OSSESSIONI…

Stephen si risvegliò nel pieno della notte con un solo pensiero fisso in testa. La temperatura nella stanza da letto era  gelida, fuori dalla finestra in quel momento una terribile tempesta stava picchiando duro sul  territorio della contea (e la sua fattoria si trovava proprio nel mezzo…) e le sue gambe ancora tremavano per la stanchezza del duro lavoro agricolo svolto nel campo il giorno precedente. Il giovane non voleva uscir fuori dalle coperte, tuttavia sapeva che non poteva evitarlo. Non riusciva proprio a ricordare se aveva spento la lampada a olio che si trovava nel capanno di legno vicino alla sua abitazione. Cosa sarebbe mai capitato se avesse scoperto che si era dimenticato di farlo? Era una situazione pericolosa, non poteva certo permettersi di restare con quel dubbio in testa. 

Si sentivano a volte cose tremende su quelle persone che avevano dimenticato di prendere le necessarie precauzioni: edifici incendiatisi a causa della scarsa attenzione manifestata dai loro proprietari, famiglie distrutte nello spazio di un attimo… Si verificavano frequentemente numerosi morti e feriti ovunque per via di una semplice disattenzione, bisognava essere cauti!

E così decise di alzarsi, mise in ordine alla bell’e meglio la sua capigliatura rossiccia riccioluta, indossò un vecchio abito, scese la scalinata che portava al pianterreno, quindi attraversò coraggiosamente il prato bagnato nonostante l’incredibile quantità di pioggia che si stava riversando in quel momento sul suo cortiletto, raggiunse il capanno – completamente infradiciato dall’acqua – e trovò la lampada vicino al fieno. 

Il giovane stese la mano alle spalle del vetro sottile – stando ben attento a non toccare niente per non beccarsi delle bruciature non volute – e vi soffiò  vigorosamente contro dall’alto, in modo da spegnerla completamente.

Subito dopo se ne uscì di nuovo all’aperto, ritornò verso casa, si arrampicò su per la fredda scalinata, rimise in tutta fretta il suo corpo infreddolito dentro il letto – senza neanche asciugarsi completamente - e cadde presto in un sonno  profondissimo.

Ma la cosa non durò a lungo…

Stephen si risvegliò nel pieno della notte con un solo pensiero in testa. La temperatura nella stanza da letto era gelida, in quel momento fuori dalla finestra una terribile tempesta stava picchiando duro sulla  contea (e la sua fattoria si trovava proprio nel mezzo…) e le sue gambe ancora tremavano per la stanchezza del duro lavoro del giorno prima. Il giovane non voleva uscir fuori dalle coperte, tuttavia sapeva che non poteva evitarlo. Non riusciva proprio a ricordare se aveva spento la lampada a olio che si trovava nel capanno di legno accanto all’abitazione. Cosa sarebbe mai capitato se non l’aveva fatto? Era una situazione pericolosa, non poteva certo permettersi di restarsene con quel dubbio in testa, ovviamente… 

Si sentivano a volte cose tremende in merito a quelle persone che avevano dimenticato di prendere le necessarie precauzioni: edifici incendiatisi a causa  della scarsa attenzione manifestata dai loro proprietari, famiglie distrutte in un attimo… Si verificavano frequentemente numerosi morti e feriti ovunque per via dell’improvvida sconsideratezza…

E così alla fine decise di alzarsi, mise in ordine alla bell’e meglio la sua capigliatura rossiccia, indossò un vecchio abito, scese le scale, quindi attraversò coraggiosamente il prato bagnato nonostante l’incredibile quantità di pioggia che si  stava riversando in quel momento sul suo cortiletto, raggiunse il capanno – completamente infradiciato dall’acqua – e trovò la lampada vicino al fieno. 

Il giovane stese la mano alle spalle del vetro sottile – stando ben attento a non toccare niente per non  beccarsi delle bruciature non volute – e vi soffiò contro  dall’alto, in modo da spegnerla subito.

Dopodiché uscì all’aperto, se ne tornò di nuovo verso casa, si arrampicò su per le fredde scale, quindi rimise il suo corpo infreddolito dentro il letto – senza neanche asciugarsi - e cadde di botto in un sonno profondissimo.

Ma, dopo qualche attimo, Stephen si risvegliò nuovamente. I suoi occhi azzurri sempre più esausti e provati per la stanchezza: aveva un terribile dubbio che lo tormentava, ancora una volta

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Di fatto, l’uomo di nome Stephen se ne stava in quel momento completamente legato su un tavolo metallico, il suo cervello interamente collegato tramite migliaia di cavetti a un sistema di controllo robotizzato, posizionato poco più in alto, che gli inviava continuamente particolari stimoli, costringendolo a pensare sempre alla lampada a olio, a raffigurarsela davanti, finanche a percepire il piacevole tepore che emanava… Quel meccanismo lo costringeva ad alzarsi, a  scendere di fretta la scalinata, gli instillava le preoccupazioni per le fiamme che avrebbero potuto avviluppare improvvisamente la casa, fino a fargli affrontare la tempesta nel bel mezzo della notte recandosi al capanno di legno che si trovava appena fuori… tutto questo solo per spegnere quella piccola lampada! Ovviamente, non vi era alcun fuoco, alcuna pioggia, né un capanno o una stanza da letto là attorno, eccetto che nella sua mente… solo pareti spoglie e il freddo tavolo su cui si trovava, accanto a quella diabolica strumentazione piazzata sopra la sua testa.

Tutto faceva parte di un esperimento “multilivello” che la specie aliena nota semplicemente come “Gli Alti” aveva cominciato ben più di 50 anni addietro. I loro scienziati si erano dedicati allo studio dei Terrestri per così tanto tempo, prendendone a bordo parecchi da numerosi paesi presenti sul loro pianeta d’origine, imprigionandoli dentro piccole stanzette, esplorando dettagliatamente i loro percorsi neurali, i sentimenti, le incertezze e i dubbi più profondi, a volte perfino dissezionandone alcuni per ovvi motivi di studio…

Ora gli alieni potevano dire di conoscere quasi tutto sul funzionamento del cervello umano: sapevano come compiacere i Terrestri o farli sentire preoccupati, così come costringerli ad agire in un certo modo quando necessitava… ”Ossessioni”: così gli esseri umani chiamavano tali necessità improvvise, a volte impetuose, che insorgevano in  loro. Tuttavia, secondo la mentalità degli alieni, quella era la strada giusta, l’unica che avrebbe potuto condurre a controllare finalmente l’intera umanità, spingere uomini e donne verso un preciso obiettivo, farli eventualmente combattere gli uni contro gli altri, all’evenienza, oppure arrendersi a un dato ordine…

Sulla sua astronave, il responsabile dell’esperimento se ne stava seduto a gambe incrociate (e ne aveva ben 4) nella sua posizione di supervisione centralizzata, gli occhi bulbosi che guardavano distrattamente i dati che comparivano incessantemente sugli olovideo circostanti con l’aggiornamento delle condizioni generali di tutti gli individui tenuti attualmente in stato d’incoscienza, bloccati sui molti tavoli presenti nelle varie stanzette, più di duecento attualmente… Ogni tanto si compiaceva ad ascoltare nell’auricolare le voci che giungevano alle sue otto orecchie, provenienti dall’interno di ognuna di quelle singole stanze-prigione che si trovavano tutt’attorno la sua gigantesca astronave a forma di disco, lunga circa 2000  metri, che si trovava in orbita attorno alla Terra.

-Bisogna che distrugga quel negozio di cioccolata che vende dolciumi ai miei bambini… sono troppo costosi, i miei figli mi renderanno povero ben presto se continuo a comprarli loro ogni giorno… bisogna proprio che distrugga quel negozio…-

-Ho intenzione di nuotare attraverso l’intero oceano fino ad arrivare in Antartide, non importa quanto sia fredda l’acqua o quanto sia lungo il tragitto  da percorrere, so che posso farcela…-

-Voglio mettermi a pilotare il mio jet privato per un bel viaggetto sulle montagne, anche se ho poco carburante, comunque voglio andare, sarà  un’avventura incredibile…-

-Volerò fuori da quella finestra subito, mi innalzerò su per aria senza problemi fino al limite dell’atmosfera, con mia piena soddisfazione…-

E molte, molte altre ancora…

Sergio Palumbo