Nassiryia – Per non dimenticare
Regia: Michele Soavi.
Soggetto: Pietro Valsecchi, Claudio Corbucci, Carlo Mazzotta.
Sceneggiatura: Paolo Marchesini, Donato Carrisi, con la collaborazione di Michele Soavi e liberamente ispirato all’opera di Marco Calamai “Diario da Nassiryia”.
Suono in presa diretta: Filippo Porcari.
Costumi: Rita Carta con la supervisione di Betti Bimbi.
Scenografia: Massimo Santomarco.
Direttore della fotografia: Giovanni Mammolotti.
Montaggio: Alessandro Heffler.
Aiuto regista: Roy Bava.
Musiche: Luigi Seviroli.
Anno: 2006.
Nazione: Italia.
Prodotto da: Pietro Valsecchi e TAODUE Film per R.T.I.
Cast: Raoul Bova, Claudia Pandolfi, Libero De Rienzo, Andrea Tidona, Santo Bellina, Lele Vannoli, Massimo De Rossi, Gidia Spaziani, Yari Gugliucci, Mohamed Zouaoui.
E’ un’altra fiction di Michele Soavi per la ditta Valsecchi/TAODUE, questa volta impegnato in quello che per stessa ammissione del produttore è “un film difficile”.
L’aereo militare con a bordo i carabinieri dell’MSU (Unità specializzata multinazionale) guidati dal maresciallo Stefano Carboni (Raul Bova) atterra sulla pista irachena di Tallil, dove nell’ambito della missione Antica Babilonia hanno il compito di “peacekeeping” cioè riportare la pace nonché sorvegliare i beni archeologici e distribuire gli aiuti umanitari.
Subito si vivono momenti di tensione quando un camion non si ferma a uno dei checkpoint di Nassiryia sorvegliati dagli americani e più tardi l’accoglienza con raffiche di mitra alla base italiana li mette di fronte a una realtà diversa da quella immaginata, la guerra non è affatto finita.
La popolazione è sfiduciata e disillusa da anni di dittatura e l’occupazione straniera alimenta incomprensioni che ingrossano le fila dei terroristi armati che svolgono intimidazioni e soprusi di ogni genere.
In città lavora un’altra italiana, la dottoressa Simona Berti (Claudia Pandolfi) che attraverso un organizzazione non governativa (Ong) gestiste l’ospedale e insieme a lei si accorgono che il problema primario è la mancanza d’acqua che viene venduta a peso d’oro al mercato nero.
Grazie al Genio militare, i soldati italiani riescono a rimettere in funzione il depuratore e si interessano a riportare la democrazia sostenendo lo svolgimento di elezioni libere nella persona di Almaliki contrapposto all’unico candidato fantoccio, un uomo di fiducia dello sceicco che tiene in scacco la città.
Anche il rapporto con la dottoressa Berti migliora molto dopo il ripristino dell’acqua e l’arrivo dall’Italia di un’incubatrice grazie alla moglie di Carboni sancisce la collaborazione e l’amicizia tra i due che pure se su fronti e con mezzi diversi, si muovono per la stessa causa, aiutare la popolazione.
Intanto nel deserto Al Qaida prende di mira la base dei carabinieri e tenta di far entrare un camion carico di tritolo a Nassiryia, ma viene fermato ai controlli e sequestrato. Non per molto: la corruzione è alla base del debole sistema ristabilito e gli organi di polizia iracheni, spesso composti da membri del regime di Saddam, sono i primi a farne parte, non bastano i tentativi di nuovi reclutamenti.
Un altro problema è lo stato di abbandono alla mercè di chiunque in cui versa il museo, dove sono contenuti reperti importanti della civiltà assiro babilonese: le misure di sicurezza sono inesistenti e i cimeli giacciono in casse aperte tanto che alcune preziose tavolette spariscono e il responsabile dei beni archeologici del contingente italiano mandato sul luogo per preservarle, viene mandato a rapporto.
Una parvenza di normalità sembra tornata all’alba delle elezioni, quando il comando generale della missione decide di licenziare i neo assunti poliziotti iracheni per mancanza di fondi: subito scoppiano i tumulti e vengono presi di mira proprio i carabinieri durante una ronda, i quali avevano invece reclutato i giovani togliendoli dalla strada e dal terrorismo.
La situazione si fa tesa a pochi giorni dalla partenza del contingente italiano quando tramite gli informatori il comando generale della missione informa la base “Maestrale” della presenza a Nassiryia di un camion carico di tritolo destinato a un attentato. Ma è solo all’alba dell’ultimo giorno che l’infame destino si compie, quello che prima era aleggiato nell’aria turbando il clima di serenità e festa per quanto avevano fatto e il commiato dall’Iraq spezza i sogni e le speranze di vite laggiù e in patria ad attenderli.
Il film tv è andato in onda in due puntate – 12 e 13 marzo 2007 – sulla principale rete Mediaset con un buon ascolto e critica.
La storia è dedicata alle vittime della strage compiuta da Al Qaida il 12 novembre 2003 in cui morirono 12 carabinieri, 5 militari dell’esercito italiano, 2 civili e 9 iracheni. Ma il terrorismo ha un ruolo marginale alla vicenda, esso è rappresentato dalla minaccia del camion carico di esplosivo che incombe sulle loro vite, il vero protagonista sono le vicende personali degli uomini che sono andati a portare aiuto alla popolazione di Nassiryia. Per esigenze di finzione non è stato possibile raccontare la vita di ciascuno dei caduti, ma ispirarsi a tutte queste messe insieme, aiutati dalle preziose testimonianze dei sopravvissuti, di coloro che c’erano e delle vedove e parenti, come ha dichiarato l’attore Raoul Bova in un intervista (Fonte Telepiù).
L’aspetto interessante della fiction è proprio l’aver saputo mostrare quello che è il reale compito delle cosiddette “missioni di pace” all’estero, non solo in Iraq, l’ambiente dove si trovano a dover operare i soldati quanto i volontari civili in zone di guerra dichiarate di pace, situazioni spesso poco conosciute o con una visione distorta in patria, aspetto che ha contribuito al successo di telespettatori, con un intreccio dinamico e rispettoso dei fatti di cronaca.
La figura principale è il maresciallo Stefano Carboni interpretato da Raoul Bova diretto da Soavi già in Attacco allo Stato e Ultimo, superiore di grado, ma più spesso amico, talvolta padre, di una squadra di carabinieri, chi veterano e chi nuovo di missioni, che per le più svariate ragioni personali, ideali – quante volte ci si interroga cosa spinge uomini con famiglia a lasciare tutto per rischiare la vita – si trovano uniti per la stessa causa a mettere da parte i contrasti da caserma e aiutare la popolazione di Nassiryia. Carboni dovrà prendere decisioni difficili, scontrarsi con l’amministrazione americana cieca e sorda, con le bande di criminali armati sostenute dallo sceicco locale dove vige l’omertà, oltre che vincere la propria battaglia personale con il recente ricordo della morte del figlioletto sotto i suoi occhi in un incidente, che riemergerà con l’incontro del piccolo Hassan, un orfano per il quale prova un grande affetto.
Il gruppo di carabinieri protagonista è formato da Andrea Tidona (il veterano Sergio Spinozzi), Libero Di Rienzo (la recluta Maurizio Costa, alla prima missione), Lele Vannoli (lo scanzonato Traversa) e Santo Bellina (l’archeologo dell’Arma), tutti abbastanza convincenti nel loro ruolo.
La fiction unisce azione e sentimento, non ci sono “tempi morti”, ogni minuto fa parte di una storia all’interno della storia più grande: il ripristino del depuratore d’acqua e la distribuzione della stessa per combattere il mercato nero, la situazione disastrosa dell’unico ospedale dove manca tutto, il sostegno delle prime elezioni libere e la ricerca di un candidato onesto da contrapporre a quello fantoccio dello sceicco, la sparizione delle tavolette dal museo incustodito e la corruzione della polizia, dove vediamo che, nonostante i nuovi arruolamenti, resistono ai posti di comando gli uomini del vecchio regime corruttibili per una manciata di dollari.
Non mancano nemmeno le sparatorie: quando il gruppo è costretto a rifugiarsi nella stazione di polizia locale e a difendersi da un gruppo di cecchini appostati su un tetto o momenti di tensione durante l’alba del primo giorno delle elezioni quando l’arrivo delle bande blocca e minaccia il libero voto; non solo, accerchia la camionetta di Bova e soci, finché, in extremis…
Nel soggetto trova posto anche la disgraziata vicenda personale del kamikaze autista del camion esplosivo; egli infatti, secondo la finzione, è un ex poliziotto fresco di arruolamento di soli due mesi che, insieme a tanti altri, è stato licenziato quando il comando americano si è accorto che i fondi stanziati per gli stipendi erano insufficienti. La delusione per la perdita del lavoro e la rabbia verso le uniformi stranieri lo spinge ad abbracciare la causa del terrorismo e ad essere il prescelto per l’attentato alla base italiana.
Almeno due le scene particolarmente interessanti: all’inizio durante un rastrellamento fra le macerie della città, scenografia vagamente alla Full Metal Jacket, con la differenza che la musica che si spande nell’aere è lirica e viene dalla casa di Mohamed, un iracheno che conosce l’italiano perché lavorava all’Eni – e diventerà l’interprete – e ama i dischi di Beniamino Gigli. L’altra è la bella ripresa in soggettiva dalla ruota di un carrello porta vivande che entra a gran velocità nell’ospedale di fortuna della Berti, tra pozzanghere e zig-zag. Che c’entri la curiosa presenza come aiuto regista di Roy Bava, figlio di Lamberto e nipote del più famoso Mario?
Se il finale può dirsi noto fin dall’inizio, riserva comunque qualche sorpresa e momento di pathos.
Dopo l’esplosione – davvero d’effetto, in particolare l’immagine del frigorifero bianco che si squarcia tra le fiamme – le urla di Carboni inaspettatamente vivo che chiama i compagni fa sperare in un finale, almeno della fiction, diverso, gelato poi dalle telefonate ai parenti e dalle espressioni di questi.
Riguardo la presenza sul set per la prima volta insieme di due attori molto noti al pubblico televisivo come Raoul Bova e Claudia Pandolfi, dichiarano il primo: “Abbiamo girato a Roma, nell’ex stabilimento della Snia Viscosa. Ci siamo trovati benissimo. Claudia era incinta e nascondeva la gravidanza sotto il camice. Era la prima volta che lavoravamo insieme e ho scoperto che è anche una donna divertente.” E la Pandolfi: “Credevo di essere un tipo pignolo e preciso finché non ho lavorato con Raoul, che ringrazio per la bella concentrazione che abbiamo trovato insieme.” (Fonte Telepiù).
La fiction è stata preceduta come avviene quasi sempre per questo genere di produzione televisiva, da un breve speciale andato in onda una settimana prima su Mediaset, con immagini delle riprese e dietro le quinte, nonché un paio di dichiarazioni di Raoul Bova, del produttore Pietro Valsecchi e del regista Michele Soavi, che sostengono la difficoltà nel ricostruire una vicenda come questa senza cadere nella retorica o in falsi pregiudizi, un ringraziamento sentito va a tutte le Forze dell’ordine che hanno contribuito nonché alla testimonianza dei sopravvissuti.
Nelle ultime immagini del film-tv sono state inserite quelle reali delle bare avvolte nei tricolori in chiesa durante i funerali e le foto di ognuno dei caduti con nome e cognome scorrono prima dei titoli di coda.
Concludo con la frase che Carboni-Bova ripete all’inizio e alla fine di Nassiryia che racchiude lo spirito di questi eroi moderni: “È stato come mettere una goccia in un oceano, eppure noi quella goccia ce l’abbiamo messa”.
(15 – continua)