“Potter’s Bluff, un nuovo modo di vivere” recita il cartello all’entrata di Potter’s Bluff, un paesino di pescatori del New England, che sembra uscito da un racconto di H.P. Lovecraft. I suoi abitanti, oltre a vivere in ambienti polverosi e cadenti, hanno l’abitudine di riunirsi in branchi per dare morti orrende ai malcapitati forestieri di passaggio, prendendo molte fotografie delle loro vittime prima di straziarle. É quello che succede a un fotografo che fa un servizio sulla spiaggia del paese e a un pescatore ubriaco attraccato al porticciolo. Lo sceriffo Dan Gillis (James Farentino), sposato alla maestra Janet (Melody Anderson) indaga come può sui misteriosi omicidi, ma lui e il medico condotto sembrano gli unici a non capire quello che sta succedendo, e non lo aiuta di certo l’ambiguo comportamento del locale coroner, il dr. Dobbs (Jack Albertson), che ascolta i classici dello swing mentre fa le sue frettolose autopsie, per non parlare della moglie, che legge libri di stregoneria e ne parla in classe. Come non bastasse, gli assassinati riappaiono con nuove identità e corpi integri, membri integrati della comunità di Potter’s Bluff. Omicidi e risurrezioni aumentano, fino a che la verità non verrà rivelata al povero Dan…
Morti e sepolti (“Dead & buried!, 1981) è un curioso ma riuscito B-movie girato nel 1981 da Gary Sherman, regista prevalentemente televisivo ma con alcune incursioni nel cinema, fra cui Wanted vivo o morto (“Wanted: dead or alive”, 1987) con Rutger Hauer, e Poltergeist III (id., 1988). Il suo principale autore però è il suo co-produttore e sceneggiatore Ronald Shusett. All’epoca era reduce dal successo di Alien (id., 1979), di cui scrisse il soggetto insieme all’amico Dan O’Bannon. Anche il copione di Morti e sepolti risulta firmato da entrambi: in realtà O’Bannon intervenne in un secondo momento su richiesta dell’amico, ma i suoi contributi furono poi scartati da Shusett e Sherman.
Il film comunque è un horror di buona fattura, che riesce a staccarsi con una certa originalità sia dagli slasher che dai film di zombi in voga nei primi anni ’80, ai quali pure si apparenta. La trama è ben costruita, e le apparenti incongruenze sono risolte brillantemente nel colpo di scena finale. I morti viventi hanno aspetti e comportamenti ben diversi dalle imitazioni dei film di George Romero che ancor oggi imperversano in tv e al cinema (se Romero avesse brevettato i suoi morti viventi sarebbe morto miliardario!), e questo, oltre a caratterizzare il film, si rivela funzionale alla suspense e allo svolgimento del film.
La regia di Sherman è brillante e più che professionale, calata in un’atmosfera seppiata e cupa, e si rivela capace di diverse invenzioni mai gratuite e sempre efficaci. I tre protagonisti non sono esattamente dei divi, ma sanno dare un certo spessore ai loro personaggi, e su tutti spicca Jack Albertson, che ritrae un mad scientist mellifluo, elegante, sinistro e bonario allo stesso tempo, il cui delirio esplode in un finale in cui una regia visionaria, una scrittura brillante e una recitazione ispirata si uniscono felicemente.
Di indubbio valore sono gli effetti speciali curati da Stan Winston. Le scene splatter sono realizzate con drammatico realismo, e i manichini telecomandati che mimano le vittime sono realizzati con una perizia resa ancor più ammirevole dall’esiguità del budget da serie B. Notevole la scena della ricostruzione del corpo dell’autostoppista massacrata: se da una parte le dissolvenze delle mani del dr. Dobbs e delle fasi progressive di ricostruzioni servono a coprire la scarsezza dei mezzi, dall’altro danno alla scena un tono onirico di grande suggestione; per inciso le mani che si vedono sono in realtà di Stan Winston, che qui in pratica realizzò i suoi effetti “dal vivo”. L’omicidio potenzialmente più spaventoso – il medico ucciso con l’acido – risulta invece smorzato dall’unico effetto speciale mal riuscito del film, ma c’è una spiegazione. Quella scena fu girata all’ultimo momento su insistenza della produzione, che voleva dare al film maggior “macelleria”. Ma Winston e la sua equipe avevano già abbandonato il set, e un’altra squadra fu convocata in fretta e furia: purtroppo il suo lavoro non fu all’altezza di quello di Winston.
Il film, ambientato nel Maine, fu invece girato a Mendocino, una località marittima della California. Il suo clima assolato non era certo funzionale al film, così Sherman coprì spesso gli obiettivi e gli sfondi con teli che oscurassero la luminosità naturale. Nel ruolo di un meccanico che partecipa alle “squadre della morte” di Potter’s Bluff si riconosce Robert Englund, il futuro Freddie Krueger della serie Nightmare. James Farentino (1938-2012) è un attore televisivo che conobbe una certa fama in patria negli anni ’70 e ’80; in campo horror interpretò I posseduti (“The possessed”, 1977), un tv-movie su imitazione di L’esorcista (“The exorcist”, 1973): al suo fianco Harrison Ford nel suo ultimo ruolo appena prima di Guerre stellari (“Star wars”, 1977). Melody Anderson è nota soprattutto come Dale Arden in Flash Gordon (id., 1980) di Mike Hodges; oggi ha lasciato la recitazione e lavora come assistente sociale. Jack Albertson (1907-1981) è uno stimatissimo caratterista, qui al suo ultimo ruolo al cinema, ma prima di morire partecipò al doppiaggio del cartone animato della Disney Red & Toby nemiciamici (“The fox and the hound”, 1981).