con l’immaginazione. Zeno invece non sdrammatizza. La lettura degli articoli è quasi una scarica di corrente. Uno shock. Nemmeno si ricorda che deve finire il turno. Col sudore gelido che gli cola dalle orecchie, butta i pacchi di carta sul sedile posteriore e sgomma via. La strada per Balzola. Adesso paura e curiosità lo avvincono completamente. Nemmeno la nebbia dei farmaci riesce a rallentarlo. Zeno ha la testa piena di follie. Sente che se non riesce a sfogarsi con qualcuno impazzirà del tutto. Vuole parlare con Gaspare e Ottavia. Dire loro i suoi sospetti sul vecchio. E su Marialé. Sospetti atroci. Impossibili. Vuole che leggano i giornali. Vuole raccontare loro quello che gli ha detto il vecchio sulla Fabbrica. Lo vuole fare per non perdere il filo della ragione. Il poco filo rimasto. Il bozzolo che s’è costruito con tanta pazienza per proteggersi dal dolore è lacerato. Se vuole conservare un briciolo di umanità non può puntare a sopravvivere, chiudendosi in se stesso. Ora ha capito. Non può permettersi di girare la testa dall’altra parte e far finta di non vedere. Anche lui come tutti gli altri. Come Giancarlo. Come Ambra la tettona dalle belle parole. Solo parole. Quanta gente è morta perché si è resa totalmente disponibile alle esigenze della Fabbrica, dell’Azienda? Quanti prima di lui. Quanti come lui. Quanti dopo di lui. L‘Azienda Totale ha fame. Ha continuamente fame di vite. Per qualche motivo avverte che quella strana storia di morti è legata alla sua. E entrambe aspettano ancora una conclusione.
(5 – continua)