Luna e Marte sono gli obiettivi del piano per l’esplorazione spaziale che la Nasa ha presentato al recente Congresso degli Stati Uniti e tutto è pronto per lanciare i primi bandi. E così è arrivata al nastro di partenza la Campagna Nazionale per l’Esplorazione Spaziale, il cui obiettivo è selezionare i progetti migliori per i futuri obiettivi delle missioni spaziali. Si concretizza in questo modo il piano per la politica spaziale presentato nel dicembre 2017 dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump che, dopo anni di stop alle missioni spaziali, ha deciso di tornare a guardare al di fuori del nostro pianeta, firmando la Direttiva 1 sulla politica spaziale americana e invitando la Nasa a potenziare il suo programma per il ritorno dell’uomo sulla Luna.
Cinque sono le tappe previste nel documento della Nasa.
La prima prevede una fase di transizione dalle attività umane nella bassa orbita terrestre, quella nella quale si trova la Stazione Spaziale Internazionale, verso nuove piattaforme commerciali realizzate grazie alla collaborazione fra la Nasa e aziende private.
Fra queste, l’azienda statunitense Lockheed Martin, leader nel settore aerospaziale e nella difesa, ha recentemente realizzato il concept di un lander, che potrebbe essere impiegato nel prossimo futuro per l’invio di equipaggio umano sulla Luna.
Il lander ideato da Lockheed Martin potrà sfruttare la tecnologia della sonda spaziale Orion per le missioni nello spazio profondo; inoltre, la navicella di 14 metri a singolo stadio sarà in grado di campeggiare fino a 14 giorni sulla Luna, prima di ritornare verso la piattaforma orbitale. Si parla quindi di obbiettivi a breve e lungo termine per l’utilizzo di questo lander.
Vengono poi forniti altri dettagli, si parla ad esempio di dimensioni doppie in altezza, rispetto al modulo lunare utilizzato nelle missioni Apollo, tali da renderlo in grado di trasportare 4 persone alla volta. Il rifornimento di carburante potrà essere effettuato tra una missione e l’altra, anche se questo potrà avvenire anche sulla superficie del satellite.
Dato che questo lander non dovrà affrontare rientri nell’atmosfera terrestre, decisamente deterioranti per la struttura, potrà essere riutilizzato più e più volte con minimi interventi di manutenzione.
Se la NASA ipotizza la realizzazione dei primi moduli della stazione orbitale Gateway entro il 2022, Lockheed Martin afferma che il lander potrebbe essere pronto già entro la fine del 2020, confermando le intenzioni di mantenere un ruolo da protagonista nel programma di esplorazione spaziale. Il concept del lander è stato presentato durante il Congresso Internazionale di Astronautica a Brema, in Germania.
Il secondo passo verso il nostro satellite consiste nel progettare e mettere in atto le tecnologie in grado di permettere sia le operazioni sulla superficie della Luna sia missioni nell’orbita lunare. Uno degli obiettivi fondamentali è il Progetto Gateway, una piattaforma orbitale in grado di accogliere equipaggi umani. Alcuni elementi della Gateway sono già in costruzione da parte di aziende private in Ohio, Texas e Alabama e, una volta pronti, si prevede di assemblarli nello spazio con la navetta Orion. Il primo elemento ad arrivare in orbita potrebbe essere il sistema di propulsione, il cui lancio dovrebbe avvenire nel 2022. Sempre in tema di esplorazione lunare, si punta a promuovere la ricerca finalizzata a individuare eventuali risorse sul suolo della Luna con una serie di missioni robotiche.
A questo punto si potrà pensare al ritorno dell’uomo sulla Luna, dopo decenni di assenza, in una serie di missioni volte all’esplorazione del nostro satellite. Infine si punta a mettere a punto tecnologie in grado di supportare missioni umane dirette “a Marte e ad altre destinazioni”.
Ma fermiamoci al nostro satellite. Tornare sulla Luna è proprio la prossima tappa dell’esplorazione spaziale: dopo l’esperienza positiva della Stazione Spaziale Internazionale, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha come nuovo obiettivo quello di costruire una base permanente sulla Luna.
I russi furono i primi a lanciare una missione sul nostro satellite, mentre gli americani i primi a camminare sulla sua superficie. Oggi i progetti per la Luna prevedono come stadio finale una base internazionale, una stazione aperta ai diversi Stati membri dell’Agenzia e ai paesi di tutto il mondo.
L’idea del “Moon Village”, ovvero di una stazione permanente sulla Luna, rientra nel progetto globale destinato a sostituire la ISS e dovrebbe essere un grande laboratorio per sviluppare nuove tecnologie. “Saranno coinvolti americani, russi, cinesi, indiani, giapponesi, e altri Paesi con contributi minori”, come ha sottolineato il Direttore Generale dell’ESA, Johann-Dietrich Wörner.
Al momento i dettagli forniti non sono molti ma l’entusiasmo è alle stelle. All’inizio di febbraio di quest’anno, al Centro Astronautico Europeo di Colonia in Germania, si è tenuto un workshop su come costruire un villaggio lunare permanente. Tra i messaggi chiave: poter pensare di utilizzare ghiaccio, metalli e minerali rilevati sulla Luna. Alcuni degli scienziati, che potrebbero trasformare questa idea in realtà, lavorano presso il Centro Astronautico Europeo.
“La Luna è piena di risorse. Abbiamo trovato ghiaccio ai poli lunari e zone dove c’è quasi sempre luce. Queste aree possono offrirci le risorse necessarie da utilizzare per la costruzione della base lunare e per la sopravvivenza degli astronauti”, fa sapere Bernard Foing, direttore del Gruppo Internazionale di Lavoro per l’Esplorazione Lunare.
Certo, è un’impresa che però deve anche fare i conti anche con diversi ostacoli: radiazioni solari e cosmiche, micro-meteoriti, temperature estreme, tutti problemi sui quali sta lavorando uno dei tanti ricercatori dell’ESA. Secondo Aidan Cowley, per utilizzare il suolo lunare bisogna costruire cupole protettive: “Tra le tante idee c’è quella di utilizzare questo materiale lunare per la stampa in 3D per un edificio sulla Luna… forse potrebbe funzionare”.
In ogni caso non si tratta certo di argomentazioni nuove. Alla creazione di una base lunare l’Europa si sta muovendo da tempo, ad esempio con il progetto “Luna 27”, frutto di una collaborazione tra l’ESA e l’Agenzia Spaziale Russa “Roscosmos”. Certo, potrebbero volerci anche 20 anni prima che il sogno diventi realtà, ma i primi passi fondamentali si stanno già compiendo.
Fra i partner dell’ESA poi c’è anche la Cina, che sta pianificando la missione per riportare del campione di roccia lunare, mentre alla Russia spetta il compito di studiare e creare un lander robotico. Ovviamente il tutto va poi visto e progettato all’interno di un quadro più generale, nel quale rientra, come dicevamo, la capsula spaziale Orion della NASA che dovrebbe volare attorno alla Luna già prima del 2020.
“Il vantaggio del villaggio lunare è che non abbiamo bisogno, all’inizio, di una grande quantità di fondi. Possiamo iniziare con una semplice missione di atterraggio, che molti Paesi stanno già pianificando. Poi servirà un maggiore investimento per telescopi e un radiotelescopio. Molteplici servizi per più utenti ma situati in un unico luogo”, ha detto ancora Johann-Dietrich Wörner, Direttore Generale dell’ESA.
Tornando agli Stati Uniti, la Nasa è già pronta, come dicevamo a stabilire una presenza costante sulla Luna dal 2020 in poi. A ufficializzare la notizia è stato il vicepresidente degli Stati Uniti e capo del Consiglio Nazionale dello Spazio, Mike Pence. L’agenzia spaziale americana per questo motivo sta sviluppando il nuovo lanciatore per carichi pesanti, lo Space Launch System, per portare le capsule Orion sulla Luna e oltre.
Parlano invece italiano i moduli europei destinati all’esplorazione della Luna: la Thales Alenia Space ha firmato con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) il contratto per gli studi di moduli lunari nell’ambito del programma Lunar Orbital Platform. Sviluppo e costruzione della nuova infrastruttura saranno guidati dagli stessi partner della Stazione Spaziale Internazionale, ossia dalle agenzie spaziali di Stati Uniti, Europa, Russia, Canada e Giappone.
I moduli, la cui costruzione è prevista a partire dal 2020, sono destinati a ospitare equipaggi umani. Dovranno inoltre essere in grado di agganciarsi ad altri veicoli e avranno camere di compensazione sia per condurre esperimenti scientifici sia per le attività extra-veicolari. Thales Alenia Space, joint venture tra Thales 67% e Leonardo 33%, sono affidati gli studi fase A/B1 di due elementi della LOP-G (Lunar Orbital Platform – Gateway), precedentemente nota come Deep Space Gateway. La stazione fungerà da test per il sistema ambientale a lungo termine in grado di mantenere in vita gli astronauti durante i lunghi viaggi. Servirà inoltre, come già detto, come punto di partenza per future missioni dirette all’atterraggio sulla Luna, agli asteroidi e a Marte.
Thales Alenia Space guiderà, in qualità di prime contractor, gli studi paralleli sia per I-HAB (International – Habitat), un elemento pressurizzato per l’equipaggio con funzionalità di attracco per i veicoli spaziali che dalla Terra raggiungeranno l’avamposto lunare, sia per Esprit (European System Providing Refuelling, Infrastructure and Telecommunications), un programma che include sistemi di stoccaggio e rifornimento del propellente per il primo modulo americano di gateway, con OHB nel ruolo di sottocontraente principale. Nello sviluppo di questo nuovo progetto, Thales Alenia Space guiderà, dal punto di vista tecnico, un team qualificato di altre aziende spaziali europee a supporto di diverse aree tecniche, garantendo un ruolo chiave di posizionamento per l’Europa nello sviluppo del Gateway.
Come dicevamo, anche la Cina dovrebbe entrare in questo progetto internazionale e si sta già trasformando in una delle potenze più ambiziose nell’esplorazione del cosmo: secondo gli analisti, la Repubblica popolare potrebbe ritagliarsi un ruolo di primo piano nella prossima corsa allo spazio. «Il nostro obiettivo – ha detto Wu Yanhua, vicedirettore della China National Space Administration – è far diventare intorno al 2030 la Cina una delle più grandi potenze al mondo nel settore spaziale».
Portando avanti un progetto parallelo, oltre a quelli già allo studio come partner di ESA e Nasa, nei prossimi mesi il rover della Chang’e-4 esplorerà «il lato oscuro della Luna». Una missione che consentirà a Pechino di raccogliere informazioni sulla parte più antica e profonda della crosta lunare, ma soprattutto di stabilire un primato: fino a oggi nessuno ha fatto ricerca sul lato della Luna più lontano dalla Terra. Oltre ai dettagli tecnici, la spedizione consentirà alla Cina di dimostrare di sapersi muovere liberamente nello spazio compreso tra la Terra e la Luna: una regione strategica dove si trovano satelliti civili, commerciali e militari.
Ma non c’è solo la Luna al centro del programma della Repubblica popolare. Tra gli obiettivi scritti nel Libro Bianco del 2016 c’è infatti anche quello di lanciare una missione di esplorazione di Marte entro il 2020, proseguire la ricerca sugli asteroidi, sul sistema di Giove, sulle forme di vita extraterrestre e sulle comunicazioni quantistiche, un settore – fondamentale per la sicurezza delle transazioni – in cui Pechino ha già un ruolo di leadership mondiale. Gli sviluppi del programma spaziale cinese dicono molto sulla direzione della Cina di Xi Jinping.
Nell’ultimo piano quinquennale, Pechino ha promesso di entrare nel club delle «grandi potenze spaziali», mentre la stampa cinese non perde occasione di celebrare i taikonauti come esempi di sviluppo scientifico e di orgoglio nazionale. Come durante la Guerra Fredda, sono proprio gli astronauti a incarnare il sogno di Pechino sullo spazio: qualche anno fa Wang Yaping – seconda donna a far parte di una missione della Cnsa – tenne una lezione in collegamento video dalla Shenzhou-10 con le scuole di tutta la Cina.
È stato però solo nel 2003 – quattro decenni dopo Stati Uniti e Unione Sovietica – che la Repubblica popolare è riuscita a mandare per la prima volta un proprio astronauta, Yang Liwei, in orbita intorno alla Terra. Nonostante il ritardo, anche in questo settore la Cina si muove velocemente. Dopo gli esperimenti nei laboratori spaziali Tiangong – banco di prova del know-how tecnico per le missioni – Pechino ora punta a creare una propria Stazione Spaziale permanente. Secondo i piani, dovrebbe essere pronta a ospitare i taikonauti entro il 2022, quasi contemporaneamente a quando sarà smantellata la Stazione Spaziale Internazionale: uno dei simboli della fine della Guerra Fredda e della cooperazione tra Nasa, ESA, la Roscosmos russa e le agenzie spaziali di Giappone e Canada. «Ciò che non riescono a sviluppare da soli – ed è ancora molto – lo comprano in giro per il mondo», dice uno scienziato europeo che ha collaborato al programma spaziale cinese. In un settore in cui difesa, scienza e geopolitica si intrecciano, era inevitabile che le ambizioni di Pechino sullo spazio destassero preoccupazione a Washington.
Dal 2011 il Congresso ha infatti fermato ogni collaborazione tra la Nasa e l’agenzia spaziale cinese. Dopo aver annunciato lo scorso dicembre l’intenzione di riportare gli astronauti americani sulla Luna, recentemente Donald Trump è tornato a spingere per la creazione della Us Space Force all’interno delle forze armate americane. Il messaggio dell’amministrazione è chiaro: lo spazio sarà sempre più un possibile campo di battaglia. «L’ambiente spaziale è profondamente cambiato nell’ultima generazione – ha detto ad agosto il vice presidente degli Stati Uniti Mike Pence – quello che era un luogo pacifico e incontrastato, è ora affollato e conflittuale».
Ma negli ultimi tempi sembrerebbe che stia per prevalere un approccio diverso, più collaborativo, proprio grazie all’intervento dell’ESA e della Roscosmos.
Dal canto suo, la Russia proporrà anche lei un nuovo progetto per una stazione orbitale lunare, come ha dichiarato Dmitry Rogozin, direttore dell’agenzia spaziale russa. “Sarà una stazione russa o internazionale, è argomento di trattative”, ha affermato in un incontro con i giovani specialisti del settore. Rogozin non ha comunque escluso la partecipazione degli Stati Uniti al nuovo progetto, ma allo stesso tempo ha affermato che la Russia non può permettersi di partecipare al progetto di una stazione orbitale lunare con gli Stati Uniti alle condizioni che offrono in questo momento, in quanto “la Federazione Russa non può permettersi di partecipare a ruoli di secondo piano”. Inoltre ha ipotizzato che nel progetto possano essere coinvolti i Paesi dei BRICS (ovvero, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica).
Come avrete capito la Luna è qualcosa di scientificamente interessante, ma dal punto di vista tecnologico servono molti fondi ed è per questo motivo che, nonostante tutte le grandi potenze stiano studiando e progettando missioni proprie, nel prossimo futuro i risultati potrebbero essere messi in condivisione fra i vari Paesi per poter ottenere grandi risultati in un tempo minore, un’impresa di grande valore per l’esplorazione da parte dell’uomo del sistema solare.