Del luglio 1962 è La valle dei cento morti di Mario Pinzauti. Alla base c’è un’antica leggenda attinta dai ricordi siciliani del perito balistico e regista di western di serie z; altri nervi rabdomantici accatastati a creare un accumulo di senso del libro sono: una Prussia orientale fumosa, dei conti, una vecchia villa, le dicerie del popolino crapulone colpevole d’aver decapitato, secoli prima, il feudatario locale, ora spettro senza testa (un didascalico Washington Irving a Sleepy Hollow?) cazzaro e fumettistico.
Pinzauti ci spiega che ogni cento anni dal suo martirio nel paese qualcuno crepa malamente. Questa la valle. Questa la leggenda.
A guardare il cinema italiano di allora non viene in mente niente: forse, per la maledizione si potrebbe puntare il dito sull’incipit di La maschera del demonio, ma sono cose vaghe che lasciano il tempo che trovano. No, anche qui, come per Max Dave e Graegorius, Pinzauti pare andare per conto suo e ripullula le pagine con travagliose costruzioni e figure barocche ai limiti del secentismo decadente; la storia è troppo sconclusionata rispetto anche agli Hammer di allora, per non parlare del calligrafismo sublime di un Ferroni nel suo Il mulino delle donne di pietra, tra i più bei gotici di allora.
No, Pinzauti scrittore, prima di farsi perito balistico al foro di Roma, ha la torbidezza americana d’un Corman che contamina tropi e figure, estrapolando qui e là a cazzo. La vicenda non sembra decollare mai o approdare a nulla, in uno sperpero che forse, questo sì, è la vera estetica (involontaria) di questi albi, destinati ad una lettura debole e frettolosa e da lettori da stazione lontani certo dalla tradizione fantastica novecentesca dei vari Bontempelli, Buzzati, Landolfi.
Una collana dedicata al gotico, i Dracula, uscita per vent’anni e poi dimenticata dai più, fin quasi alla riscoperta/resurrezione operata da uno studioso e scrittore come Sergio Bissoli.
A pensarci oggi ha quasi dell’incredibile.
E molto ci sarebbe da dire sugli ancora meno studiati KKK editati dall’editore produttore Marco Vicari. Quella collana, meno fortunata, non ha ancora avuto il suo Bissoli. Lo avrà presto, visto che sto leggendo le bozze di un saggio scritto dal mio amico e collezionista Daniele Vacchino, uno che dopo anni di sbattimenti tra bancarelle e collezionisti è riuscito a recuperare la collezione completa e leggerseli tutti, scoprendo cose molto interessanti. Ma questa è un’altra storia e La Zona sarà in prima linea a sostenere questo progetto, ne sono sicuro…
(7 – continua)